9 dicembre forconi: 11/17/16

giovedì 17 novembre 2016

SANTORO PUBBLICA SU FACEBOOK UN LUNGO ATTACCO ALLE RAGIONI DEL ‘NO’ AL REFERENDUM E I SUOI FAN LO UCCELLANO ...


"SI O NO, PURCHE' SE MAGNI!!!"

"
SI SCANNANO PER QUALCOSA CHE NON DOVREBBE NEPPURE ESISTERE: LA RIFORMA DELLA COSTITUZIONE FATTA DA UN PARLAMENTO ED UN GOVERNO DI ABUSIVI CERTIFICATI DALLA CORTE COSTITUZIONALE."
"CHE VERGOGNA!!!"

“SANTORO È SPONSOR DEL SI. NON VOGLIO PENSARE CHE SIA IL SUO PREZZO PER TORNARE A OFFRIRE I SUOI SERVIZI ALLA RAI...”


1 - SANTORO LINCIATO DAI SUOI FAN PER L’ATTACCO AL NO

SANTOROSANTORO
Un durissimo attacco a Beppe Grillo e al fronte del No. A firmarlo è Michele Santoro sulla pagina Facebook di Servizio pubblico. 

Un lungo post concluso così: «La riforma poteva essere più condivisa? Certo.

Scritta meglio? Certo.

Ma se vince il No i diritti di noi cittadini si rafforzeranno?

La democrazia sarà più forte? Il governo più capace di affrontare le sfide internazionali?

Vi prego, non rispondete con un' altra domanda. O col solito vaffanculo
». Nessuno glielo ha detto, ma nella sostanza ne ha raccolti un bel po'.

2 - DALLA PAGINA FACEBOOK DI “SERVIZIO PUBBLICO”

"CARI AMICI": LA LETTERA DEL VENERDÌ DI SANTORO
renzi a servizio pubblico 2RENZI A SERVIZIO PUBBLICO 2
“Evviva Trump!” strilla Grillo. “È stato un vaffanculo generale. L’apocalisse dell’informazione, della televisione, degli intellettuali”. E del sistema politico. Finalmente qualcuno ammette autorevolmente che l’apocalisse non è un’invenzione di Renzi e si può concretamente verificare. Non solo, ma è proprio quello l’obiettivo per cui si batte: il crollo della democrazia per come l’abbiamo conosciuta in Occidente. Vi sembra coerente con ciò la difesa della Costituzione? I nostri mai così tanto citati padri costituenti l’hanno scritta aspettando Trump?

Non a caso avevo chiesto a voi, in una delle scorse lettere, se Salvini e Grillo condividano i principi fondamentali della Carta, il rifiuto del razzismo, l’antifascismo, il ruolo fondamentale dei partiti. La replica di Carlo è stata: ”Ma perché, Renzi li condivide?”, a parte che io penso di sì, rispondendo a una domanda con un’altra domanda pensa di cavarsela, alla maniera dei Cinque Stelle, senza pagare dazio.
santoro-renziSANTORO-RENZI

C’è poi chi suggerisce che Renzi non sia mai stato eletto, avendo semplicemente vinto le primarie di un partito, ma costui difende una Costituzione che non conosce. La nostra è una repubblica parlamentare e non presidenziale, e a eleggere il nostro attuale Presidente del Consiglio sono stati i due rami del Parlamento, come la Costituzione appunto prevede. Sarebbe stato meglio che fosse passato al vaglio di un voto popolare? Certo, Certo, sarebbe stato meglio. Ma questo è un ragionamento politico che non ha nulla a vedere con la legittimità.

Politiche erano anche le critiche al modo con cui è stato formulato il quesito referendario. Ora che i giudici si sono pronunciati sulla sua piena legittimità qualcuno farà autocritica?
renzi a servizio pubblicoRENZI A SERVIZIO PUBBLICO
Poi ci sono le osservazioni di merito. La principale è che con la riforma il Parlamento perderebbe potere. Direi invece, senza ombra di dubbio, che ne guadagna perché può togliere la fiducia al Presidente del Consiglio con un percorso più trasparente. Il problema, lo ripeterò fino allo sfinimento, è il modo in cui verranno scelti i parlamentari, ovvero l’Italicum. Una legge perfetta per Grillo, che i rappresentanti del suo movimento li capa uno per uno personalmente.

Dunque non preoccupatevi della mia carriera, alla quale ho sempre badato da solo continuando a pensare con la mia testa, e concentratevi sulla vostra scelta. Io delle mie sono abituato ad assumermene le responsabilità. E smettetela di usare argomenti spuntati. La Corte Costituzionale ha detto che quelli che Ubaldo chiama “i politici non eletti”, leghisti e grillini compresi, per via della bocciatura del Porcellum giudicato incostituzionale, avrebbero potuto e dovuto comunque governare, proporre leggi e perfino modifiche costituzionali.
michele santoroMICHELE SANTORO

Intanto non mi risulta che qualcuno abbia presentato dimissioni. Ma, nonostante questo, anch’io penso che un percorso di riforma costituzionale dovesse essere più condiviso. Lo avrei perciò affidato a una nuova Assemblea Costituente, eletta dai cittadini, limitandomi a varare una nuova legge elettorale e basta. Allo stesso modo condivido le osservazioni sul Senato e tante altre critiche che voi avanzate, e ha perfettamente ragione chi dice che le mie osservazioni non portano necessariamente a votare Sì .

Infatti il mio scopo non è dare indicazioni di voto ma cercare di farvi ragionare sul fatto che, mentre si potrà trovare il modo di correggere ciò che non funzionerà della riforma alla luce dell’esperienza, il voto sarà fondamentale su un solo capitolo: Renzi. Secondo tanti che scrivono io dovrei votare No e non avere il timore di ciò che accadrà dopo. Aspettando Trump. Non sono un romantico sognatore ma penso che Bersani, dicendo che non accadrà niente, sia ipocrita e irresponsabile.

beppe grilloBEPPE GRILLO
Comunque la pensiamo, abbiamo il dovere, e ripeto il dovere, di chiedere cosa si propongono di fare le forze politiche che si battono per accelerare la fine di Renzi. Dobbiamo smetterla con la renzidipendenza dei nostri ragionamenti, altrimenti meglio tenercelo. Fate finta che il No abbia già vinto e che Renzi sia scomparso dalla scena. E provate a immaginare cosa accadrà, in che maniera il Paese ne uscirà più forte e le istituzioni più solide e più democratiche. Con un’altra apocalisse?

La riforma poteva essere più condivisa? Certo. Scritta meglio? Certo. Ma se vince il No i diritti di noi cittadini si rafforzeranno? La democrazia sarà più forte? Il governo più capace di affrontare le sfide internazionali? Vi prego, non rispondete con un’altra domanda. O col solito vaffanculo.

La Politica e gli ideali perduti

La gigantesca redistribuzione delle risorse su scala mondiale è avvenuta a spese dei cittadini europei e americani. 

Le diseguaglianze sono aumentate. 

La Destra e la Sinistra non solo si sono accorte con grande ritardo di come si stavano mettendo le cose, ma poi non hanno saputo cosa fare

di Ernesto Galli della Loggia

Nessun esponente politico europeo potrà mai fare proprio previo opportuno adattamento lo slogan della campagna elettorale di Donald Trump «rendiamo di nuovo grande l’America». 

Da lungo tempo, infatti, la grandezza non abita più questa parte d’Europa: non ultimo per la buona ragione che abbiamo imparato sulla nostra pelle di quante lacrime e sangue grondi quasi sempre la grandezza quando si tratta di politica. Ciò nonostante i risultati delle elezioni americane ci riguardano da vicino poiché esse valgono a far luce su alcuni nodi critici caratteristici pure delle nostre società.
Ma non già solo su quello continuamente evocato in questi giorni del «politicamente corretto», diventato adesso (ma solo adesso) oggetto di universale deprecazione. Ci sono cose che contano assai di più.


Che dovrebbero contare assai di più agli occhi sia della Destra che della Sinistra europee se queste vogliono continuare ad avere qualcosa da dire ai loro elettorati.

Il nodo più importante è quello rappresentato dal binomio liberismo-globalizzazione che da almeno un trentennio domina l’orizzonte mondiale. Ora non c’è dubbio che anche grazie ad esso su tutto il pianeta centinaia di milioni di persone sono uscite dalla povertà. Ma nei Paesi occidentali è avvenuto l’opposto.

Ammettiamo pure che la gigantesca redistribuzione delle risorse su scala mondiale prodotta dal binomio di cui sopra sia stata e sia moralmente giusta.
Essa tuttavia è avvenuta, in sostanza, a spese di una parte non indifferente dei cittadini europei e americani. Nella maggior parte dei nostri Paesi le diseguaglianze tra i redditi e le differenze di status sono di conseguenza aumentate di molto. 

È cresciuto il numero dei poveri. 

La mobilità sociale si è quasi del tutto bloccata: chi oggi vive nell’indigenza e nel disagio, in squallidi quartieri dormitori, in periferie prive di tutto, non ha quasi più alcuna speranza che i propri figli abbiano domani un’esistenza migliore. 

Si calcola ad esempio che negli Stati della costa orientale degli Usa, roccaforte da sempre ( e anche una settimana fa) del Partito democratico, la probabilità di un bambino nato dai genitori più poveri di raggiungere la classe più elevata si aggiri in media (in media) intorno al 5 per cento.

La Destra e la Sinistra europee tradizionali non solo si sono accorte con molto ritardo di come si stavano mettendo le cose, ma quando pure lo hanno fatto — trovandosi oltre tutto alle prese con la crisi economica sopraggiunta nel 2008 — non hanno poi saputo cosa fare. 

Molto probabilmente perché convinte di essere ormai le padrone in regime di monopolio del mercato elettorale. 

Così più o meno dappertutto Destra e Sinistra hanno lasciato che i sistemi di protezione del Welfare (da quello delle pensioni a quello della sanità) lentamente ma implacabilmente si deteriorassero e perdessero pezzi; e insieme che il sistema fiscale volto ad alimentarlo continuasse a favorire attraverso vari espedienti legali le medie e grandi ricchezze. 

Legatesi con la massima superficialità a una moneta unica e alle relative politiche di bilancio di natura restrittiva, le forze di governo tradizionali non sono state in grado di creare flussi di investimenti pubblici capaci di assorbire le crescenti quote di disoccupazione, nel mentre però continuavano a elargire finanziamenti statali a sostegno delle più varie attività e degli interessi forti.

In Paesi come l’Italia o la Grecia, poi, esse hanno continuato a permettere tassi di evasione fiscale altissima.
Un po’ dappertutto, infine, dove più dove meno, hanno assistito senza muovere un dito al degrado dei sistemi d’istruzione pubblica, e al loro concomitante abbandono da parte dei figli delle classi agiate, con relativo effetto logorante su ogni futura coesione sociale.

Contemporaneamente tale coesione è venuta incrinandosi anche per un’altra via: quella dei comuni legami ideali.

Fino a qualche tempo fa, e sia pure in modi diversi a seconda delle loro diverse storie, tanto la Destra che la Sinistra europee tradizionali traevano da tali storie un loro specifico rapporto con numerose dimensioni collettive, ognuna espressione e matrice di importanti valori condivisi: la nazione, la classe, lo Stato, il partito, il sindacato, la Chiesa, la famiglia. 

Questo complesso universo di legami e di fedeltà, spesso tra loro intrecciati e sovrapposti, ha subìto l’urto disgregatore dei tempi nuovi.

Nel vecchio continente come negli Stati Uniti, i partiti della Destra e della Sinistra egemoni non hanno capito — o lo hanno capito solo molto debolmente — che in questo modo, però, si apriva un gigantesco vuoto nel corpo sociale.

Un vuoto che unito alle molteplici difficoltà economiche di cui ho detto sopra, era la potenziale premessa per la diffusione in molti di uno stato d’animo di abbandono e di spaesamento, di solitudine, era la premessa per l’insorgere di un dubbio sottile ma angoscioso sul valore della propria identità e della tradizione del proprio gruppo, di oscuro timore circa il futuro.

Invece di comprendere tutto questo, invece di cercare dunque nuove motivazioni e nuove forme per le dimensioni della vita collettiva in crisi, invece di cercare il modo di rinvigorire i valori in esse contenute, il più delle volte la Destra e la Sinistra di sistema hanno addirittura assecondato di fatto i processi di disgregazione dei legami sociali.

Invece di ricordare che la politica si alimenta di passioni e di sogni, che è quella cosa capace di gettare un ponte tra ciò che è stato e ciò che potrebbe essere, hanno dato mano a ogni lesione concreta o simbolica del passato (si trattasse di un paesaggio, di un luogo o dei programmi scolastici), hanno favorito la messa da parte di tutto quanto fosse dichiarato «sorpassato» o «antieconomico» (dalla maestra unica nelle elementari agli uffici postali e agli sportelli delle biglietterie delle stazioni in tanti centri minori).

Schierandosi regolarmente a sfavore del «piccolo» e dalla parte del «grande», a sfavore della parte più culturalmente arretrata, più anziana, più geograficamente periferica, più indigente della popolazione; a sfavore dell’ identità dell’uomo della strada contro i sacri diritti del libero individuo emancipato.

Dimenticando che però quando arriva il momento di votare, si dà il caso che i piccoli, che la gente qualunque, che gli uomini della strada,  alla fine in realtà sono la maggioranza.

Fonte: qui