9 dicembre forconi: 12/23/16

venerdì 23 dicembre 2016

MPS, IL GRANDE SCONFITTO SI CHIAMA RENZI


CHI HA DATO RETTA AL SUO CONSIGLIO DI COMPRARE TITOLI MPS HA PERSO L'80% 

IL FALLIMENTO DI JPMORGAN CHE AVEVA IDEATO L’AUMENTO DI CAPITALE 

JAMIE DIMON DOVEVA GUADAGNARE QUASI 500 MILIONI DI PARCELLA, NON PRENDERA’ UN EURO(ANDATE A LAVORARE, PARASSITI!!!)

1. MATTEO IL GRANDE SCONFITTO

Era il 22 gennaio scorso e Matteo Renzi, moderno oracolo finanziario, annunciava: investire nel Montepaschi è un affare: all’epoca il titolo della banca più antica del mondo valeva 75 centesimi.
RENZI PADOANRENZI PADOAN

Il 6 novembre scorso, l’ex premier insisteva: Mps è ancora un affare. Intanto le azioni erano scivolate a 21 centesimi. Ieri l’ultima quotazione (oggi il titolo è sospeso) segnava 15 centesimi.

Alessia Ferruccio e Vittorio GrilliALESSIA FERRUCCIO E VITTORIO GRILLI
Se qualcuno avesse seguito i consigli dell’ex premier, ed avesse investito cento euro a gennaio, oggi avrebbe un patrimonio diminuito di 5 volte: insomma, avrebbe 20 euro in mano.

Ma perché sponsorizzare così tanto un’operazione che segnava falle da tutte le parti? A Palazzo Chigi Renzi ricevette Jamie Dimon, ceo di JpMorgan, accompagnato da Claudio Costamagna, presidente della Cassa depositi e prestiti. Quell’incontro lo ha segnato.

fabio gallia claudio costamagna piercarlo padoanFABIO GALLIA CLAUDIO COSTAMAGNA PIERCARLO PADOAN
Ha iniziato a supportare contro ogni logica l’aumento di capitale di JpMorgan (e Mediobanca), fino a punto di sostituire chiunque si opponesse (come Fabrizio Viola); o chi proponesse soluzioni alternative (come Corrado Passera).(OVVIAMENTE PERCHE' C'ERA DA MANGIARCI SOPRA ... CIRCA 500 MILIONI DI EURO DI PARCELLA CHIESTI DA JP MORGAN!!!)

Piercarlo Padoan era da un anno che consigliava l’opzione dell’intervento pubblico; ma non essendo un cuor di leone di carattere ha lasciato che prevalesse la scelta del suo “capo”. Benchè anche lui in pubblico giudicasse positivamente l’operazione della banca d’affari americana. In fin dei conti, in Italia la rappresenta un suo predecessore, Vittorio Grilli.

Insomma, non è solo Dimon che esce con le ossa rotte (e senza un euro) dall’operazione Montepaschi. E’ soprattutto Renzi che l’ha sponsorizzata chissà per quali ragioni…(PERCHE' C'ERA DA MANGIARCI SOPRA ... CIRCA 500 MILIONI DI EURO DI PARCELLA CHIESTI DA JP MORGAN!!!)


2. TUTTA COLPA DEI “NO” AL REFERENDUM?
G.B. per La Verita’

jamie dimon jpmorganJAMIE DIMON JPMORGAN
Non c' è che dire. Il ruolo di Jp Morgan nell' affare Mps è stato fondamentale. Grazie al ruolo della banca americana (e di Mediobanca), l' istituto più antico al mondo è riuscito comunque a mettere insieme quasi 2,5 miliardi di euro. All' ultimo, però, la settimana scorsa, il colosso americano si è tagliato fuori, non intenzionato a rimanere con il cerino in mano.

Tutta colpa del referendum per cui il colosso americano consigliava di votare Sì e che, come è noto, è finito con una vittoria schiacciante del No e le dimissioni dell' ex premier Matteo Renzi? Non sembra plausibile. Ma va detto che per per un banca d' affari giocare con il proprio patrimonio di vigilanza può essere davvero troppo pericoloso. Anche perché nessuno vuole registrare in bilancio titoli rischiosi.

jamie dimon jp morganJAMIE DIMON JP MORGAN
Certo, gli investitori con il cerino in mano ci resteranno sicuramente. Come ricorda un articolo del Times, le regole europee impongono che con la garanzia pubblica venga imposta una penalizzazione di azionisti e obbligazionisti subordinati. Ma il colosso americano non sembra curarsene troppo.

Il paradosso, è che la scombiccherata operazione di mercato su Mps, osannata a luglio da Matteo Renzi contro il parere del suo stesso ministro dell' Economia Pier Carlo Padoan e di Banca d' Italia, significherà comunque una bella gatta da pelare per i risparmiatori. Che ne sarà dei 448 milioni di commissioni?


2. JAMIE DIMON SENZA UN EURO


È sopravvissuto al crollo di Lehman Bros, alla grande crisi finanziaria, a un cancro, sopravviverà anche a Montepaschi, Jamie Dimon. Di certo, l' impresa non verrà ricordata nel lungo elenco dei suoi successi.

jamie dimon jp morgan 2JAMIE DIMON JP MORGAN 2
A capo di Jp Morgan da oltre un decennio, ha visto i suoi colleghi delle grandi banche americane cadere come birilli sotto i colpi della crisi restando sempre saldo al suo posto.
Guadagnando sempre di più, tipo 20 milioni di euro all' anno, per capirsi.

Per Dimon l' Italia vale come un paese africano dice un banchiere italiano di lungo corso, liquidando così le ricadute per Jp Morgan del fallimento dell' operazione Mps.
Non è proprio così. E lo dimostrano i lunghi e dettagliati articoli usciti nelle ultime settimane sul ruolo della banca americana - per chiarire, una delle più grandi del mondo - nella disgraziata operazione di mercato per l' istituto senese. Da ultimo, il Financial Times ieri in un ampio pezzo raccontava come il piano di Dimon per salvare Montepaschi è andato in pezzi. Non gli avrà fatto piacere, a Dimon, leggere un titolo simile in una delle testate simbolo della finanza globale.

jamie dimon copiaJAMIE DIMON COPIA
Alla fine la sua colpa è stata quella di fare visita a Matteo Renzi, agli inizi di luglio, quando l' inquilino di Palazzo Chigi era alle prese con la grana Mps e di rassicurarlo: a risolvere il problema ci avrebbero pensato i suoi ragazzi. Poi è tornato in America, a occuparsi di cose più serie tipo guidare una delle banche più grandi del mondo. Con il cerino in mano è rimasto Guido Nola, capo delle attività in Italia della banca, l' uomo che più di tutti è stato in primissima fila in questi ultimi sei tormentati mesi della vita della banca.

RENZI MANI IN TESTARENZI MANI IN TESTA
Da lì è successo di tutto. Il primo passo falso è stato proprio il primo passo: Diciamo che sono entrati in banca senza bussare, racconta un testimone. Gli uomini di Jp Morgan hanno la loro ricetta, l' appoggio del governo e le idee chiare. Aumento di capitale sul mercato da 5 miliardi, pulizia completa delle sofferenze e un prestito ponte di cinque o sei miliardi fornito dalla stessa Jp Morgan in attesa della garanzia pubblica sulle sofferenze.

fabrizio violaFABRIZIO VIOLA
Qualcuno a Roma ha capito male: Abbiamo dovuto spiegare a Palazzo Chigi che "bridge loan" è un prestito da restituire, debito e non capitale, racconta lo stesso protagonista. La svizzera Ubs, da tempo consulente di Siena, dice che non si può fare: cinque miliardi sono troppi. Presenta un piano alternativo al quale si associa Corrado Passera, ma non c' è nulla da fare. Si deve andare avanti con Jp Morgan. Ubs sbatte la porta e a fine luglio l' allora ad Fabrizio Viola presenta il piano targato Jp Morgan.

MARCO MORELLIMARCO MORELLI
Passa qualche settimana e inizia a circolare l' indiscrezioni che sì, in effetti si potrebbe fare anche la conversione di bond. E che forse 5 miliardi sono troppi. Jp Morgan chiede la testa di Viola - al quale era stata appena confermata la fiducia - che in un paio di giorni perde il posto. Arriva Marco Morelli, ex Mps ed ex Jp Morgan. Presenta un nuovo piano con la conversione dei bond e il ruolo forte di un anchor investor, forse il fondo sovrano del Qatar, che avrebbe dovuto prendere il 20%.

Poi ci sono i tempi stretti, il referendum, la vittoria del No, l' uscita di Renzi dal governo e la Bce che insiste per chiudere tutto entro la fine dell' anno. Il Qatar non si vede. Il complicato piano di Jp Morgan, nato in un caldo luglio romano, è morto ieri sera.
Ma per Jamie Dimon la notizia peggiore sarà un' altra: da tutto questo gran casino, Jp Morgan - lo ha chiarito Mps ieri - non prenderà un euro.(MENO MALE!!!) [g. pao.] 

DONALD TRUMP STRAPPA UN RIBASSO SUL COSTO FINALE DEL NUOVO “AIR FORCE ONE” E VUOLE PROVARE A SFORBICIARE ANCHE SUGLI F35

IERI LA FIGLIA IVANKA HA PRESO CON MARITO E FIGLI UN VOLO LOW COST DELLA JETBLUE DA NEW YORK PER LE HAWAII MA È STATA INSULTATA DA DUE PASSEGGERI


Giuseppe Sarcina per il Corriere della Sera

trump e ivanka in radioTRUMP E IVANKA IN RADIO
Dennis Muilenburg, ad della Boeing, ha dovuto dare la sua parola: il costo dei nuovi Air Force One non andrà fuori controllo. Un impegno pubblico, assunto davanti a telecamere e reporter nei giardini di Mar-a-Lago, dopo un' oretta di colloquio con Donald Trump.
Il 6 dicembre il presidente eletto si era affacciato su Twitter di cattivo umore: La Boeing sta costruendo un modello di 747 per i futuri presidenti: ma i costi sono fuori controllo, più di 4 miliardi di dollari. 

Cancellare l'ordine.

ivanka quasi first ladyIVANKA QUASI FIRST LADY
La multinazionale di Seattle aveva ricevuto solo 170 milioni di dollari per cominciare a studiare i prototipi. La consegna di due velivoli è prevista per il 2024. Ma il tweet di Trump aveva spiazzato i manager, i committenti della Casa Bianca e gli esperti del Pentagono. Sono cominciate telefonate, mail, finché ieri Muilenburg non si è presentato nel resort di Palm Beach, dove Trump trascorrerà le feste natalizie.

Il manager ha spiegato al neo presidente che i nuovi modelli saranno equipaggiati con complessi sistemi difensivi, come protezioni anti-missile e una specie di scudo anti nucleare. Ecco cosa fa lievitare le spese. Parlando poi con i giornalisti, Muilenburg ha osservato: È stata una conversazione impressionante. Ho apprezzato la mentalità orientata al business del neo presidente. In altre parole la discussione tra il manager e il tycoon si è rapidamente trasformata in una trattativa su prezzi e tempi di realizzazione. Sto cercando di tagliare una montagna di soldi, ha commentato Trump.
interno air force oneINTERNO AIR FORCE ONE

Proprio ieri sua figlia Ivanka ha preso con marito e figli un volo low cost della JetBlue da New York per le Hawaii ma è stata insultata da due passeggeri, poi allontanati.
Il New York Times scrive che in cambio di una sforbiciata ai costi sui jet del presidente, la compagnia avrebbe chiesto a Trump di appoggiare il contratto di fornitura con l' Iran, per un valore di 16,6 miliardi di dollari.

Trump avrebbe glissato. Dall' Air Force One agli F35. Congedato Muilenburg, il neo presidente ha ricevuto Marillyn Hewson, ceo della Lockheed Martin. E qui la faccenda è molto più complicata. Anche in questo caso tutto è iniziato con il solito tweet trumpiano, il 12 dicembre scorso: Il programma F35 è troppo caro. Miliardi di dollari possono e saranno risparmiati negli acquisti militari. Il governo Usa ha ordinato circa 2.400 caccia da combattimento, i Joint Strike Fighter, per un esborso di oltre 400 miliardi di dollari. La Lockheed Martin ha predisposto un piano per 15 anni e ha già, astutamente, spalmato le subforniture nei 50 Stati dell' Unione.
f35 e f16F35 E F16

Twitter a parte, non è facile metterci le mani. La top manager Marillyn Hewson ha fatto scrivere in una nota ufficiale di aver aggiornato il presidente eletto sui progressi in corso per ridurre i costi dei jet. Senza prendere però impegni stringenti. Tanto che lo stesso Trump ha dovuto riconoscere che questo secondo negoziato è più difficile: Siamo all' inizio. È un po' come una danza. Ma butteremo giù i costi e lo faremo in un modo magnifico.

Fonte: qui
f35 atterraggio verticaleF35 ATTERRAGGIO VERTICALE

IL KILLER DI BERLINO UCCISO VICINO MILANO!


L’UOMO FERMATO NELLA NOTTE A SESTO SAN GIOVANNI PER UN CONTROLLO HA SPARATO A DUE AGENTI CHE HANNO RISPOSTO AL FUOCO UCCIDENDOLO 

PRIMA DI MORIRE L’ATTENTATORE TUNISINO HA URLATO: "ALLAH AKBAR" 


L'attentatore di Berlino è stato preso a Sesto San Giovanni, vicino alla stazione. Non era una 'normale' sparatoria quella che si è verificata nella notte a Sesto San Giovanni. Il sospetto degli uomini della Digos è che dietro la reazione improvvisa e violenta di un uomo fermato per strada per un controllo documenti ci sia il terrorismo internazionale.

E' successo alle tre di notte in piazza I Maggio, fuori dalla stazione di Sesto. Un uomo è morto - centrato dai proiettili della polizia - dopo aver urlato "Allah Akbar" e aver sparato a due agenti che gli chiedevano di mostrar loro i documenti. Uno è stato ferito a una spalla.
sesto san giovanni sparatoriaSESTO SAN GIOVANNI SPARATORIA

Un latitante 'pesante'

La vicenda è stata presa in carico dagli esperti della Digos che si occupano di controlli antiterrorismo. Le impronte digitali hanno identificato la persona uccisa dai poliziotti come un latitante 'pesante', uno che non voleva e non poteva essere controllato dalla polizia. Nello zaino aveva un biglietto del treno, era appena arrivato dalla Francia.

anis amriANIS AMRI

La ricostruzione. 

Le tre di notte in piazza I Maggio, zona stazione. Una volante del commissariato viene inviata dopo una chiamata: qualcuno ha udito degli spari. I poliziotti arrivano e trovano un uomo, un maghrebino. E' a piedi, solo. Alla richiesta del capopattuglia di far vedere i documenti, estrae una pistola calibro 22 dallo zaino e spara. Lo centra a una spalla e si nasconde dietro un'auto. Gli agenti rispondono al fuoco, sarebbe un colpo partito dalla pistola dell'autista a ucciderlo. Il poliziotto è stato operato al San Gerardo di Monza.

Fonte: qui

sesto san giovanni sparatoria polizia 5SESTO SAN GIOVANNI SPARATORIA POLIZIA sesto san giovanni sparatoria 3SESTO SAN GIOVANNI SPARATORIA 


CHI SONO I DUE POLIZIOTTI CHE HANNO FERMATO E UCCISO IL TERRORISTA DI BERLINO

LUCA SCATÀ E' UN RAGAZZO DI CANICATTI' IN PROVA ALLA POLIZIA, IN SERVIZIO DA SOLI 9 MESI. E' STATO LUI A SPARARE E SALVARE CHRISTIAN MOVIO, STATO FERITO ALLA SPALLA DA ANIS AMRI, QUANDO INVECE DEI DOCUMENTI DALLO ZAINO HA TIRATO FUORI UNA PISTOLA CALIBRO 22




LUCA SCATALUCA SCATA'
A uccidere stanotte nell’hinterland milanese, a Sesto San Giovanni, Anis Amri, l’attentatore di Berlino, sono stati due poliziotti nel corso di un normale controllo dei documenti. La pattuglia era composta dall’agente scelto, Christian Movio, 36 anni, della provincia di Udine, del commissariato di Sesto San Giovanni e da Luca Scatà, di 29 anni, agente da dieci mesi e in prova da tre mesi nello stesso commissariato, originario di Canicattì, in provincia di Catania. Christian è rimasto ferito ed è ora ricoverato all’ospedale di Monza con un proiettile conficcato in una spalla. Deve essere operato, ma le sue condizioni sono buone. Illeso il collega Scatà. 

IL CONTROLLO DEI DOCUMENTI E LO SCONTRO A FUOCO 
CHRISTIAN MOVIOCHRISTIAN MOVIO
Cosa è successo? La pattuglia della polizia è arrivata in piazza Primo maggio, di fronte alla stazione, intorno alle 3 si stanotte, dopo aver ricevuto una segnalazione di rumore di spari. La situazione è precipitata in pochi istanti. I due agenti hanno chiesto i documenti ad Amri che ha estratto da uno zainetto una pistola calibro 22 e sparato, ferendo alla spalla l’agente Movio. Immediata la reazione dell’agente Scatà che ha risposto al fuoco, uccidendo l’aggressore. 

MINISTRO DELL’INTERNO: “GRATI AI DUE POLIZIOTTI” 
Grato dell’operato dei due agenti si è detto il ministro dell’Interno, Marco Minniti, nel corso di una conferenza stampa al Viminale: «Noi guardiamo a questi due ragazzi come persone straordinarie, di giovanissima età, che facendo semplicemente il loro dovere hanno reso un servizio straordinario alla comunità. Penso sinceramente di poter interpretare il sentimento del nostro Paese nel dire loro che l’Italia è a loro grata».

LUCA SCATALUCA SCATA
Ha poi aggiunto: «L’agente Christian Movio è una persona straordinaria, un ragazzo molto motivato. L’ho ringraziato per la professionalità dimostrata insieme al suo collega». 
«Gli ho trasmetto la mia gratitudine personale - ha detto Minniti - e gli ho fatto gli auguri di una pronta guarigione. Nei prossimi giorni andrò personalmente ad abbracciarlo. Gli ho anche fatto gli auguri di Buon Natale, dicendogli che grazie a persone come lui gli italiani potranno fare un Natale ancora più felice».

Fonte: qui

RUMP E PUTIN ANNUNCIANO AI RISPETTIVI VERTICI MILITARI DI VOLER AUMENTARE LE DIFESE NUCLEARI CONTRO “POTENZIALI MINACCE”


GLI USA HANNO GIA’ 7200 TESTATE ATOMICHE, LA RUSSIA 7500: SONO PIU' CHE SUFFICIENTI PER POLVERIZZARE IL PIANETA


La Russia dispone già di 7.500 testate nucleari. Gli Stati Uniti di 7.200. Armi più che sufficienti per polverizzare il pianeta. Ma ciò non basta né a Vladimir Putin né a Donald Trump. I due leader ieri hanno incontrato i rispettivi vertici militari. Prima il presidente russo che ha chiuso l'analisi della situazione internazionale con queste parole: Dobbiamo adeguare i piani per neutralizzare le potenziali minacce al Paese.

putin trumpPUTIN TRUMP
Abbiamo bisogno di rafforzare la capacità di combattimento delle forze nucleari strategiche, innanzitutto sviluppando batterie di missili in grado di perforare le difese esistenti e future. Qualche ora dopo, dal suo resort in Florida, Trump, dopo aver visto il vice ammiraglio James Syiring, responsabile del programma missilistico, tira le somme, come sempre, su Twitter: Gli Stati Uniti devono rafforzare ed espandere grandemente la capacità nucleare fino a che il mondo non ritrovi il senno sull' atomica.

L'uscita di Putin e quella di Trump, quasi una risposta di getto, hanno colto di sorpresa gli osservatori. Tutti prevedono un 2017 di svolta nelle relazioni Usa-Russia: un nuovo corso fondato sul rapporto personale tra Vladimir e The Donald. In realtà servirà prudenza di giudizio. Putin alterna aperture a propaganda. Ieri ha congedato i generali con uno slogan: “Siamo più forti di qualunque potenziale aggressore. Qualunque!”. Qualunque, evidentemente, significa anche l' America.

missile balistico intercontinentaleMISSILE BALISTICO INTERCONTINENTALE
Tuttavia il presidente russo se la prende sempre con la Nato. Sembra come offrire a Trump una rifondazione degli equilibri mondiali: intese a due tra Washington e Mosca; meno spazio all' Alleanza atlantica. Ma il neopresidente Usa deve tenere conto del Pentagono che chiede 1.000 miliardi di dollari per modernizzare l' arsenale nucleare nei prossimi trent' anni.

Fonte: qui


TENETEVI STRETTI, PREPARATEVI ALLA BANCAROTTA DELL’ITALIA

Zero Hedge rilancia un articolo sul disastro economico dell’Italia, commentando le parole dell’investitore francese Charles Gave. 
Mentre tutti gli occhi sono puntati sull’imminente fallimento di Monte dei Paschi e il conseguente collasso del sistema bancario, l’articolo nota una semplice verità: tutto questo è l’ovvio sintomo di un’economia la cui competitività è stata distrutta da un tasso di cambio artificialmente fisso (l’euro)
Un investitore avveduto non punterebbe nulla sull’Italia in questo momento. Eppure, prima della moneta unica e per decenni ininterrotti, l’economia italiana aveva saputo correre ben più di quella tedesca.
di John Mauldin, via Zero Hedge, 20 dicembre 2016
Quando Charles Gave, il “pater familias” di Gavekal, decide di esprimere il suo scontento per un certo andamento economico, una categoria di investimento o quel che volete, non usa tanti mezzi termini. Se vi trovate nella stanza con lui in quel momento, può darvi un po’ l’impressione della voce del Padreterno che scende dall’alto, e con la sua lunga, fluente chioma bianca appare come l’attore protagonista che prende la scena.
Oggi Charles si è espresso sull’Italia.

Per prima cosa ci ha ricordato che, quando l’Italia ha adottato l’euro nel 1999, lui stesso aveva sostenuto che si sarebbe trasformata da un’economia con un’alta probabilità di ricorrere spesso alla svalutazione, a un’economia con la certezza di finire in bancarotta. 

Ora, dice, il momento fatale non è lontano.
Ci mostra un paio di grafici “prima e dopo”. Prima del marzo 1999 e dopo di allora fino ad oggi. Ha confrontato la produzione industriale italiana e tedesca e le condizioni dei rispettivi mercati azionari. Ha notato che dal 1979 al 1998 la produzione industriale italiana cresceva più di quella tedesca per oltre il 10 percento, e le azioni italiane superavano le equivalenti tedesche di oltre il 16 percento. Tutto ciò tenendo conto delle svalutazioni. L’Italia del nord è una vera e propria centrale energetica di produttività. O meglio, lo era…
Poi è venuto l’euro. Dal 1999 le azioni italiane hanno fatto peggio di quelle tedesche del 65 percento, e dal 2003 la produzione industriale italiana è rimasta indietro rispetto a quella tedesca per oltre il 40 percento. Quindi, riassume Charles in breve :
La diagnosi è semplicemente che l’Italia ha spaventosamente perso competitività, e di conseguenza è diventata insolvente. Tutto ciò è chiaro dalle condizioni pericolanti del suo sistema bancario, ed è sempre questo il risultato, quando le banche prestano credito a imprese che sono state rese non competitive a causa di qualche incosciente banchiere centrale…
Si tratta della bancarotta nazionale meglio prevista e descritta, e ora inevitabile, che io abbia visto nei miei 45 anni di carriera.
di Charles Gave
Matteo Renzi si è aggiunto alla lunga lista dei primi ministri italiani che non sono riusciti a “riformare” il loro paese. Questo è un altro modo per dire che Renzi non è stato capace di usare la bacchetta magica per rendere d’improvviso l’Italia competitiva rispetto alla Germania. La triste realtà è che nessun leader italiano ha mai avuto la benché minima possibilità di cambiare il suo paese, dal momento stesso in cui è stata presa la nefasta decisione di agganciare il tasso di cambio alla Germania. Nel momento in cui l’euro è stato lanciato, nel 1999, ho sostenuto che il profilo di rischio dell’Italia sarebbe cambiato da quello di un’economia dove c’era un’elevata probabilità di frequenti svalutazioni della moneta, a un’economia con la probabilità certa di una bancarotta finale. Purtroppo quel momento sta arrivando.
Il grafico qui sotto vi racconta la storia economica recente dell’Italia in due parti, e cioè (i) dal marzo 1979 al marzo 1999, e (ii) dal marzo 1999 a oggi. L’Italia si è unita al Sistema Monetario Europeo nel 1979 con un tasso di cambio di 443 lire per marco tedesco, ma nel 1990, a causa delle frequenti svalutazioni, il cambio con la Germania era a 750 lire per marco tedesco. All’inizio degli anni ’90, la Bundesbank stava supervisionando il sistema monetario tedesco recentemente unificato, e aveva alzato il tasso d’interesse reale al 7 percento con l’obiettivo di limitare l’inflazione. Nel settembre 1992 le tensioni nel sistema portarono la Gran Bretagna, la Svezia e l’Italia a uscire dal sistema monetario europeo, e di conseguenza a una nuova massiccia svalutazione, che ha portato la lira a 1250 sul marco tedesco. Questo ha portato però anche a un grande boom del turismo.

Inoltre, dal 1979 al 1998 la produzione industriale italiana superava quella tedesca di oltre il 10 percento, mentre le azioni italiane crescevano più di quelle tedesche per oltre il 16 percento (questo indica che le imprese italiane avevano profitti maggiori, a parità di capitale investito, rispetto a quelle tedesche).
Poi è venuto l’euro. Nel 2003 è diventato chiaro che l’Italia aveva perso competitività e, di conseguenza, le azioni italiane sono calate, a confronto di quelle tedesche, del 65 percento, rovesciando così il rapporto che si era mantenuto per il precedente mezzo secolo, quando le azioni italiane superavano quelle tedesche in termini di dividendi. Allo stesso modo, dal 2003 la produzione industriale italiana è rimasta indietro rispetto a quella tedesca per oltre il 40 percento.
La diagnosi è semplicemente che l’Italia ha perso competitività in modo drammatico e di conseguenza è ormai insolvente. 
Tutto ciò è chiaro dalle condizioni pericolanti del sistema bancario, ed è sempre così che va a finire quando le banche prestano credito a imprese che sono state rese non competitive a causa di qualche incosciente banchiere centrale. 
A meno di imporre la schiavitù (sul modello della Grecia) in Italia, non ci sono molte speranze di risolvere il problema, ma dubito anche che l’elettorato italiano sarà così paziente come lo è stato il suo vicino dall’altra parte del Mar Ionio.
Di conseguenza, la relazione tra Italia e Germania è radicalmente diversa da quella che si era vista nel periodo 1945-1999, quando si poteva rientrare in equilibrio in modo naturale con il riallineamento del tasso di cambio. L’unica eventualità possibile, data la traiettoria attuale, è che l’economia italiana e quella tedesca continuino a divergere, ed è il motivo per il quale non si potrà avere una soluzione “normale”.
A questo punto, un default di qualche genere sul debito pubblico italiano è praticamente una certezza. 
Se una banca centrale può affrontare il problema di liquidità, non può risolvere il problema di solvibilità, specialmente se è un problema grande come l’Italia. L’unica azione possibile ora, come rimedio, è di rimpiazzare un po’ di moneta cattiva con moneta buona, ed è esattamente ciò che ci si aspetta da Mario Draghi, specialmente da quando gioca un ruolo così importante come facilitatore della permanenza dell’Italia nel sistema euro. Tali azioni – che potrebbero essere annunciate giovedì dalla Banca Centrale Europea – possono certamente posticipare  un po’ il giorno del giudizio, ma non risolveranno nulla.
L’approccio razionale per gli investitori è di evitare qualsiasi asset finanziario italiano, tipo titoli bancari o titoli pubblici, fino a che il tasso di cambio non sarà nuovamente stabilito a prezzi di mercato. Questa si profila come la bancarotta nazionale meglio prevista, e ormai inevitabile, che io abbia visto nei miei 45 anni di carriera. Non c’è alcun motivo di farsi trascinare sotto il rullo compressore, dato che ci sono tanti altri mercati e asset finanziari su cui puntare.

Fonte: qui