9 dicembre forconi: 12/20/17

mercoledì 20 dicembre 2017

BORSALINO - DECRETATO IL FALLIMENTO DELLO STORICO CAPPELLIFICIO, COMPLICE UNA GESTIONE FINANZIARIA DISASTROSA

LE QUOTE ALL’ASTA CON TANGENTOPOLI, IL CRAC DA 3 MILIARDI NEL 2015 (PIÙ DELLA PARMALAT), POI IL PIANO DI CONCORDATO E INFINE IL TRIBUNALE: L’AZIENDA PROMETTE RICORSO MA IL DUELLO LEGALE SI ANNUNCIA MOLTO ASPRO

Giuseppe Bottero e Piero Bottino per la Stampa

BORSALINO CASABLANCABORSALINO CASABLANCA
La storia non basta. E non bastano neppure le promesse, le prospettive di rilancio, il fascino di un marchio che è finito sulla testa di Winston Churchill, Pancho Villa, Ernest Hemingway e Gabriele D' Annunzio. Borsalino è fallita e adesso i 134 dipendenti sono qui, nel gelo del pomeriggio, con le sciarpe e i piumini di fronte al palazzone di Spinetta Marengo dove prendono forma i cappelli più famosi d' Italia. La fabbrica ha fatto crac, lo scrivono i giudici che hanno respinto il concordato, e le parole dei sindacati, probabilmente, non serviranno a niente. Almeno per qualche mese.
«C' è lavoro e ci sono ordini.

borsalinoBORSALINO
L' azienda è sana» dice Maria Iennaco della Cgil assieme a Claudio Callaretto della Cisl ed Elio Bricola della Uil. Sono arrabbiati, ovvio. Ma sanno che la sentenza del tribunale di Alessandria, durissima, non basterà a far calare il sipario su un' epopea che dura da centosessant' anni. I titolari del brand, il vero tesoro, hanno detto che andranno avanti. E fonti vicine alla proprietà rassicurano: non c' è emergenza occupazionale. Ma l' istanza del giudice Caterina Santinello chiude un' era, l' ennesima.

Il paradosso è che l' azienda non fallisce per ragioni di mercato, ma esclusivamente finanziarie. È il 1987 quando Vittorio Vaccarino, l' ultimo discendente della famiglia, cede la maggioranza a un imprenditore milanese. Ma arriva Tangentopoli, e assieme la mazzata: le quote di Silvano Larini, cassiere del Psi, e quelle di Gabriele Cagliari, presidente dell' Eni, finiscono all' asta. Arriva una cordata astigiana, i Gallo-Monticone, ed è la rinascita: Roberto Gallo, scomparso un paio d' anni fa, capisce che il vero tesoro è il marchio, così la Borsalino oltre ai cappelli dà il suo nome a una serie di altri prodotti d' abbigliamento e no, perfino a profumi.

BORSALINO 4BORSALINO 
Di bene in meglio? No, il peggio è in agguato. Negli Anni 2000 spunta Marco Marenco, un passato da «re del gas», un futuro da imputato per bancarotta, accusato di aver architettato un sistema di truffe e raggiri a catena in un settore ultra-regolamentato e strategico per la sicurezza nazionale come il mercato dell' energia. L' azienda dei cappelli è solo un pezzo dell' impero, che crolla nel 2015 con un crac di oltre 3 miliardi, più di Parmalat.

Sono i giorni del concordato preventivo, a tentare il salvataggio spunta un imprenditore italo-svizzero: si chiama Philippe Camperio e con la prospettiva di acquisire l' azienda al termine della procedura, la prende in affitto attraverso il fondo Haeres Equita, salda i debiti con l' Agenzia delle entrate sborsando oltre 4 milioni, investe sia in macchinari che nella rete commerciale e in promozione. Poi, con 17,5 milioni, acquista il marchio, che anni prima era finito in pegno al Mediocredito in cambio di soldi freschi. Sembra l' anticamera del rilancio, ma alla fine del 2016 arriva il primo stop: procedura di concordato revocata, si riparte dal via.

philippe camperioPHILIPPE CAMPERIO
Un anno passato non invano: da un lato la messa a punto di un nuovo piano concordatario, dall' altro una serie di movimenti societari. Proprio questi sono finiti, tra l' altro, nel mirino dei giudici. Così ieri, il tribunale è stato ancora più netto. Nel bocciare la proposta di Haeres parla di «palese ed evidente aggiramento» dell' articolo che disciplina «le offerte concorrenti», mette nel mirino garanzie, ritardi nella convocazione delle assemblee, azioni di responsabilità mancate. Camperio, però, non ci sta: «Il fallimento si basa su ragioni tecniche e legali che nulla hanno a che fare con la gestione dell' azienda da parte di Haeres Equita. L' attività di Borsalino continua, la nostra volontà è di andare avanti mantenendo i livelli occupazionali e il sito produttivo ad Alessandria. Preserveremo, Borsalino è un patrimonio d' eccellenza del sistema manifatturiero italiano», assicura l' imprenditore.

E ora? Giovedì i sindacati incontreranno nella stessa giornata sia Camperio sia i curatori fallimentari, Paola Barisone e Stefano Ambrosini, il professore che ha attraversato gli ultimi anni di crisi aziendali in Piemonte, da Bertone al Consorzio Asa, da Sitindustrie a Exergia, dalla Cartiera di Ormea alla Flenco, dall' Impresa Rosso alla Zoppoli & Pulcher.
Primo punto da chiarire è l' affitto dell' azienda, che scade il 31 maggio, ma può essere rinnovato automaticamente. Garantita la gestione, si passerà al fronte giudiziario. Quasi certo il ricorso in appello della Borsalino, con tanto di richiesta di sospensiva della sentenza odierna. Fino alla definizione di questa causa è difficile che si muova qualcosa. Poi potrebbe partire contro Camperio un' azione di revoca dell' acquisizione del marchio, come ha chiesto il pm. Altra battaglia legale, altri mesi di ansia per l' intera città.

Fonte: qui

DALLO YEMEN PARTONO MISSILI CONTRO L’ARABIA SAUDITA

LA CONTRAEREA NE INTERCETTA UNO DESTINATO CONTRO IL PALAZZO REALE DI RYAD 

LO HANNO LANCIATO I RIBELLI HOUTHI FINANZIATI DALL’IRAN. 

MA TEHERAN DICE CHE NON C’ENTRA NIENTE… 


protesta antisaudita in yemenPROTESTA ANTISAUDITA IN YEMEN
Una forte esplosione è stata udita a Riad, in Arabia Saudita, con testimoni che vedono innalzarsi una colonna di fumo. Secondo notizie non confermate l'Arabia Saudita ha intercettato un missile lanciato dallo Yemen. Lo scrive la Bbc online. I ribelli yemeniti filo-iraniani Houti hanno annunciato di aver lanciato un missile balistico contro il palazzo reale saudita a Riad, riferisce l'Ap. Altre fonti locali riportano che i sauditi hanno annunciato di aver intercettato il missile.

Mohammed bin SalmanMOHAMMED BIN SALMAN



La coalizione militare araba guidata da Riad è impegnata militarmente in Yemen contro i miliziani sciiti houthi dal 26 marzo del 2015.

Secondo la tv panaraba al Arabiya, il missile è stato intercettato a sud della capitale saudita Riad. E fonti di stampa del Golfo citano un portavoce degli Houthi secondo cui i ribelli avevano sparato il missile contro il palazzo reale saudita a Riad.

rohani topROHANI TOP
Già il 5 novembre scorso gli Houthi avevano sparato un missile balistico contro l'aeroporto internazionale di Riad, e anche in quel caso il missile era stato intercettato e distrutto dal sistema anti-aereo saudita. L'Arabia Saudita aveva accusato l'Iran di aver fornito agli Huthi i missili balistici ma Teheran aveva respinto le accuse al mittente.

Nei giorni scorsi, l'ambasciatore Usa all'Onu, Nikki Haley, aveva annunciato di avere prove concrete del fatto che i missili balistici sparati dagli Huthi fossero stati fabbricati dall'Iran. Anche in questo caso, la Repubblica islamica ha smentito ogni coinvolgimento.

Fonte: qui


INGROIA: L’EX PM DI NUOVO SOTTO INCHIESTA PER PECULATO

LA MAGISTRATURA INDAGA PER UN COMPENSO “SUPERIORE AI LIMITI PREVISTI DALLA LEGGE” CHE INGROIA HA RICEVUTO DA AMMINISTRATORE

Lucio Di Marzo per www.ilgiornale.it

C'è una nuova indagine per peculato con al centro l'ex magistrato Antonio Ingroia, iscritto nel registro della procura di Palermo dopo che già lo scorso marzo era diventata di dominio pubblico la notizia del suo coinvolgimento in un'inchiesta per lo stesso reato.

A finire sotto l'occhio della magistratura le retribuzioni che Ingroia ricevette come amministratore unico di Sicilia e-servizi, poi rinominata Sicilia digitale spa, che si occupa della gestione della piattaforma informatica dell'amministrazione regionale. Per la giustizia quel compenso fu "superiore ai limiti previsti dalla legge".

A carico di Ingroia c'è un altro fascicolo, sempre per peculato, aperto due anni fa, per il quale l'ex magistrato e oggi avvocato è già stato interrogato. I finanzieri hanno acquisito documenti per verificare se l'ex pm abbia ricevuto compensi non dovuti una volta piazzato dall'ex governatore Rosario Crocetta alla società. Se questa volta gli si contesta quanto ricevuto nel 2017, la contestazione precedente era riferita al periodo che va dal 2014 al 2016.

Fonte: qui

LA CONFUSIONE SUI DERIVATI E IL MANCATO PROCESSO A MARIO DRAGHI


In Italia chi si occupa di politica e di informazione generalmente non ha grandi competenze in materia di economia e finanza. Non ci sarebbe granché di cui stupirsi se la cosa non riguardasse anche diversi politici e giornalisti che ricoprono incarichi che hanno a che fare con l’economia e la finanza.
Uno dei temi che dal 2011 è al centro di un dibattito in cui regna la confusione è quello che riguarda i derivati stipulati dal Tesoro, che hanno generato esborsi miliardari negli ultimi anni. Attualmente è in corso un processo contabile nel quale la Corte dei conti contesta a Morgan Stanley (per il 70%) e a dirigenti passati e presenti del Tesoro (per il restante 30%) un danno erariale di 3,9 miliardi.
A partire dal 1994, il Tesoro ha stipulato diversi contratti derivati che non hanno svolto finalità di copertura, ossia di limitazione del rischio di tasso. In effetti non poteva essere così, dato che il Tesoro vendette swaption a Morgan Stanley. Si tratta di opzioni in base alle quali il venditore, a fronte dell’incasso di un premio, cede all’acquirente il diritto a entrare a date future in un contratto di swap (ossia di scambi di flussi di interessi a tasso fisso contro tasso variabile) a condizioni di tasso prestabilite.
In generale, mentre per chi compra l’opzione il premio pagato rappresenta la perdita massima, per chi vende la perdita può essere molto superiore all’importo del premio incassato, perfino illimitata. Morgan Stanley aveva introdotto nel contratto quadro una clausola che le consentiva di chiudere anticipatamente il derivato, contro il pagamento del suo valore di mercato da parte del Tesoro, qualora l’esposizione avesse superato determinati limiti. Clausola che la banca americana decise di esercitare sei anni fa, quando ci fu l’impennata del rischio Italia. Si tratta di clausole per nulla irrituali in questo tipo di contratti, e solitamente sono valide per entrambe le controparti.
Ciò che trovo abbastanza ridicolo, nell’atteggiamento di gran parte dei commentatori di questa vicenda e della stessa Corte dei conti, è attribuire a Morgan Stanley la responsabilità sulla gran parte delle perdite generate al Tesoro da quei derivati. Chi gestisce il debito pubblico non dovrebbe essere ignorante in materia, mentre qui si sta trattando la questione come se la controparte della banca d’affari fosse il signor Rossi “povero piccolo risparmiatore indifeso”.
Scrive Gianni Trovati sul Sole 24 Ore: Il rialzo dei tassi ha fatto scattare la clausola, che la banca non avrebbe esercitato in caso di andamento sfavorevole delle curve: una scommessa, nei fatti, impossibile da perdere per Morgan Stanley, e da vincere per il Tesoro. Lo stesso squilibrio, ovviamente, è alla base della possibilità concessa a Morgan Stanley di decidere da sola quando uscire dai derivati”.
L’affermazione di Trovati non è corretta, a meno che non sia dimostrato che il premio per la vendita delle swaption fosse nettamente inferiore al suo valore di mercato al momento della stipulazione. Nel momento in cui si stipula un contratto di opzione, se ciò avviene a condizioni di mercato, l’unica cosa che si può affermare è che il compratore perderà al massimo il premio pagato, mentre il venditore potrebbe perdere molto di più.
Viceversa, se il premio non rispecchiava le condizioni di mercato, andrebbe capito perché, dato che in tal caso le possibilità mi sembra possano essere solo due: o chi stipulò quei contratti per conto del Tesoro era ignorante in materia, oppure non lo era, ma in questo caso il sospetto che abbia avuto qualche forma di beneficio privato penso sia legittimo.
Entrambe le ipotesi mi sembrano comunque sconcertanti. 
Ultima curiosità: nel processo della Corte dei conti non è stato finora coinvolto il direttore generale del Tesoro dell’epoca. Forse è perché si tratta di Mario Draghi.
MATTEO CORSINI

CON UN IRRAGIONEVOLE RITARDO TRUMP SCOPRE CHE I NUOVI PADRONI DEL MONDO SONO CINA E RUSSIA E LE SPESE MILITARI USA SALGONO A 700 MILIARDI DI DOLLARI ALL’ANNO


1 - CREMLINO, STRATEGIA SICUREZZA USA HA NATURA IMPERIALE

(ANSA) - Il nuovo documento di strategia per la sicurezza nazionale illustrato ieri da Donald Trump ha "natura imperiale" e dimostra la "mancata voglia" degli Stati Uniti di "rifiutare un mondo unipolare", ma il desiderio di cooperare con la Russia è qualcosa di positivo: lo ha detto il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, commentando il documento in cui Russia e Cina sono definiti dei concorrenti insidiosi degli Usa.

2 - TRUMP E IL RITORNO DELLE POTENZE "CINA E RUSSIA SONO NOSTRE RIVALI"
Paolo Mastrolilli per “la Stampa”


donald trump xi jinping
DONALD TRUMP XI JINPING
«Siamo entrati in una nuova era di competizione». Questa è la frase chiave per capire la strategia della sicurezza nazionale americana, che il presidente Trump ha presentato ieri. Naturalmente ci sono tutti gli elementi già noti del suo programma, dal rafforzamento della difesa al rilancio dell' economia, dalla lotta al terrorismo alle politiche restrittive dell' immigrazione.

La vera novità, però, sta nelle parole usate dalle autrici del documento, quando domenica sera lo hanno anticipato ai giornalisti: «La competizione tra le grandi potenze è tornata, dopo essere stata a lungo liquidata come un fenomeno del secolo passato. In particolare con due potenze revisioniste», cioè Russia e Cina, definite «competitrici strategiche» che vogliono rimettere in discussione l' intero ordine geopolitico globale.
trump putinTRUMP PUTIN

Il problema ora sarà trovare una strategia coerente per contenerle, che non sia in contraddizione con la volontà dimostrata da Trump di dialogare con Mosca e Pechino, e la necessità vista dai suoi consiglieri di contrastare le loro mire. Come anticipato, la nuova «National Security Strategy», 67 pagine che il presidente ha definito «realismo basato sui principi», si fonda su quattro pilastri. Il primo è «Proteggere la patria, il popolo americano e il nostro modello di vita».

In questo capitolo rientrano le spese militari portate a 700 miliardi di dollari all' anno; le pressioni sugli alleati Nato affinché alzino le loro spese per la difesa al 2% del Pil; la linea dura con la Corea «che dovremo affrontare, non abbiamo scelta»; la lotta al terrorismo; le politiche sull' immigrazione, a partire da muro lungo il confine col Messico e il bando dei musulmani. Il secondo è «Promuovere la prosperità americana», perché «la nostra forza internazionale si costruisce a casa».

donald trump xi jinpingDONALD TRUMP XI JINPING
Quindi i tagli alle tasse, la spinta per la crescita, lo stesso ritiro dall' accordo di Parigi sul clima, che secondo Trump penalizzava l'economia Usa. Il riscaldamento globale, infatti, è uscito dalle minacce alla sicurezza nazionale. Questo significa difendere con più forza gli interessi commerciali americani, in particolare dagli abusi cinesi, che vanno dal protezionismo al furto della proprietà intellettuale.

putin trumpPUTIN TRUMP
Il terzo pilastro è «Preservare la pace con la forza», e quindi potenziare le difese, da quelle militari a quelle cibernetiche, perché la debolezza invita l'aggressione e la guerra. Il quarto è «Avanzare l'influenza americana», ossia la versione del soft power nell' era dell' America First. Trump ha detto che gli Usa non vogliono imporre i loro valori, come faceva il suo predecessore Bush quando tentava di esportare la democrazia, e per questo le sue posizioni non piacciono ai neocon repubblicani.

Però ha anche aggiunto che sono i migliori possibili, perché «il governo del popolo che abbiamo creato è un bene prezioso», e quindi non si vergognerà di difenderli. Il presidente ha concluso dicendo che «l' America è già tornata forte, e tutti ne vedono i segnali. Il risveglio è in corso, basato su patriottismo, prosperità ed orgoglio».

TRUMP XI JINPINGTRUMP XI JINPING
Il vero elemento di novità sta dunque nel ritorno della competizione fra potenze, in particolare con quelle «revisioniste» che vogliono sgretolare la supremazia americana. È una minaccia che riguarda l' aggressività economica cinese, ma non solo. Pechino sfida Washington anche sul piano militare, scientifico e geopolitico, ad esempio con le isole costruite nel mare che considera suo.

Discorso simile per la Russia, che dall' Ucraina alla Siria sta cercando di resuscitare l' impero sovietico, usando le risorse energetiche come fonte di finanziamento e ricatto. Non a caso Nadia Schadlow, autrice del documento, all' università si era specializzata proprio nello studio dell' Urss.

Da questa competizione tra potenze derivano le minacce, ma anche le opportunità per il futuro, un po' come ai tempi della Guerra Fredda. Infatti Trump mette enfasi sulla necessità di rilanciare l'arsenale nucleare. Se gli Usa vinceranno questa sfida di lungo termine, a cascata ne discenderanno stabilità e prosperità globali. Il problema è che il presidente finora ha dimostrato una disponibilità verso Russia e Cina, a partire dalla negazione degli attacchi lanciati da Mosca per influenzare le elezioni del 2016, che rende complicata l' individuazione di una strategia concreta e coerente, capace di tenere aperto il dialogo, e nel contempo vincere la sfida con le potenze revisioniste.

Fonte: qui

L’ULTIMA BEFFA ARRIVA DALLA PROTEZIONE CIVILE CHE HA CHIESTO LO SLOGGIO, ENTRO IL 31 DICEMBRE, DALLE STRUTTURE ALBERGHIERE MESSE A DISPOSIZIONE DOPO IL SISMA


METÀ DELLE ABITAZIONI NON SONO STATE CONSEGNATE E QUELLE ESISTENTI SONO MEZZE ROVINATE (E LE RIPARAZIONI SONO A CARICO DEL CITTADINO)

Paolo Giovannelli per www.laverita.info

una struttura daccoglienzaUNA STRUTTURA DACCOGLIENZA
«Siamo ormai prossimi alla conclusione dell' installazione e assegnazione delle Sae (Strutture abitative di emergenza) previste per la fine di quest' anno e pertanto si rappresenta, anche a seguito di sollecito del Dipartimento nazionale della Protezione civile sul contenimento delle spese, che la sistemazione alberghiera transitoria avrà termine il 31 dicembre». È questo il contenuto delle lettere che, la Regione Umbria, a firma del dirigente Alfiero Moretti, sta facendo recapitare ai terremotati fatti sfollare soprattutto negli alberghi sulle rive del Lago Trasimeno. C' è, però, anche «la scappatoia».

alfiero morettiALFIERO MORETTI




Forse perché, alla mezzanotte del 31, sarebbe crudele mettere alla porta un terremotato ormai uso a festeggiare Capodanno in hotel, con la casa schiantata e senza lavoro, oppure anziano, malato e con una bassa pensione. Infatti la lettera, sapientemente, continua: «Conseguentemente per tali cittadini, dal giorno 31 dicembre p.v., non verrà più garantita l' ospitalità presso strutture alberghiere e coloro che continueranno ad usufruire dovranno provvedere, dalla succitata data, al pagamento del soggiorno». Volete restare in albergo? Tirate fuori i soldi o finisce l' incantesimo.

Tutti rincuorati. Chi governa ha letto Cenerentola e predispone il suo lieto fine: i terremotati, principi e principesse negli hotel incantati, hanno subito la possibilità, pagando, di non ritornare, da sfrattati, in mezzo alla strada.

sae umbria 2SAE UMBRIA 
Lo Stato, da parte sua, ha già le tasche vuote e, quindi, le spese vanno contenute. I 5stelle insorgono: «Uno sgradito "regalo" di Natale, questa glaciale lettera con cui la Regione Umbria invita gli sfollati del terremoto 2016 a lasciare definitivamente gli alberghi entro il 31 dicembre 2017», commenta il consigliere regionale Andrea Liberati, 41 anni, neo referente locale di Luigi Di Maio per il suo «rally» elettorale. «Questo «governicchio», continua il pentastellato, «ottimizza la spesa sulla pelle dei terremotati.

Le motivazioni, contenute in circolari e solleciti della Protezione civile nazionale, avrebbero natura esclusivamente economica: questo Stato di Pulcinella, dal 2016, impiega centinaia di milioni di euro per costruire, lentamente, le Sae delle cooperative: il cui costo complessivo al metro quadrato, compresi espropri, urbanizzazioni, fondazioni e allacci, supera pesantemente quello di edifici in cemento armato, come reiteratamente dimostrato da tecnici e libera stampa.

Eppure il mega business del post emergenza non s' ha da toccare e, in simili condizioni, il peggio verrà, se e quando mai inizierà la ricostruzione. «Né», aggiunge Liberati, «è vero quanto affermato nella lettera della Regione Umbria, secondo cui si è prossimi alla conclusione e assegnazione delle "casette", le cosiddette Sae. In Umbria siamo a 391 su 784 o 758 o 776 o a piacere, perché i dati sono "ballerini" tra i Comuni di Norcia, Cascia e Preci».

sae umbriaSAE UMBRIA
Sulle Sae «consegnate ai sindaci» al 15 dicembre scorso, la Protezione civile comunica questo numero: 1.693 su 3.667 ordinate dai 50 Comuni, alla data del 28 novembre scorso. Nemmeno la metà.

Inutile illudersi: a fine 2017 in molti non avranno la Sae, nonostante i «giurin giurello» di quei politici per cui il popolo è sempre bue. Se ne riparlerà a primavera, se l' inverno sarà clemente e permetterà di lavorare a ritmi quasi normali. Quanto ai terremotati assistiti negli alberghi, a oggi, in Abruzzo ce ne sono 1.071, nel Lazio 76, nelle Marche 2.728 e in Umbria 439. Il totale è di 4.314 persone.

«La gestione delle famiglie sfollate torna dunque al fai-da-te», puntualizza in una nota Liberati, «in condizioni affatto facili. Infatti, pur avendo costoro diritto al Cas, l' esiguo contributo di autosistemazione, se poi non trovassero lavoro non avrebbero nulla da comprare, a partire dal cibo: sarebbe, il loro, un tenore di vita decisamente diverso da quello assegnato ai soliti noti, grazie a certi appalti. Ecco come le istituzioni hanno a cuore questi cittadini, sacrificati sull' ara degli affari di Stato & Regioni, dei compagni & compari di sempre».

strutture abitative demergenzaSTRUTTURE ABITATIVE DI EMERGENZA
C’ è poi un altro tema: quello della qualità del prodotto Sae che, a questo punto, apparirebbero sbagliate già nel progetto iniziale realizzato dal Consorzio nazionale servizi, il Cns di Bologna. L' Agi, il 6 dicembre scorso, scrive che «le persone che hanno visto consegnarsi le chiavi dei moduli abitativi, molti mesi dopo il sisma, ora si ritrovano a fare i conti con topi, danni agli impianti e porte bloccate dalla neve» e riporta la denuncia del comitato civico 3e36 di Amatrice e Accumoli, che scrive: «Le Sae, sono l' ennesimo esempio di come le soluzioni imposte dall' alto, senza l' indispensabile coinvolgimento delle popolazioni interessate, portano al disastro annunciato». L' articolo, reperibile in internet a firma di Sonia Montrella, elenca «i sette problemi più grandi delle casette dei terremotati», ossia i sette peccati capitali delle cooperative «rosse» contro Dio e i terremotati. Ne riportiamo tre, testimonianze del fatto che non si può far fare nulla a chi le cose non le ha mai fatte in precedenza, Sae comprese, strapagate dallo Stato col denaro pubblico.

sae umbria 3SAE UMBRIA 
«Tra gli errori più grossolani», denuncia il comitato, «ci sono le porte d' ingresso che si aprono verso l' esterno e non verso l' interno. Un particolare che fa davvero la differenza, in un paese come Amatrice sorto a 955 metri sul livello del mare: ad agosto non è affatto un problema, ma lo è quando cadrà un metro di neve, che di fatto impedirà alle persone di uscire di casa». Il secondo: «I terremotati delle Sae hanno iniziato a dividere casa con i topi che si introducono in casa attraverso lo scarico delle cucine e bucano il materiale di isolamento delle condutture idriche, danneggiando l' impianto. E tocca ai cittadini intervenire per mettere in sicurezza le tubature. Privatamente». Il terzo: «Le infiltrazioni di acqua piovana dalle coperture e le perdite della rete idrica e di riscaldamento».

Fonte: qui