9 dicembre forconi: 03/12/18

lunedì 12 marzo 2018

LA RUSSIA SOSTIENE DI AVER TESTATO UN NUOVO MISSILE NUCLEARE DI ULTIMISSIMA GENERAZIONE

SI CHIAMA “KINZHAL”, CIOÈ PUGNALE: HA UNA GITTATA DI 2000 CHILOMETRI E PUO’ PIOMBARE SUL BERSAGLIO DALL'ALTO VIAGGIANDO A UNA VELOCITÀ DIECI VOLTE SUPERIORE A QUELLA DEL SUONO...

G.Agl. per “la Stampa”

putinPUTIN
La Russia sostiene di aver testato «con successo» un nuovo missile nucleare di ultimissima generazione. Si chiama Kinzhal, cioè Pugnale, e deve il suo nome alla sua capacità di piombare sul bersaglio dall' alto viaggiando a una velocità dieci volte superiore a quella del suono. Kinzhal ha una gittata di 2000 chilometri e può «pugnalare» sia navi sia obiettivi terrestri. Vladimir Putin lo aveva già presentato al mondo l'1 marzo assieme a tutta una serie di armi modernissime a suo dire in grado di penetrare qualsiasi difesa antimissilistica e di rendere quindi «inefficaci» e «insensati» gli scudi americani in Europa e in Asia.



VIDEO ELETTORALE
putin trumpPUTIN TRUMP
Ma sabato sera, a una settimana dalle elezioni che con ogni probabilità lo confermeranno sulla poltrona presidenziale, Putin ha voluto ribadire che fa sul serio. Il test del nuovo missile è infatti un monito a Washington, ma anche un messaggio lanciato poco prima del voto agli elettori russi, che apprezzano l' immagine di uomo forte costruita attorno al leader del Cremlino e il ritorno di Mosca tra i pesi massimi del sistema geopolitico mondiale.
vladimir putinVLADIMIR PUTIN

«Il lancio è andato secondo i piani, il missile ipersonico ha centrato il suo bersaglio», ha comunicato il ministero della Difesa russo nella tarda serata di sabato. Poi ha pubblicato un video del test missilistico. Si vedono due jet militari Mig-31 che decollano da un aerodromo innevato. Poco dopo, uno dei due, giunto a un' altezza considerevole, sgancia il missile, che schizza via a tutta velocità lasciando in cielo una lunga scia bianca.

Il ministero della Difesa di Mosca ha fatto sapere che i Mig con la stella rossa sono partiti da una base della Russia Sud-Occidentale, ma non ha specificato quale. Lo stesso Putin, nel suo show in stile Guerra Fredda del primo marzo, aveva detto che il Kinzhal era stato assegnato in dotazione alle forze del Distretto meridionale. E nel cantare le lodi dei nuovi razzi «invincibili» non aveva esitato a definire il missile «Pugnale» un' arma «ideale» per via della sua alta precisione e della grande manovrabilità.

putin trumpPUTIN TRUMP
CALMA AMERICANA
Oltreoceano però non si scompongono. Secondo il segretario alla Difesa americano, James Mattis, dal punto di vista del Pentagono il Kinzhal e le altre nuove armi russe non cambiano nulla. «Non mi pare - ha dichiarato - che modifichino l' equilibrio militare». Il braccio di ferro tra Russia e Usa fa però temere una nuova corsa agli armamenti e un mancato rinnovo del trattato New Start per ridurre le armi di distruzione di massa.

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In provincia di Cuneo, indagato insegnante delle Medie che abusava di minorenni

L’INSEGNANTE AVREBBE ANCHE CEDUTO AI MINORENNI SOSTANZE STUPEFACENTI

(ANSA) Un insegnante di 33 anni, educatore presso una scuola media del Cuneese e allenatore di una squadra femminile di softball, è accusato dalla procura di Cuneo di avere intrattenuto relazioni sentimentali con alcune allieve adolescenti, sfociate in alcuni casi nel compimento di atti sessuali. E di aver ceduto a minori sostanze stupefacenti. La Guardia di Finanza gli ha notificato il divieto di dimora nella provincia di Cuneo. A far scattare le indagini la denuncia dei genitori di una ragazza.   

Nel corso delle indagini, condotte attraverso pedinamenti e appostamenti nelle vicinanze dell'istituto scolastico e attraverso l'analisi di chat e foto presenti sui cellulari di alcune minorenni, sono stati raccolti indizi ritenuti "sufficienti" dagli inquirenti. Sequestrati anche il computer e altri device elettronici in uso all'indagato.
Le indagini proseguono per accertare se l'uomo abbia commesso abusi ai danni di altre adolescenti. Nei confronti dell'indagato è stato disposto anche il divieto di avvicinamento entro i trecento metri dai luoghi frequentati da una delle ragazze.

UN JET PRIVATO SI SCHIANTA IN IRAN: MUORE LA FIGLIA DI UN MAGNATE TURCO (EX PRESIDENTE DEL TRABZONSPOR) E 7 AMICHE: TORNAVANO DA UNA FESTA DI ADDIO AL NUBILATO A DUBAI

L'ULTIMO VIDEO POSTATO MOSTRA LEI E LE SUE AMICHE MENTRE SI DIVERTONO AL CONCERTO DELLA CANTANTE RITA ORA…


Stavano tornando dalla festa di nubilato di una loro amica, ma il jet privato sul quale viaggiavano si è schiantato, per cause ancora da accertare, su una montagna nel sudovest dell'Iran dopo aver preso fuoco. Una morte tragica per Mina Basaran, 28 anni, figlia del proprietario dell'omonima holding turca (ex presidente del Trabzonspor calcio), che opera in diversi settori e proprietaria del jet, e sette sue amiche, oltre ai tre membri dell'equipaggio.

mina basaranMINA BASARAN
L 'aereo, secondo quanto riferiscono i media locali, era partito da Sharjah, negli Emirati Arabi Uniti, e stava rientrando a Istanbul, quando all'improvviso è scomparso dal radar. Poco dopo la notizia che il jet si è schiantato su una montagna nella provincia sudovest di Chahar Mahal-Bakhtiari, a 400 km da Teheran. Le squadre di soccorso sono riuscite a raggiungere la zona dell'incidente solo dopo diverse ore a causa delle pessime condizioni meteorologiche e, secondo quanto riferiscono i media locali, i rottami erano ancora in fiamme. All'interno i corpi carbonizzati degli 11 passeggeri. Le autorità affermano che sarà necessario il test del dna per poterli identificare. Il giorno prima del tragico incidente, Mina Basaran ha pubblicato sul suo account Instagram una foto della festa al nubilato a Dubai.

L'ultimo video postato mostra lei e le sue amiche mentre si divertono al concerto della cantante Rita Ora in un famoso nightclub di Dubai. Da allora più nulla. Il padre, Huseyin Basaran, riferisce l'agenzia Dogan, è l'amministratore delegato dell'omonima holding che opera nel settore del turismo, finanza, energia, edilizia. Anche la figlia occupava un ruolo all'interno dell'azienda. Il 18 febbraio scorso, un ATR-72 della compagnia iraniana Aseman con 65 persone a bordo è precipitato pure in una zona montagnosa dell'Iran. Nessun sopravvissuto tra i passeggeri, tra cui anche un bambino.
mina basaranMINA BASARAN

Fonte: qui


L'ADDIO AL NUBILATO A DUBAI E POI LO SCHIANTO DEL JET IN IRAN: COSI’ SONO MORTE MINA BASARAN, FIGLIA DI UN MAGNATE TURCO, E LE SUE AMICHE EREDITIERE 

“L’AEREO NON HA EFFETTUATO PROCEDURE DI MANUTENZIONE PRIMA DEL DECOLLO”


Marta Serafini per il Corriere della Sera

Sabato avevano cantato al concerto della star del momento Rita Ora, si erano scattate i selfie sulla terrazza di un hotel da settecento euro a notte e si erano taggate su Instagram, dopo i trattamenti alla spa. Avevano sicuramente riso e magari anche un po' litigato, come capita alle amiche quando sono in viaggio.

Ha fatto il giro del mondo ieri la notizia delle giovani morte insieme all' equipaggio - una pilota e due hostess- dopo che il loro jet privato si è schiantato a Shahr-e Kord, sulle montagne dell' Iran. Otto rampolle della nuova Turchia, quella dei miliardari amici di Erdogan che mandano le figlie a studiare all' estero «business administration», «luxury brand» e «interior design» e poi le fanno tornare a casa perché si sposino bene e facciano tanti figli.

MINA BASARANMINA BASARAN
Missione del viaggio a Dubai: festeggiare l' addio al nubilato di Mina Basaran. Ventotto anni, 58 mila follower su Instagram (balzati a 86 mila poche ore dopo la morte), abiti di lusso, capelli lunghi biondi, era lei la reginetta del gruppo.

Dopo un master a Londra, e un servizio su Vogue Turchia , Mina doveva sposarsi con Murat Gezer, imprenditore di successo con cui era fidanzata dal 2010. Le partecipazioni erano già stampate, il mega party in un palazzo ottomano sul Bosforo già organizzato, i vestiti delle damigelle pronti da mesi. Anche il suo ingresso nel board della società di famiglia era scritto.

MINA BASARANMINA BASARAN
Cocca di papà, Mina era la primogenita di Huseyin Basaran, uomo di affari notissimo in Turchia, a capo di una holding omonima attiva nel settore del turismo, della finanza, dell' energia, dell' edilizia, degli yacht e dell' esportazione delle nocciole. Ma non solo. Se la leggenda vuole che i Basaran abbiano costruito la loro fortuna grazie ai dadi, papà Huseyin è stato anche il patron della squadra di calcio del Trabzonspor, club di una città sul Mar Nero, ed è proprietario di una società che controlla la Bahrain Middle East Bank BSC, banca di investimenti in Medio Oriente.

Huseyin aveva sempre in testa la sua Mina: e l' ultimo progetto prevedeva la realizzazione di grattacieli sulla sponda orientale di Istanbul ribattezzati, appunto, «Mina Towers». Anche il jet su cui viaggiavano le ragazze era di proprietà della Basaran Holding, comprato da papà Huseyin sei anni fa insieme a due yacht che lasciava usare ai familiari per le vacanze.

IRAN JET MINA BASARANIRAN JET MINA BASARAN
Il Bombardier di fabbricazione canadese domenica è decollato dallo Sharjah International negli Emirati con destinazione Istanbul. Un ultimo scatto di Mina con un giubbetto di jeans personalizzato e la scritta Miss Bride, «sposa», prima di salire a bordo. Un' ora dopo l' aereo è sparito dai radar, come riporta anche il sito FlightRadar24. «Non sappiamo ancora cosa abbia provocato lo schianto», fanno sapere dall' Iran. Intanto i soccorritori, al lavoro per ore, hanno già recuperato 10 corpi e la scatola nera, nonostante le condizioni meteorologiche nella zona non fossero buone. Per il riconoscimento bisognerà aspettare i test del dna. «Sappiamo che il jet non ha effettuato procedure di manutenzione prima del decollo», hanno dichiarato i tecnici aeroportuali emiratini come a escludere un guasto. Ma per il resto, niente più.

Intanto i Basaran sono partiti alla volta dell' Iran insieme ai parenti delle altre giovani morte. Tanti i nomi della Turchia che conta nell' elenco delle vittime. E sul posto sono accorse subito le autorità diplomatiche a dare sostegno.

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ASSALTO A COLPI DI COLTELLO DAVANTI ALLA RESIDENZA DELL'AMBASCIATORE IRANIANO A VIENNA: UCCISO L'AGGRESSORE

UN MILITARE CHE ERA DI GUARDIA HA TENTATO DI FERMARE L’ASSALTATORE CON LO SPRAY AL PEPERONCINO, MA È STATO RAGGIUNTO DA UNA COLTELLATA AL BRACCIO. IL SOLDATO HA POI APERTO IL FUOCO…


Aggressione a colpi di coltello nella tarda serata di ieri davanti alla residenza dell'ambasciatore iraniano a Vienna. L'assalitore è stato ucciso dalle forze di polizia. Prima di essere raggiunto dai colpi di arma da fuoco, l'aggressore ha colpito con il coltello un militare di guardia che è rimasto ferito al braccio.
residenza ambasciatore iraniano viennaRESIDENZA AMBASCIATORE IRANIANO VIENNA

Il soldato ha tentato di fermare l'uomo con lo spray al peperoncino, ma dopo il ferimento ha estratto l'arma d'ordinanza e ha sparato quattro colpi, colpendo a morte l'assaltatore. L'uomo sarebbe un cittadino austriaco di 26 anni. Al momento sono ignote le motivazioni dell'aggressione.

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Il debito pubblico preoccupa? Allunghiamolo

L’Italia emette circa 400 miliardi di titoli all’anno per rinnovare le quote di debito pubblico in scadenza e per finanziare il fabbisogno annuo.
L’Italia emette circa 400 miliardi di titoli all’anno per rinnovare le quote di debito pubblico in scadenza e per finanziare il fabbisogno annuo. Si tratta di una cifra molto elevata, che si potrebbe ridurre con un piano di allungamento delle scadenze.

Ogni anno 400 miliardi da collocare

L’elevato livello del debito pubblico italiano costituisce uno dei principali fattori di vulnerabilità della nostra economia. Gli investitori esteri continuano a percepirci come rischiosi e, in vista dell’appuntamento elettorale, anche le istituzioni europee e internazionali richiedono alle forze politiche un impegno serio e credibile per la riduzione del debito. Il miglioramento delle prospettive di crescita potrebbe favorire il processo di risanamento delle finanze pubbliche timidamente intrapreso da qualche anno. A partire dal 2013 la crescita del rapporto debito/Pil ha registrato un forte rallentamento (soli 3 punti percentuali dal 2013 al 2017). La vita media residua del debito è risalita a fine 2017 sino a 7,4 anni (nell’estate 2014 raggiunse un minimo di 6,77), mentre la vita media dello stock titoli risulta pari a 6,9 anni (6,2 anni il minimo toccato durante la crisi).
Tuttavia, nonostante questi dati positivi, nei prossimi anni l’Italia sarà ancora alle prese con la sfida di collocare titoli per circa 400 miliardi all’anno per scadenze e nuovi fabbisogni. Si può però ragionare sulla possibilità di attuare una strategia di ulteriore allungamento delle scadenze che permetta di abbattere in misura significativa le emissioni annue su un orizzonte temporale di 5-6 anni. I bassi tassi di interesse, il lento percorso di rialzo nei prossimi anni e il sostegno all’acquisto di titoli da parte della Banca centrale europea (che si protrarrà almeno sino a settembre 2018, con acquisti mensili complessivi di 30 miliardi) conducono a ritenere il contesto odierno ancora favorevole alla realizzazione di una simile politica di gestione del debito.

Abbattere le emissioni annue a costi contenuti

Abbiamo dunque elaborato un’ipotesi di allungamento delle scadenze che prevede una progressiva riduzione delle emissioni di Bot, le quali scenderebbero dagli oltre 150 miliardi preventivati nel 2018 a 80 miliardi nel 2022, e un’intensificazione delle emissioni di Btp a 10, 15 e 30 anni per il finanziamento delle emissioni diverse da Bot e dei fabbisogni. Una siffatta strategia permetterebbe di allungare la vita media residua dello stock di titoli al 2025 sino a quasi 9 anni, 2 anni in più di quella attuale.
Già nel 2022 le emissioni lorde annue scenderebbero di circa 150 miliardi rispetto a uno scenario di base in cui si ipotizzi che i titoli in scadenza vengano rinnovati con altri di uguale durata (figura 1). Al 2025, con il turnover dello stock di titoli attualmente in essere in gran parte avvenuto, le emissioni si normalizzerebbero su un livello medio di 220 miliardi, oltre il 40 per cento in meno dei volumi previsti nello scenario di base.
L’aggravio di costo insito nella strategia, rispetto allo scenario di base, è quantificato in meno di 4 miliardi nei primi anni e attorno ai 5 miliardi a regime, cioè appare contenuto e stabile (figura 2). La ragione principale risiede nel fatto che la riduzione delle emissioni annue garantita dall’allungamento delle scadenze offre una parziale copertura dal graduale rialzo atteso dei tassi. Allungare oggi vuole dire infatti garantirsi tassi bassi per un periodo più lungo di tempo in luogo dei maggiori tassi che ci si attende prevarranno in futuro. Anche l’atteso appiattimento della curva dei rendimenti nelle nostre previsioni contribuisce a rendere meno oneroso lo spostamento verso scadenze più lunghe.
Alcune precisazioni sono però necessarie. Innanzitutto, nell’esercizio abbiamo ipotizzato che la curva dei rendimenti non risenta della variazione nell’offerta relativa di titoli a lunga e a breve, sebbene nella realtà sia plausibile che una maggiore raccolta sul segmento a lungo termine possa comportare un aumento dell’inclinazione della curva e quindi fare salire il costo. Inoltre, bisognerebbe valutare se la graduale riduzione dei Bot ipotizzata sia compatibile con le esigenze del bilancio pubblico e con la domanda da parte di banche e fondi per finalità gestionali e regolamentari.
Nonostante le precisazioni e gli ulteriori approfondimenti che sarebbero opportuni, due risultati ci sembrano degni di riflessione. Il primo è che con un allungamento di circa 2 anni della vita media del debito si potrebbero quasi dimezzare le emissioni lorde annue nel giro di 6-7 anni. Il secondo è che il costo dell’allungamento potrebbe essere contenuto e stabile (nell’ordine dei 4-5 miliardi per anno) in quanto l’abbattimento delle emissioni annue farebbe sì che il graduale rialzo dei tassi previsto per i prossimi anni si riverberi su una proporzione minore del debito. In vista dei rischi e delle incertezze cheil futuro ci riserva, è una strada che forse vale la pena percorrere.
Figura 1 – Emissioni lorde annue in previsione (in miliardi; elaborazioni su dati Banca d’Italia)
Figura 2 – Spesa per interessi (in miliardi; spesa relativa ai titoli, circa l’85 per cento del totale del debito pubblico)

Di Lorenzo Forni e Simone Passeri
Fonte: qui

L'Italia è in boom? L'Italia farà BOOM!


Gli italiani, non i britannici, provocheranno la dissezione dell'euro e quindi dell'intero esperimento europeo.
Potrebbe giungere un momento in cui la Brexit non verrà del tutto dimenticata, ma collocata in un secondo livello di quella che si preannuncia essere la disintegrazione europea. Sarà superata molto probabilmente proprio dall'Italexit. Gli italiani, non i britannici, provocheranno la dissezione dell'euro e quindi dell'intero esperimento europeo.
A questo punto della storia europea, la formula è familiare: se siete contrari all'integrazione più stretta e all'Unione Europea, allora siete un xenofobo fascista, un razzista di prim'ordine. Piuttosto che dissuadere gli elettori, questo comportamento si è ritorto contro coloro che usano gli insulti per mantenere vivo l'esperimento europeo per molto più tempo.
Il totale dei voti non è ancora disponibile, ma gli italiani hanno votato in massa per partiti anti-establishment e anti-euro. Anche se il parlamento italiano potrebbe ritrovarsi nel caos nel prossimo futuro, l'euroscetticismo e la febbre anti-establishment dominano in misura molto maggiore del previsto (nell'ennesima elezione europea). Anche il commento mainstream di quello che sta succedendo non può esimersi dal descrivere la realtà:
Dopo che gli organismi dell'establishment sono riusciti a contenere i populisti nelle elezioni tedesche, francesi e olandesi negli ultimi dodici mesi, le loro difese sono state sopraffatte in Italia quando gli elettori si sono ribellati contro due decenni di crescita economica poco brillante e un'impennata dell'immigrazione. Il risultato è un partner davvero imprevedibile per i leader europei come Angela Merkel e Emmanuel Macron, mentre affrontano la minaccia americana di una guerra commerciale.
Questo articolo di Bloomberg raffigura l'angoscia economica italiana come "due decenni di crescita economica poco brillante" in modo da legittimare l'insoddisfazione degli elettori. Uno scritto più onesto sarebbe stato: "Le cose sono andate male per vent'anni, perché ora si stanno ribellando? Gli immigrati." Sarebbe stato più vero, solo spogliato del pregiudizio evidente e delle intenzioni misantropiche dietro di esso.
È tecnicamente vero che l'economia italiana è risultata un malato cronico, ma è una sintesi imprecisa. Fino al 2008 o giù di lì, gli italiani potevano essere descritti come insoddisfatti, o perlomeno apatici, di fronte alla natura poco brillante della loro economia sotto l'euro. Non penso che sia effettivamente vero, poiché la stessa UE era popolare in Italia fino al panico finanziario mondiale.
Ciò che spiega la rivolta ora, è la ripresa da quel panico; o la sua mancanza. Come ho scritto in precedenza, la dinamica diventa esplosiva semplicemente perché gli italiani, come gli americani e tutti gli altri, sono stati ripetutamente informati che la loro economia non si era solo ripresa, ma si trovava addirittura in pieno boom. Per molti potrebbe essere così.
Non è questo il problema, poiché in ogni economia ci sono sempre porzioni che vanno bene e altre che non vanno bene. Quando troppe persone si ritrovano nel secondo gruppo, ecco dove iniziano i problemi. E quando sentono ripetutamente che le cose vanno bene e non riescono a capire come, date le loro condizioni precarie, la sfiducia e la rabbia sono sicuramente gli unici risultati garantiti.
La paura irrazionale dei robot ha le stesse radici. Non avendo ricevuto risposte sincere, le persone decidono da sole il perché non riescano a vivere questo boom. L'immigrazione è una questione simile, ma più complessa (dobbiamo tener conto dei fattori sociali oltre che economici).
Ma anche questo quadro generale sottovaluta considerevolmente la gravità del problema. Anche quelli che sono occupati, in Italia significativamente di meno in proporzione alla popolazione, non stanno facendo molti progressi. Questa mancanza di opportunità diventa palpabile, una frustrazione che deve essere soddisfatta con una valutazione onesta, ma in questo decennio perduto raramente lo è stata.
Gli economisti non tollerano altro che la ripresa. Non importa quante prove si accumulano contro di essa, affermano lo stesso che è qui, o se vengono messi sotto pressione diranno che arriverà domani.
Questo punto di vista inizia con una conclusione e quindi si cercano prove per avvalorarlo. La tecnocrazia è difesa a tutti i costi, anche quando la sua caratteristica principe è la sua totale incompetenza. Nel luglio del 2012 Mario Draghi ha promesso di "fare tutto il necessario" per preservare la valuta europea, e quindi in termini politici mantenere vivo il sogno dell'integrazione.
La maggior parte della gente lo considerava un gesto nobile, gli sforzi di uno statista impegnato ad aiutare le persone dell'Europa che soffrivano a causa di una repressione finanziaria per ragioni che non potevano capire. Queste persone avrebbero dovuto invece sentire Mario Draghi per quello che era, un pazzo del tutto sciroccato:
L'euro è come un calabrone. Questo insetto è un mistero della natura, perché non dovrebbe volare, e invece vola. Quindi l'euro era un calabrone che è volato molto bene per diversi anni. Credo — e penso che la gente si chieda "come mai?" — che probabilmente ci fosse un qualcosa nell'aria che faceva volare il calabrone. Ora quel qualcosa deve essere cambiato nell'aria, e sappiamo cosa dopo la crisi finanziaria.
Come il suo predecessore Jean-Claude Trichet, o Ben Bernanke, il suo omologo presso la Federal Reserve negli Stati Uniti, Mario Draghi non ha idea di cosa sia successo nel 2008, o, del resto, cosa sia successo di nuovo nel 2011. La sua banca centrale, come tutte le banche centrali, sta cercando di risolvere un problema che non riesce a capire, e l'effetto è che nulla viene mai corretto.
La gente potrebbe sentirsi comprensibilmente turbata da questo fatto. Non ci vuole molto per riconoscere che questi elettori potrebbero aver ragione, critiche legittime che non hanno niente a che fare con il lato più oscuro della tragica storia europea. L'economia, tuttavia, è la disciplina più fragile forse mai inventata; impedisce anche un minimo di onesta introspezione, in gran parte perché è più una forza politica che scientifica.
In nessun luogo è più evidente che in Europa. Il rischio per la situazione politica europea non è poi così complesso. È facilmente attribuibile all'unica cosa che nessuno può mettere in dubbio:
La minaccia per l'euro è oggi più grande di quanto non fosse nel 2012, e per questo motivo Draghi ha completamente fallito. Non si tratta di squilibri nel Target II e di sanzioni per il default greco, ma di sconvolgimenti politici legati direttamente a ciò che Mario Draghi non sembra riuscire a capire. Può promettere tutto ciò che vuole, ma il destino dell'Europa non sarà determinato dal suo euro.
O si tratta di ripresa effettiva o di bancarotta per l'Europa, lo stesso bivio a cui si trova di fronte il resto del mondo a causa della stessa stagnazione prolungata. In Cina, come notato in precedenza, si stanno muovendo in preparazione di un bust. Gli elettori europei potrebbero sembrare irrazionali, ma solo se pensate che l'euro sia come un calabrone nelle mani capaci di brillanti apicoltori tecnocratici.
Non ci sono voluti due decenni di problemi economici per ritorcere l'Italia contro ciò che un tempo aveva abbracciato con entusiasmo, solo l'ultimo è stato più che sufficiente. La rottura è iniziata con la distruzione monetaria, alimentata errore economico dopo errore economico, e ora si avvicina sempre di più al completamento mentre l'inutilità della tecnocrazia viene tenuta in vita solo dall'ostinazione politica. Davvero, quindi, qualcuno è sorpreso di fronte al risultato elettorale in Italia?
Se non altro, penso che gli italiani, gli inglesi, gli americani, ecc. abbiano dimostrato fino ad adesso notevole compostezza. Hanno dato ai tecnocrati il ​​beneficio del dubbio più e più volte, con politiche e sperimentazioni discutibili e poi promesse che non sono state mantenute. Dieci anni sono molto, molto tempo perché nulla venga realizzato.
Volete salvare l'Europa? Potete iniziare ponendo fine a tutte queste chiacchiere assurde su un boom inesistente.
da Zerohedge
Traduzione di Francesco Simoncelli

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CICLO TASSI DI INTERESSE: paesi a confronto

Il gra­fi­co che mi ha pro­po­sto l’a­mi­co Ales­san­dro @pe­lia­s01 è si­cu­ra­men­te in­te­res­san­te anche se lo con­si­de­ro un po’ trop­po esem­pli­fi­ca­ti­vo.

Rap­pre­sen­ta l’an­da­men­to o me­glio la TEN­DEN­ZA dei ren­di­men­ti ob­bli­ga­zio­na­ri e quin­di dei tassi di in­te­res­se nei prin­ci­pa­li paesi del globo.

Que­sto gra­fi­co quin­di per­met­te­reb­be, sulla carta, di ca­pi­re e pre­ve­de­re quali sono le aree del mer­ca­to ob­bli­ga­zio­na­rio po­ten­zial­men­te più in­te­res­san­ti, op­pu­re quel­le più pe­ri­co­lo­se a casa del ri­schio du­ra­tion che di­ven­ta con­cre­to quan­do i ren­di­men­ti ini­zia­no a sa­li­re.

L’a­rea con i tassi in rial­zo sa­reb­be da evi­ta­re o da mo­ni­to­ra­re con estre­ma at­ten­zio­ne. L’a­rea con i tassi sta­bi­li ne­ces­si­ta­no di mo­ni­to­rag­gio in quan­to po­treb­be­ro es­se­re in pro­cin­to di spo­star­si nel­l’a­rea di de­stra. Resta l’a­rea di si­ni­stra, quel­la che do­vreb­be es­se­re la mi­glio­re. Ma ri­pe­to, fosse tutto cosi sem­pli­ce, sa­reb­be fin trop­po sem­pli­ce co­strui­re un por­ta­fo­glio ob­bli­ga­zio­na­rio di­ver­si­fi­ca­to.
OK, que­sto gra­fi­co non ci darà la ve­ri­tà as­so­lu­ta ma di certo aiuta a ca­pi­re le di­na­mi­che mo­ne­ta­rie in giro per il mondo.
Fonte: qui

Debito Italia su Target2 a 444 miliardi a febbraio, picco storico


Debito Italia su Target2 a 444 miliardi a febbraio, picco storico


























Nel mese di febbraio la passività dell'Italia verso l'Eurosistema, il cosidetto Target2, sono salite a 444,4 miliardi rispetto ai 433,2 miliardi del mese precedente. Si tratta del nuovo massimo storico, il precedente picco era stato toccato a dicembre 2017 a quota 439 miliardi. Negli anni della crisi del debito sovrano dell'Euruzona, in particolare dal 2010 al 2012, il saldo passivo dell'Italia sul Target2 rifletteva una fuga di capitali dal paese che si traduceva nell'abnorme aumento dei tassi di interesse sul debito pubblico sia a breve e sia a lungo termine. Talvolta la curva dei rendimenti si presentava invertita, sintomo di timori sulla solvibilità del Paese.



Ora la passività, seppur a nuovi massimi storici, non registra questo fenomeno, non si riscontrano tensioni sui tassi del debito pubblico italiano, sia quelli a breve e sia quelli a lungo termine. Piuttosto la crescita del disavanzo è soprattutto un effetto delle politiche di allentamento quantitativo della Bce e della ricomposizione dei portafogli di attività finanziarie.

Fonte: M.F.

Trump ha dichiarato guerra alla Germania e… all’euro

Interrompiamo le trasmissioni sulla politica italiana per occuparci di una notizia che in realtà dovrebbe stare in primo piano, perché non riguarda un paese lontano e nemmeno qualche altro paese europeo, ma riguarda noi, l’euro e l’Unione Europea: la guerra commerciale che Donald Trump ha dichiarato all’Europa e in particolare alla Germania. Già, perché questa guerra, lungi dall’essere un affare a due, riguarda anche noi, sia nel bene (il crollo dell’euro) e sia nel male (gli effetti economici che potrebbe avere questa guerra sulla nostra già fragile economia).
Ma cosa sta accadendo esattamente? La faccio semplice, quasi banale: Trump sta dando attuazione al suo programma politico che mira a difendere il lavoro e la produzione USA, imponendo dazi alle importazioni da certuni paesi che fanno surplus commerciale in USA. E una di questi paesi è – guarda caso – la Germania, accusata dall’amministrazione Trump di sfruttare l’euro sottovalutato per fare appunto surplus a danno dell’economia americana. E che poi la Germania lo faccia anche a spese dell’Italia (grazie all’euro) è un dato assodato, che però qui non è oggetto di disamina.
Sì, è vero, anche l’Italia esporta in USA, ma è chiaro che la nostra situazione sarebbe diversa e meno complicata con gli americani, se non fossimo legati a doppio filo ai destini della Germania. Sicché è indubbio che qualora Trump alzi i muri con la UE o comunque con alcuni paesi UE, e in particolare Berlino, a farne le spese sarebbero anche le nostre esportazioni non solo verso gli USA, ma anche verso la Germania.
La questione, chiaramente, è però più complessa di così e coinvolge non solo l’economia ma anche la geolopolitica e dunque i rapporti (di forza) USA-Europa, soprattutto sotto il profilo dell’alleanza militare nella NATO (Trump che si lamenta che gli alleati europei pagano poco o non pagano) e sotto il profilo dei rapporti con l’ingombrante e potente vicino russo. Ma anche il medioriente con una visione politica della soluzione del conflitto israelo-palestinese completamente diversa (se non opposta) rispetto a quella europea (v. Gerusalemme capitale di Israele). Insomma, mai come in quest’ultimo anno, la distanza tra gli USA e l’Unione Europea è così tanta, che la querelle economica è solo la punta dell’iceberg, per quanto dannatamente fondamentale.
E’ chiaro, dunque, che la guerra avviata da Trump è destinata a inasprirsi sempre di più, anche perché dopo la decisione di imporre i dazi, non è che la Germania e l’Europa siano addivenuti a più miti consigli. No, minacciano gli Stati Uniti, preparando misure commerciali di risposta. Peccato che gli USA non sono l’Italia. Stiamo parlando di una potenza economica e militare che con le sue politiche potrebbe mettere in seria difficoltà l’Unione Europea, ed è questo – del resto – che temono (in realtà ne sono terrorizzati) Bruxelles e Berlino, visto che Trump potrebbe per esempio applicare i dazi alla Germania, ma non all’Italia, alla Francia ma non alla Spagna. Con l’evidente conseguenza di una rottura dell’unione europea sul piano delle esportazioni USA che minerebbe seriamente la tenuta dell’eurosoprattutto se la FED svalutasse il dollaro sull’euro. Non ce ne sarebbe più per nessuno e in Europa scoppierebbe il caos.
Quale soluzione? In realtà non ho idee in proposito, anche perché non sono un economista. Posso solo dire che io tifo per Trump, e solo per una ragione: la sua guerra commerciale non potrà che accelerare il processo di decomposizione dell’euro, nonostante Draghi continui a drogare l’eurozona con il Quantitative Easing. Ma questo giochetto non potrà durare a lungo e allora se la guerra commerciale USA-Europa prenderà la direzione pianificata da Trump – una direzione che non potrà che portare a una rottura dell’unità europea (ed è quello che temono a Bruxelles e Berlino) – allora si potrà dire che – salvo miracoli – l’euro avrà i giorni contati.
Fonte: qui
DRAGHI: L’EURO E’ IRREVERSIBILE!GHI: L’EURO E’ IRREVERSIBILE!
DRAGHI: L’EURO E’ IRREVERSIBILE!
Partiamo da qui, dalla splendida performance del mago Draghi, uno che qualche anno fa disse che la deflazione, la mancanza di inflazione era tutta colpa della Pasqua alta…
Relativamente all’inflazione, dovrebbe restare attorno all’1,5% per il resto dell’anno. Per il 2018 e il 2019 gli esperti dell’Eurotower indicano un +1,4%,mentre nel 2020 dovrebbe salire all’1,7%. Rivista al ribasso la sola stima del 2019, che precedentemente era pari all’1,5%.
Quindi mentre il resto della rete e il giornalismo finanziario continua ad osannare mago Draghi, la BCE riduce le aspettative di inflazione per il 2019 ad un miserabile 1,4 % e continua a pensare che esploderà al 1,7 % l’anno successivo, tirando monetine le provisioni riescono meglio…
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In effetti le previsioni di inflazione della BCE in questi anni sono state meravigliose, come testimonia il grafico qui sopra.
Noi siamo gli unici che evidenziano che, in una normale società, il manager che da sempre fallisce l’unico compito che gli è stato assegnato ovvero la stabilità dei prezzi, il raggiungimento dell’obiettivo del 2 % verrebbe spedito a casa.
Ve lo ripeto, Draghi, come tutti gli altri banchieri centrali non è altro che un medico che ha clamorosamente sbagliato prevenzione e diagnosi e ora va in giro a vantarsi di aver inventato una cura miracolosa.
Noi invece da oltre nove anni, continuiamo a vincere la nostra scommessa, ovvero la mancanza di inflazione per decenni e il trionfo della DEFLAZIONE DA DEBITI
Italy Inflation Rate
E’ davvero un inguaribile ottimista il nostro Mario, probabilmente fa finta di non vedere il trend!
Per esempio, invece di fare le solite inutili domande, qualche giornalista che non è a libro paga, potrebbe ricordare a Draghi che la deflazione salariale che non permette all’inflazione di risalire è tutta colpa della BCE è un suo progetto…
Alla domanda di cosa ne pensa della vittoria delle forze euroscettiche in Italia,
“Parlando in termini generali, il bilancio pubblico è di massima importanza nei paesi ad alto debito”: lo ha detto il presidente della Bce, Mario Draghi, dando una risposta generale a una domanda sulla possibilità che dopo le elezioni l’Italia faccia marcia indietro sulla riforma delle pensioni e sul jobs act. Del caso specifico “Non ne abbiamo discusso oggi”, ha comunque precisato Draghi.
L’EURO E’ IRREVERSIBILE  Ha poi risposto a una domanda che citava l’esito del voto in Italia come segnale di un’affermazione di forze antieuropee, proprio quando altri Paesi dell’Unione stanno cercando di rafforzare la governance delle istituzioni europee. Per il presidente Bce, quanto accaduto dopo le elezioni in Italia “non suggerisce che i mercati abbiano reagito in un modo che minacci la fiducia”, è accaduto “più o meno” quello visto in altri Paesi. Tuttavia “una instabilità protratta nel tempo potrebbe minacciare la fiducia”
RISCHI DA PROTEZIONISMO Draghi ha messo in guardia dal fatto che un “protezionismo in aumento” e altri fattori globali, come l’andamento del cambio dell’euro, potrebbero rappresentare dei rischi per la crescita attesa per l’Eurozona.
Scrivere forze antieuropee è la solita vigliaccata da giornalisti di strapazzo, l’euro è un problema non l’Europa unita, idioti!
Quando vuole il nostro Mario è ancora capace di meraviglie, peccato che non conosca la storia come Eichengreen, la volontà politica non basta quando, se non puoi svalutare la moneta sei costretto a svalutare i salari e il welfare, creando instabilità sociale e inequità ovunque con il tuo inutile quantitative easing….

EURO: EICHENGREEN NELLA STORIA NON CI SONO RETROMARCE…

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Intanto le retromarce si sono state ovunque, qui sotto la dimensione dell’utopia europea, fondare un’unione fiscale e politica partendo da una moneta è la più grande idiozia del secolo…
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Nessuno Paese al mondo, eccetto qualche staterello africano e satelliti americani rinuncia alla propria moneta, solo gli europei ancora oggi credono che avere un’unica moneta preservi da conflitti, o si certo basta chiederlo agli americani che si sono fatti due guerre di indipendenza e secessione con il dollaro.
Ma l’ignoranza impera nei salotti delle banche centrali e della politica europea, loro pensano che basti una moneta o un banchiere centrale per tenere insieme un continente.
Ma lasciamo il compito alla storia e occupiamoci del nuovo protezionismo made in Trump.
Donald Trump ha firmato le due proclamazioni presidenziali con cui, tra 15 giorni, entreranno in vigore dazi del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio in arrivo in Usa. Canada e Messico – impegnati nei negoziati sul Nafta – per il momento sono esentati e il leader Usa ha detto che i “veri amici” degli Usa potranno godere di flessibilità da parte di Washington per essere a loro volta esentati. “Era ora”, ha detto il leader Usa firmando.
Le proclamazioni presidenziali richiamano la sezione 232 di una legge che permette a Trump di agire sulle tariffe senza passare dal Congresso. Si tratta del Trade Expansion Act del 1962. In base a quella legge, un presidente può imporre dazi su tutti i Paesi i cui prodotti importati in Usa pongono un rischio alla sicurezza nazionale americana. Il punto è che in molti, Ue inclusa, hanno contestato una tale giustificazione. (…)
Donald Trump dice che una “nazione che non protegge la prosperità a casa non può proteggere i suoi interessi all’estero”.
L’obiettivo dell’amministrazione Usa è “proteggere la sicurezza nazionale americana dagli effetti di pratiche commerciali ingiuste”. Sono tre i punti sottolineati nella nota: la sicurezza economica equivale alla sicurezza nazionale, l’eccesso di capacità e pratiche commerciali ingiuste hanno decimato industrie cruciali, il declino della produzione Usa di acciaio e alluminio è costato posti di lavoro. Per questo Trump si presenta come l’uomo che cambierà la situazione. Peccato che le tariffe siano state criticate da più parti, anche dall’Fmi, e siano destinate a portare a eventuali ritorsioni. Inoltre la giustificazione per la loro introduzione – la sicurezza nazionale, appunto – non è condivisa su scala internazionale.
La Casa Bianca spiega che gli Usa sono il principale importatore di acciaio, di cui acquista quantità “quasi quattro volte superiori a quelle che esporta”. E ancora: “Gli Usa hanno importato alluminio cinque volte di più di quanto prodotto nel 2016”. Stando ai calcoli dell’amministrazione Trump, la capacità in eccesso di acciaio su scala globale è di 737 milioni di tonnellate. L’eccesso della produzione di alluminio in Cina è stata di 3,9 milioni, “quattro volte di più della produzione Usa”. Per Trump, “gli sforzi internazionali per affrontare il problema sono stati insufficienti”. Il governo Usa sostiene che dall’inizio del 2000 oltre 40mila posti di lavoro nella produzione di alluminio e alumina sono andati persi.

Trump attacca la Germania: “Ha approfittato” degli Usa

C’è anche la Germania tra i Paesi che “hanno approfittato” degli Stati Uniti, secondo il presidente statunitense Donald Trump. “Abbiamo alcuni amici e alcuni nemici che si sono enormemente avvantaggiati nei nostri confronti, nel corso degli anni, sul commercio e sul piano militare”, ha detto poco fa, parlando dei dazi che annuncerà tra poco sulle importazioni di alluminio e acciaio.
Quindi un nuovo capitolo è aperto ora non resta che attendere i suoi ulteriori sviluppi.
Nel frattempo, dopo aver spaventato mezzo mondo con inutili proclami di guerra, la Banca centrale giapponese ritorna all’ovile, confermando su tutta la linea la sua politica monetaria…
Tokyo, 09 mar 04:56 – (Agenzia Nova) – La Banca del Giappone (BoJ)ha annunciato oggi la decisione di mantenere invariati i tassi di interesse di riferimento, mentre i mercati attendono la conferenza stampa del governatore della banca centrale, Haruhiko Kuroda, fissata per stasera. Il comitato politico ha votato 8-1 per l mantenimento del tasso di riferimento in territorio negativo, a meno 0,1 per cento. La BoJ ha anche annunciato che il rendimento dei titoli di Stato a 10 anni rimarrà fermo allo zero per cento. Per mantenere i tassi a quel livello, la banca centrale continuerà ad acquistare obbligazioni governative al ritmo di circa 750 miliardi di dollari l’anno. La Banca centrale ha votato anche all’unanimità per mantenere invariati gli obiettivi di acquisto di asset relativi ai fondi d’investimento e ai trust d’investimento immobiliari.
I falchi della politica monetaria posso restare rinchiusi per lustri…
Buona Consapevolezza, la deflazione da debiti è qui per restare con noi, alla prossima esplosione dell’enorme bolla finanziaria non ci sarà scampo, di inflazione nessuna traccia nei secoli dei secoli. Amen!
DRAGHI: L’EURO E’ IRREVERSIBILE!
DRAGHI: L’EURO E’ IRREVERSIBILE!