LE QUOTE ALL’ASTA CON TANGENTOPOLI, IL CRAC DA 3 MILIARDI NEL 2015 (PIÙ DELLA PARMALAT), POI IL PIANO DI CONCORDATO E INFINE IL TRIBUNALE: L’AZIENDA PROMETTE RICORSO MA IL DUELLO LEGALE SI ANNUNCIA MOLTO ASPRO
Giuseppe Bottero e Piero Bottino per la Stampa
La storia non basta. E non bastano neppure le promesse, le prospettive di rilancio, il fascino di un marchio che è finito sulla testa di Winston Churchill, Pancho Villa, Ernest Hemingway e Gabriele D' Annunzio. Borsalino è fallita e adesso i 134 dipendenti sono qui, nel gelo del pomeriggio, con le sciarpe e i piumini di fronte al palazzone di Spinetta Marengo dove prendono forma i cappelli più famosi d' Italia. La fabbrica ha fatto crac, lo scrivono i giudici che hanno respinto il concordato, e le parole dei sindacati, probabilmente, non serviranno a niente. Almeno per qualche mese.
«C' è lavoro e ci sono ordini.
L' azienda è sana» dice Maria Iennaco della Cgil assieme a Claudio Callaretto della Cisl ed Elio Bricola della Uil. Sono arrabbiati, ovvio. Ma sanno che la sentenza del tribunale di Alessandria, durissima, non basterà a far calare il sipario su un' epopea che dura da centosessant' anni. I titolari del brand, il vero tesoro, hanno detto che andranno avanti. E fonti vicine alla proprietà rassicurano: non c' è emergenza occupazionale. Ma l' istanza del giudice Caterina Santinello chiude un' era, l' ennesima.
Il paradosso è che l' azienda non fallisce per ragioni di mercato, ma esclusivamente finanziarie. È il 1987 quando Vittorio Vaccarino, l' ultimo discendente della famiglia, cede la maggioranza a un imprenditore milanese. Ma arriva Tangentopoli, e assieme la mazzata: le quote di Silvano Larini, cassiere del Psi, e quelle di Gabriele Cagliari, presidente dell' Eni, finiscono all' asta. Arriva una cordata astigiana, i Gallo-Monticone, ed è la rinascita: Roberto Gallo, scomparso un paio d' anni fa, capisce che il vero tesoro è il marchio, così la Borsalino oltre ai cappelli dà il suo nome a una serie di altri prodotti d' abbigliamento e no, perfino a profumi.
Di bene in meglio? No, il peggio è in agguato. Negli Anni 2000 spunta Marco Marenco, un passato da «re del gas», un futuro da imputato per bancarotta, accusato di aver architettato un sistema di truffe e raggiri a catena in un settore ultra-regolamentato e strategico per la sicurezza nazionale come il mercato dell' energia. L' azienda dei cappelli è solo un pezzo dell' impero, che crolla nel 2015 con un crac di oltre 3 miliardi, più di Parmalat.
Sono i giorni del concordato preventivo, a tentare il salvataggio spunta un imprenditore italo-svizzero: si chiama Philippe Camperio e con la prospettiva di acquisire l' azienda al termine della procedura, la prende in affitto attraverso il fondo Haeres Equita, salda i debiti con l' Agenzia delle entrate sborsando oltre 4 milioni, investe sia in macchinari che nella rete commerciale e in promozione. Poi, con 17,5 milioni, acquista il marchio, che anni prima era finito in pegno al Mediocredito in cambio di soldi freschi. Sembra l' anticamera del rilancio, ma alla fine del 2016 arriva il primo stop: procedura di concordato revocata, si riparte dal via.
Un anno passato non invano: da un lato la messa a punto di un nuovo piano concordatario, dall' altro una serie di movimenti societari. Proprio questi sono finiti, tra l' altro, nel mirino dei giudici. Così ieri, il tribunale è stato ancora più netto. Nel bocciare la proposta di Haeres parla di «palese ed evidente aggiramento» dell' articolo che disciplina «le offerte concorrenti», mette nel mirino garanzie, ritardi nella convocazione delle assemblee, azioni di responsabilità mancate. Camperio, però, non ci sta: «Il fallimento si basa su ragioni tecniche e legali che nulla hanno a che fare con la gestione dell' azienda da parte di Haeres Equita. L' attività di Borsalino continua, la nostra volontà è di andare avanti mantenendo i livelli occupazionali e il sito produttivo ad Alessandria. Preserveremo, Borsalino è un patrimonio d' eccellenza del sistema manifatturiero italiano», assicura l' imprenditore.
E ora? Giovedì i sindacati incontreranno nella stessa giornata sia Camperio sia i curatori fallimentari, Paola Barisone e Stefano Ambrosini, il professore che ha attraversato gli ultimi anni di crisi aziendali in Piemonte, da Bertone al Consorzio Asa, da Sitindustrie a Exergia, dalla Cartiera di Ormea alla Flenco, dall' Impresa Rosso alla Zoppoli & Pulcher.
Primo punto da chiarire è l' affitto dell' azienda, che scade il 31 maggio, ma può essere rinnovato automaticamente. Garantita la gestione, si passerà al fronte giudiziario. Quasi certo il ricorso in appello della Borsalino, con tanto di richiesta di sospensiva della sentenza odierna. Fino alla definizione di questa causa è difficile che si muova qualcosa. Poi potrebbe partire contro Camperio un' azione di revoca dell' acquisizione del marchio, come ha chiesto il pm. Altra battaglia legale, altri mesi di ansia per l' intera città.
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