9 dicembre forconi: 06/17/18

domenica 17 giugno 2018

NEW JERSEY, SPARI AL FESTIVAL DI TRENTON, UN MORTO E DECINE DI FERITI (TRA CUI UN 13ENNE IN GRAVI CONDIZIONI) AD APRIRE IL FUOCO SONO STATI DUE UOMINI ...

UNO DEGLI ASSALITORI È STATO UCCISO


Sparatoria nella notte all' Art festival di Trenton, New Jersey, dove due uomini hanno aperto il fuoco a causa di una lite, ferendo 20 persone, di cui 4 sono in gravi condizioni: uno è un ragazzino di 13 anni. Uno degli assalitori, un uomo di 33 anni, è stato ucciso.

Il procuratore della contea di Mercer Angelo Onofri ha detto che due uomini hanno aperto il fuoco durante l'Art All Night, una manifestazione culturale locale in cui ci sono mostre d'arte, concerti e ristorantini. C'erano circa mille persone al festival quando è scoppiata la sparatoria, uno dei testimoni ha raccontato alla tv locale di aver sentito i suoni degli spari e di essersi ritrovato in mezzo a un mare di persone che tentava di fuggire. "Ho visto due poliziotti che trascinavano un uomo ferito alla gamba, l'hanno medicato e portato via". Fonte: qui
festival trentonFESTIVAL TRENTON

LANZALONE POTEVA DIVENTARE PREMIER! IL SUPERCONSULENTE ERA IN BALLO PER PALAZZO CHIGI IN ALTERNATIVA A CONTE

ENTRAMBI FANNO PARTE DELLA SCUDERIA DI BONAFEDE: È L' ATTUALE GUARDASIGILLI AD AVER RECLUTATO SIA LUI CHE CONTE 
QUANDO PARNASI DICEVA A LANZALONE: “TU DEVI ANDARE A FARE IL PREMIER, E GIORGETTI IL VICE”
Laura Cesaretti per il Giornale

Se il presidente del Consiglio lo può fare Giuseppe Conte, perchè non posso farlo io? Il ragionamento non fa una piega, e devono averlo fatto in molti. E tra quelli, l' ambizioso e assai attivo avvocato Lanzalone da Genova aveva certo più titoli di altri per aspirare. Dopo aver sgobbato tanto dietro le quinte per il partito della Casaleggio, il «premio» della presidenza di Acea, gentilmente offertogli da Luigi Di Maio («Ci aveva aiutato tanto, abbiamo deciso di premiarlo», scappa detto al vicepremier) poteva anche cominciare a stargli stretto.

Così, dai fitti conversari telefonici e vis a vis tra Lanzalone e il costruttore Parnasi, impegnati a «mettere su il governo» tra una cena segreta col leghista Giancarlo Giorgetti e un abboccamento coi grillini, trapela che il pensiero stupendo di Lanzalone premier circolava.

LANZALONE - ROCCO CASALINO - LUIGI DI MAIOLANZALONE - ROCCO CASALINO - LUIGI DI MAIO
Di certo nella testa di Parnasi, che sarebbe stato comprensibilmente felice di vedere l' amico a Palazzo Chigi, ma anche nei pour parler ad alto livello dei due. «Sarà il futuro premier», diceva agli intimi il costruttore. E spiegava: «Non lo frequento solo perchè è l' uomo di Grillo e di Di Maio, ma perchè capace e intelligente».

Siamo a maggio, le trattative tra Lega e Cinque Stelle sono in stadio avanzato, la pantomima del «contratto di governo» è in pieno svolgimento, ma in realtà tutto è bloccato su un problema di poltrone. A cominciare da quella più in alto: Luigi Di Maio ci ha messo gli occhi, vuole fortissimamente fare il premier, ma all' apparato grillino è chiaro che Matteo Salvini non accetterà mai di fare il secondo del giovanotto di Pomigliano.

LUCA LANZALONELUCA LANZALONE




Dunque la ricerca di un nome di «mediazione», sufficientemente inoffensivo da non far ombra nè all' uno nè all' altro, è già in corso. E Parnasi lo dice chiaro: «Tu devi andare a fare il premier, e Giorgetti il vice».

Del resto il «capo politico» dei grillini si fida di lui, ed è lo stesso avvocato a spiegarlo: «Vedo Luigi tutti i giorni, lo sento tre volte al giorno». 

E Parnasi gli spiega che deve coltivarsi Vincenzo Spadafora, se vuole avere uno sponsor che conti.

Lanzalone del resto fa parte della stessa scuderia di colui che poi verrà prescelto: è infatti l'attuale Guardasigillli Bonafede ad aver reclutato sia lui che Conte. Quest' ultimo è stato piazzato nella decorativa lista di fantaministri presentata prima del voto, Lanzalone invece ha fatto parecchia strada, risolvendo diverse rogne esplosive per i 5 Stelle: prima a Livorno con il sindaco Nogarin, poi nella devastata Roma della Raggi, dove nessuno sa che pesci prendere e la città è fuori controllo. Lanzalone comincia come consulente senza alcun mandato ufficiale, ma finisce (dicono ai vertici capitolini del partito) per diventare «il vero sindaco ombra».
LANZALONE E LUIGI DI MAIOLANZALONE E LUIGI DI MAIO

La Raggi viene mandata ogni tanto a farsi vedere a qualche serata mondana, ma le decisioni vere «passano per Lanzalone».

E non solo: l' avvocato, «premiato» nel frattempo con la presidenza di Acea, ad aprile chiede insistentemente un colloquio a Palazzo Chigi, dove è ancora in carica Gentiloni, presentandosi come «membro del Comitato per le Nomine dei Cinque Stelle» e spiegando che lo manda Di Maio a porre le condizioni grilline sulle poltrone in ballo. «Dovete concordare con me i nomi», in particolare quelli per Human Technopole (fondazione scientifica che occupa l' area ex Expo).

A Palazzo Chigi non se lo fila nessuno, in verità, ma intuiscono che l' avvocato mira in alto. Da quel che trapela dai brogliacci dell' inchiesta lo intuisce anche l' assessore Lemmetti, importato da Livorno per occuparsi del Bilancio della Capitale: «Ma allora sali al governo? Mi aspetterei che chiamassero pure me, qui mi sento limitato: fatemi nominare ministro».

Fonte: qui


“PORTA TUTTO A LANZALONE” 

DA ATAC ALLO STADIO DELLA ROMA, IL RUOLO DA "SINDACO OMBRA" DEL SUPERCONSULENTE EMERGE DAI DIALOGHI TRA LA RAGGI E I CONSIGLIERI 

LE RIUNIONI DECISIVE NEL SUO UFFICIO: "AL COMUNE METTEVA BECCO SU TUTTO" 

E C’È CHI RACCONTA CHE LA RAGGI LO SUPPLICASSE PER MANGIARE UNA PIZZA INSIEME A LUI...

Lorenzo De Cicco per il Messaggero
LANZALONE E VIRGINIA RAGGILANZALONE E VIRGINIA RAGGI

Per le «situazioni esplosive», a partire dall' affaire stadio, ci sono loro: Luca Lanzalone, Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro. Il primo, ex superconsulente del M5S in Campidoglio approdato alla presidenza di Acea fino alle dimissioni dell' altro ieri, è finito ai domiciliari per corruzione; gli altri due, ex tutor di Raggi dopo l' arresto di Marra, oggi sono uno ministro della Giustizia, l' altro ministro per i Rapporti col Parlamento. È a questo terzetto che la sindaca si rivolge quando la navigazione al timone di Roma si fa più travagliata.

«Porta tutto a Lanzalone», «chiediamo aiuto a Fraccaro e Bonafede», facciamo «un passaggio» con i dioscuri inviati dalla Casaleggio, sentiamo «gli avvocati di Livorno», cioè Lanzalone e soci. Ordini, dritte, indicazioni ai consiglieri comunali che riemergono dalle chat grilline ora che la grana Tor di Valle è deflagrata tra arresti e accuse di tangenti. Né Raggi, né Bonafede, né Fraccaro - al contrario di Lanzalone per cui viene ipotizzato anche il reato di traffico d' influenze - sono coinvolti nella maxi-inchiesta della Procura che ha scoperchiato la cupola Parnasi, sono semplicemente citati qua e là nelle carte delle indagini.

virginia raggi (5)VIRGINIA RAGGI (5)
Al di fuori della sfera penale, gli scambi nelle chat grilline svelano cosa accadesse dietro le quinte di Palazzo Senatorio. Il peso del superconsulente, il cui via libera a quanto pare pesava più di un parere contrario degli uffici comunali. E i margini di manovra dei due tutor, a cui Raggi si affida largamente dopo l' arresto del braccio destro Marra, dalla comunicazione alle crisi nei municipi - come alla Garbatella dove si è votato una settimana fa - al nuovo statuto comunale: «Perché non è stata Virginia a presentarlo? - si chiede una consigliera - me so ritrovata a guardà Fraccaro... boh».

I CONTRARI A fine gennaio, poco prima dell' accordo con Parnasi e la Roma, i pentastellati contrari all' operazione stadio, con annesso «Ecomostro», sono ancora tanti. A partire, scrive una consigliera in chat, dai «consiglieri, presidente e assessori del Municipio IX», dove ricadrebbe in parte l' operazione immobiliare, «che vorrebbero incontrare i cittadini per spiegare la propria contrarietà». Starebbero organizzando addirittura una «manifestazione» sotto al dipartimento Urbanistica. «Credo sia indispensabile - dice l' esponente grillina - un incontro con tutti loro e con Bonafede e Fraccaro per spiegare la situazione». Altrimenti è una «polveriera che può esplodere». L'intervento dei due tutor del M5S sui consiglieri contrari è subito avallato da Raggi, che risponde secco: «Assolutamente sì». E anche Daniele Frongia, assessore allo Sport, applaude alla decisione.
LANZALONE E VIRGINIA RAGGILANZALONE E VIRGINIA RAGGI

In un' altra chat dello stesso periodo, una consigliera si lamenta perché gli incontri «soprattutto quello sullo stadio» sono stati organizzati con le commissioni in corso, è «scorrettissimo», scrive. Risponde Raggi che sono tutte «situazioni esplosive», si meraviglia che «non riusciamo a venirne a capo» e spiega che il «calendario è stato deciso sulla base della disponibilità degli avvocati di Livorno da Fraccaro e Bonafede» «o forse dalla mia segreteria...». Gli avvocati di Livorno, spiega una consigliera presente alle riunioni, sono quelli dello studio Lanzalone, che aveva già lavorato con la giunta Nogarin. «A tutti gli incontri parteciperanno Bonafede, Fraccaro e gli avvocati», scrive sempre a gennaio 2017 l' ex capogruppo Paolo Ferrara, ora indagato nell' inchiesta su Tor di Valle, ed elenca una sfilza di sette appuntamenti sui temi più vari, dai trasporti all' ambiente, e ovviamente c' è lo «Stadio». Altri messaggi ancora aiutano a capire quanto Lanzalone fosse influente ed ascoltato dai grillini del Campidoglio.

riccardo fraccaro 9RICCARDO FRACCARO 9
I MERCATI «SBLOCCATI» Per esempio sulla vicenda degli ex Mercati generali da riqualificare. Lanzalone nelle intercettazioni ne parla con Parnasi. Dice: «Sì, gli ho sbloccato i Mercati Generali», riferendosi a un altro costruttore. In una chat è Raggi a chiedere di spedire la pratica a Lanzalone. «Ex mercati generali - scrive testuale la sindaca - chi di voi ha il materiale relativo? Dobbiamo farlo subito a Lanzalone». Risponde la presidente della Commissione Urbanistica: «Ho alcuni materiali». Raggi replica di fretta (e un po' sgrammaticata): «Inviali i portali subito a Lanzalone».

L' ODG E L'«OK» DI LANZALONE Nei messaggi si parla poi dell' ordine del giorno su un altro progetto che il M5S ha portato in Consiglio comunale. L' odg aveva avuto il via libera dell' avvocatura e «abbiamo fatto un passaggio con Lanzalone che ha dato l' ok», scrive l' ex capogruppo Ferrara. Poi però i tecnici degli uffici - «la Turchi», che è stata vicesegretario e capo dell' Anticorruzione comunale - fanno sapere che daranno un «parere negativo». Questo non ferma i 5 stelle. Basta l'«ok» di Lanzalone e l' atto «l' abbiamo votato», annota Ferrara.


MR WOLF, SINDACO OMBRA
Goffredo Buccini per il Corriere della Sera
LANZALONE RAGGI DI MAIOLANZALONE RAGGI DI MAIO

Le cene, beh, le cene. Certe erano malinconia trasversale, porto, lanterna e se ghe pensu. E certe sere i genovesi più accorti potevano scorgere lui, Luca Lanzalone, lanciato nel ruolo nazionale di Aggiustatutto grillino, con il suo antico mentore, Marco Desiderato, e l' amico di sempre, il console dei camalli Tirreno Bianchi, insomma il Nuovo mondo nuovo e il Vecchio mondo nuovo seduti a chiacchierare davanti a una trofia al pesto del ristorante Europa in galleria Mazzini.

Dopo sere del genere, Desiderato, antica volpe democristiana, si lasciava sfuggire frasi simili: «Stanno offrendoci vari ministeri, ma Luca li ha rifiutati tutti», così, al plurale, con una debolezza che svelava in realtà, più che ambizione propria, affetto per quell' allievo di navigazione nel mare procelloso di politica e affari.
parnasiPARNASI
Le cene dicono molto di noi e moltissimo nella storia sino a ieri fortunata di questo avvocato che, con scarsa fantasia e zero eleganza, il costruttore Parnasi aveva ribattezzato Mister Wolf (lo spiccia-problemi di Pulp Fiction). Qualche testimone racconta di quanto Virginia Raggi lo supplicasse per una pizza, «e dai, almeno una pizza!», soggiogata com' era dalla competenza tranquilla di questo professionista allampanato e cortese, capace di piacere a un camallo marxista sul molo o a Bill Clinton su un campo da golf. Qualche ex dirigente capitolino, chiedendo un comprensibile anonimato, si spinge a sostenere che «Lanzalone era il vero sindaco di Roma», tanto che nel suo ufficio all' Acea si facevano tutte le riunioni per il concordato dell' Atac. E questo non perché fosse il dominus occulto di Atac ma - di più - perché Atac era un asset importante del Comune di Roma e «al Comune lui metteva becco su tutto»: palesemente.

LUIGI DI MAIO ALFONSO BONAFEDELUIGI DI MAIO ALFONSO BONAFEDE
C' è da credere che, come ai cavalli di razza della Prima Repubblica, il potere gli sia sempre interessato più dei soldi, che pure non gli dispiacevano ma che aveva avuto sin dall'infanzia. Famiglia della Genova danarosa con palazzo seicentesco in vico dei Giustiniani affrescato dal Piola, imparentato con la più grande (e ricca) agenzia di pompe funebri della città, la Campirio & Mangini, associato a studi d' avvocati a Miami e New York, sposato con una notaia di Crema che deve averlo introdotto tanto da indurre il sindaco della cittadina ad augurargli pronta riscossa giudiziaria, questo gran maestro d' affari riservati non sempre ha mostrato l' affidabilità per la quale è rinomato.
riccardo fraccaro luigi di maio 7RICCARDO FRACCARO LUIGI DI MAIO 7
Poco più che ventenne (col filippino di casa che lo chiama ancora «signorino»), milita nei giovani socialisti in un Psi che sta per agonizzare sotto i colpi di Mani Pulite. «E ci ha fatto perdere un congresso per le balle che sparava», sostiene un antico sodale (anche qui, niente nomi: il nostro Aggiustatutto potrebbe sempre tornare in auge...). Era il congresso del 1991 e Lanzalone sembrava optare per la corrente Cerofolini («soprattutto perché Cerofolini padre era stato sindaco e il nostro eroe è sempre stato affascinato dal potere», ci racconta la fonte).
Un giorno il nostro se n' esce annunciando «un accordo coi fossiani», la corrente del sottosegretario Francesco Fossa di Pegli: «Compagni, abbiamo vinto il congresso!». Peccato che i fossiani avessero già chiuso un accordo col gruppo di Luca Josi... «Qualche anno dopo me lo ritrovo in moto al semaforo e mi annuncia: "Son passato con Tonino, sono il suo referente a Genova". Tonino era Di Pietro, appena entrato in politica», chiosa perfido il compagno dei tempi andati: è l' infanzia d' un capo.
parnasi giorgetti lanzalonePARNASI GIORGETTI LANZALONE
Poi si cresce. Si impara a misurare le parole. La scuola di un vecchio dc che guida per anni la finanziaria della Regione Liguria è preziosa quanto gli ottimi studi di diritto amministrativo. «Io non ho una veduta mia, porto avanti la veduta del mio cliente», diventerà il suo mantra. Nel deserto che scaturisce alla fine della Seconda Repubblica, uno dalle vedute così...elastiche diventa un guru.

Il resto è ascesa veloce. Decisivo l' incontro con Alfonso Bonafede, allora giovane avvocato a Firenze. Vero king maker del gruppo, il ministro della giustizia porterà ai Cinque Stelle l' attuale premier, Conte (suo professore), e la sua alternativa, poiché forse, per lunghi, inebrianti momenti gli uomini di Casaleggio soppesano l' eventualità di mandare Lanzalone ad «eseguire» il contratto di governo.

In mezzo c' è molto: il salvataggio dell' Aamps nella Livorno grillina di Nogarin, il «merito che va premiato», come dirà Di Maio; l' arrivo nelle stanze del Campidoglio come consulente della Raggi e sulla poltrona più alta dell' Acea. L' immancabile Bisignani, il percolato pettegolo di Dagospia. Le terrazze. Il tepore di una Roma che sempre ammalia prima di uccidere.

L' Atac è luogo scivoloso, dove sdrucciolano via per anni venti milioni anticipati a Parnasi per la costruzione della nuova sede a Castellaccio, un palazzo affittato prima d' essere costruito, assurdità amministrative che ingolosiscono la Procura. Infine lo stadio: l' inchiesta su cui tutto si catalizza, la prima grande rogna della Terza Repubblica forse mai nata. Alla conferenza stampa per gli arresti una sua collaboratrice si spaccia per giornalista, viene smascherata dai carabinieri e interrogata dai pm. Tutto a Roma è sempre a metà strada tra tragicommedia e spy story alla gricia. Sapendolo, bisognerebbe volare bassi. Ma è una parola.
Le ultime volte, Desiderato lo rampognava, «stai esagerando, non esporti»: vicino a Pallotta per Roma-Juventus, vicino alla Raggi per il Gran Premio di «Formula E» all' Eur, come un sindaco dei sindaci. Chissà se nello slang greve del generone romano Parnasi gli ha detto, a cena col leghista Giorgetti: «Sto a 'ffa er governo!». E chissà se allora, almeno allora, lui ha rimpianto per un attimo le sue cene genovesi, col vecchio dc e il vecchio camallo. Le microspie non lo registrano, un po' ci piace crederlo.

Fonte: qui



PARNASI CONNECTION - DIETRO GLI OMISSIS NELLE CARTE ALTRI POLITICI E FUNZIONARI CHE HANNO ACCETTATO SOLDI DAL COSTRUTTORE 

IL PATTO COI CONSULENTI DEL MINISTERO DEI BENI CULTURALI PER IL SÌ ALLO STADIO, I FONDI PER UN MEETING M5S E LA RAGGI NELLE CHAT CON I SUOI COLLABORATORI PIÙ STRETTI, INDICA LANZALONE COME…

Fulvio Fiano e Fiorenza Sarzanini per il Corriere della Sera

Ci sono altri politici e funzionari pubblici che hanno accettato soldi da Luca Parnasi. Nelle carte processuali i loro nomi sono ancora coperti da omissis. Oltre cento pagine che documentano circostanze tuttora segrete, su cui sono in corso gli accertamenti affidati dai magistrati Paolo Ielo e Barbara Zuin ai carabinieri del Nucleo investigativo. Del resto il costruttore si vanta di pagare per fare affari.

Nel febbraio scorso, parlando di finanziamenti con il suo commercialista, diceva: «Domani c' ho un altro meeting dei Cinque Stelle ... perché pure ai Cinque Stelle gliel' ho dovuti dare eh...». Trattava con tutti i partiti, ma la sua attenzione era rivolta soprattutto a Lega e M5S. Per il Carroccio si vanta dell' amicizia con Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti - che hanno confermato di conoscerlo da tempo - il «gancio» con i grillini è Luca Lanzalone, referente per la costruzione dello stadio e con il quale ha stretto un accordo ben più articolato.

parnasi giorgetti lanzalonePARNASI GIORGETTI LANZALONE
È il «sistema» che Lanzalone utilizza regolarmente: indica ai politici gli imprenditori ai quali affidare i progetti e i manager da nominare, in cambio ottiene incarichi per il suo studio legale. È lui che suggerisce alla sindaca Virginia Raggi i nomi di commissari e funzionari da sistemare nelle controllate del Campidoglio, prime fra tutte Ipa e Atac. La stessa sindaca, nelle chat con i suoi collaboratori più stretti, indica Lanzalone come referente per questioni che non hanno a che fare strettamente con lo stadio. Dal canto suo, Parnasi gli affida consulenze da oltre 10 mila euro l' una per il suo gruppo imprenditoriale e gli mette a disposizione i suoi uffici.

bonifaziBONIFAZI
Per ottenere il via libera al nuovo progetto per lo stadio della Roma, Parnasi si affida a due consulenti che seguono la pratica al Ministero dei Beni Culturali. Uno è Sandro Amorosino che «si è confrontato sul piano tecnico e giuridico con Paolo Carpentieri, il direttore dell' ufficio legislativo del dicastero circa il parere sul ricorso, concordandone in parte il contenuto di inammissibilità e quindi favorevole al gruppo Parnasi». Il gip chiarisce come «ciò sia in evidente violazione alle norme» anche perché «le intercettazioni attestano che Amorosino ha ricevuto il parere in via informale prima che fosse ufficialmente adottato e depositato». Il resto del capitolo è «omissato», il che fa presumere nuovi sviluppi.

Molto esplicita è invece la raccomandazione del faccendiere Luigi Bisignani a Parnasi, che nel marzo scorso gli chiede consiglio su cosa fare dopo che il settimanale Espresso gli ha chiesto conto di un finanziamento da 250 mila euro alla onlus Più Voci del leghista Giulio Centemero.

giancarlo giorgettiGIANCARLO GIORGETTI
Annotano i carabinieri: «Parnasi chiede se secondo lui è un fatto negativo, Bisignani risponde che si trova tra quelli che hanno finanziato la Lega e il M5S per cui secondo il suo punto di vista non serve rispondere ai giornalisti ma cavalcare la cosa». Effettivamente il costruttore sfrutta i soldi che ha elargito a destra e a sinistra. Nel primo elenco emerso dall' inchiesta compare anche l' avvocato romano Daniele Piva, uno dei nomi nuovi M5S, sponsorizzato direttamente da Luigi Di Maio come uno dei volti del «meglio dell' Italia», che però non viene eletto alla Camera, e non fa neanche in tempo a spendere i 20 mila euro di contributo elettorale ricevuti.

«Praticamente te li devo restituire - dice Piva all' immobiliarista - però io vorrei, se tu sei d' accordo, riprenderli...».

Parnasi acconsente e inventa una falsa consulenza. Stesso metodo utilizzato per i 25 mila euro di Adriano Palozzi di Forza Italia. Tra i finanziamenti anche quello da 200 mila euro erogato nel febbraio scorso alla fondazione del Pd, Eyu (Europe Youth Utopia) presieduta dal tesoriere del partito, Francesco Bonifazi.
MATTEO SALVINI LUIGI DI MAIOMATTEO SALVINI LUIGI DI MAIO

Per fare affari con il Comune di Roma, Parnasi elargisce soldi e favori, ma punta molto anche sul Mr Wolf grillino. Il 19 aprile scorso «parla con Carlo De Vito, amministratore delegato di F.S. Sistemi Urbani, al quale, dopo aver citato Lanzalone, rappresenta di aver raggiunto con il M5S un accordo in Campidoglio.
Parnasi: L' avvocato Lanzalone...

De Vito: dei 5 Stelle (inc.)?
Parnasi: praticamente io oggi ho un accordo con loro ... che è una cosa assurda ... però in Campidoglio! Ho fatto tardi perché stavo in Campidoglio un minuto fa!

LANZALONE E VIRGINIA RAGGILANZALONE E VIRGINIA RAGGI
L' intesa va avanti da mesi. Il 17 gennaio, parlando con un collaboratore spiega di voler «dare un incarico a Lanzalone da parte di "Ideafimit" per risolvere il problema con "Ecovillage", perché dobbiamo trovare una mediazione subito, altrimenti diventa troppo». E subito dopo illustra la sua strategia: «Ci andiamo insieme a parlare con Lanzalone, facciamo dare il mandato da "Ideafimit" a Lanzalone così lui ci risolve il problema ... e troviamo una mediazione, prima che questi facciano troppi casini perché la forza nostra politica qual è? ... che siccome oggi noi non ci siamo su questa partita, ci sei? e chi sono gli investitori? Enpam, un po' Fondazione Banca di Roma, un po' Fondazione Unicredit o con azione Banca di Roma o con donazione Unicredit, se tu sommi Enpam e c' è ... e facciamo uscire gli articoli che i 5 Stelle stanno bloccando tutti i beni di Roma, Di Maio che deve prendere voti si comincia a preoccupare, non so se mi spiego!».

Fonte: qui

"MIA FIGLIA È MORTA PER COLPA DELL'ASFALTO"

L'ACCUSA DELLA MADRE DELLA STELLA AZZURRA DEL NUOTO SINCRONIZZATO NOEMI CARROZZA CADUTA IN MOTO SULLA COLOMBO 

FINISCE SOTTO ACCUSA IL MANTO STRADALE DI ROMA DISSESTATO PER LE RADICI DEGLI ALBERI. "DUE TESTIMONI L'HANNO VISTA SBANDARE, ANDAVA PIANO…"

noemi carrozzaNOEMI CARROZZA

Un malore o il manto stradale dissestato. Sono le due ipotesi al vaglio degli inquirenti per stabilire le cause della morte di Noemi Carrozza, stella azzurra del nuoto sincronizzato, che a settembre avrebbe compiuto 21 anni. Per la madre Silvia, straziata dal dolore, non ci sono dubbi:

"La mia Noemi è morta per colpa delle radici" dice in un'intervista al Messaggero. L'incidente stradale è avvenuto venerdì intorno alle 14.40 sulla via Cristofoto Colombo, all'altezza di villa di Plinio. Proprio lì dove la strada è segnata dalle radici degli alberi che spaccano l'asfalto venendo in superficie, dove periodicamente perdono la vita centauri e automobilisti anche a causa delle velocità oltre il limite consentito.
noemi carrozzaNOEMI CARROZZA

"Ci hanno detto che ci sono un paio di testimoni. L'hanno vista sbandare dopo aver preso le radici della Colombo. Ha perso il controllo della moto ed è finita contro l'albero. Andava piano, mi hanno detto che non superava i 60 km/h"

Una storia altrettanto drammatica era quella che aveva visto la morte di Elena Aubry, sulla via Ostiense.
"Sì, la stessa cosa, ci sono radici e fronde, sono strade pericolose"

Noemi aveva comprato da poco la moto.
"Non volevamo, ci siamo opposti. Non possiamo permetterci una moto, le ripetevamo. Ma lei ha fatto tutto da sola, sognava da sempre la moto. L'ha comprata con i suoi soldi, usata, ha pagato anche l'assicurazione. Suo padre le ha solo comprato un casco sicuro, le ha detto, non puoi risparmiare".

La nuotatrice Noemi Carrozza muore in un incidente, il fratello: "Siamo distrutti" (Mediaset)
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Fonte: qui

È TORNATA LA PESTE BUBBONICA - UN RAGAZZINO SI È AMMALATO IN IDAHO, NEGLI USA

È IL PRIMO CASO UMANO DOPO OLTRE 20 ANNI. NON È ANCORA CHIARO DOVE AVREBBE CONTRATTO QUESTA MALATTIA ANTICA E TEMIBILE, MA È STATA RISCONTRATA NEGLI SCOIATTOLI

Emiliano Costa per www.leggo.it

peste bubbonicaPESTE BUBBONICA
Un ragazzino ha contratto la peste bubbonica e sarebbe il primo caso umano dopo oltre 20 anni. Il piccolo si sarebbe ammalato il mese scorso e questa settimana sarebbero arrivati i risultati dal laboratorio: si sarebbe trattato proprio di peste.

Accade nello stato dell'Idaho, negli Usa. Come riporta The Indipendent, Christine Myron, portavoce del Dipartimento Sanitario del Distretto Centrale, ha detto che il bambino sta meglio, è tornato a casa e si sta riprendendo con gli antibiotici.
 
La peste bubbonica causa linfonodi ingrossati o "bubboni" e la forma polmonare è la più violenta. Non è ancora chiaro dove il piccolo abbia contratto la malattia. Se nella sua contea di Elmore - dove la malattia sarebbe stata riscontrata negli scoiattoli - o durante un viaggio in Oregon.

I casi più recenti risalirebbero al 1991. «Le persone possono ridurre il rischio di infezione - spiega l'esperta Sarah Correll -  trattando i propri animali domestici con antipulci ed evitando il contatto con la fauna selvatica».   

Fonte: qui

The Fed Is "Living Dangerously" - The Great Financial Crisis "Will Be Eclipsed"

Regular readers of Goldmoney’s Insights should be aware by now that the cycle of business activity is fuelled by monetary policy, and that the periodic booms and slumps experienced since monetary policy has been used in an attempt to manage economic outcomes are the result of monetary policy itself. The link between interest rate suppression in the early stages of the credit cycle, the creation of malinvestments and the subsequent debt dénouement was summed up in Hayek’s illustration of a triangle, which I covered in an earlier article.
Since Hayek’s time, monetary policy, particularly in America, has evolved away from targeting production and discouraging savings by suppressing interest rates, towards encouraging consumption through expanding consumer finance. American consumers are living beyond their means and have commonly depleted all their liquid savings. But given the variations in the cost of consumer finance (between 0% car loans and 20% credit card and overdraft rates), consumers are generally insensitive to changes in interest rates.
Therefore, despite the rise of consumer finance, we can still regard Hayek’s triangle as illustrating the driving force behind the credit cycle, and the unsustainable excesses of unprofitable debt created by suppressing interest rates as the reason monetary policy always leads to an economic crisis. The chart below shows we could be living dangerously close to another tipping point, whereby the rises in the Fed Funds Rate (FFR) might be about to trigger a new credit and economic crisis.
Previous peaks in the FFR coincided with the onset of economic downturns, because they exposed unsustainable business models. On the basis of simple extrapolation, the area between the two dotted lines, which roughly join these peaks, is where the current FFR cycle can be expected to peak. It is currently standing at about 2% after yesterday’s increase, and the Fed expects the FFR to average 3.1% in 2019. The chart tells us the Fed is already living dangerously with yesterday’s hike, and further rises will all but guarantee a credit crisis.
The reason successive interest rate peaks have been on a declining trend is bound up in the rising level of outstanding debt and loans, shown by the red line on the chart. Besides a temporary slowdown during the last credit crisis, debt has been increasing over every cycle. Instead of sequential credit crises eliminating malinvestments, it is clear the Fed has prevented debt liquidation for at least the last forty years. The accumulation of debt since the 1980s is behind the reason for the decline in interest rate peaks over time.
A quarter-point rise in interest rates, if it is reflected in the cost of servicing all outstanding debt, would be a burden to debtors of $167bn, and the increase from the zero bound is an added liability of over a trillion dollars so far. But it is more accurate and relevant to regard much of the accumulated debt as not immediately relevant, because it is in fixed interest bonds, including US Treasuries, and similar medium-term loans. Furthermore, where variable interest rates apply, nearly all major corporations have treasury officers which use derivatives, such as interest rate swaps, to protect themselves from interest rate changes.
Where it does matter is the effect of changes to the rate of interest that applies to circulating capital, put crudely on the cost of a business’s overdraft. Interest costs on circulating capital in turn determine the marginal returns of production, and therefore set the overall profitability of an enterprise.
Even if a business has no need to borrow, the cost of circulating capital is a measure that a business must pay attention to. If the returns on capital do not clear a hurdle rate based on current interest rates, a business would be better off using its money elsewhere. Central banks understand this, and their holy grail is to detect the rate at which a balance is achieved, and the economy can therefore grow at a sustainable rate. We see this reflected in monetary policy, whereby the FFR is moved up in baby steps, the effect on the economy being assessed after each rise. This point was confirmed by Jay Powell in yesterday’s press conference following the rate decision.

The Fed creates problems for itself

The drawback of state intervention in any field is that unexpected consequences arise as economic actors adjust to the opportunities created. The suppression of interest rates below their natural time-preference value is a transfer of benefit from savers to borrowers, so businesses are encouraged by suppressed borrowing costs to borrow to expand production. This is, of course, the intention behind monetary policy early in the credit cycle. But when the extra demand for capital goods (the goods used to produce final goods and services for consumption) develops, commodity and other intermediate production prices begin to increase reflecting credit expansion, and it is rising prices that always force a central bank to end interest rate suppression.  They have to increase interest rates to a level sufficient to support the currency and contain the price consequences of earlier monetary inflation. Monetary policy targeting a neutral rate has to be put aside.
This is a problem that arises from intervention. If they must intervene to correct the inflationary effects of earlier interventions, central banks would be better more closely monitoring commodity prices and the prices of production rather than relying mainly on consumer prices, because consumer prices are the last to be affected by monetary expansion, except where the stimulus is directly through consumer borrowing. In other words, monitoring prices should be more flexible than it is under current inflation mandates.
Instead, the Fed wants to follow a more objective approach and to do away with as much guesswork as possible. It then falls into the econometric trap of believing there is such a thing as a scientific basis in a general price level. But a wholly artificial index of prices can be constructed to give you any answer you want, particularly through the application of hedonics. This is a fancy term for assuming that if the price of a product rises, you must deflate it for an assessed value of all improvements. This is why for statistical purposes an automobile today costs nearly the same as one thirty years ago, when it actually costs nearly twice as many dollars. Then there is product substitution, where index weightings are adjusted on the assumption that higher prices for one item will encourage some consumers to go for a cheaper alternative. Less steaks and more cheaper chicken breasts. The evidence of price inflation is thereby suppressed to only a few per cent.
Therefore, consumer price indices are now being used to quash the price effects of monetary inflation instead of recording it. It is a short step for the members of a monetary policy committee to move from accepting that these distortions exist and why they should be taken into account when setting rates, to taking doctored inflation statistics at their face value. This is one very good reason why central bankers are blindly unaware of the consequences of earlier interest rate suppressions.
Paradoxically, the best outcome for a central bank is to never achieve the economic revival that is the stated objective of monetary policy, because to do so merely leads to destructively higher interest rates and the termination of the credit cycle. This means that consciously or unconsciously, monetary committees are on the lookout for news that delays the need to raise rates. So, what we have is monetary policy based on misleading statistics that almost guarantees policy makers act like the fabled three wise monkeys, until it is too late.

The consequences of Powell’s partial epiphany

Blindness to the state of the cycle is certainly true of the ECB, Bank of Japan and Bank of England, as well as the majority of central banks suppressing interest rates in minor currencies. It was also true of the Fed, until recently. Chairman Powell now tells us business investment is increasing and the US economy is going like a train (not his actual words). He expects more interest rate increases to come. He is right about where we are in the credit cycle, but wrongly thinks it is a business cycle which will need no more than a neutral rate of interest to keep it under control.
In the world of central banking Powell is now an outlier, and in our globally connected world central bankers abroad who are still suppressing interest rates are now dangerously wrong-footed. There is bound to be an immediate period of painful readjustment. Currency strains and higher interest rates for nearly all other currencies seem set to undermine bond and equity markets, in a text-book run-up to the next global credit crisis.
We have now explained why monetary policy leads periodically to a credit crisis that exposes businesses which are only profitable so long as interest rates are suppressed. This has been a feature of the US economy during the current credit cycle for ten years until now, since the FFR was aggressively reduced following the peak rate of 5.25% in 2006-2007. Since the introduction of near-zero rates in 2008, a widespread belief has taken hold that interest rates will never increase significantly again. Consequently, we can be sure the distortions from interest rate suppression have built up to an extent unseen in the past.
This complacency is why an increase in the FFR into the danger zone should warn us that the crisis stage of the credit cycle approaches. But the only businesses directly affected by the FFR are the commercial banks. In the real world the actual interest rates paid by businesses on their circulating capital is what matters. That rate is set by commercial banks, which take into account lending risks to individual corporate borrowers, as well as their own costs of finance. The hurdle rate for a company is therefore significantly higher than the FFR. Our second chart shows the level set by the commercial banks’ prime lending rate.
Assuming the dotted line predicts the height of the prime rate to trigger a credit crisis, this chart suggests that an average prime lending rate of 6% or more will trigger the next credit crisis, against a current rate of 5%. The rule of thumb relationship with the FFR is FFR plus 3% and implies there is a little more margin in higher interest rates than implied in the earlier chart of the FFR. The merit of this chart is it applies to businesses, while the FFR chart does not, but the message is the same.
An increase in the prime lending rate to the 6% level could easily happen in the coming months. The FOMC statement last night included a forecast for the FFR of an average rate of 3.1% next year, which implies a prime rate of over 6%. There is full employment, not only in the US but in other major economies as well. Commodity prices, notably energy, are rising, and the heavily-sedated CPI-U is at 2.5%, already above the 2% target rate. It is against this background that President Trump is increasing government spending while cutting taxes. Even for Keynesian economists, the combination of monetary and fiscal stimulus may be too much and could already be leading to their feared excess demand. Higher prices and therefore interest rates will surely follow.
However, the path to higher prime rates seems unlikely to be straightforward. In a classically-defined credit cycle its mature phase is likely to see a shift of monetary capital away from financial to commercial activities, from Wall Street to Main Street if you like. We have seen some of this take place, evidenced by rising bond yields, but the quantity of money flowing into bonds continues apace, particularly from foreign sources.
The most notable evidence of a switch in the destiny of capital is likely to come from equity markets, which should turn down as money-flows are diverted into the real economy. But the banks have the reserves to finance both financial market speculation and increased production, at least to a degree. Furthermore, much of the expansion of bank credit is aimed at consumers, financing their demand for goods. Instead of there being a noticeable time lag between a peak in equity markets and an eventual peak in production, the two events could almost be bound up together, with equities falling just ahead of the credit crisis itself.

Rhyming with the past?

In that event, the approaching interest rate cycle peak could contribute directly to the collapse of economic activity through wealth destruction in equity markets as much as through the exposure of malinvestments in production. A credit crisis with these characteristics has much in common with the 1929-32 period.
The 1929 Wall Street Crash came at the end of a similarly extended period of credit expansion, which prolonged the final pre-crash phase of the credit cycle, just as it has today. Consumer price rises were subdued through the introduction of factory production lines for new goods. Today they have been restrained by the expansion of production in cheaper jurisdictions. There can be little doubt there are similarities between that period and conditions today, not least in the optimism over the non-inflationary outlook.
There were also significant differences, the most notable being globalisation was generally restricted to the market for commodities ninety years ago and some limited exporting of capital goods. This time, globalisation extends throughout the production chain from commodities to retail and embraces the coordination of monetary policy by central banks as well.[iii] This means that a crisis on Wall Street, which destroys wealth in America, is likely to spread rapidly to all other major economies. The role of the dollar as the world’s reserve currency is an additional factor binding all nations into the same credit and production cycles.
The onset of the next credit crisis in America could also be triggered from elsewhere, particularly the Eurozone. The ECB is still suppressing interest rates in negative territory and buying government bonds during what is increasingly seen to be the final stages of the Eurozone’s credit cycle, making the inevitable interest rate adjustments that follow potentially very sudden and violent. The situation in Japan is similar, but Japanese manufacturers are now global businesses that just happen to be based in Japan, so are more affected by the dollar and other major currencies.
All central banks are proceeding on the assumption there is no credit crisis on the horizon. This hubris was vividly demonstrated by Janet Yellen who a year ago told us she did not believe there would be another financial crisis in her lifetime, thanks largely to reforms of the banking system since the 2007-09 crash. That crash was a surprise to central bankers then, as was every crash before. Even Benjamin Strong in the late-1920s believed his new Federal Reserve System had tamed the business cycles of the previous century, though he died before being disproved by the 1929 Crash.
Strong’s hubris then was the same Yellen’s hubris last year. Central banks have learned nothing about the credit cycle in nearly a century. If they had, they would be promoting sound money and a hands-off policy, while ensuring commercial banks restrict their credit expansion. They would let malinvestments wash out of the system, not build up for one huge crisis. They are not even aware, it seems, that they are living dangerously as they raise interest rates into and beyond the zone that will trigger the next credit crisis.
A credit crisis today will be more catastrophic than that of ten years ago. And when the crisis comes, the response is always the same, except the quantities involved are far greater. The banks will be rescued by the Fed printing new capital for them without limitation, on condition they don’t foreclose on their customers. The Fed will take bad and doubtful debts off the banks at the same time. Government borrowing will rocket, reflecting increasing social liabilities and falling tax revenues. All the money required will be created out of thin air.
The great financial crisis of 2007/08 will be eclipsed. In a nutshell, this time the quantity of new money required will likely lead to the destruction of the “full faith and credit” in the currencies themselves, which until now has been broadly unquestioned by ordinary members of the public.
Authored by Alasdair Macleod via GoldMoney.com