Gloria Riva per http://espresso.repubblica.it
«Mi fa la fattura?», in Italia, dove vengono evasi ogni anno tra i 110 e i 140 miliardi di euro, si tratta di una domanda scomoda. Quantomeno insolita. E da qualche giorno questa stessa domanda è addirittura diventata motivo di ansia per i portatori sani di partite Iva, titolari di bar e ristoranti, impiegati amministrativi di piccole e medie aziende. Il motivo di tanto disagio sta nell’introduzione, a partire dal primo gennaio, della fatturazione elettronica. Una rivoluzione che manda in pensione la vecchia ricevuta cartacea, sostituita da un sistema di contabilità digitale.
Si compila il formato online della e-fattura, si preme il tasto invio e il documento viene spedito allo Sdi, Sistema di intermediazione, piattaforma digitale gestita da Sogei, società di informatica del ministero dell’Economia. Se la fattura è stata compilata correttamente, viene accolta e inoltrata all’Agenzia delle Entrate che, a questo punto, avendo a disposizione moltissime informazioni sulle attività economiche delle imprese, potrà facilmente individuare gli evasori. Bello, vero? Peccato che nell’Italia dei garbugli e dei pizzicagnoli l’intera questione assume una dimensione tutt’altro che lineare. L’Espresso vi porta tra i risvolti della nuova e-fattura, che promette di cambiare tutto, lasciando gli evasori al proprio posto.
In Europa saremmo i secondo a sperimentarlo. Prima di noi c’è arrivato il Portogallo, dove il sistema già funziona. Il programma di Lisbona si chiama “e-fatura” ed è stato introdotto nel 2013 dai tecnici della Troika che hanno collegato tutti i registratori di cassa del Paese all’agenzia delle entrate, così da tenere traccia di ogni ricevuta o scontrino emesso. Non solo.
Ogni cittadino può verificare online ciascuna spesa effettuata, ottenere le detrazioni fiscali senza dover conservare le ricevute cartacee, inviare in automatico la dichiarazione dei redditi e partecipare a una lotteria della fortuna, che consente di vincere fino a 50 mila euro per ogni 10 euro di spesa. Così si incentiva il consumatore a chiedere lo scontrino al commerciante. In base ai dati dell’agenzia statistica portoghese, tra il 2012 e il 2016 il gettito Iva è aumentato del 12,5 per cento.
In Italia però le cose possono andare diversamente, se non altro perché il sistema di tracciabilità digitale non coinvolge l’ultimo miglio della catena delle compravendite avvenute sul territorio nazionale. L’Agenzia delle Entrate è stata meticolosa nello spiegare come effettuare le e-fatture “business to business”, cioè fra aziende e titolari di partite Iva, mentre solo negli ultimi giorni di dicembre ha chiarito cosa succederà per la fatturazione “business to consumer”, cioè la fattura rilasciata da un commerciante, un professionista o un artigiano a un cittadino.
«I dettagli stanno arrivando in questi giorni. Pare che il negoziante rilascerà al cliente un certificato provvisorio per testimoniare l’avvenuto pagamento. Contemporaneamente l’esercente invierà l’e-fattura all’Agenzia delle Entrate. Poi il cittadino dovrà accedere al sistema digitale tramite la Carta Nazionale dei Servizi o attraverso lo Spid, perché solo le fatture elettroniche faranno fede ai fini delle detrazioni. Dunque, i cittadini dovranno dotarsi di una password, ma i contorni sono ancora piuttosto sfumati», dice Agostino Bonomo, presidente della Confartigianato Veneto.
Saranno esentati dalla fatturazione elettronica medici e farmacisti e quindi bisognerà continuare a conservare nel cassetto gli scontrini della farmacia o del pediatra per poi estrarle al momento della dichiarazione dei redditi per ottenere la detrazione fiscale.
Gli altri esonerati sono i titolari di partita iva che sceglieranno il regime forfettario, meglio noto come flat tax, riservato a chi dichiara ricavi inferiori ai 65 mila euro. In base a uno studio condotto dall’Associazione italiana dottori commercialisti, il 78 per cento delle partite Iva dichiara meno di quella cifra e sarà quindi escluso dall’obbligo della fatturazione elettronica. Dunque, è molto probabile che l’idraulico o l’imbianchino non fornirà fattura.
«Il danno per gli studi professionali e le imprese artigiane strutturate sarà elevatissimo», avverte Andrea Dili, commercialista e titolare di Tabula, società di ricerca e consulenza sui temi del welfare e della previdenza. Gli agevolati dalla flat tax non solo pagheranno solo il 15 per cento di Irpef, ma avranno il vantaggio diretto sull’Iva: «Per essere chiari, a parità di parcella netta, un avvocato che aderisce al forfettario potrà costare al proprio cliente il 22 per cento in meno (pari al costo dell’Iva) di un avvocato che non vi aderisce. E la situazione potrebbe ulteriormente aggravarsi con l’estensione del regime forfettario da 65 a 100 mila euro di ricavi che entrerà in vigore dal 2020. Cioè, si favorisce la piccola dimensione aziendale, mentre chi sta cercando di espandere l’attività sarà penalizzato», dice il commercialista.
Ma allora, chi dovrà farsi carico della fatturazione elettronica? Sicuramente le medie imprese, quelle che già si sobbarcano il peso della complessa burocrazia italiana e l’onere maggiore della sesta pressione fiscale più alta al mondo. L’Api, associazione piccole e medie imprese, ha condotto per L’Espresso un sondaggio fra i propri iscritti, secondo cui il 54 per cento degli imprenditori ritiene la fatturazione elettronica inutile.
«Se l’e-fattura dovesse funzionare, verrebbero meno molti balzelli burocratici. Ma gli imprenditori temono una replica del flop Sistri, il sistema di tracciamento digitale dei rifiuti speciali, introdotto nel 2011, mai partito e costato parecchi miliardi alle aziende», racconta Stefano Valvason, direttore generale di Api Lombardia, che spiega come già oggi chi sta sperimentando l’e-fattura riscontra una serie di difficoltà.
«Il 13 per cento delle fatture inviate allo Sdi non supera i controlli e viene scartato, creando una serie di problematiche ai contabili delle aziende. E poi, siamo davvero sicuri che il sistema sia in grado di sostenere una mole di 40 miliardi di transazioni l’anno? Perché se la e-fattura non dovesse funzionare, l’effetto sarebbe devastante per quelle imprese che hanno investito quattrini per formare il personale, acquistare il software, implementare i sistemi informatici e così via», continua il direttore.
Nell’avanzata Lombardia solo il 56 per cento del territorio è cablato con la banda ultra larga, mentre altrove la connessione salta non appena la mole di dati da trasferire si fa consistente: «E se la linea dovesse interrompersi al momento dell’invio di una e-fattura? Esiste una procedura d’emergenza? E chi opera in zone prive di connessione come farà?», si domanda Valvason. Fortunatamente i primi nove mesi saranno senza sanzioni per i ritardi e gli errori.
Veniamo ora ai risultati attesi. Secondo le previsioni della relazione tecnica dell’ultimo decreto fiscale, il gettito netto garantito dall’introduzione della fatturazione elettronica viene stimato in 300 milioni per il 2019, oltre un miliardo per l’anno successivo e 1,91 per il 2021. Resta da capire se gli evasori totali saranno stanati dall’e-fattura. Secondo Giuseppe Marino, professore di Diritto Tributario all’Università Statale di Milano, potrebbe accadere il contrario: «I costi che stanno dietro la fatturazione elettronica e la diffidenza dei piccoli può portare a sommergere quello che è emerso».
La previsione di Marino è una riduzione della dimensioni aziendale media: «Servirebbe una politica fiscale che accompagni la crescita dimensionale delle imprese, perché è più difficile gestire il denaro in nero nelle aziende di medie e grandi dimensioni, maggiormente soggette all’ispezione del Fisco. Se invece si mantiene un’economia da pizzicagnolo è più semplice sfuggire ai controlli ed evadere il fisco». E visto che la flat tax non solo garantisce una riduzione dell’Irpef, ma consente di ovviare all’introduzione dell’e-fattura, probabilmente molti imprenditori verranno colpiti dalla sindrome di Peter Pan. Un imprenditore che sogna di restare piccino. Un ossimoro.
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