L’altro giorno Michele Serra confessava onestamente su la Repubblica che quando sente la notizia di uno stupro si augura vivamente che gli stupratori siano italiani, perché teme l’ondata razzista contro i neri. Altrettanto onestamente ammettiamo che a gran parte degli italiani succede esattamente l’inverso, preferiscono pensare che gli stupratori siano immigrati, come del resto il più delle volte accade. Entrambi brutti vizi, ma se permettete il primo è leggermente peggiore. Dopo l’onesta ammissione, però, l’antico vizio fazioso dell’uomo di sinistra prendeva il sopravvento in Serra e ristabiliva il razzismo etico: voi italo-razzisti di questa contrapposizione ci campate, noi antirazzisti illuminati invece ne soffriamo e prima ancora la denunciamo, e a differenza di voi rozzi noi ne siamo consapevoli.
No, Michele, posso assicurarti che anch’io ne soffro, non mi piace patire di questi pregiudizi e soprattutto di questi odi incrociati. Però poi ho collegato l’osservazione di Serra a una serie di eventi recenti e ho notato una cosa che poi vi dirò.
Dunque, mettiamoli in fila. Gli spacciatori nigeriani che straziano il corpo e la vita di Pamela a Macerata passano nel dimenticatoio rispetto al gesto folle di Traini che volendo vendicare la ragazza spara all’impazzata, senza uccidere nessuno, contro un gruppo di neri. Ma il meraviglioso mondo della sinistra ricorda di Macerata solo il gesto di Traini, e l’ex direttore di Repubblica Ezio Mauro addirittura gli dedica un libro per inveire contro l’Uomo Bianco.
Secondo episodio, più recente, lo stupro e poi lo strazio di Desirée, a Roma ad opera di un branco di nigeriani, senegalesi, gambiani, spacciatori di droga. A sinistra insistono a definire la povera ragazza una drogata, e Gad Lerner tiene a far sapere che la droga era di casa nella famiglia italiana di lei. Come a dire, ben gli sta, ecco gli spacciatori made in Italy.
Terza storia, infinita il caso Cucchi. Come voi sapete l’unica etnia nera che suscita livore e disprezzo a sinistra è l’etnia dei Carabinieri, con le loro divise nere e il loro minaccioso ruolo di garantire ordine e sicurezza al paese. Il caso Cucchi, non dello spacciatore Cucchi ma del geometra Cucchi, per carità, diventa l’occasione per processare, discreditare, delegittimare l’Arma dei Carabinieri. In un paese sano si sarebbe portati a circoscrivere la vicenda ai diretti, presunti colpevoli, lasciando che la giustizia faccia il suo corso. Da noi no, non basta cercare coperture dei superiori ma si deve allargare il cerchio nero del discredito anche ai vertici dell’Arma che cercano come è giusto e naturale, difendere l’onorabilità dei Carabinieri e limitare la portata della brutta storia ai soli responsabili. Ed è inutile ricordare che ogni giorno migliaia di carabinieri rischiano la vita e l’incolumità per garantirci ordine e sicurezza, acciuffano delinquenti di vario tipo, spesso rimessi presto in libertà. Ma no, hanno le divise, usano le armi, quindi sono per natura violenti, il caso Cucchi docet.
Ma non finisce qui.
Quest’anno è il centenario della Vittoria, l’anniversario in cui l’Italia vinse una guerra, fu una tragedia, una catastrofe di morti ma fu anche un evento glorioso per l’Italia e un evento da ricordare anche per quanti sacrificarono la loro vita sul fronte. Ma di quell’evento cruciale non si parla affatto, se non per parlare dei generali felloni, delle diserzioni e delle carneficine. Mai nessuno che ricordi quei poveri soldati morti al fronte, quegli eroi, quei militi ignoti, quel momento in cui un popolo si scoprì patria. In compenso, si commemorano da svariati mesi, quasi ogni giorno, su tg, giornali, con le istituzioni, le infami leggi razziali del ’38. Sembra che sia la cosa più importante che abbia fatto l’Italia, e non solo il fascismo, nel Novecento sia quella.
Mettete in fila queste vicende diverse e traete la conclusione: di fronte a ogni evento storico, giudiziario, di cronaca nera, la sinistra mediatica, politica, intellettuale e di potere, è sempre contro gli italiani, contro la nostra storia, contro chi tutela la nostra sicurezza. Sempre dalla parte di chi viola, violenta, ferisce, colpisce, o si commemorano solo le pagine di cui dovremmo vergognarci. Una costante, metodica, fanatica campagna di odio contro se stessi, contro l’Italia e contro gli italiani, giustificazionista verso gli spacciatori neri, gli stupratori neri (o anche romeni). E se un quartiere si ribella ai furti e alle sopraffazioni dei rom, la Premiata Ditta è sempre sistematicamente dalla parte dei rom contro gli italiani, con la benedizione delle Istituzioni.
Eccoli, gli antiitaliani, gli antipopolari, gli anti-noi, eccoli i fautori dell’Arrivano i loro, del Viva gli stranieri abbasso i connazionali, la setta che predica “forza i lontani abbasso i vicini”. E’ la stessa logica che porta a preoccuparsi di chi vuole sbarcare e a trascurare i vecchi di casa propria, i loro disagi, la loro povertà, la loro solitudine.
Capite perché allora questo razzismo a rovescio fa doppiamente male e suscita avversione, anche virulenta nella gente comune?
Per carità, manteniamo la calma, la civiltà, la compostezza, i barbari di fuori e i loro complici di dentro non devono trascinarci nell’imbarbarimento e nella brutalizzazione. Però ristabiliamo la verità, ristabiliamo i fatti. E ripartiamo dall’amor patrio anziché dall’odio per i vicini che è la vera matrice del buonismo in favore dei lontani più distanti.
Fino a quando disprezzerete gli italiani, gli italiani disprezzeranno voi.
Marcello Veneziani