9 dicembre forconi: 10/14/16

venerdì 14 ottobre 2016

Sergio Romano: «Nuova guerra fredda con la Russia? È colpa nostra. Di Putin non abbiamo capito nulla»

L’ex ambasciatore a Mosca, Sergio Romano: «Tutto è iniziato con l’allargamento della Nato a est. In Siria dobbiamo augurarci una vittoria di Assad.»


«Non è la Russia che ha paura di una guerra con l’Occidente. Semmai è il contrario: siamo noi ad avere una paura irrazionale della Russia». Sergio Romano non usa mezzi termini nel leggere le crescenti tensioni tra l’Occidente e Mosca, che hanno spinto molti commentatori a parlare di nuova guerra fredda. Secondo l’ex ambasciatore italiano in Unione Sovietica e alla Nato, le vicende degli ultimi mesi partono da molto lontano: dall’allargamento della Nato ai Paesi che facevano parte del Patto di Varsavia, alla strategia di difesa missilistica attuata da George W. Bush, alle cosiddette rivoluzioni colorate in Georgia e Ucraina, sino alla guerra in Siria. Una storia, questa, in cui si legge in filigrana la «russofobia che è insita nella nostra cultura». Una russofobia attraverso cui «vediamo solo la pagliuzza negli occhi di Putin, mentre continuiamo a non vedere la trave in quella dell’Occidente».
Lei dice che bisogna partire da lontano, ambasciatore…
La storia comincia parecchi anni fa. E per comprenderla fino in fondo bisogna provare a mettersi nei panni altrui e rendersi conto dello stato d’animo e della psicologia dell’avversario.

A cosa si riferisce?
A tante cose. Ad esempio non dovremmo dimenticare come la Russia abbia vissuto l’allargamento della Nato ai paesi che facevano parte del Patto di Varsavia e addirittura alle repubbliche baltiche che facevano parte dell’ex Unione Sovietica.

Come l’ha vissuto?
Come un atto ostile, una potenziale minaccia. Del resto, aprendo la Nato a a questi Paesi, che hanno vissuto con l’Armata Rossa in casa e che di Mosca hanno paura, ci siamo portati in casa la maggiore lobby antirussa. Peraltro, chi entra nella Nato, non entra in una qualsiasi alleanza. Entra in un alleanza fatta per combattere, con basi permanenti, un quartier generale, un comandante in capo, un presunto potenziale nemico, Un’organizzazione che ha minuziosamente predisposto un sistema di assistenza reciproca che gli Stati devono darsi. Difficile leggere questo allargamento in un’ottica che non sia ostile alla Russia.

Che il Cremlino lo pensi ci sta. Ma era davvero così?
In parte. Alla base ci sono anche ragioni economiche. Consideri che chi entra nella Nato diventa automaticamente un cliente dell’industria bellica americana. Tuttavia concorrono a rafforzare questo timore anche altri eventi che non è facile interpretare altrimenti.

Ad esempio?
Quando Bush denunciò l’accordo del 1972 sulle basi anti-missilistiche.

Si spieghi…
Durante la Guerra Fredda, Usa e Urss si accordarono per non avere più di una base anti-missilistica sui loro rispettivi territori. Questo voleva dire che dopo il primo attacco, entrambi i Paesi sarebbero stati vulnerabili e la vulnerabilità era una garanzia di pace. Bush lo denunciò nell’anno della sua scadenza e diciharò di non poterlo rinnovare perche gli Stati Uniti dovevano difendersi dagli stati canaglia mediorientali. Il problema è che le nuove basi anti-missilistiche americane, dalla Polonia alla Repubblica Ceca e alla Romania, avrebbero circondato la Russia, non l’Iran o l’Iraq. Se lei fosse stato russo come avrebbe interpretato questa strategia “difensiva”?

In chiave anti-russa?
Mi pare evidente. Così com’è evidente che le rivoluzioni colorate in Georgia e Ucraina siano siate viste con simpatia e favore dall’Occidente. Quando nel 2008 il governo georgiano decise di invadere l’Ossezia del sud, c’era sul territorio georgiano un contingente americano di 800 addestratori. Non credo che i soldati americani ignorassero quello che stava per accadere.

Sta dicendo che anche Obama, quindi, ha mantenuto la strategia anti-russa del suo predecessore…
Obama dette prova di una certa sensibilità. Nel 2009, a Ginevra, Hillary Clinton, allora segretario di Stato americano donò al ministro degli esteri russo Sergei Lavrov un pulsante rosso con la scritta reset. Il messaggio era chiaro: c’era la volontà americana di rendere la situazione meno tesa, di ricercare un dialogo. Obama, ad esempio, modificò la strategia di Bush accontentandosi di basi di missili intermedi.

Nel 2014 però c’è stata la crisi ucraina e l’invasione russa della Crimea…
Anche in quel caso, però, bisogna tenere conto di altri fattori. Ad esempio, non bisognerebbe dimenticare l’intesa raggiunta col presidente filorusso Yanukovich, che aveva accettato di indire nuove elezioni. L’accordo era stato certificato dai quattro ministri degli esteri di Francia, Germania, Polonia e Regno Unito. Solo che la notte seguente a quell’accordo c’è stato il colpo di Stato in Ucraina che ha destituito Yanukovich. È stato quell’evento a far precipitare la situazione. Un atto che, a torto o ragione, Mosca ha interpretato come ostile ed eterodiretto dagli Stati Uniti. Così come del resto, il sostegno offerto ai ribelli siriani contro Assad.

Perché?
Perché la Siria è lo storico alleato dell’Urss prima e poi della Russia nel Mediterraneo. Ci sono basi siriane in cui la Russia ha mantenuto la sua flotta dopo la fine della guerra fredda. Non è sorprendente che la Russia abbia visto nella destituzione di Assad l’ennesima minaccia alla sua presenza nella regione. Per questo sta con Assad, mentre gli Usa e la Turchia - primo e secondo esercito della Nato - stanno coi ribelli. Una scelta miope, a mio avviso.

In che senso?
Assad ha sempre avuto il sostegno degli alawiti, del partito Baath - con i suoi funzionari, militanti, clienti. Anche il 10% di popolazione cristiana stava con Assad, perché con lui viveva relativamente bene. Meglio che in una teocrazia islamica, perlomeno.

Sembrava essere stato trovato un accordo, però. Sono stati i bombardamenti russi su Aleppo a far saltare tutto. Non potevano essere evitati?
Assad, da quando è sostenuto dai russi, è riuscito a volgere il conflitto a suo favore. Noi siamo molto colpiti dai bombardamenti - in buona parte russi - sulla parte di Aleppo in mano ai ribelli. Credo che Assad, però, sia disposto a rinunciare al controllo dell’intero territorio se riesce a controllare la parte della Siria che va da Damasco ad Aleppo, quella più ricca ed evoluta. I bombardamenti su Aleppo sono terribili. Ma se Assad riesce a liberare Aleppo dai ribelli ce l’ha fatta. E non è facile fermarlo ora, a un passo dalla vittoria.

Quindi dovremmo chiudere un occhio sulle macerie di Aleppo?
No, certo. Ma se dovessimo fare i conti su chi si è comportato peggio in Siria sarebbe una sfida dall’esito incerto: anche gli Usa hanno colpito un ospedale. Certo, si sono scusati. Ma basta scusarsi per emendare l’errore?

L’America paga anche il suo rapporto ambiguo con l’Arabia Saudita, nella vicenda siriana? 
L’Arabia Saudita ha sempre fatto due politiche contemporaneamente. La politica del petrolio, che esigeva rapporti di buon vicinato con i propri clienti, il primo dei quali erano gli Usa. E la politica del leader spirituale del mondo sunnita, custode dei due principali luoghi santi dell’Islam: Mecca e di Medina. Per questo ha aiutato l’Isis, che è una manifestazione dell’islam sunnita e opera in terre in cui sono presenti gli sciiti. L’Arabia è preoccupata dal disgelo tra Usa e Iran e agisce di conseguenza. Aggiungo una cosa: noi oggi parliamo di Siria perché non abbiamo abbastanza giornalisti in Yemen. Se li avessimo probabilmente leggeremmo cose che metterebbero l’Arabia Saudita in una luce non diversa da quella in cui oggi è la Russia quando bombarda Aleppo in Siria.

Arriviamo alle ultime ore, al rafforzamento russo delle difese missilistiche sul Baltico, alla richiesta di nuove sanzioni contro Mosca da parte di Angela Merkel, ai giornali che dicono che siamo a un passo da un conflitto vero e proprio tra Occidente e Russia. 
A me risulta che le esercitazioni di quattro battaglioni in Lettonia, Lituania e Polonia le abbia fatte la Nato, la scorsa estate. Se lei fosse dall’altra parte del confine, probabilmente dovrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di un conflitto. Noi continuiamo a vedere la pagliuzza negli occhi di Putin e non ci accorgiamo della trave nei nostri. Questo perché abbiamo sempre avuto apprensione nei confronti della Russia. La russofobia è nella nostra storia, nella cultura, nei luoghi comuni.

Nel frattempo Putin distribuisce carezze al candidato repubblicano Donald Trump. Quanto incide nei rapporti tra i due Paesi questa ingerenza russa sulle elezioni presidenziali americane?
Sinceramente, faccio fatica ad attribuire a Trump delle strategie serie. Quando la Clinton parla capisco che cosa pensa, giusto o sbagliato che sia. Quando parla Trump, no. Non so nemmeno a che cosa attribuire queste professioni di amicizia per Putin. Però le frasi di Putin sono un dato di fatto. E questo getta più di un’ombra sul presidente russo. Piaccia o meno, lui è un uomo di Stato, Associando la sua figura a quella di Trump commette un grave errore.

Fonte: qui

Il collasso dell'euro e del Nuovo Ordine Mondiale

Abbiamo ormai una certa familiarità col termine "Nuovo Ordine Mondiale".

I progressisti negli Stati Uniti e l'Old Boy Network in Gran Bretagna -- il Round Table Network -- hanno iniziato a promuovere la globalizzazione sin dalla prima guerra mondiale. Anche i teologi liberal del Social Gospel Protestant, la quale l'hanno considerata come un prolungamento del regno di Dio. La conferenza di pace di Versailles era la loro occasione d'oro. 

La Società delle Nazioni era l'incarnazione della loro visione. Sarebbe diventata un Nuovo Ordine Mondiale.


Questa settimana mi sono imbattuto in un libro di Samuel Batten, The New World Order. Venne pubblicato nel 1919. Era una difesa del globalismo post-guerra. Venne scritto seguendo il punto di vista del Social Gospel Protestant. Iniziava così:


Il mondo non potrà mai tornare ad essere quello che è stato. La casa è crollata, e la sua struttura è inutile. In questo periodo di ricostruzione è imperativo che gli uomini comprendano quali siano i principi difettosi del vecchio ordine da tenere fuori, e quali siano i veri principi che dovrebbero essere considerati le fondamenta della casa che verrà costruita.
Che tipo di ordine mondiale vogliamo?
Quali sono i principi e gli ideali che dovrebbero guidarci nella nostra pianificazione?
Quali sono le cose immediate e quali sono i fini ultimi? 
Quali sono le forze ed i fattori su cui possiamo contare per ottenere aiuto ed ispirazione? Queste sono questioni di primaria importanza.

Mentre questo passaggio potrebbe non significare nulla per voi, significa qualcosa per me. Il PDF è stato creato da una copia nella biblioteca della University of California, Riverside. Era stato donato da Gordon Watkins. Watkins è stato il primo presidente della UCR, 1954-1956. Aveva fatto parte dell'élite educativa della nazione. Wikipedia riporta questo: "È stato nominato dai presidenti Franklin D. Roosevelt e Harry S. Truman come membro della commissione fact-finding and labor arbitration, era un membro di una commissione di mediazione federale, è stato consulente del Danish Committee on Public Monopolies e consigliere e direttore del Building and Loan Institute of Los Angeles." Le sottolineature del libro probabilmente sono le sue. Potete scaricarlo a questo indirizzo.

Qui era una grande figura educativa, che curò la creazione di un campus separato nella più grande e prestigiosa università finanziata dalle tasse negli Stati Uniti. Eppure era guidato da una visione teologica -- globalismo.


Il nostro percorso è chiaro.
"L'indipendenza illimitata degli stati sovrani è tanto impossibile e indesiderabile quanto l'anarchica dei singoli cittadini."
La giustizia e la pace tra le nazioni esisteranno esattamente allo stesso modo in cui sono state approssimate all'interno dello stato, con l'unione e la collaborazione di tutti nella legge e nel diritto, con tutti che proteggeranno gli altri e saranno al servizio di tutti.
Così come la società ha affermato i principi di gestione sociale per la persona, allo stesso modo le nazioni devono affermare il principio di gestione nazionale per il mondo. Dobbiamo affermare il vecchio principio secondo cui la terra con le sue risorse è stata data da Dio agli uomini.
Dobbiamo dire che è contro l'interesse della società consentire a qualsiasi individuo di controllare in modo esclusivo le risorse naturali, rendendole proprietà privata e sfruttandole a proprio vantaggio contro il benessere della società. Allo stesso modo dobbiamo dire che si tratta di un torto contro l'umanità sprecare le risorse a livello individuale, o sequestrare tali risorse e sfruttarle a proprio vantaggio a livello nazionale.

Qual è stato il risultato? 

"Le 1,100 persone più ricche nel mondo oggi hanno un patrimonio netto che è quasi il doppio dei 2.5 miliardi di persone che guadagnano di meno." 

Questa è la superclasse. Questa è la Old Boy Network in azione.

Il Nuovo Ordine Mondiale del 1919 è diventato il Nuovo Ordine Mondiale dell'Europa post-seconda guerra mondiale. La forza motrice, dal 1919 fino alla sua morte nel 1979, fu Jean Monnet. Era dietro la creazione dell'Unione Europea, a cominciare con la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio nel 1951.


L'INCOMBENTE SFALDAMENTO DEL NWO

Questa settimana John Mauldin ha pubblicato un saggio di Charles Gave. Gave è un veterano: un analista economico. Il suo articolo è una rivelazione.

"In Europa il problema principale per un secolo o più è stata la rivalità tra la Germania e la Francia, la quale ha portato a tre guerre che sono diventate progressivamente sempre più distruttive." 

Le tre guerre erano la guerra franco-prussiana del 1870, la prima guerra mondiale e la seconda guerra mondiale.


Mentre le élite esauste in Europa raggiungevano il 1945, era ovvio che la guerra non avrebbe risolto nulla e, quindi, venne provata una nuova soluzione sotto forma d'Europa "politica". Il piano funzionò a tal punto che emersero nuove sfide, come ad esempio la gestione della riunificazione della Germania, la gestione dell'invecchiamento della popolazione e l'integrazione di un sacco di immigrati provenienti da civiltà diverse.

Questo era il piano di Monnet.

Queste nuove sfide richiedevano nuove soluzioni, ma le élite hanno risposto con soluzioni utilizzate per gestire le sfide precedenti: l'integrazione forzata dell'Europa in un unico costrutto politico ed economico.

Non sorprende se le vecchie soluzioni non abbiano funzionato, e anzi la loro applicazione sta facendo peggiorare i vari problemi dell'Europa.

La cosa interessante è che i membri delle élite lo stanno iniziando ad ammettere apertamente:

Mervyn King, l'ex-governatore della Banca d'Inghilterra, ha scritto nel suo recente libro The End of Alchemy che i leader europei hanno spinto per l'adozione dell'euro come moneta unica sapendo che avrebbe causato un disastro economico nel Sud Europa.

L'idea era che l'impatto sulle economie deboli avrebbe costretto i politici ad accettare le "riforme" imposte da Bruxelles. 

In parole povere, King sostiene che queste élite abbiano organizzato consapevolmente un enorme calo del tenore di vita nella speranza d'indebolire la legittimità dei politici locali. 

Il problema è che la maggior parte delle persone normali crede (giustamente) che il loro stato rappresenti la migliore garanzia affinché si possa "vivere insieme", cosa che incarna il contratto di base vincolante una nazione.


Questa è una rivelazione sorprendente. Quelli di noi che alla fine degli anni '90 si sono opposti alla creazione dell'euro, sapevano che ci sarebbe stata una netta divisione tra l'Europa settentrionale parsimoniosa e l'Europa meridionale spendacciona. 

Credevamo fermamente che l'euro sarebbe fallito. I deficit delle nazioni meridionali avrebbero fatto a pezzi la zona Euro. 

Ma non ricordo nessuno che abbia detto che l'euro fosse parte di una cospirazione di banchieri del Nord contro il Sud -- una strategia per portarli sotto il controllo del Nord. 

Se le cose stessero così, allora tale piano è fallito clamorosamente. Il Sud ha accumulato enormi debiti nei confronti delle banche del Nord, le quali ora sono intrappolate. Questo è stato il motivo per cui i governi del Nord hanno salvato la Grecia. Il Sud ha il controllo ora.

Il FMI era a bordo fin dall'inizio.


La scorsa settimana il Fondo Monetario Internazionale ha pubblicato una valutazione graffiante sulla gestione della crisi della zona Euro, con l'accusa di aver ignorato volutamente i difetti fatali nel progetto Euro a causa di un attaccamento emotivo.

È diventato un totem del FMI pensare che in una zona di pagamento comune, non ci possa essere una crisi di solvibilità. Inoltre le "soluzioni" imposte alla Grecia danneggiano la parte più vulnerabile della società, causando un crollo del tenore di vita.

Mettendo sotto i riflettori la sua stessa competenza, le sue valutazioni (previsioni) circa l'impatto delle sue politiche sull'economia greca rasentano il ridicolo. 

I processi seguiti dal personale del FMI hanno dimostrato d'essere poco professionali, con decisioni prese senza un'adeguata discussione e documentazione.


Le grandi banche hanno attirato il Sud -- settore privato ​​e pubblico -- verso un massiccio indebitamento. 

Poi il FMI ha offerto salvataggi ai governi su questa base: "austerità", il che significa disavanzi pubblici un po' meno mostruosi. Ma questa non era una novità. Questa è stata la strategia del FMI sin dall'inizio. Il miglior libro su questo tema è Confessions of an Economic Hitman di John Perkins.

Anche questa strategia è ormai saltata in aria. Il Brexit è stato il primo segno.


I nostri "esperti" (gli uomini brillanti di Davos) hanno dimostrato di proteggere i propri interessi piuttosto che il bene comune. Ciò è particolarmente rivelatorio in Europa, dove c'è un crollo della legittimità dei tecnocrati presumibilmente onniscienti e delle istituzioni transnazionali, che sin dal 2011 hanno caratterizzato il progetto europeo con effetti deleteri. Non solo il FMI, ma anche la Commissione Europea e la Banca Centrale Europea hanno visto decimata la loro credibilità.

La cosa veramente preoccupante riguardo queste istituzioni palesemente incompetenti, è la loro continua presa di potere senza alcuna autorità appropriata. Tale arroganza li ha visti infrangere ogni regola concordata di gestione economica nazionale che esisteva prima della crisi (ora sembra solamente un dettaglio ininfluente che la BCE non potesse acquistare titoli di stato), nel vano tentativo di sostenere un progetto che sta manifestamente spingendo le economie europee verso un disastro. Dove stiamo andando?

Storicamente, quando una "mafia" non eletta ha preso il controllo del dominio politico, le due opzioni disponibili per i cittadini sono state le elezioni e una rivoluzione.

Come al solito, gli inglesi si sono mossi per primi -- attraverso un'elezione (l'ultima rivoluzione in Inghilterra c'è stata nel 1688).

La decisione degli inglesi d'andarsene non dovrebbe essere così sorprendente, dato che il sistema dell'UE è stato truccato affinché le "élite" non fossero licenziate democraticamente.


Egli pensa che la zona Euro crollerà. 

Ma questo significa anche che l'UE crollerà. 

La Gran Bretagna potrebbe uscirne più facilmente; non ha fatto parte dell'unione monetaria della zona Euro. Il resto dell'UE è intrappolato. Una disgregazione politica comporterà una disgregazione della valuta. Credo che abbia ragione.
Egli pensa che questo rafforzerà il dollaro e la sterlina. Concordo.

Le banche italiane sono sull'orlo del fallimento. Ma lo sono anche quelle della Spagna. Chi avrà fondi sufficienti per salvare entrambi i sistemi bancari? 

Subito dopo c'è la Francia.

CONCLUSIONE

Gave ha usato questa parola: "Disastro". David Stockman usa questa parola: "Rovina". 

Queste sono parole retoricamente potenti. Indicano una perdita di fiducia nell'economia. I due autori non credono che i salvataggi centrali funzioneranno la prossima volta. Gave dice: "Tenetevi forte."





Gary North

[*] traduzione di Francesco Simoncellihttps://francescosimoncelli.blogspot.it/2016/10/il-collasso-delleuro-e-del-nuovo-ordine.html