CHI HA DATO RETTA AL SUO CONSIGLIO DI COMPRARE TITOLI MPS HA PERSO L'80%
IL FALLIMENTO DI JPMORGAN CHE AVEVA IDEATO L’AUMENTO DI CAPITALE
JAMIE DIMON DOVEVA GUADAGNARE QUASI 500 MILIONI DI PARCELLA, NON PRENDERA’ UN EURO(ANDATE A LAVORARE, PARASSITI!!!)
1. MATTEO IL GRANDE SCONFITTO
Era il 22 gennaio scorso e Matteo Renzi, moderno oracolo finanziario, annunciava: investire nel Montepaschi è un affare: all’epoca il titolo della banca più antica del mondo valeva 75 centesimi.
Il 6 novembre scorso, l’ex premier insisteva: Mps è ancora un affare. Intanto le azioni erano scivolate a 21 centesimi. Ieri l’ultima quotazione (oggi il titolo è sospeso) segnava 15 centesimi.
Se qualcuno avesse seguito i consigli dell’ex premier, ed avesse investito cento euro a gennaio, oggi avrebbe un patrimonio diminuito di 5 volte: insomma, avrebbe 20 euro in mano.
Ma perché sponsorizzare così tanto un’operazione che segnava falle da tutte le parti? A Palazzo Chigi Renzi ricevette Jamie Dimon, ceo di JpMorgan, accompagnato da Claudio Costamagna, presidente della Cassa depositi e prestiti. Quell’incontro lo ha segnato.
Ha iniziato a supportare contro ogni logica l’aumento di capitale di JpMorgan (e Mediobanca), fino a punto di sostituire chiunque si opponesse (come Fabrizio Viola); o chi proponesse soluzioni alternative (come Corrado Passera).(OVVIAMENTE PERCHE' C'ERA DA MANGIARCI SOPRA ... CIRCA 500 MILIONI DI EURO DI PARCELLA CHIESTI DA JP MORGAN!!!)
Piercarlo Padoan era da un anno che consigliava l’opzione dell’intervento pubblico; ma non essendo un cuor di leone di carattere ha lasciato che prevalesse la scelta del suo “capo”. Benchè anche lui in pubblico giudicasse positivamente l’operazione della banca d’affari americana. In fin dei conti, in Italia la rappresenta un suo predecessore, Vittorio Grilli.
Insomma, non è solo Dimon che esce con le ossa rotte (e senza un euro) dall’operazione Montepaschi. E’ soprattutto Renzi che l’ha sponsorizzata chissà per quali ragioni…(PERCHE' C'ERA DA MANGIARCI SOPRA ... CIRCA 500 MILIONI DI EURO DI PARCELLA CHIESTI DA JP MORGAN!!!)
2. TUTTA COLPA DEI “NO” AL REFERENDUM?G.B. per La Verita’
Non c' è che dire. Il ruolo di Jp Morgan nell' affare Mps è stato fondamentale. Grazie al ruolo della banca americana (e di Mediobanca), l' istituto più antico al mondo è riuscito comunque a mettere insieme quasi 2,5 miliardi di euro. All' ultimo, però, la settimana scorsa, il colosso americano si è tagliato fuori, non intenzionato a rimanere con il cerino in mano.
Tutta colpa del referendum per cui il colosso americano consigliava di votare Sì e che, come è noto, è finito con una vittoria schiacciante del No e le dimissioni dell' ex premier Matteo Renzi? Non sembra plausibile. Ma va detto che per per un banca d' affari giocare con il proprio patrimonio di vigilanza può essere davvero troppo pericoloso. Anche perché nessuno vuole registrare in bilancio titoli rischiosi.
Certo, gli investitori con il cerino in mano ci resteranno sicuramente. Come ricorda un articolo del Times, le regole europee impongono che con la garanzia pubblica venga imposta una penalizzazione di azionisti e obbligazionisti subordinati. Ma il colosso americano non sembra curarsene troppo.
Il paradosso, è che la scombiccherata operazione di mercato su Mps, osannata a luglio da Matteo Renzi contro il parere del suo stesso ministro dell' Economia Pier Carlo Padoan e di Banca d' Italia, significherà comunque una bella gatta da pelare per i risparmiatori. Che ne sarà dei 448 milioni di commissioni?
2. JAMIE DIMON SENZA UN EURO
da La Stampa
È sopravvissuto al crollo di Lehman Bros, alla grande crisi finanziaria, a un cancro, sopravviverà anche a Montepaschi, Jamie Dimon. Di certo, l' impresa non verrà ricordata nel lungo elenco dei suoi successi.
A capo di Jp Morgan da oltre un decennio, ha visto i suoi colleghi delle grandi banche americane cadere come birilli sotto i colpi della crisi restando sempre saldo al suo posto.Guadagnando sempre di più, tipo 20 milioni di euro all' anno, per capirsi.
Per Dimon l' Italia vale come un paese africano dice un banchiere italiano di lungo corso, liquidando così le ricadute per Jp Morgan del fallimento dell' operazione Mps.Non è proprio così. E lo dimostrano i lunghi e dettagliati articoli usciti nelle ultime settimane sul ruolo della banca americana - per chiarire, una delle più grandi del mondo - nella disgraziata operazione di mercato per l' istituto senese. Da ultimo, il Financial Times ieri in un ampio pezzo raccontava come il piano di Dimon per salvare Montepaschi è andato in pezzi. Non gli avrà fatto piacere, a Dimon, leggere un titolo simile in una delle testate simbolo della finanza globale.
Alla fine la sua colpa è stata quella di fare visita a Matteo Renzi, agli inizi di luglio, quando l' inquilino di Palazzo Chigi era alle prese con la grana Mps e di rassicurarlo: a risolvere il problema ci avrebbero pensato i suoi ragazzi. Poi è tornato in America, a occuparsi di cose più serie tipo guidare una delle banche più grandi del mondo. Con il cerino in mano è rimasto Guido Nola, capo delle attività in Italia della banca, l' uomo che più di tutti è stato in primissima fila in questi ultimi sei tormentati mesi della vita della banca.
Da lì è successo di tutto. Il primo passo falso è stato proprio il primo passo: Diciamo che sono entrati in banca senza bussare, racconta un testimone. Gli uomini di Jp Morgan hanno la loro ricetta, l' appoggio del governo e le idee chiare. Aumento di capitale sul mercato da 5 miliardi, pulizia completa delle sofferenze e un prestito ponte di cinque o sei miliardi fornito dalla stessa Jp Morgan in attesa della garanzia pubblica sulle sofferenze.
Qualcuno a Roma ha capito male: Abbiamo dovuto spiegare a Palazzo Chigi che "bridge loan" è un prestito da restituire, debito e non capitale, racconta lo stesso protagonista. La svizzera Ubs, da tempo consulente di Siena, dice che non si può fare: cinque miliardi sono troppi. Presenta un piano alternativo al quale si associa Corrado Passera, ma non c' è nulla da fare. Si deve andare avanti con Jp Morgan. Ubs sbatte la porta e a fine luglio l' allora ad Fabrizio Viola presenta il piano targato Jp Morgan.
Passa qualche settimana e inizia a circolare l' indiscrezioni che sì, in effetti si potrebbe fare anche la conversione di bond. E che forse 5 miliardi sono troppi. Jp Morgan chiede la testa di Viola - al quale era stata appena confermata la fiducia - che in un paio di giorni perde il posto. Arriva Marco Morelli, ex Mps ed ex Jp Morgan. Presenta un nuovo piano con la conversione dei bond e il ruolo forte di un anchor investor, forse il fondo sovrano del Qatar, che avrebbe dovuto prendere il 20%.
Poi ci sono i tempi stretti, il referendum, la vittoria del No, l' uscita di Renzi dal governo e la Bce che insiste per chiudere tutto entro la fine dell' anno. Il Qatar non si vede. Il complicato piano di Jp Morgan, nato in un caldo luglio romano, è morto ieri sera.Ma per Jamie Dimon la notizia peggiore sarà un' altra: da tutto questo gran casino, Jp Morgan - lo ha chiarito Mps ieri - non prenderà un euro.(MENO MALE!!!) [g. pao.]
1. MATTEO IL GRANDE SCONFITTO
Era il 22 gennaio scorso e Matteo Renzi, moderno oracolo finanziario, annunciava: investire nel Montepaschi è un affare: all’epoca il titolo della banca più antica del mondo valeva 75 centesimi.
Il 6 novembre scorso, l’ex premier insisteva: Mps è ancora un affare. Intanto le azioni erano scivolate a 21 centesimi. Ieri l’ultima quotazione (oggi il titolo è sospeso) segnava 15 centesimi.
Se qualcuno avesse seguito i consigli dell’ex premier, ed avesse investito cento euro a gennaio, oggi avrebbe un patrimonio diminuito di 5 volte: insomma, avrebbe 20 euro in mano.
Ma perché sponsorizzare così tanto un’operazione che segnava falle da tutte le parti? A Palazzo Chigi Renzi ricevette Jamie Dimon, ceo di JpMorgan, accompagnato da Claudio Costamagna, presidente della Cassa depositi e prestiti. Quell’incontro lo ha segnato.
Ha iniziato a supportare contro ogni logica l’aumento di capitale di JpMorgan (e Mediobanca), fino a punto di sostituire chiunque si opponesse (come Fabrizio Viola); o chi proponesse soluzioni alternative (come Corrado Passera).(OVVIAMENTE PERCHE' C'ERA DA MANGIARCI SOPRA ... CIRCA 500 MILIONI DI EURO DI PARCELLA CHIESTI DA JP MORGAN!!!)
Piercarlo Padoan era da un anno che consigliava l’opzione dell’intervento pubblico; ma non essendo un cuor di leone di carattere ha lasciato che prevalesse la scelta del suo “capo”. Benchè anche lui in pubblico giudicasse positivamente l’operazione della banca d’affari americana. In fin dei conti, in Italia la rappresenta un suo predecessore, Vittorio Grilli.
Insomma, non è solo Dimon che esce con le ossa rotte (e senza un euro) dall’operazione Montepaschi. E’ soprattutto Renzi che l’ha sponsorizzata chissà per quali ragioni…(PERCHE' C'ERA DA MANGIARCI SOPRA ... CIRCA 500 MILIONI DI EURO DI PARCELLA CHIESTI DA JP MORGAN!!!)
2. TUTTA COLPA DEI “NO” AL REFERENDUM?
G.B. per La Verita’
Non c' è che dire. Il ruolo di Jp Morgan nell' affare Mps è stato fondamentale. Grazie al ruolo della banca americana (e di Mediobanca), l' istituto più antico al mondo è riuscito comunque a mettere insieme quasi 2,5 miliardi di euro. All' ultimo, però, la settimana scorsa, il colosso americano si è tagliato fuori, non intenzionato a rimanere con il cerino in mano.
Tutta colpa del referendum per cui il colosso americano consigliava di votare Sì e che, come è noto, è finito con una vittoria schiacciante del No e le dimissioni dell' ex premier Matteo Renzi? Non sembra plausibile. Ma va detto che per per un banca d' affari giocare con il proprio patrimonio di vigilanza può essere davvero troppo pericoloso. Anche perché nessuno vuole registrare in bilancio titoli rischiosi.
Certo, gli investitori con il cerino in mano ci resteranno sicuramente. Come ricorda un articolo del Times, le regole europee impongono che con la garanzia pubblica venga imposta una penalizzazione di azionisti e obbligazionisti subordinati. Ma il colosso americano non sembra curarsene troppo.
Il paradosso, è che la scombiccherata operazione di mercato su Mps, osannata a luglio da Matteo Renzi contro il parere del suo stesso ministro dell' Economia Pier Carlo Padoan e di Banca d' Italia, significherà comunque una bella gatta da pelare per i risparmiatori. Che ne sarà dei 448 milioni di commissioni?
2. JAMIE DIMON SENZA UN EURO
da La Stampa
È sopravvissuto al crollo di Lehman Bros, alla grande crisi finanziaria, a un cancro, sopravviverà anche a Montepaschi, Jamie Dimon. Di certo, l' impresa non verrà ricordata nel lungo elenco dei suoi successi.
A capo di Jp Morgan da oltre un decennio, ha visto i suoi colleghi delle grandi banche americane cadere come birilli sotto i colpi della crisi restando sempre saldo al suo posto.
Guadagnando sempre di più, tipo 20 milioni di euro all' anno, per capirsi.
Per Dimon l' Italia vale come un paese africano dice un banchiere italiano di lungo corso, liquidando così le ricadute per Jp Morgan del fallimento dell' operazione Mps.
Non è proprio così. E lo dimostrano i lunghi e dettagliati articoli usciti nelle ultime settimane sul ruolo della banca americana - per chiarire, una delle più grandi del mondo - nella disgraziata operazione di mercato per l' istituto senese. Da ultimo, il Financial Times ieri in un ampio pezzo raccontava come il piano di Dimon per salvare Montepaschi è andato in pezzi. Non gli avrà fatto piacere, a Dimon, leggere un titolo simile in una delle testate simbolo della finanza globale.
Alla fine la sua colpa è stata quella di fare visita a Matteo Renzi, agli inizi di luglio, quando l' inquilino di Palazzo Chigi era alle prese con la grana Mps e di rassicurarlo: a risolvere il problema ci avrebbero pensato i suoi ragazzi. Poi è tornato in America, a occuparsi di cose più serie tipo guidare una delle banche più grandi del mondo. Con il cerino in mano è rimasto Guido Nola, capo delle attività in Italia della banca, l' uomo che più di tutti è stato in primissima fila in questi ultimi sei tormentati mesi della vita della banca.
Da lì è successo di tutto. Il primo passo falso è stato proprio il primo passo: Diciamo che sono entrati in banca senza bussare, racconta un testimone. Gli uomini di Jp Morgan hanno la loro ricetta, l' appoggio del governo e le idee chiare. Aumento di capitale sul mercato da 5 miliardi, pulizia completa delle sofferenze e un prestito ponte di cinque o sei miliardi fornito dalla stessa Jp Morgan in attesa della garanzia pubblica sulle sofferenze.
Qualcuno a Roma ha capito male: Abbiamo dovuto spiegare a Palazzo Chigi che "bridge loan" è un prestito da restituire, debito e non capitale, racconta lo stesso protagonista. La svizzera Ubs, da tempo consulente di Siena, dice che non si può fare: cinque miliardi sono troppi. Presenta un piano alternativo al quale si associa Corrado Passera, ma non c' è nulla da fare. Si deve andare avanti con Jp Morgan. Ubs sbatte la porta e a fine luglio l' allora ad Fabrizio Viola presenta il piano targato Jp Morgan.
Passa qualche settimana e inizia a circolare l' indiscrezioni che sì, in effetti si potrebbe fare anche la conversione di bond. E che forse 5 miliardi sono troppi. Jp Morgan chiede la testa di Viola - al quale era stata appena confermata la fiducia - che in un paio di giorni perde il posto. Arriva Marco Morelli, ex Mps ed ex Jp Morgan. Presenta un nuovo piano con la conversione dei bond e il ruolo forte di un anchor investor, forse il fondo sovrano del Qatar, che avrebbe dovuto prendere il 20%.
Poi ci sono i tempi stretti, il referendum, la vittoria del No, l' uscita di Renzi dal governo e la Bce che insiste per chiudere tutto entro la fine dell' anno. Il Qatar non si vede. Il complicato piano di Jp Morgan, nato in un caldo luglio romano, è morto ieri sera.
Ma per Jamie Dimon la notizia peggiore sarà un' altra: da tutto questo gran casino, Jp Morgan - lo ha chiarito Mps ieri - non prenderà un euro.(MENO MALE!!!) [g. pao.]