9 dicembre forconi: 07/21/18

sabato 21 luglio 2018

Calm Before The Storm? Treasury 'Risk' Hits 45-Year Low As Shorts Hit Record Highs

Having killed the Japanese bond market, some are wondering if central bank interference has finally slayed the US Treasury market, as its numbness to news suggests a zombie-market-walking.
The 10-year Treasury yield has moved less than 9 basis points so far in July. After retreating from its May 17th high of 3.1261%, the benchmark yield has hovered between 2.8053% and 2.8950% in July...
Putting it on course for its smallest monthly range since 1973....
In price-terms, the realized volatility of 10Y US Treasury Futures prices for the last 30 days is the lowest since 1998!
As Bloomberg notes, Ian Lyngen, a strategist at BMO Capital Markets, said in a note this week that he’s fascinated with how unresponsive the yield has been to new information and “our sense is that something dramatic is nearing on the horizon.
And given the fact that there has never been a bigger speculative short position across the Treasury complex...
We suspect the max-pain trade would be a yield collapse.
We wonder if the catalyst will somehow be China?
Fonte: qui

Quella profezia sul ritorno al Qe della Fed

Mentre la banca centrale cinese inietta nuova liquidità nel sistema, c'è chi è pronto a scommettere che anche la Fed riattiverà il Qe. 
Jerome Powell, Presidente della Fed (Lapresse)
Jerome Powell, Presidente della Fed (Lapresse)

«Tutto il costo del capitale, a livello globale, dovrebbe andare in negativo e la ragione è molto semplice: è il grado di leverage e finanziarizzazione con cui dobbiamo fare i conti a livello mondiale. Quasi tutte le nazioni, a oggi, hanno bisogno di 3-4 dollari di debito per ogni dollaro incrementale di Pil che generano. E questa è una funzione della vera malattia, il collasso della produttività globale, guidato da spread sempre più esponenziali in quelle che possiamo chiamare "aziende zombie", mantenute in vita unicamente dai tassi bassi a livelli record». Insomma, chi ha detto questo? Chi mi segue con attenzione, sa che sono interi trimestri che dico chiaramente come l'unica, reale finalità a livello globale sia quella di fare in modo che le Banche centrali, Fed in testa, trovino un casus belli sufficientemente emergenziale e credibile per tornare a stampare. 
E questo vale per tutto: scelte politiche, geopolitiche, economiche e finanziarie. Persino le paradossali capriole diplomatiche di Donald Trump, se lette in quest'ottica, hanno un senso. E il motivo è chiaro, palese: dopo dieci anni di tassi a zero e liquidità per tutti, ora che la Fed ha cominciato a rialzare i tassi (ancorché, rispetto ai tassi reali, sia di fatto tutt'oggi in modalità espansiva rispetto al record storico) e la Bce si appresta a chiudere il suo programma di Qe, la scarsità di dollari in circolazione (necessari a coprire i costi sempre crescenti dei debiti pubblici e privati contratti nel periodo delle vacche grasse, soprattutto nei mercati emergenti, come mostra il grafico) va a unirsi al venire meno del cosiddetto backstop sul mercato obbligazionario, ovvero la certezza di avere un acquirente di prima e ultima istanza sul mercato secondario. 
E quest'ultima dinamica, come saprete, va a impattare direttamente sul mercato equities, visto che il driver pressoché unico dei rialzi azionari sono proprio i buybacks corporate, finanziati a loro volta con i proventi delle emissioni di bond allegre e senza più limiti di rating. Bene, quelle parole con cui ho dato inizio all'articolo, sono di Viktor Shvets, capo della strategia per l'Asia presso Macquarie Commodities and Global Markets ed ex capo dell'ufficio studi di Credit Suisse, intervistato da Bloomberg TV (qui trovate l’intera intervista, per chi se la cava con l'inglese). E qual è il concetto cardine dell'intera intervista? Semplice, a detta di Shvets, entro 3-6 mesi al massimo la Fed cesserà il suo programma di riduzione dello stato patrimoniale. Insomma, primo passo verso un tapering al contrario, ovvero la fine (o, almeno, la sospensione) del programma di normalizzazione monetaria. 
Il perché è presto detto, ci pensano questi grafici: la scarsità di dollari in circolazione a livello globale, drenati appunto dal programma di contrazione della Banca centrale Usa, la quale ha già mandato in testacoda tutti i mercati azionari emergenti (Cina in testa) e rischia, andando avanti con quanto finora promesso da Jerome Powell, ora di far saltare il canarino nella miniera, ovvero il mercato obbligazionario ad alto rendimento. 
 
Tanto più che una dinamica nuova rischia di esacerbare la situazione, un qualcosa che rappresenta la vera guerra commerciale fra Usa e Cina, non quella dei dazi che appare, giorno dopo giorno, unicamente mediatica. Guardate questi due grafici, sono gli unici veramente necessari non solo a capire la situazione attuale del mercato, ma anche le dinamiche geopolitiche reali. Ovvero, chi comanda davvero al mondo. Il primo ci dice qualcosa che, in maniera indiretta, rende ancora più inderogabile e ineluttabile un cambio di marcia della Fed: lo yuan offshore è oggi ai minimi da 12 mesi, giù di oltre il 9% dai massimi di marzo e in caduta libera a un tasso annuale che ruota attorno al 30%! È un ritmo di caduta più veloce di quello raggiunto nel post-svalutazione del 2015, quando si raggiunse un tasso annualizzato del 23%. Il secondo grafico, poi, è ancora più chiaro: pare che a fronte dei nuovi dollari che i cinesi stanno acquistando (drenando quindi altra quantità dal mercato, sempre in aumento visto la svalutazione dello yuan), gli stessi stiano comprando opzioni call sullo Standard&Poor's! 
 
Scherzo ovviamente, la correlazione non è certo fra vendita di valuta cinese e contestuale acquisto di opzioni (almeno, non per ora), ma comunque il cordone ombelicale esiste ed è più che un effetto psicologico: se a livello di scontro commerciale, ovvero la china suicida che Trump ha deciso di intraprendere, quella svalutazione dello yuan è una iattura, dall'altra i mercati statunitensi delle equities (gli stessi che, giova ricordare, campano unicamente di buybacks, quindi indirettamente di Qe) festeggiano, perché quella dinamica della valuta cinese significa anche altro: di fatto, ieri Pechino ha ingaggiato ufficialmente il suo Qe, ritornando - ancorché parzialmente - bancomat del mondo, in attesa che si compia la profezia di Shvets riguardo la Fed (e, state certi, che qualche "intoppo" salterà fuori anche sulla strada del taper della Bce, da qui a gennaio). 
Ieri, infatti, Pechino- tre settimane dopo l'ultimo taglio dei requisiti di riserva delle Banche - ha annunciato ulteriori misure espansive per il supporto del credito bancario e del mercato obbligazionario interno, mossa obbligata quando hai dovuto far fronte da inizio anno a default corporate per un controvalore di 22 miliardi di dollari. E che si tratti di un quasi Qe ufficiale ce lo dicono due cose. Primo, l'utilizzo di strumenti monetari come le Medium Term Loan Facility (Mlf) e il fatto che il denaro di quei prestiti sarà particolarmente focalizzato su detentori di bond con rating AA+ e inferiore, ovvero i più rischiosi. Insomma, supporto di Stato allo stato puro, solo attraverso le banche commerciali: le quali, forniranno liquidità a pioggia su mandato della Pboc. Questo, dopo che soltanto in giugno la stessa Banca centrale di Pechino aveva fornito alle istituzioni finanziarie mercato interno, sempre via Mlf, qualcosa come 665 miliardi di yuan (circa 100 miliardi di dollari), portando il totale di quel tipo di prestiti in atto dai 4.017 miliardi di fine maggio a 4.420,50 di fine giugno.
Insomma, quello che prima che era una cascata di grosse dimensioni, ora sta diventando una quasi nubifragio. Certo, per tamponare la situazione sui mercati, solo a livello di leverage e rischio sul mercato dei bond ad alto rendimento, ci vorrebbe uno tsunami - se non un diluvio - di liquidità, ma, state certi, siamo solo all'inizio. La vera operazione di salvataggio del salvabile - in primis, ovviamente, i casinò finanziari e poi i debiti sovrani più a rischio - partirà quando, potendo respirare proprio grazie a questa mossa della Pboc, le varie Banche centrali occidentali troveranno la scusa migliore e più credibile da vendere alle opinioni pubbliche per bloccare i processi di normalizzazione e tornare, quantomeno, a politiche espansive minime. Per le presse in azione, c'è ancora tempo. Soprattutto se ci penserà la liquidità di Pechino a tamponare i guai più immediati all'orizzonte. 
Insomma, capite ora il senso anche del mio articolo di ieri? Capite il perché del nuovo record intraday del Nasdaq, nonostante i pessimi risultati di Netflix? Capite perché la multa Ue a Google ha fatto il solletico al mercato? Capite perché la vendita di Treasuries della Russia è stato solo un segnale proxy di Pechino per far capire chi comanda? E pensate che gli Usa saranno così intelligenti da cogliere l'occasione per smettere con le dispute dirette e trattare diplomaticamente con Pechino, visto il "favore" che oltre a se stessa, la Cina sta facendo indirettamente a tutto il resto del mondo, sbloccando per l'ennesima volta il Pin del suo bancomat di impulso creditizio? Non sperateci troppo, al Pentagono e nei circoli neo-con la Cina è il vero nemico, non Mosca e non cederanno tanto facilmente. Sono più stupidi che orgogliosi, ora è cosa nota e acclarata. 
Facciano come vogliono, una cosa sola è di fondamentale importanza: l'Ue prosegua sulla strada intrapresa in queste settimane di dialogo e collaborazione sempre più ampia e amichevole con la Cina. L'America si getti pure in burrone, se vuole. Di un Paese falsamente potente, ma in realtà basato unicamente su debito e finanziarizzazione, i cui proventi sono privatizzati e le perdite rese pubbliche a livello globale, il mondo non sentirà la mancanza. E forse un bel bagno di umiltà servirà anche agli americani per capire che la vita non è soltanto carte di credito e mutui allegri per comprare compulsivamente ciò che resta, stinto e un po' a brandelli, del sogno a stelle e strisce che fu. 
Fonte: qui

China "Weaponizes Yuan" - Weakens Fix By Most Since 2016

On the heels of its 'stealthy' easing.. and not so stealthy:

In the past 48 hours China has:
- Cut its 7-day Treasury rate by 103bps
- Launched quasi QE
- told banks to flood the system with liquidity
- Sent the Yuan tumbling
- Warned more easing is coming

The PBOC just lowered the ax on the Yuan Fix - slashing their reference rate by the most since June 2016.

Offshore Yuan is tumbling to new cycle lows after the fix...CNH is down over 1250 pips this week - the biggest weekly devaluation since August 2015's plunge.
President Trump is gonna be pissed!!
Will China's chaotic capital markets ripple across the world?
Yen just snapped stronger...
The Indonesian Rupiah tumbled 0.5%, and gold is falling...
As we concluded previously, so how long before the trade war, which is already shifting to a currency war as a result of the recent record devaluation in the yuan, morphs into a central bank war and a renewed race to the bottom between the world's two most important economies? .. or worst still as Bannon suggested, a kinetic war.
Russia is an annoyance. China is our great challenge. Russia's economy is the size of Texas or New York State? It's got lots of nuclear weapons...but in today's warfare...nuclear weapons are taking a less important role. Trump is trying to end the Cold War and the Korean War...and all he is getting is grief from the globalists.
And that's a huge problem, because not only are we adversaries with China, we are at war with China, Bannon said.
We're in a war with China. Ray Dalio tweeted the other day. There's three types of war: information war, economic war, and guns-up kinetic war. They've been at war with us for 25 years. Many people in this room have exacerbated the rise of China."
Pushing back against the notion that Trump lacks grand foreign policy vision, Trump, like Reagan, is trying to build a foreign policy behind American assertiveness and optimism. Furthermore, the notion that China has advantages over the US in a trade war is laughable; the US can - and will - win, Bannon said.
If they devalue their currency they're just going to flood more dollars out. That's what their own people think about their economy. We allowed them to take the South China Sea. Donald Trump is not going to back off this. Donald Trump is not going to blink. Victory is when they give us access to their markets.
This trade war is going to end in victory and what you're going to see is a reorientation of the entire supply chain out of China.
But, we remind readers that 'hope' is not a strategy.

Fonte: qui

CINA: DEBITO, BANCHE e RATING. Funny world!


Ormai vi sarete annoiati dei miei moniti sulla Cina. Un paese che ha un debito societario e privato impressionante, una vera mina vagante, ma che, allo stesso tempo, possiamo dire che ha le spalle molto larghe.
Proprio un mese fa la PBoC è stata protagonista di un’iniezione di liquidità “monstre” che è passata quasi inosservata dai media.
Alle prese con timori crescenti sul rischio di una valanga di default sui debiti da parte delle imprese, la Cina è ricorsa al suo strumento MLF (Medium-term Lending Facility) per iniettare una liquidità pari a 463 miliardi di yuan, l’equivalente di $72 miliardi. Da segnalare che le aziende cinesi devono rimborsare nella seconda metà di quest’anno, sia nel mercato onshore che nell’offshore, bond per un valore totale di 2,7 trilioni di yuan. [Source
Quindi default a raffica, un rischio che non rappresenta una novità. Ma come vi ho già spiegato, tutto viene “filtrato” e a noi arrivano solo notizie incomplete. In realtà la Cina vuole “lavare i panni sporchi a casa sua” e quindi è disposta anche a nazionalizzare quelle aziende che devono essere salvate. E le altre, quasi in sordina, chiuderanno i battenti.
Già la BRI recentemente aveva denunciato indirettamente la questione.
(…) È la certificazione, da parte della Banca per i regolamenti internazionali, dell’aumento esponenziale post-crisi del 2008 del debito pubblico/privato a livello globale. Alla faccia del salutare deleverage, ora anche la Banca centrale delle Banche centrali certifica che anneghiamo nel debito. Tutti. Nel 2007 l’aggregato complessivo globale del debito era pari al 179% del Pil, mentre alla fine dello scorso anno era al 217%. E se le economie avanzate sfiorano ormai il 270%, sono soprattutto quelle emergenti che hanno visto le loro ratio crescere in maniera esponenziale, salendo dal 113% al 176%, soprattutto per l’impatto debitorio di settore corporate e famiglie. (…) [Source
C’è stato il deleveraging non è vero? Come no! La stessa BRI lo ammette, ed è un elemento MOLTO preoccupante. Ma forse non fa comodo dirlo in giro, rovinerebbe il sentiment e la fiducia che sostiene questo mondo di carta.
Ma io me ne frego e ve lo dico ugualmente.

BIS Statistical Bulletin, June 2018 

Chiaramente in modo elegante ma chiarissimo, la BRI infatti ci dice che, secondo il loro parere, la gran parte delle banche mondiali ha apertamente truccato i propri bilanci, utilizzando pratiche di ingegneria finanziaria, il cosiddetto window-dressing, sfruttando in tal senso l’operatività espansiva delle Banche centrali. Insomma, l’ente di controllo massimo certifica che le banche operano dolosi maquillage dei loro stati patrimoniali attraverso i magheggi delle operazioni Repo, esattamente come nel 2014.
Dobbiamo essere felici di tutto questo? Direi proprio di no. Ma “certifica” quanto diciamo da ANNI. Il sistema ci dice cosa gli fa comodo, e sta facendo il possibile per tenere in piedi la baracca. Finchè si può.

BRI e CINA

E sempre parlando di “brogli”, la BRI ha anche qualcosa da dirci proprio sulla CINA: tanto per cominciare, lo sapete che la PBoC ha deciso di tagliare i requisiti di capitale delle principali banche, dal 5 luglio prossimo, una mossa che dovrebbe liberare nel sistema circa 700 miliardi di yuan (108 miliardi di dollari)?
Probabilmente no. Ma attenzione, la cosa interessante è un’altra. Questo denaro NON potrà essere utilizzato per investire, ma dovrà tassativamente essere detenuto in cassa. Come mai? Il sistema bancario dovrà fare l’impossibile per sostenere le aziende con operazioni di deleveraging e rinegoziazione del debito. Con un SOLO obiettivo: arginare quanto possibile i default.
Grafico Shanghai Index SHCOMP via TradingView
Intanto fatevi una domanda. Come mai lo Shanghai Index ha avuto performance così negative negli ultimi mesi? Colpa di Trump e del protezionismo? Nein, si tratta di problemi che hanno origini più profonde.
Un ulteriore elemento che lascia un chiaro segnale di difficoltà è lo spread tra i titoli HY cinesi e quelli USA: uno spread che non fa che ampliarsi.
(…) Lo scarto fra gli spread societari HY cinesi e i Treasury statunitensi ha continuato ad ampliarsi a luglio, raggiungendo i 367 punti base – il livello più alto da aprile 2015, quando la banca centrale era impegnata a tagliare i tassi per contrastare il declino del ritmo di crescita. La mossa recente riflette i timori sempre più diffusi fra gli investitori per il crollo del 5,3% del renminbi sul dollaro USA negli ultimi tre mesi e le crescenti preoccupazioni per gli effetti delle nuove barriere commerciali previste dagli Stati Uniti nei confronti delle esportazioni cinesi. (…) [Source
Sono segnali chiarissimi. C’è del dolo? In qualche caso si, ma proprio perché si vuole tenere alto il livello di fiducia altrimenti…se molla la fiducia come farà la Cina a mantenere tassi di crescita quantomeno del 6% a lungo termine, autofinanziando così il debito sempre più invasivo?
E come sempre sarà fondamentale il ruolo delle banche. Ma proprio a questo proposito vi faccio vedere questa slide. Dolo? Si, in questo caso sembra chiaro.
Si nega l’evidenza e in Cina le banche sono viste tutte come porti solidissimi e sicuri.
Sarà anche vero che la PBoC salverà tutto il salvabile, ma pensare che sia tutto risk free… Beh, quest no! Auguri….
PS: quasi mi dimenticavo di dirvelo. Intanto proprio in queste ore è saltata una azienducola mandando in default i suoi 11 miliardi di USD debito. Non è stato possibile tenere nascosta la notizia….
(…) China this month recorded one of its biggest corporate-debt defaults yet, with the downfall of a coal miner that had ridden the country’s wave of credit until policy makers changed the game with their deleveraging campaign. (…) For investors in Wintime Energy Co., it’s been far from a winning time now that the company from northern Shanxi province is proving incapable of rolling over debt that quadrupled in less than five years. How the borrower ran up a 72.2 billion yuan ($10.8 billion) tab that it now can’t make good on illustrates why this year will be China’s worst yet for corporate defaults. And with a potential lifeline from state-owned banks unveiled Wednesday, it could also emerge as an example of China’s unwillingness to allow unbridled corporate failures. (…) [Source]

Fonte: qui

Il 2019 - 2020 tra coazione a ripetere e forza di gravità

Wile E. Coyote andrebbe usato per spiegare Schopenhauer e la sua visione della volontà come forza cosmica cieca, irrazionale e insensata che controlla e determina le azioni degli individui viventi e di tutto l’universo. Il povero animale è vittima di una coazione a ripetere che lo costringe a una serie infinita di tentativi di catturare e mangiare l’uccello Roadrunner Beep Beep. I tentativi sono via via più audaci e sofisticati e si avvalgono della tecnologia (sempre difettosa) della misteriosa Acme Corporation ma finiscono ogni volta tragicamente, con Beep Beep illeso e il coyote che esplode o precipita nel canyon profondissimo, salvo rialzarsi prontamente e, schopenhauerianamente, riprendere con accanimento freddo, cieco e disperato la sua caccia perfettamente inutile.
Il coyote è ancora più tragico di Sisifo (che almeno è punito dagli dei per il suo eccesso di astuzia e di hybris) perché è innocente. E non è affatto stupido, ma usa la sua intelligenza solo per andare incontro al suo destino, mai per liberarsene e diventare, per esempio, vegetariano.
Nelle scorse settimane l’ex governatore Bernanke ha dichiarato che nel 2020 l’economia americana andrà incontro a un momento alla Wile E. Coyote, riferendosi al povero animale che, durante i suoi furiosi inseguimenti, esce puntualmente dalla strada che si inerpica lungo la roccia, continua a correre orizzontalmente nel vuoto per qualche momento, guarda giù, capisce tutto, guarda lo spettatore con lo sguardo più triste che si possa immaginare e infine precipita nel canyon. Bernanke stima che l’effetto positivo dei tagli fiscali americani si esaurirà bruscamente due anni dopo la loro introduzione nel gennaio scorso e che il tasso di crescita degli Stati Uniti, in questo momento vicino al 4 per cento, scenderà verso lo zero almeno per qualche mese.
Bernanke è in fondo generoso nel concederci ancora un anno e mezzo di grazia. Non sono pochi, infatti, gli economisti che ritengono possibile un marcato rallentamento, se non addirittura una recessione, già nel 2019. 
Le cause? 
Qualcuno le vede nell’economia reale, che cederà sotto i colpi dei rialzi lenti ma costanti della Fed, tanto più dolorosi, a un certo punto, in quanto coincidenti con il venir meno degli effetti del taglio delle tasse. 
Per altri la scivolata partirà invece dalle borse, schiacciate dalla contrazione dei multipli provocata dal rialzo dei tassi. Il ribasso azionario, a quel punto, toglierà al pubblico la voglia di consumare e alle imprese quella di assumere e investire. 
Il tutto in un contesto altamente imprevedibile (dazi, Italia, rallentamento cinese e svalutazione del renminbi) che potrebbe avvicinare il precipitare della crisi.
A quel punto Wile E. Coyote verrebbe evocato per raccontare un problema ancora più serio e strutturale, la coazione a ripetere su scala sempre più grande la sequenza recessione, crollo degli asset finanziari, iperespansione monetaria (con il kit degli attrezzi fornito dalle banche centrali che si celano dietro la Acme Corporation), tassi reali negativi per aiutare i debitori a rimanere in vita, rigonfiamento e bolla degli asset finanziari determinati dai tassi negativi fino al crash successivo. Il tutto usando la nostra intelligenza, come il coyote, per trovare nuovi metodi sempre più aggressivi e sofisticati per rimetterci in piedi (la prossima volta abolizione del contante e helicopter money) ma mai trovando il sistema per evitare di ricadere nel canyon dopo qualche tempo.
Sono tre cicli che andiamo avanti così, ogni volta con i tassi più bassi, la moneta più abbondante e il livello degli asset sempre più alto. 
Solo che a ogni ciclo cresce anche il debito in rapporto al Pil. Come ricorda John Mauldin, in dollari a valore costanti il debito globale (stati, banche, imprese, famiglie) era secondo McKinsey di 87 trilioni nel 2000, di 142 nel 2007 ed è oggi calcolabile in circa 250 trilioni, tre volte il Pil globale. Se poi calcoliamo le passività potenziali degli stati (le prestazioni previdenziali e sanitarie promesse) e le attualizziamo arriviamo, secondo Laurence Kotlikoff, a 10 volte il Pil, ovvero al mille per cento (in tutte queste classifiche l’Italia è sempre a metà strada). Per questo alcuni ipotizzano, già per il prossimo decennio, una crisi del debito molto difficile da gestire.
Ma ogni giorno ha la sua croce e non è il caso di fasciarci la testa fin da ora per problemi che non arriveranno subito. Nessuna recessione è alle viste, dichiara Larry Kudlow, capo dei consiglieri economici della Casa Bianca.
Puntiamo a una crescita molto alta, aggiunge, e non siamo preoccupati per l’inflazione. Quanto ai dazi, Kudlow non esclude un accordo con l’Europa basato su un abbassamento, non su un rialzo, di alcune tariffe. Resta aperto il contenzioso con la Cina, che fa pochi passi avanti e rischia seriamente di provocare rialzi magari temporanei, ma generalizzati, dei dazi. E poi c’è la Fed che, con il trumpiano Powell al comando, cerca di farsi notare il meno possibile e di non disturbare troppo crescita e mercati.
Insomma, prestiamo attenzione all’infittirsi di previsioni di rallentamento per il 2019-20, non facciamoci trovare a metà 2019 con portafogli stracarichi di azioni e di rischi di credito e cominciamo a preferire i rischi di duration sui titoli sicuri ai rischi di credito sui titoli meno sicuri ancorché relativamente brevi. Ma teniamo anche conto del fatto che, dopo due recessioni non previste da quasi nessuno (Bernanke compreso), ora c’è la corsa a portarsi avanti a prevedere la prossima, anche per potere poi dire che lo si era detto. Come si è sbagliato prima, così si potrebbe sbagliare anche questa volta. Il ciclo potrebbe certamente avere uno o due trimestri di crescita vicina a zero nel corso dei prossimi due anni e questo verrebbe certamente accompagnato da una caduta del 15-20 per cento delle borse e da un recupero dei bond sicuri, ma niente fa pensare, al momento, che avremmo una replica del 2008. E non dimentichiamo che, proprio per il 2020, l’amministrazione Trump sta studiando, come ha ricordato Kudlow, nuovi tagli delle tasse, questa volta per le persone fisiche e, in più, permanenti.
Nel breve, quindi, non c’è ragione per non restare ragionevolmente investiti in borsa e non approfittare della crescita degli utili societari, spettacolare in America e buona in Europa.

LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA CHE HA CONDANNATO MORI, SUBRANNI E DE DONNO, L'INATTENDIBILITÀ DI CIANCIMINO E IL RUOLO DI DELL’UTRI, A 26 ANNI DALLA STRAGE DI VIA D’AMELIO LA VERITÀ È ANCORA LONTANA

Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”

PAOLO BORSELLINOPAOLO BORSELLINO
Ad ammettere l' accelerazione della strage di via D' Amelio fu lo stesso Totò Riina, nelle conversazioni col suo compagno di passeggio intercettate in carcere nel 2013.

«Ma non era studiato da mesi, studiato alla giornata...», disse in un' occasione il boss. E pochi giorni dopo: «Arriva chiddu (quello, ndr), ma subitu... subitu!... rammi un pocu ri tempu (dammi un po' di tempo, ndr)...». Per i giudici queste parole «sono la conferma» che «effettivamente nei giorni precedenti la strage ebbe a verificarsi un qualche accadimento che ha indotto il Riina a concentrarsi, con immediatezza, nell' uccisione del dottor Borsellino».

STRAGE DI VIA D'AMELIOSTRAGE DI VIA D'AMELIO
Che questo «accadimento» fosse la scoperta, da parte del magistrato, della trattativa fra pezzi delle istituzioni e Cosa nostra non è provato, ma è una «conclusione che trova una qualche convergenza nel fatto che, secondo quanto riferito dalla moglie Agnese, Borsellino poco prima di morire le aveva fatto cenno a contatti tra esponenti infedeli delle istituzioni e mafiosi».

PAOLO BORSELLINO - STRAGE DI VIA DAMELIOPAOLO BORSELLINO - STRAGE DI VIA DAMELIO
Le motivazioni della sentenza che tre mesi fa ha condannato i tre ex ufficiali dei carabinieri Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, oltre all' ex senatore Dell' Utri, per il reato di «violenza o minaccia a un Corpo politico dello Stato» commesso insieme ad alcuni boss mafiosi tra il '92 e il '94, parlano della strage di 26 anni fa, ma anche di molti altri fatti verificatisi in quella stagione di bombe e di profonde mutazioni politiche.

PAOLO BORSELLINOPAOLO BORSELLINO
Analizzando, inevitabilmente, l' arrivo al governo di Silvio Berlusconi con il partito di Forza Italia, costruito in pochi mesi insieme a Dell' Utri che aveva rapporti diretti con i boss, come dimostrato dalla sentenza di condanna per concorso esterno in associazione mafiosa richiamata più volte dai giudici della corte d' Assise di Palermo.

L' ex senatore informò il boss mafioso Vittorio Mangano fino a tutto il 1994, delle riforme che il neonato governo guidato dal leader di Forza Italia aveva in cantiere. Alcune delle quali gradite ai mafiosi.

PALERMO 19 LUGLIO 1992 - STRAGE IN VIA D'AMELIOPALERMO 19 LUGLIO 1992 - STRAGE IN VIA D'AMELIO
Non importa che queste fossero frutto di un semplice e legittimo spirito garantista della nuova maggioranza, e non dettate dal ricatto mafioso; l'importante è che tramite Dell' Utri l' avvertimento sia arrivato a Palazzo Chigi, e questo per i giudici è dimostrato.

«Si ha definitiva conferma - scrivono nelle oltre 5.200 pagine della sentenza - che il destinatario finale della "pressione" o dei "tentativi di pressione", cioè Berlusconi nel momento in cui riceveva la carica di presidente del Consiglio venne a conoscenza della minaccia in essi insita, e del conseguente pericolo di reazioni stragiste».

dell'utriDELL'UTRI
Che Dell' Utri non coltivasse banali «conversazioni da salotto» con un «quisque de populo», bensì veri e propri «rapporti con l' associazione mafiosa Cosa nostra mediati da Mangano», Berlusconi lo sapeva bene.

Un fatto «incontestabilmente dimostrato dall' esborso da parte di società facenti capo al Berlusconi medesimo, di ingenti somme di denaro effettivamente versate a Cosa nostra» fino a tutto il 1994, quando l' imprenditore divenne anche premier: un versamento di 250 milioni di lire, riferito da un pentito, che la corte sostiene di aver «accertato per la prima volta in questo processo».

PAOLO BORSELLINO - LA STRAGE DI VIA D AMELIOPAOLO BORSELLINO - LA STRAGE DI VIA D AMELIO
È il motivo per cui è stata giudicata inutile la testimonianza del leader di Forza Italia, giacché «non potrebbe mai assumere la veste di testimone "puro" per la natura autoindiziante che inevitabilmente avrebbero le sue dichiarazioni».

Oltre a Dell' Utri, la corte ha condannato i tre ex carabinieri imputati dello stesso reato che tra il 1992 e il '93, prima che Berlusconi diventasse presidente del Consiglio, si è «consumato mediante la ricezione, da parte di esponenti del governo, del messaggio ricattatorio originato dalla esortazione e istigazione di cui anche De Donno, insieme a Mori e Subranni, è stato autore».

MARIO MORIMARIO MORI
Sul motivo per cui la trattativa fu avviata, i giudici tornano all' ipotesi che ad avviarla sia stato l' ex ministro democristiano Calogero Mannino (assolto in primo grado nel giudizio abbreviato, ora è in corso l' appello), il quale temeva, dopo l' omicidio di Salvo Lima del 12 marzo 1992, di essere la vittima successiva della vendetta mafiosa.

La prova non c' è, dice la corte, ma «la valutazione logica dei fatti» induce a ritenere che «anche le preoccupazioni di Mannino non siano state estranee nella maturazione degli eventi definiti trattativa Stato-mafia».

Don Vito e Massimo CianciminoDON VITO E MASSIMO CIANCIMINO
La sentenza certifica la «complessiva inattendibilità» di Massimo Ciancimino, condannato per calunnia nei confronti dell' ex capo della polizia Gianni De Gennaro, mentre l' assoluzione dell' ex ministro Nicola Mancino per il reato di falsa testimonianza porta con sé la valutazione sulle famose telefonate tra l' ex ministro e il Quirinale nel 2012, al tempo dell' indagine.

«Iniziativa inammissibile» e «al di fuori di ciò che l' ordinamento consente», scrivono i giudici; una «anomalia certamente colta sia dagli uffici della presidenza della Repubblica, che dalla Procura generale della Cassazione e dalla Procura nazionale antimafia», dove tutti «sono stati attenti a non travalicare i limiti delle proprie competenze».

Fonte: qui