9 dicembre forconi: 12/04/17

lunedì 4 dicembre 2017

I GRANDI TEMPLI DELLA CITTÀ LIBANESE TORNANO ACCESSIBILI DOPO ANNI DI CHIUSURA PER COLPA DELL’ISIS

OGGI LA CITTÀ E’ SALDAMENTE IN MANO AGLI HEZBOLLAH E CERCA DI TORNARE A GALLA VALORIZZANDO NON SOLO AGRICOLTURA E TURISMO MA ANCHE LE VASTE PIANTAGIONI DI CANNABIS….

Michele Zanzucchi per Avvenire

baalbekBAALBEK
L' hotel Palmyra è un' istituzione a Baalbek. Un po' invecchiata, a dire il vero, con i suoi intonaci scrostati, il mobilio che ha fermato le lancette agli anni Cinquanta, con le foto sbiadite. Costruito sull' antico anfiteatro romano, nei suoi corridoi espone capitelli, teste elleniste, fregi di chiara origine preromana: «Li avevamo in cantina», si scusa, ma inorgogliendosi, il proprietario.

Il cameriere, lui stesso un pezzo da museo, ci tiene a mostrare la stanza dove soggiornò il generale De Gaulle (oggi costa 75 dollari a notte), quella occupata da Jeanne Moreau e, soprattutto, quella che vide il riposo di Guglielmo II. Era il 1897.

baalbekBAALBEK
Proprio dalla terrazza dell' hotel, di fronte al sito archeologico, l' imperatore s' accorse di un' aquila romana, simbolo egualmente presente nella tradizione fenicia, che pendeva a metà da un frontone del Tempio di Bacco. Decise perciò di avviare una missione archeologica tedesca, la prima vera operazione di salvaguardia del patrimonio di Baalbek, che durò dal 1898 al 1905. Furono effettuati le messe in sicurezza e i restauri basilari, ripresi poi da archeologi francesi durante il mandato francese. Nel 1984 il sito è stato incluso nella lista Unesco dei siti patrimonio dell' umanità.

baalbekBAALBEK
Sentimenti di stupore e ammirazione avvolgono il visitatore nel mare di marmo e pietra di Baalbek - il nome rimanda al dio Baal e forse anche alla dea Anat, dea della guerra, sorella e consorte dello stesso Baal -, che per tre secoli vide architetti e artigiani all' opera nella costruzione dei più grandi templi esistenti al mondo: la superficie del tempio di Giove, il più vasto, costruito su una base fenicia preesistente di 88 metri su 48, è paragonabile alla piramide di Cheope o alla basilica di San Pietro. C' è potenza ed eleganza, ingegneria e scultura, architettura e religione. Il sito, che di primo acchito potrebbe apparire un sito solo romano, in realtà si rivela un ponte tra Oriente e Occidente. Soprattutto le decorazioni rivelano influenze fenice e arabe, più che greco-romane.

Perché i Romani, a differenza di Greci e Persiani, tendevano a valorizzare le culture e le tradizioni che incontravano, non cercando di eliminarle, ma di integrarle nei canoni di Roma. Così qui a Baalbek diedero spazio ai decoratori di marmo locali, pur portando l' influenza ingegneristica romana. Anche la struttura tripartita dei templi paiono di origine religiosa più fenicia che romana.

Certamente Baalbek era all' epoca una città ricca, sulla strada che le carovane provenienti dall' Oriente erano obbligate a prendere per arrivare al mare. Da qui passò anche Alessandro Magno in marcia verso Damasco. Fu probabilmente questa ricchezza a spingere nel II secolo i romani e i locali a costruire il tempio più straordinario e imponente che mai fosse stato costruito al mondo, il tempio di Giove Eliopolitano (Baalbek all' epoca romana si chiamava Heliopolis). Seguirono tre secoli di lavori, grazie ai soldi romani e alle maestranze locali, ma l' opera non fu mai completata, nonostante fossero state già erette le colonne più imponenti dell' antichità, due metri e venti di diametro. I terremoti susseguitesi nei secoli, l' uso del sito come cava per la costruzione degli edifici locali e le alterne vicende politiche portarono il sito a essere abbandonato prima di essere completato, fino all' arrivo di Guglielmo II. Restano oggi in piedi solo sei colonne, per un edificio che ne prevedeva dieci sulla fronte e diciannove sul lato lungo.
baalbek libanoBAALBEK LIBANO

Oggi Baalbek è una città che sta cercando di ritornare a galla valorizzando agricoltura e turismo, senza considerare le vaste piantagioni di cannabis dell' Alta Bekaa. A prevalenza musulmana e sciita, vede comunque una presenza non secondaria di sunniti e di cristiani.
Vive una certa conflittualità con l' altra grande città della valle, Zaqle, a maggioranza cristiana. Ma tra le due città sta per essere completata una superstrada che certamente favorirà il ritorno alla normalità. Negli ultimi anni, dall' inizio cioè del conflitto siriano nel 2011, la valle è stata in effetti disertata dagli stessi libanesi, per i combattimenti contro il Daesh sulla catena dell' Antilibano, in particolare nelle colline del Jurd di Ras Baalbek e di Qaa, sulle quali nell' agosto scorso un' insolita alleanza tra libanesi, siriani e Hezbollah ha permesso di sloggiare i jihadisti, scappati verso Deir Ez Zor. Era l' ultimo bastione in Libano dello Stato islamico, insediatosi nel 2014 su un' area di circa 200 kmq in quella zona montagnosa a ridosso del confine siriano, nella parte centro-orientale della Bekaa. In precedenza il Daesh aveva occupato più a Nord le montagne sopra Aarsal.
baalbek libanoBAALBEK LIBANO

Il pericolo era apparso evidente già nel marzo 2011, quando sette incoscienti ciclisti estoni avevano cercato di raggiungere Beirut partendo da Aleppo; ma furono rapiti da milizie armate sulla strada tra Zaqle e Baalbek. Furono rilasciati nel luglio seguente, dopo trattative estenuanti. Da allora la città diventò off limits per i visitatori. Quarantena che è stata prolungata ulteriormente tre anni fa, perché alcune diatribe tra clan locali erano sfociate in incidenti e attentati. Oggi la città, saldamente in mano agli Hezbollah - il movimento sciita è nato nel 1984 proprio nella Bekaa -, è di nuovo accessibile in sicurezza. Un motivo di vanto per lo Stato, che mostra orgoglioso il riconquistato controllo del territorio, valorizzando i suoi pezzi storici più pregiati, in vista di un ritorno alla piena normalità. Per dimostrare che la guerra siriana non ha nulla a che fare con la terra dei cedri.

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“IL PADRINO”? NESSUNO VOLEVA FARLO A COMINCIARE DA FRANCIS FORD COPPOLA, I PRODUTTORI DELLA PARAMOUNT E PERSINO MARIO PUZO, AUTORE DEL LIBRO

COPPOLA RISCHIÒ PIÙ VOLTE IL LICENZIAMENTO: I PRODUTTORI NON CREDEVANO IN LUI E NON VOLEVANO MARLON  BRANDO 

IL “COMPLOTTO” DEL MONTATORE AVAKIAN E LE PRESSIONI DI FRANK SINATRA E LA PAROLA MAFIA NON FU MAI PRONUNCIATA...

Antonio Monda per "la Repubblica" -articolo del 2008

Tra tutti i miti, gli aneddoti e i racconti apocrifi che circondano la realizzazione del "Padrino" ce n´è uno assolutamente vero: era un film che nessuno voleva realmente fare, a cominciare da Francis Ford Coppola, i produttori della Paramount e persino Mario Puzo.

il padrino 2IL PADRINO 2
Non è l´unico paradosso che ha caratterizzato la lavorazione di uno dei più grandi successi di tutti i tempi: gli attori scelti da Coppola furono osteggiati dai produttori sino al momento dell´inizio delle riprese, e Coppola fu ripetutamente sul punto di essere licenziato, per l´iniziale delusione dei produttori di fronte al materiale girato, e persino per un complotto ordito dal montatore Aram Avakian il quale riferiva alla Paramount che il materiale girato era inutilizzabile, sperando di rimpiazzare il regista.
nusret il padrinoNUSRET IL PADRINO

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La Paramount acquistò i diritti del libro di Mario Puzo per farne una pellicola di genere. Nessuno riteneva che fosse necessario dedicarle un´attenzione superiore a quella di un film di serie B, e dal suo canto lo scrittore non aveva alcuna aspettativa: aveva scritto il libro per puri fini commerciali, scoraggiato dalla mediocrissima accoglienza della critica ai suoi primi lavori.

Anche all´interno della Paramount c´erano molte resistenze, dopo lo scarso successo di "Fratellanza", un film di ambientazione simile, diretto da Martin Ritt. Il genere gangster sembrava in pieno declino, e le storie di mafia e famiglia non apparivano attraenti per un pubblico in pieno rinnovamento generazionale dopo i fervori del Sessantotto.
robert de niro in il padrino parte iiROBERT DE NIRO IN IL PADRINO PARTE II

In un primo momento vennero contattati Elia Kazan, Sergio Leone, Costa-Gavras e Arthur Penn. Nessuno di loro sembrò interessato, e venne quindi convocato Sam Peckinpah, il quale lasciò sconcertati i suoi interlocutori spiegando che avrebbe girato "Il Mucchio Selvaggio" tra i mafiosi. Fu Robert Evans ad avere l´idea di scritturare allora un regista italo-americano, ma sul nome di Coppola si scatenò una netta ostilità: i suoi primi film avevano ottenuto incassi disastrosi, e quel regista barbuto che aveva fondato una propria casa di produzione e si ostinava a vivere a San Francisco aveva una fama terribile per Hollywood: pensava di testa propria.

al pacino a savocaAL PACINO A SAVOCA
Tuttavia Coppola riuscì ad affascinare i produttori grazie ai racconti della sua famiglia italiana e al modo in cui spiegò che la saga dei Corleone era la storia di un re che aveva tre figli: «Il primo ha ereditato dal padre la dolcezza, il secondo la forza, il terzo l'intelligenza». Ma dopo l´iniziale momento di seduzione iniziarono le battaglie: Coppola rifiutò di spostare la collocazione temporale del film all´epoca delle riprese e l´ambientazione a St. Louis, molto più economica di New York. Per il ruolo di don Vito, la Paramount propose una lista lunga e inverosimile di nomi (tra i quali Laurence Olivier e persino Carlo Ponti) pur di non cedere all´idea di Marlon Brando, in piena crisi di successo al botteghino.

Coppola si sentì ripetere infinite volte «non farà questo film», e quando vinse la sua battaglia dopo che Brando aveva accettato di sottoporsi ad un provino con dei batuffoli di cotone all´interno delle guance, fece pronunciare la battuta al produttore che si rifiuta di scritturare Johnny Fontane/Frank Sinatra, e cede solo dopo che trova nel letto la testa del suo purosangue prediletto.
matrimonio il padrino a savocaMATRIMONIO IL PADRINO A SAVOCA

Proprio Sinatra fece pressioni affinché il personaggio non potesse essere ricondotto a lui, e nel giro di poco tempo arrivò un altro tipo di pressione, ben più inquietante: un emissario della famiglia Colombo chiese ed ottenne che la parola mafia non fosse pronunciata nel film. La battaglia sul cast si spostò su altri fronti: Coppola era assolutamente convinto del talento del semisconosciuto Al Pacino, ma per il ruolo di Michael i produttori volevano Robert Redford o Ryan O´ Neal.

Non diversa la lotta per i comprimari, e se Robert Evans racconta non troppo scherzosamente che pensava all´amico Henry Kissinger per il ruolo del Consigliori, Abe Vigoda (Tessio) racconta nel documentario di essere stato scelto, contro il parere dei dirigenti, perché era assolutamente sconosciuto. Coppola riuscì ad imporre come musicista Nino Rota, ma non fu facile convincere i finanziatori che il musicista di Fellini fosse giusto per un gangster movie.

robert duvall nei panni di tom hagenROBERT DUVALL NEI PANNI DI TOM HAGEN
Non meno ardua la battaglia per l´immagine del film: la grande idea di regia di offrire una suggestione etica sin dalla fotografia spaventò a morte la Paramount, ma entusiasmò Gordon Willis, che girò l´intero film in un chiaroscuro molto contrastato, e, negli interni, non illuminò gli occhi dei protagonisti.

talia shire e' connie corleoneTALIA SHIRE E' CONNIE CORLEONE
Ancora più ardua la battaglia sul montaggio: il ritmo epico immaginato da Coppola, con lunghe digressioni narrative alternate ad esplosioni di violenza, lasciò sconcertati i responsabili dello studio e offrirono l´occasione ad Avakian di proporre un montaggio alternativo, basato tutto sull´azione. Coppola si rese conto per miracolo di quanto stava avvenendo e, licenziato Avakian, riuscì a salvarsi dopo aver rimontato personalmente la sequenza dell´omicidio di Sollozzo.

L´ultimo fronte si aprì sul nepotismo: Coppola scritturò la sorella Talia nel ruolo di Costanza, il padre Carmine per dirigere le musiche di Rota e persino la figlia Sofia, appena nata: è lei ad essere battezzata nel finale del film. Non solo: affidò al pupillo George Lucas il montaggio della guerra di mafia.
pacino interpreta michael corleonePACINO INTERPRETA MICHAEL CORLEONE

Anche quest´ultimo ricorda il clima di sfiducia e il tentativo costante di licenziare Coppola. Alla prima del film nessuno aveva grandi aspettative, ma Il Padrino divenne all´epoca il più grande successo di tutti i tempi, oltre che un fenomeno culturale tuttora imprescindibile. Se ne accorse per primo Henry Kissinger, allora segretario di Stato, che uscendo dalla prima dichiarò: «È un film che parla a tutti: non è molto diverso da quello che vedo ogni giorno a Washington».

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UCCISO L’EX PRESIDENTE DELLO YEMEN, ALI ABDALLAH SALEH: E’ STATO ASSASSINATO DAGLI HOUTHI, RIBELLI ANTI-SAUDITI

COME PER GHEDDAFI, ANCHE IL CADAVERE DEL DITTATORE DI SANAA E’ STATO “ESPOSTO” ALLA RABBIA DELLA FOLLA - VIDEO VIETATO AI MINORI

Il cadavere di Saleh (video Vietato ai Minori)


1 - YEMEN: TV, PARTITO SALEH CONFERMA UCCISIONE EX RAÌS
ali abdallah salehALI ABDALLAH SALEH
(ANSA) - La notizia dell'uccisione dell'ex presidente yemenita Ali Abdallah Saleh è stata confermata ora dal partito dello stesso Saleh, secondo quanto riferisce la tv panaraba al Jazeera. Le fonti vicine all'ex raìs riferiscono che Saleh è stato ucciso con "colpi di arma da fuoco a sud di Sanaa".

2 - YEMEN: MEDIA, HOUTHI FANNO ESPLODERE RESIDENZA SALEH A SANAA
saleh gheddafi mubarakSALEH GHEDDAFI MUBARAK
 (ANSA) - Fonti di stampa del Golfo riferiscono che una delle residenze dell'ex presidente yemenita Ali Abdallah Saleh è stata fatta esplodere dagli insorti Houthi e che non si hanno notizie della sorte di Saleh. Le fonti di stampa citano testimoni oculari nella capitale yemenita. Saleh, deposto dopo 34 anni nel 2012, aveva annunciato sabato scorso la fine della sua alleanza con gli Houthi per unirsi al fronte anti-ribelli guidato dall'Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti. Da sabato a oggi, affermano le fonti, gli Houthi hanno fatto irruzione in diverse abitazioni ed edifici dentro e fuori Sanaa indicati come appartenenti agli uomini di Saleh.
george bush e ali abdellah salehGEORGE BUSH E ALI ABDELLAH SALEH

3 - YEMEN: RAID DEI JET COALIZIONE SAUDITA A SOSTEGNO SALEH
(ANSAmed) - Aerei della Coalizione araba a guida saudita hanno bombardato durante la notte postazioni dei ribelli Houthi nella capitale Sanaa, in appoggio alle forze dell'ex presidente Ali Abdullah Saleh, che negli ultimi giorni ha rotto la sua alleanza con gli stessi Houthi. Lo riferiscono fonti locali citate dai siti dei giornali arabi. Suse van Meegen, una dirigente dell'organizzazione umanitaria Norwegian Refugee Council, presente a Sanaa, ha detto all'agenzia Ap che i nuovi combattimenti e i raid hanno "completamente paralizzato le operazioni umanitarie". I combattimenti tra le milizie degli Houthi alleate dell'Iran e le forze di Saleh sono scoppiati mercoledì della scorsa settimana nella capitale.
ali abdallah saleh e putinALI ABDALLAH SALEH E PUTIN

Saleh, deposto nel 2011, si era alleato tre anni fa con gli Houthi, sciiti come lui e vicini all'Iran, per combattere il governo internazionalmente riconosciuto del presidente Abd Rabbo Mansur Hadi, il suo ex vice, sostenuto dall'Arabia Saudita. Sabato, in un discorso televisivo, Saleh ha chiesto alla Coalizione a guida saudita di mettere fine ai bombardamenti contro le forze ribelli e al blocco dei porti e aeroporti yemeniti, promettendo in cambio di "voltare pagina".

ali abdallah salehALI ABDALLAH SALEH
Dagli Emirati arabi uniti, principale alleato dell'Arabia Saudita, il ministro degli Esteri Anwar Gargash ha intanto affermato che "la rivolta nazionale a Sanaa ha bisogno di sostegno" per "difendere la penisola arabica contro l'espansione iraniana e le bande degli Houthi". "Qualunque sia l'esito della benedetta rivolta a Sanaa, è chiaro che gli yemeniti hanno rifiutato le milizie Houthi sostenute dall'Iran", ha aggiunto Gargash, citato dal quotidiano emiratino Gulf News.

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MALTA: ARRESTATI 10 SOSPETTI PER L’OMICIDIO DI DAPHNE CARUANA GALIZIA, LA GIORNALISTA UCCISA IL 16 OTTOBRE SCORSO

SONO TUTTI DI NAZIONALITÀ MALTESE 

NE DÀ L’ANNUNCIO IL PREMIER, CHE HA SOTTOLINEATO DI ESSERE "IMPEGNATO PIÙ CHE MAI" A RISOLVERE QUESTO CASO. MA LA CRONISTA INDAGAVA PROPRIO SUGLI AFFARI MILIONARI SUOI E DELLA MOGLIE…

(ANSA) - La polizia di Malta che indaga sull'omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia lo scorso ottobre ha arrestato otto persone sospette: lo ha annunciato oggi il premier Joseph Muscat, secondo quanto riporta il Times of Malta. I sospetti sono tutti di nazionalità maltese. Caruana Galizia è stata uccisa il 16 ottobre dall'esplosione di una bomba collocata sulla sua auto.

"Sono stato informato riguardo a un'operazione di sicurezza che ha avuto luogo questa mattina, sulla quale penso sia nell'interesse nazionale informare il pubblico", ha detto il premier, secondo un comunicato.

JOSEPH MUSCATJOSEPH MUSCAT
"L'operazione e' stata eseguita dalla polizia, dalle forze armate di Malta e dai nostri servizi di sicurezza in seguito a indagini fatte nelle ultime settimane - ha proseguito -. Durante questa operazione otto persone sono state arrestate, nei confronti delle quali esiste un ragionevole sospetto di coinvolgimento nell'assassinio di Daphne Caruana Galizia". La polizia, ha spiegato Muscat, ha adesso 48 ore per interrogare i sospetti e decidere se procedere legalmente contro di loro. Il premier ha poi sottolineato di essere "impegnato più che mai" a risolvere questo caso.

Altri 2 arresti per omicidio Daphne Galizia 

(ANSA) -  Altre due persone sono state arrestate dalla polizia di Malta nell'ambito delle indagini sull'omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia: lo ha annunciato in un tweet il premier Joseph Muscat. Nel complesso, quindi, oggi sono state arrestate 10 persone.

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I DUE FRATELLI ARRESTATI AVREBBERO AZIONATO LA BOMBA CHE HA UCCISO LA GIORNALISTA DAPHNE CARUANA GALIZIA 

SOLO IPOTESI SU MOVENTE (E MANDANTI): DAI PANAMA PAPERS PASSANDO PER LA MAFIA ITALIANA, I TRAFFICANTI DI MIGRANTI, IL CONTRABBANDO DI PETROLIO, I SOLDI LAVATI NELLE 60MILA SOCIETÀ OFF-SHORE DELL'ISOLA, LA REPORTER AVEVA TROPPI NEMICI

Francesco Battistini per il “Corriere della Sera"

Dieci le persone arrestate «Sono stati loro». Al Cinese e al Fulu, non hanno dato neanche il tempo di dire «jghinu», aiuto: «Li hanno buttati a terra e gli son saltati sopra», racconta un negoziante al porto della Marsa. Alle otto di mattina, in quella strada improvvisamente svuotata - «State tutti chiusi in casa! » -, riempita d' una quarantina di corpi speciali incappucciati, poliziotti, cani da esplosivo, agenti dei servizi, pattugliata a distanza da una motovedetta della Marina, un elicottero a volteggiare. «È la più grande operazione mai vista a Malta», dice il procuratore Peter Grech.

PROTESTE MORTE DAPHNE CARUANA GALIZIAPROTESTE MORTE DAPHNE CARUANA GALIZIA
Mobilitati anche l' Fbi americana, l' Europol e una squadra di superpoliziotti finlandesi, tutt' insieme per arrestare dieci persone e soprattutto George e Alfred Degiorgio, fratelli di sangue e di coltelli, facce note delle gang maltesi. I due e i loro amici non sapevano d' avere case e auto piene di microspie. Intercettati da giorni: George «ic-ciniz» e Alfred «il-fulu», il Cinese e il Fulu, soprannomi che verrebbero dall' ossessione per il taoismo, una professione criminale nei traffici mediterranei, hanno 48 ore per essere incriminati o rilasciati. Ma i dubbi degl' investigatori sono pochi: se non la mente, sarebbe loro la mano che ha premuto il telecomando dell' autobomba e il 16 ottobre, appena la giornalista era uscita di casa, ha cancellato Daphne Caruana Galizia assieme alla speranza d' una Malta più pulita.

DAPHNE CARUANA GALIZIADAPHNE CARUANA GALIZIA
Sono stati loro? «Ho una chiara idea di chi sono e di che cos' hanno fatto», dice in conferenza stampa il premier Joseph Muscat: «Ma non posso dare altri dettagli sull' indagine». Qualche settimana fa l' ha fatto il ministro dell' Interno e Matthew, Caruana, che aiutava la madre Daphne a smascherare la corruzione dei politici maltesi, l' ha accusato di boicottare le indagini: non è un segreto che alcuni poliziotti abbiano brindato, il giorno in cui la giornalista fu ammazzata. E che si sia dimesso anche il magistrato incaricato in un primo momento dell' inchiesta sull' omicidio, quando s' è scoperto che in passato era stato attaccato da Daphne.

Il primo ministro s' è preso il merito degli arresti: ha stupito la stampa locale la strana scelta del capo della polizia, Lawrence Cutajar, che è uscito dalla sala dell' Auberge de Castille dove si raccontava l' operazione, preferendo una porta laterale ai riflettori delle tv. «Muscat fa marketing politico», polemizza Matthew Caruana: «Abbiamo saputo degli arresti solo dalla conferenza stampa, nessuno ci ha detto qualcosa. È la polizia che investiga, non il premier.
l auto di daphne caruana galiziaL'AUTO DI DAPHNE CARUANA GALIZIA

Siamo preoccupati, questo risultato non ci rassicura. Tanta gente, che potrebbe essere implicata, continua a ricevere coperture politica». Solo ipotesi, su movente (e mandanti): dai Panama Papers passando per la mafia italiana, i trafficanti di migranti, il contrabbando di petroli, i soldi lavati nelle 60mila societa off-shore dell' isola, Daphne aveva troppi nemici. Il Cinese e il Fulu forse spiegheranno chi erano i peggiori. 

Fonte: qui

ITALIA: PER IL CENSIS LA RIPRESA C'E' MA SI DIFFONDE IL RANCORE SOCIALE

NEL 51ESIMO RAPPORTO SUL PAESE, VIENE FOTOGRAFATA LA PAURA DEL DECLASSAMENTO E DELLA POVERTÀ 

I NUOVI “MITI” DEGLI UNDER 30? I SOCIAL E IL POSTO FISSO 

I "MILLENNIALS" SONO CONVINTI PER RIUSCIRE NELLA VITA CONTINO LA CURA DEL CORPO (22,7), I SELFIE (18,9%) E POI LO STUDIO (14%)

Alessandra Camilletti per “il Messaggero”

CENSISCENSIS
I numeri dicono che la ripresa c' è. L' industria va. I consumi crescono. L' Italia cerca una felicità soggettiva quotidiana. Ma in un clima allo stesso tempo di soddisfazione - perché il 78,2 per cento degli italiani si dichiara soddisfatto della vita che conduce - e di grande rancore. Già, pesa il blocco della mobilità sociale, per l' 87,3 per cento del ceto popolare, come per l' 83,5 del ceto medio e pure per il 71,4 del ceto benestante. Una convinzione particolarmente forte tra i millenial.
selfie inappropriatoSELFIE INAPPROPRIATO

Allo stesso tempo, però, gli under trenta cambiano i propri miti. Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis, parla di «crisi dell' immaginario collettivo del Paese», di quell' insieme di valori di riferimento che «definiscono un' agenda sociale collettiva». Senza la forza propulsiva del passato. Così indica il 51esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese proprio del Censis, presentato ieri al Cnel. «Il primo mito di riferimento per gli under trenta sono i social - dice Valerii -, poi viene il posto fisso ma subito seguono smartphone e cura del corpo e soltanto dopo il famoso pezzo di carta, la casa di proprietà, l' auto nuova».

Nei valori medi, sull' intera popolazione, per riuscire socialmente contano più la cura del corpo (22,7) e i selfie (18,9) dello studio (14,4). Il posto fisso è al primo posto ma al 38,5. Un tempo era proprio il buon titolo di studio ad essere percepito come biglietto d' ingresso per i piani alti della scala sociale, a proposito di ascensori. Quanto al web, al 52,7 per cento degli italiani è capitato di credere a fake news.

L' ORIENTAMENTO

Cos' è accaduto all' Italia? E che futuro ha? «Il tema è come sciogliere i grumi del rancore» dice Valerii, facendo anche riferimento all' ondata populista e sovranista che si fa sentire in Europa. Tirando le fila del Rapporto, il segretario generale del Censis Giorgio De Rita parla di un «2017 in chiaroscuro», perché c' è il segnale della risalita ma la «classe politica resta un passo indietro».

PENSIONE POVERTA'PENSIONE POVERTA'
Tanto che l' 84 per cento degli italiani non ha fiducia nei partiti. E il 52,1 boccia la pubblica amministrazione. I sindacati perdono 180mila tessere in un anno.
È saltato il patto intergenerazionale che garantiva continuità di sviluppo e crescita di reddito e benessere.

«Oggi il futuro è incollato al presente - sottolinea De Rita - e si fa fatica». Bisogna allora ritrovare «dimensione di sogno, progettazione e sguardo al futuro», altrimenti il «nuovo ciclo continuerà a lasciare solo un segnale debole. La società italiana, che sta in affanno ma che in qualche modo sale, che non ha grande immagine del futuro ma ci prova, ha saputo ascoltarsi. A mancare è la politica: coloro che erano chiamati a fare sintesi e intermediazione non hanno avuto la forza né la capacità di ascoltare se stessi né la società».

SUD POVEROSUD POVERO
I DATI

E così l' Italia del Rapporto Censis è ancora un Paese in difficoltà. Rispetto al 2007 crescono del 165 per cento le persone in povertà assoluta. E ci rimpiccioliamo: nel 2016 diminuisce la popolazione, con meno 76.106 abitanti. Ma crescono Roma e Milano. L' industria sale e supera pure le performance tedesche: il dato del primo semestre 2017 (più 2,3) è il migliore d' Europa.

Il manifatturiero ha fatto crescere il valore aggiunto per addetto del 22,1 per cento in sette anni. Nella risalita fanno eccezione gli investimenti pubblici (meno 32,5 nel 2016). Mentre le catastrofi naturali, in settant' anni, hanno provocato oltre 10mila vittime e danni economici per 290 miliardi. Tra 2013 e 2016 la spesa delle famiglie è salita di 42,4 milioni. Ed entra in gioco un nuovo fattore: la felicità soggettiva quotidiana. Il 45,4 è pronto a spendere un po' di più per concedersi almeno una vacanza all' anno, il 40,8 per prodotti alimentari di qualità, il 24,7 per comprare abiti e accessori.

DISOCCUPATIDISOCCUPATI
Ma la felicità soggettiva quotidiana - registra il Rapporto - viene pagata anche in nero: 28,5 milioni di italiani dicono di aver acquistato, nell' ultimo anno, almeno un servizio o un prodotto senza scontrino né fattura, senza troppe distinzioni di settore. Cresce il turismo, con il 22,4 per cento di arrivi in più nel 2016 sul 2008. Nell' occupazione, diminuiscono impiegati, artigiani e operai e mancano laureati, che comunque il mercato fa fatica ad assorbire. Più in generale, c' è una «forte carenza di capitale umano qualificato, sia tra i nativi che tra stranieri».

Quanto agli stranieri, si sottolinea la mancanza di «una visione strategica» che ponga il «tema della povertà dei livelli di formazione e di competenze del capitale umano che attraiamo». Un altro dato: il 66,2 per cento dei genitori sarebbe contrario alle nozze della figlia con un islamico.

Nell' altalena del lavoro, crescono professioni individuali e dei servizi personali, ma soprattutto il personale non qualificato. L' incremento più rilevante tra 2015 e 2016 viene dagli addetti allo spostamento e alla consegna delle merci: più 11,4. 

E gli italiani che fanno le valige e vanno all' estero nel 2016 sono triplicati sul 2010: 114.512.

Fonte: qui

TRATTATIVA STATO-MAFIA? ORMAI C’E’ PIU’ MAFIA CHE STATO ...

DA OSTIA A GIOIA TAURO DA MARINA DI GIOIOSA IONICA FINO A SCAFATI, NEL 2017 BOOM DI COMUNI COMMISSARIATI PER MAFIA (SONO 21) 

CON MINNITI MINISTRO PIÙ CHE RADDOPPIATI GLI SCIOGLIMENTI PER INFILTRAZIONI

Francesco Grignetti per “la Stampa”

L' impennata nello scioglimento per mafia dei Comuni è evidente. Parlano i numeri: 21 i municipi azzerati nel 2017, più di quanto fatto nei ventiquattro mesi tra 2015 e 2016. L' accelerazione porta il segno di un ministro dell' Interno quale Marco Minniti, volitivo, decisionista, e per di più calabrese (il che non guasta). «Non è certo una festa della democrazia, ma si tratta di uno strumento essenziale», diceva il ministro ai recenti Stati generali contro le mafie.

GIOIA TAUROGIOIA TAURO
Dopo l' esame da parte delle prefetture, sono state azzerate tante amministrazioni locali, da Casavatore a Scafati, Bova Marina, Gioia Tauro, Castelvetrano, Isola di Capo Rizzuto, Marina di Gioiosa Ionica, Lamezia Terme, Cassano all' Ionio. Restando alle località più note. La scure del ministro ha colpito soprattutto la sua Calabria (12 Comuni sciolti). Meno la Campania (4 Comuni), la Puglia e la Sicilia (2 Comuni ciascuna).
ostia far westOSTIA FAR WEST

Se non hanno fatto gran notizia le infiltrazioni mafiose in storiche roccaforti della criminalità organizzata, specie nella piana di Gioia Tauro, ha colpito lo scioglimento di Lavagna (Genova), dove è stato arrestato il sindaco: è dell' estate scorsa la prima condanna per Antonio Rodà (14 anni e 8 mesi), uno dei boss calabresi insediati nel Levante ligure, accusato di associazione di stampo mafioso oltre che di spaccio di stupefacenti.
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Ma non è certo il primo caso di scioglimento per mafia di un Comune al Nord e non sarà l' ultimo. Ci sono i precedenti di Sedriano (provincia di Milano), Rivarolo Canavese e Leini (Torino). E di recente il ministero ha avviato gli accertamenti preliminari su Seregno (Monza) «Come Commissione Antimafia - commentava qualche giorno fa la presidente Rosy Bindi - abbiamo compiuto due missioni in Liguria a distanza di due anni e devo dire che fra prima e seconda ho notato una maggiore consapevolezza dei rischi. Fummo accolti a Imperia come coloro che venivano a portare lo spauracchio della 'ndrangheta, così non la seconda volta».

Marina di Gioiosa IonicaMARINA DI GIOIOSA IONICA
È stato un cruccio di questa commissione Antimafia, l' infiltrazione negli enti locali. Se ne sono occupati a più riprese. Nei prossimi giorni, per dire, torneranno a Ostia, dove il Municipio fu sciolto nell' agosto 2015 a seguito dell' operazione Mafia Capitale e dove si è votato solo qualche settimana fa.

Il Parlamento, intanto, si è molto interrogato sull' attualità della legge del 1991 che regolamenta lo scioglimento dei Comuni infiltrati dalla mafia.
Sempre Bindi aveva ipotizzato una «terza via» tra scioglimento degli organi politici e non-scioglimento con una «commissione di affiancamento» per accompagnare un ente locale nel suo percorso.

ANDREA ORLANDOANDREA ORLANDO
Infine la questione del personale amministrativo. Dal 2009 è possibile sospendere, trasferire e perfino licenziare un dipendente colluso, al termine di un procedimento disciplinare, ma solo nel caso di un Comune che sia stato sanzionato con lo scioglimento. 

Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, aveva proposto in un suo ddl di prevedere un percorso simile anche a prescindere dallo scioglimento dell' ente, ma si è arenato al Senato.

Tutti problemi terribilmente concreti, con relative proposte, che finiranno nella prossima dettagliata Relazione dell' Antimafia al Parlamento. Se ne parlerà nella prossima legislatura.

Fonte: qui

PERCHE’ GLI ITALIANI *AMANO* I SOPRUSI DELLE ISTITUZIONI.

Da qualche giorno   ripenso alla acutissima osservazione del super-intelligente Uriel Fanelli. E’ uno che è andato a lavorare in Germania, come quei centomila giovani che  devono andar via dall’Italia perché qui la società non ha per loro un  lavoro e una vita all’altezza delle loro capacità; giustamente dice che le classi dirigenti italiane, che su questa emorragia di risorse umane versano lacrime di coccodrillo, in realtà sono ben contente di liberarsi di questi potenziali concorrenti al loro potere. Tutti ricordare ancora, spero, la frase che si lasciò scappare un anno fa il ministro (del lavoro!) Poletti. “Centomila giovani se ne sono andati dall’Italia?  Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi”.
Qual è il motivo per cui quei giovani danno fastidio a  Poletti che  non li vuole fra i piedi? Perché, dice Fanelli, sono quei giovani che “non si rassegnano al sopruso” delle istituzioni italiane. Come dice lui:

(Fake news, sicuramente)

Lo stato italiano, in tutte le sue istituzioni, manda un messaggio continuo: “non devi reagire al sopruso“.
Lo manda in molti modi. Lo manda quando il tabaccaio sotto il mirino del rapinatore reagisce al sopruso e passa un guaio. […]  Lo stato ti dice di non reagire al sopruso nemmeno per vie legali, quando denunciare un crimine non serve a nulla e citare per danni ormai e’ un modo di dire.
Lo stato ti dice di non reagire al sopruso quando mostra criminali liberi di circolare: smetti di reagire ai soprusi, chiamare la polizia non serve. L’intera societa’ italiana ti dice di non reagire al sopruso, quando ti lamenti per le condizioni lavorative disumane di Amazon e i giornali fanno fake news pur di dimostrare che quello sciopero e’ fallito. […]  Lo  stato fara’ di tutto per mostrarti che e’ inutile, che non puoi reagire al sopruso e che non puoi nemmeno sottrarti al sopruso.
Lo stato italiano, in tutte le sue istituzioni, manda un messaggio continuo: “non devi reagire al sopruso”, unito ad un secondo messaggio “non puoi sottrarti al sopruso”.
E’ assolutamente chiaro, quindi, quale sia il tipo di cittadino che lo stato intende combattere. E’ chiaro quale sia il cittadino che lo stato – e con lui la societa’ intera – intendono togliersi di torno”.
Ma se  alcuni dei “giovani” intelligenti e capaci decidono di lottare qui? Per cambiare  le istituzioni patrie che   non  producono altro che sopruso  –  tutte, dalla magistratura al fisco, dalla polizia ai sindacati,  dai docenti universitari all’ATAC   alle Regioni meridionali   a tutte le altre burocrazia  inadempienti,   ma senza dimenticare il capo-redattore  che pretende favori sessuali dalla ragazza   che vuole “entrare nel giornalismo” –  cambierebbero le cose?
Risposta di Fanelli: “ Personalmente, credo che quelli che “rimangono a lottare” sono funzionali al disegno complessivo: lo stato e la societa’ si occuperanno di perseguitarli sino a quando il loro fallimento sara’ di monito agli altri.  Restate pure “a lottare”, siete quello che vogliono: sarete crocifissi sulla Via Appia”. 
E’ proprio così. Lo è al massimo grado in Sicilia,  alquanto meno in Lombardia  o Veneto, ma è così in tutta  la comunità: l’adattamento   silenzioso al sopruso, al “comando” di chi”non ha diritto di comandare”,  alle esazioni del fisco  come alle prepotenze della casta giudiziaria,  e in generale agli arbitri della “legge”, è evidentemente la causa dello scadimento generale della nostra società, della nostra classe politica, delle nostre università  persino.

Chi ci  prova,   si trova solo

Ma perché è così? E  cosa rende queste istituzioni-sopruso irreversibili? Se  richiamo alla memoria le cinque o se  volte   nella mia lunga vita in cui ho provato a resistere al sopruso  – pubblicamente, in situazioni pubbliche, su questioni di ingiustizia in cui  davo per scontato l’appoggio di amici,  compagni di scuola e colleghi –   sono stato facilmente sconfitto perché mi son trovato solo. “Avanti miei prodi! Sfidiamo il potente!”, mi volto e i miei prodi  son lì fermi, anzi hanno fatto un passo indietro, si chiamano fuori, non  vogliono entrare nella faccenda, alcuni con mimica inequivocabile stanno   segnalando al potente, perché  li veda e ne tenga conto, che loro mi considerano   pazzo, un  fanatico, uno che si monta la testa …Si  picchiettano la fronte col dito.
Succede sempre così, in Italia. Che gli altri, quando si tratta di non  stare al sopruso pubblico, si tirano indietro.  E’ per questo che  alla fine alcuni  dicono a sé e agli altri che “la soluzione è individuale”, e  adottano l’individualismo competitivo e vincente – una posizione giustificata esistenzialmente,  perché dopotutto uno ha una vita sola, appena sufficiente per conquistarsi un posto nel mondo – ma sbagliata sul piano filosofico.  Perché “il problema è sociale”, non individuale. Benissimo dice Fanelli: non è solo o  tanto lo Stato, quanto “la società” si occupa di perseguitare quelli che vogliono resistere al sopruso, “sino a quando il loro fallimento sara’ di monito agli altri”.  Sono gli altri che, collettivamente,  invocano la tua “crocifissione sulla Via Appia”.
Nei miei cinque o sei insuccessi,  mi sono chiesto: come mai i compagni e i colleghi – che prima   giuravano di non voler più stare al sopruso, che erano d’accordo con me – davanti al potente mi  hanno lasciato solo? Solo ad andare all’assalto, che cosa ridicola. Come mai loro stavano fermi?
D’accordo, mettiamo in conto la viltà italiota. Ma non basta a spiegare tutto, anzi spiega poco. Se provo a rievocare cosa dicevano  gli sguardi sfuggenti, i silenzi derisori o le mezze frasi di scusa dei “miei prodi”  che mi avevano lasciato solo e ridicolo  (e con la diserzione saldato  su di noi il sopruso più forte di prima) trovo  una riserva inconfessata: “Non sarà che seguendolo, sto dando troppo potere a lui? Che sto facendogli troppo favore, facendolo vincere,  dandogli la soddisfazione di farmi dirigere da lui? Dopotutto,  non sono   completamente d’accordo con lui: ci sono cose nelle sue idee che non mi convincono; e io ho le mie idee.  Mica è mio fratello, dopotutto. Se lui vince, io cosa ci guadagno?”.
Pensateci: è questo insieme di riserve mentali, di mancanza di generosità  e di invidiuzze oscure che ammala radicalmente la nostra vita politica. Che, per esempio,  rende mediocri, comprabili,  deboli i nostri  politici. Come?!, protesterete voi: sono loro, i politici,   che “non hanno le palle”, che “non  sono intelligenti”, che “non hanno le qualità di comando”!
E’ anche vero. Ma queste proteste nascono da un errore fondamentale: credere che “avere le palle”  siano doti personali del personaggio. La verità è esattamente il contrario:   il “valore sociale degli uomini che dirigono dipende dalla capacità di entusiasmo che gli dà la massa”, scrive Ortega y Gasset. Insomma, è il pubblico che dà al politico “le palle”, o gliele nega.   La forza, il valore, le capacità  non sono tanto nel  politico  individuale, quanto “precisamente quelle che il pubblico, la moltitudine, la massa pone” in lui come “persona eletta”.  E non si parla qui di voti, ma di  ben altra “elezione”: guai a pensare che una tecnica elettorale , o anche  delle leggi,  o una “morale” etica imposta da procuratori giudiziari ai politici “corrotti”, sia alla base  di una società sana. La   società sana è quella in cui il pubblico, le masse, la cittadinanza, si sente docile a personalità in cui riconosce delle qualità “elette”;  e quindi dà loro, con generosità e senza riserve, la forza sociale che gli consentirà di sfidare il sopruso diventato istituzione, che è duro come l’acciaio, ed occorre molta forza unita per abbatterlo.   La “personalità”  di un leader  politico è – in grandissima misura –   quella  che gli attribuiscono le masse;  e il politico sarà indotto a diventare migliore da questa esigenza generosa del pubblico.

Manca il capitale sociale

Questo è il “capitale sociale”, ed è il pubblico che lo dà, dando la forza e  la personalità al leader politico. O negandogliela, come per lo più avviene da noi.
Perché? Peché  la società italiana è composta di una massa “di cui ogni membro crede di essere personalità direttrice”, “incapace di umiltà, entusiasmo e ammirazione dei superiori”-  questa massa nega al capace  il proprio capitale sociale, la propria forza d’urto.   Ad ogni personalità audace nel pubblico campo,   i milioni di individualisti si tirano indietro, avanzano le loro riserve mentali,   si domandano : ma   lui non ci guadagnerà troppo, se io lo faccio vincere?
E’ per questo che la scena politica italiana è “un atroce paesaggio saturo di indocilità e troppo vuoto di esemplarità”. Perché l’italiano diffida profondente, d’istinto, di chiunque sospetti superiore  a sé, e dicui dovrebbe seguire l’esempio (ricordate: si obbedisce a un ordine, si  ad un esempio si è docili) E quindi, preferisce in fondo vivere sotto l’istituzione-sopruso invece che al servizio di una “personalità” come, poniamo, un Orban  gli ungheresi, un Putin i russi – o anche una Thatcher gli inglesi, o Reagan gli americani, sicuramente  “personalità”  a cui le masse hanno dato la forza per cambiarle istituzioni (non discutiamo ora se in meglio) ormai fossilizzate  – si mette al sevizio di qualche capopopolo rozzo e volgare  che quasi subito dopo abbatte
Questa storica insubordinazione spirituale delle masse contro le sue minoranze eminenti, produce il particolarismo frenetico che ci vediamo nella vita pubblica. Dove qualunque gruppetto ha   forza bastante per disfare (sindacati, giornalisti, caste)  ma nessuno ha forza per fare  – nemmeno assicurare i propri diritti.
O vediamo nella vita interna dei partiti il  triste spettacolo che, invece che le masse seguire i capi, sono le masse che impongono il loro peso ai capi; non sono i capi che dirigono le loro militanze ed elettorati, ma sono questi, le loro tifoserie,  che impongono loro questo o quella posizione  politica  “di pancia”, perché”uno  vale uno”.

(Alla fin fine, tre democristiani ripassati. Eran meglio gli originali).

A controprova, vediamo da quali personalità a volte “il popolo italiano” si lascia conquistare emotivamente e sentimentalmente, ed ha cui dà la sua forza sociale: “Si tratta invariabilmente di qualche personaggio rovinoso e inferiore”,   di qualità scadenti (che non mettono in soggezione la massa) con tutti i vizi  e falle personali in bella vista, invidiato e invidiato per quelle. Da Berlusconi a Grillo. Ma voi potete fare altri esempi. Del resto, valgono in tutti i campi, non solo in quello politico: gli scrittori   influenti; i cantanti  che riempiono gli  stadi,   gli intellettuali più  ascoltati nei talk show sono i più volgari,assimilabili dalle menti piccine delle masse.
Ora, si capisce se  una società  si priva per molte generazioni di personalità di vigorosa intelligenza che servano da diapason e norma ai più, che diano  il tono di intensità mentale   richiesto dai problemi i una complessa società contemporanea – che richiede   scienza, tecniche, amministrazione, qualità militari,  filosofia, cultura all’altezza  – la massa tenderà , per la legge del minimo sforzo, a pensare via via con meno rigore; il repertorio di curiosità, idee, punti di vista, si restringerà progressivamente – fino a cadere  al disotto del livello obbligatorio per le necessità della sua epoca.  Parallelamente, la sicurezza pubblica periclita e scade,  l’economia privata si debilita, tutto si fa angusto e disperato, si spegne la volontà di futuro. I risultati della disorganizzazione generale  si ripercuotono duramente sulle vite private  di ciascuno.  Una società intellettualmente degenerata si lascia governare da caste del sopruso  senza resistere (“E’ inutile”), da poteri forti sovrannazionali che nemmeno capisce;  accetta di “accogliere” africani infinitamente  meno civili di lei,   nello stesso tempo in cui è ben contenta di lasciar andar via all’estero i suoi giovani eccellenti: “Questo paese non soffrirà ad averli più tra i piedi”, come  disse Poletti.  Quelli che restano sono già appesi lungo la via Appia, e i passanti gli sputano sopra: sovranisti, omofobi, cristiani,   è  colpa vostra se Roma brucia…

UN ESEMPIO FRESCO FRESCO DI SOPRUSO

In cella 26 giorni per foto su Facebook
Era una scena di Romanzo criminale
Il gip ha scarcerato quattro ragazzi arrestati nell’ambito dell’operazione «Cumps». Anche se coperti da passamontagna per la polizia erano identificabili in «base ai caratteri antropometrici».

(erano proprio loro. Riconoscibilissimi).

Il giudice delle indagini preliminari ha   scarcerato Paolo Abenavoli, Alessio Falcomatà, Francesco Patea e Vincenzo Toscano arrestati il 7 novembre scorso, su ordine del gip Foti, insieme ad altre 46 persone nell’ambito dell’inchiesta denominata «Cumps». Un termine dialettale calabrese, che significa compari, coniato proprio per dimostrare la scalata delle nuove leve della ‘ndrangheta, figli di boss da anni in carcere. Secondo l’accusa i giovani utilizzavano Facebook e i social network per farsi conoscere e far valere la loro voce. La polizia navigando sui loro profili si è soffermata su una foto ed ha subito immaginato che quella raffigurante 4 persone postata da uno degli arrestati corrispondesse ai volti delle persone indagate. In realtà la foto di Romanzo criminale, in rete dal 2005, postata da uno degli arrestati, era stata estrapolata da Google per un scopo emulativo. Una vanità che è costata 26 giorni di carcere. 
poliziotti hanno effettuato il riconoscimento della foto nonostante in quell’immagine le figure avessero il volto travisato da passamontagna. E avevano scritto che il riconoscimento è avvenuto tenendo presente «i diversi caratteri antropometrici che li caratterizzavano». La foto è parte integrante dell’ordinanza di richiesta di arresto ed è stata inserita a pagina 1247.
“I 4 “ragazzi” sono stati fortunati”, mi scrive il lettore che mi ha mandato la  notizia: “ forse si sono fatti gli stessi giorni di galera di Kabobo che ha ammazzato a picconate tre persone ed è stato poco dopo liberato.
Probabilmente le indagini che hanno portato in gattabuia i 4 sono state coordinate dal commissario Lo Gatto….
In realtà, Kabobo è stato  condannato ad un totale di 28 anni di carcere.  Ma come esempio di sopruso  istituzionale va  benissimo: magistrati  dal carcere preventivo facile, agentiche fanno le “indagini” così…

Fonte: Maurizio Blondet