9 dicembre forconi: 05/17/18

giovedì 17 maggio 2018

Caltanissetta, si scaglia contro poliziotto e lo morde a una guancia: arrestato nigeriano

Presso gli uffici di polizia il nigeriano ha continuato il suo atteggiamento violento, insultando e minacciando i poliziotti

Nella tarda serata di ieri gli agenti della sezione volante hanno arrestato il cittadino nigeriano Wibo Majesty, 34 anni, gravato da numerosi precedenti, per i reati di oltraggio, violenza, minaccia, resistenza e lesioni gravi a pubblico ufficiale. L’uomo, nel corso di un controllo eseguito dagli agenti in Via Terranova, nel Capoluogo, dove era stata segnalata una lite in corso, ha aggredito i due poliziotti intervenuti. Questi ultimi, giunti sul posto, udendo urla e rumore di stoviglie in frantumi provenire da un’abitazione, si sono recati al primo piano dove sono stati aggrediti dal nigeriano. Uno degli agenti, sul quale si è scagliato l’uomo, ha ricevuto un morso alla guancia destra, che gli ha provocato una ferita lacero contusa permanente. L’altro agente si è subito lanciato sul 34enne, che si dimenava e scalciava, per bloccarlo. L’intervento di un altro equipaggio della volante, che stava identificando altri stranieri in strada, ha consentito di placare l’aggressività di Wibo Majesty, che è stato condotto in Questura. Presso gli uffici di polizia il nigeriano ha continuato il suo atteggiamento violento, insultando e minacciando i poliziotti. Lo stesso, dopo le formalità di rito, è stato tratto in arresto e, su disposizione del P.M. presso la Procura della Repubblica, condotto al Carcere di Malaspina a disposizione dell’A.G. I due poliziotti, a seguito delle ferite riportate nel corso dell’intervento, sono stati medicati al pronto soccorso dell’ospedale Sant’Elia.

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Firenze, nigeriano aggredisce poliziotto: morso al polpaccio

Momenti di tensione a Firenze. Un nigeriano di 21 anni è stato arrestato dopo aver aggredito un agente di polizia
Momenti di tensione a Firenze. Un nigeriano di 21 anni è stato arrestato dopo aver aggredito un agente di polizia durante un controllo delle impronte digitali.

L'uomo ha in pochi istanti gettato a terra lo strumento per la rilevazione delle impronte e si è avventato contro l'agente e lo ha trascinato a terra mordendo un polpaccio. Il tutto si è verificato all'interno degli uffici della Polizia Scientifica. Gli agenti stavano portando avanti alcune procedure per l'identificazioni di alcuni migranti senza documenti. Il nigeriano dopo l'aggressione è stato immediatamente arrestato con l'accusa di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale.


Il poliziotto ha riportato alcune ferite alla gamba e avrà qualche giorno di prognosi. Durante i controlli, altri due nigeriani sono stati fermati ed identificati. Uno dei due aveva addosso alcuni grammi di hashish ed è anche stato denunciato per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti a fine di spaccio. La polizia ha identificato una ventina di persone.

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IN ITALIA È BOOM DELLA MARIJUANA LEGALE

A UN ANNO DALL’INTUIZIONE DELL’EMILIANA EASYJOINT, SONO NATE DECINE DI AZIENDE CHE PRODUCONO E VENDONO CANNABIS SENZA IL THC – NIENTE SBALLO MA EFFETTI RILASSANTI SUI MUSCOLI 

COSTA 7 O 8 EURO AL GRAMMO E LA USANO SOPRATTUTTO…

Michele Bocci per Il Venerdì-la Repubblica

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Agli italiani piace anche se non sballa. E piace pure tanto. La possibilità di comprarla senza problemi, mettendosi in coda in un negozio o connettendosi a un sito, è un' attrattiva irresistibile. E poco male se gli effetti psicoattivi non ci sono. E se al massimo ci si sente i muscoli più rilassati.

È passato esattamente un anno da quando, durante "Indica sativa trade", fiera internazionale della canapa a Casalecchio di Reno, vicino a Bologna, si parlò per la prima volta della cannabis light.

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La EasyJoint di Parma aveva portato all' attenzione di esperti e appassionati la sua idea: una marijuana a bassissimo contenuto di tetraidrocannabinolo (thc) e per questo non illegale. 

A quel tempo l' azienda emiliana aveva a disposizione una trentina di chili di fiori di canapa. In dodici mesi dal suo magazzino di Jesi, dove lavorano 64 persone, sono passate venti tonnellate di prodotto.

Tutto lascia pensare che il dato, già di per sé impressionante, non rappresenti un punto di arrivo ma di partenza. L' andamento della domanda fa stimare che il mercato sarebbe già pronto a consumare cinquanta tonnellate l' anno di cannabis light. Non a caso alle 250 aziende agricole già attive, dopo la prossima estate, se ne aggiungeranno altre 800.
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Oggi la vendita al dettaglio può contare su circa cinquecento grow shop, dove un tempo si vendevano soltanto semi, prodotti derivati dalla canapa e l' attrezzatura per la coltivazione casalinga, e che ora sbancano grazie ai fiori.

Inoltre il prodotto viene commercializzato in alcune tabaccherie e nelle erboristerie. Insomma, un boom. Tanto che la passione degli italiani per la cannabis light viene studiata anche all' estero. Ad esempio negli Stati Uniti, dove il New York Times ha dedicato un lungo articolo al fenomeno. I tassi di crescita del settore sono quelli di una start up di grande successo.

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Ma come ci siamo arrivati? Tutto è partito grazie alla legge 242 del 2016 sulla canapa industriale, che è entrata in vigore nel gennaio 2017. Norme che hanno reso più semplice per le aziende agricole coltivare la pianta (ad esempio non sono più obbligate ad avere una autorizzazione dalle forze dell' ordine) per realizzare tessuti, cosmetici, alimenti, bioplastiche.

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La legge, inoltre, specifica che, per escludere la responsabilità penale dell' agricoltore, la singola varietà di canapa deve contenere tra lo 0,2 e lo 0,6 per cento di thc. Dei fiori però non si parla. Ed è su questa mancanza che è nata l' idea di EasyJoint - azienda formata da quattro soci: Mirco Lentini, Federico Valla, Luca Marola, da molti anni gestore di grow shop, e Leonardo Bronzini, che si occupa di coltivazione della canapa industriale: «Visto che i fiori non sono citati nella legge tra le parti della pianta utilizzabili a fini commerciali, fino all' anno scorso non avevano mercato e così gli agricoltori le distruggevano o le usavano come concime.
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Siamo arrivati noi e gli abbiamo chiesto di cedercele, anche a prezzi importanti» spiega Marola. «A loro non pareva vero».

Risultato? La loro azienda oggi copre l' 85 per cento del mercato tra chi coltiva e chi vende e gestisce direttamente tre negozi, a Milano, Roma e Pantelleria. A Parma, insomma, hanno intuito le potenzialità commerciali della "canna leggera" proprio partendo dal presupposto che non si tratta di una droga, visto il bassissimo principio attivo presente.
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Per avere un' idea delle proporzioni: una sentenza della Cassazione ha fissato nello 0,5 per cento il quantitativo minimo di thc necessario perché si possa parlare di stupefacente. La marijuana che si compra in strada dagli spacciatori ne contiene fra il 6 e il 15 per cento. Nella cannabis light è però presente un altro principio attivo, che è assolutamente legale, il cannabidiolo (cbd), che avrebbe effetti rilassanti sui muscoli.

C' è ancora un aspetto che va tenuto bene a mente. Sul suo sito, EasyJoint spiega che quella che è in vendita non è una medicina, non si mangia e non si vende ai minori. Nei primi due casi la ragione è evitare problemi con le norme sui medicinali e sugli alimenti. Lo stop a chi ha meno di 18 anni, invece, è una scelta dell' azienda.

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Paletti messi ad arte, per evitare problemi viste le attuali carenze legislative sul tema. I prezzi cambiano a seconda della varietà della pianta e a seconda che nei fiori ci siano o meno i semi, che vanno scartati altrimenti con la combustione scoppiano e rendono la sostanza meno pregiata.

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Il prezzo? Dai 2 ai 7 o 8 euro al grammo. I consumatori light di solito assumono la marijuana attraverso tisane o decotti, oppure la fumano, da sola o col tabacco, o la inseriscono nei vaporizzatori che funzionano un po' come sigarette elettroniche. Qualcuno la usa anche per smettere di fumare. Secondo i produttori, i clienti sono per lo più adulti, dai 30 anni in su. Persone che in passato fumavano cannabis "normale" magari in modo saltuario. E che adesso hanno ripiegato sulla versione leggera.
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Prima che fossero intuite le potenzialità della cannabis light, l' industria della canapa in Italia non se la passava benissimo. Grazie al nuovo mercato, chi si occupava della trasformazione della pianta, da un giorno all' altro si è trovato con un tesoro inaspettato: i fiori. Così oggi ci sono varie aziende che acquistano dagli agricoltori e vendono direttamente online oppure passando attraverso i negozi.
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Oltre a EasyJoint, sono sul mercato Assocanapa, My Joint, Italy Henp. Ma anche altre imprese hanno tutta l' intenzione di inserirsi nel business.
Segno della tendenza alla crescita è anche il lavoro che si sta facendo per arrivare a un "codice di autoregolamentazione" del settore. Le varie associazioni di categoria hanno capito che è necessario uniformare certi aspetti dell' attività di coltivazione, garantire il prodotto, la sua tracciabilità e la tutela dei consumatori.
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Ma dalle parti di EasyJoint si va oltre l' aspetto economico. E si spera che il boom della versione soft della Maria sia solo il primo passo. «Noi siamo per la legalizzazione per scopo ricreativo, da sempre» spiega Marola. «E speriamo che questo passo sia un modo per avvicinarsi all' obbiettivo». Ovvero: arrivare alla marijuana legalizzata passando attraverso la diffusione di quella leggera. In altri Paesi, invece, in particolare in alcuni Stati degli Usa, alla legalizzazione si è arrivati dopo il via libera all' utilizzo per scopi terapeutici.
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E anche in Italia ormai è diventata una realtà la cannabis curativa, grazie alla produzione dell' Istituto farmaceutico militare di Firenze. Ma Marola però non crede sia quella la strada più giusta. «In attesa della legalizzazione della cannabis con un' alta percentuale di principio attivo, le persone fumano la nostra» dice l' imprenditore. «Per me si tratta di un lavoro di normalizzazione.

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Facciamo vedere i fiori, li facciamo toccare, stanno entrando nella quotidianità di molti, e in questo modo dimostriamo che la marijuana non è affatto un mostro.Grazie alla light in questi mesi si sta parlando tantissimo di cannabis. Ed è ovvio che se si parla tanto della sostanza senza principio attivo poi il discorso scivola sull' altra. Insomma: io spero che si stia creando l' humus adatto a far accettare la legalizzazione».

Questo è ancora difficile dirlo, ma intanto è certo che gli italiani si stanno affezionando sempre di più all' erba anche se non è stupefacente.

Fonte: qui

Crolla un cavalcavia in costruzione: almeno 19 morti

Nuovo disastro in India. La strage si è verificata nella giornata di mercoledì 16 maggio, nella città santa di Varanasi, nello Stato settentrionale di Uttar Pradesh. Il crollo di un cavalcavia ancora in costruzione ha provocato almeno 19 vittime e un numero ancor superiore di feriti.

La strage del cavalcavia

Nella mattinata del 16 maggio 2018 in India è crollato un cavalcavia. La costruzione non era ancora stata ultimata. La drammatica vicenda ha avuto luogo a Varansi, città nello Stato settentrionale di Uttar Pradesh e famosa per ospitare il collegio elettorale del Premier Narendra Modi. Secondo le ultime indiscrezioni delle autorità locali, sarebbero almeno 30 i feriti (la metà ricoverati in gravissime condizioni) e 19 le vittime.
L’incidente è avvenuto quando due enormi travi del cavalcavia nei pressi della stazione centrale della città sono improvvisamente crollate travolgendo decine di auto che passavano sotto. Molti sono morti schiacciati dall’enorme peso sovrastante, altri invece sono stati estratti vivi e portati in salvo. Secondo testimoni oculari, l’area incriminata è spesso affollata e il traffico si muove a una velocità molto bassa. I soccorritori sono tuttora al lavoro per rimuovere le macerie e si teme che il bilancio delle vittime possa aumentare. Questo lo si potrà scoprire a mano a mano che verranno rimosse le macerie che coprono la zona.
Il cavalcavia era costruito dalla compagnia statale Uttar pradesh State Bridge Corporation.
India
© Twitter India

La seconda volta in due anni

Risale a marzo 2016 la precedente, analoga, catastrofe. Questa volta a Kolkata, la vecchia città di Calcutta.
In quell’occasione a crollare era stato un ponte di legno. Centinaia di soccorritori si impegnarono nell’immediato in una corsa contro il tempo. Cercarono di salvare decine di persone rimaste intrappolate sotto tonnellate di cemento armato e acciaio. Il cavalcavia in costruzione era di ben 150 metri. Fu difficile stabilire il bilancio puntuale e ufficiale delle vittime. I testimoni oculari, invece, raccontano di 150 persone che si trovavano sotto il cavalcavia al momento del crollo. Erano a bordo di autobus, automobili e motorini. Un testimone ha raccontato di aver aiutato alcune persone a uscire dalle lamiere di un minibus rimasto schiacciato dal crollo.
Anche nel 2016 la struttura che ha ceduto era ancora in fase di costruzione. Iniziata nel 2009, non era ancora stata ultimata. I feriti presto salirono a 40 e le vittime a 21. Il traffico intenso, le strade strette, chiuse tra i molti edifici che circondano il punto dell’incidente, hanno reso particolarmente difficili e disordinate le procedure di soccorso. In India, un Paese carente in infrastrutture, incidenti di questo tipo sono piuttosto frequenti, perché non si rispettano le norme sulla sicurezza. Il primo ministro indiano, infatti, si è detto “scioccato e rattristato”.
Fonte: qui
India © Facebook India 

L’ESTINZIONE DELLE BOTTICELLE – STOP ALLE CARROZZE A CAVALLO IN CENTRO A ROMA

GIRERANNO SOLO IN 4 PARCHI, SUL MODELLO DI NEW YORK 

OGGI CE NE SONO 38: I VETTURINI SI DOVRANNO REGOLARE ALLE TARIFFE CON UN TASSAMETRO E TUTELARE LA SALUTE DEGLI ANIMALI

Camilla Mozzetti per “il Messaggero

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Nuovi percorsi esclusivamente in quattro ville storiche per togliere le botticelle dal Centro e avvicinare Roma a New York sul modello di Central park. Molto più “Come eravamo” molto meno “Nestore, l' ultima corsa”, a volerlo tradurre in immagini cinematografiche il piano presentato ieri nella commissione congiunta Mobilità-Ambiente che, a partire da settembre, intende liberare le strade del centro di Roma dalle carrozze trainate dai cavalli.
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Le novità non sono poche: oltre all' interdizione delle strade centrali di Roma, sarà introdotto un tassametro sulla falsa riga di quelli utilizzati dai conducenti delle auto bianche. Ma andiamo con ordine.

I PERCORSI
Il primo punto nel testo prevede la chiusura di tutte le vie e viuzze piazze comprese del cuore di Roma al passaggio delle 38 carrozze oggi esistenti. Per intenderci: le botticelle spariranno tanto da piazza di Spagna quanto dal Pantheon e non potranno transitare ai piedi di monumenti e siti archeologici della Capitale.

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A loro saranno riservati dei percorsi all' interno di quattro parchi e ville storiche. Nel dettaglio, si tratta di villa Borghese, villa Doria Pamphilj, Castel di Guido e il parco degli Acquedotti.

Nella seconda villa storica, che affaccia su via Aurelia Antica, l' amministrazione capitolina dovrà provvedere, con un finanziamento di qualche migliaia di euro, al recupero dei percorsi dove far passare i cavalli, ristrutturando le strade esistenti, mentre negli altri luoghi «È già tutto pronto spiega il presidente della commissione Ambiente, Daniele Diaco ad accogliere i vetturini». A questo si aggiunge la novità sull' introduzione delle tariffe.

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ARRIVANO LE TARIFFE
Fino ad oggi, infatti, le botticelle pattuivano con i clienti dei prezzi fissi per il giro intorno ai luoghi più belli di Roma. Da domani cambia tutto: sarà introdotto il cronotachigrafo un dispositivo molto simile al tassametro delle auto bianche che «servirà aggiunge Diaco per calcolare il percorso e il costo della corsa, la quale non potrà avere una durata superiore ai 45 minuti ma anche per monitorare la salute degli animali».

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Per i costi e lo scatto di questo singolare tassametro, il Regolamento rimanda a una delibera che la giunta capitolina dovrà redigere e che conterrà nel dettaglio anche i diversi percorsi interni ai parchi.

LA SALUTE
«Il nostro obiettivo conclude il presidente della commissione Ambiente è quello di tutelare il benessere degli animali». Non a caso, infatti, nel testo si evince che i cavalli non potranno circolare con temperature superiori ai 30 gradi mentre saranno chiamati a superare ogni anno 30 controlli sanitari.

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A tal ragione il dipartimento Ambiente ha bandito un concorso per il reperimento di un medico veterinario da inserire nella commissione medica prevista dal Regolamento che sarà remunerato con 143,80 euro a seduta. Che dicono i vetturini di tutto questo? La maggior parte non l' ha presa bene.

Anche perché il Campidoglio intende chiudere lo storico ricovero dei cavalli al Mattatoio delegando ai vetturini l' obbligo di trovare altre stalle che non saranno pagate dall' amministrazione.
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Ad oggi resta l' incognita se utilizzare o meno i ricoveri di villa Borghese che furono realizzati per i cavalli ma che finora sono stati usati dai clochard.

In cambio c' è un' agevolazione: per i vetturini che lo vorranno, la licenza per la botticella potrà essere riconvertita in una licenza taxi. Ad oggi, dopo la presentazione del piano, ci sono stati già 3 passaggi.

Fonte: qui

M5S: PECORE E CAPRETTE PER TOSARE L’ERBA DEI PARCHI DI ROMA

ECCO L’ULTIMA IDEA DI VIRGINIA RAGGI PER RISOLVERE IL PROBLEMA DEL VERDE URBANO 

“LO FANNO GIÀ A BERLINO”, DICE L’ASSESSORE MONTANARI, CHE AL POSTO DEI DIPENDENTI PUBBLICI VUOLE FAR LAVORARE I CITTADINI: “I PARCHI POSSONO ESSERE GESTITI DAI COMITATI. SERVE IL CONTRIBUTO DI TUTTI”

(DIRE) - Caprette e pecore come tosaerba come avviene a Berlino? "La sindaca Virginia Raggi recentemente mi ha sollecitato l'utilizzo delle pecore e degli animali per effettuare questa attivita', che gia' viene fatta al parco della Caffarella e che vorremmo estendere agli altri parchi e alle grandi ville.
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E' un modo semplice, che fanno in altre grandi citta' come Berlino, ci sembra giusto e interessante". Lo ha detto l'assessore capitolino all'Ambiente, Pinuccia Montanari, rispondendo alle domande degli utenti su Facebook.
pinuccia montanariPINUCCIA MONTANARI






Sullo sfalcio del verde, Roma "pur avendo una buona programmazione, ha bisogno di ulteriori risorse per rispondere alle esigenze dei cittadini", ha aggiunto Montanari, che ha anche parlato delle adozioni delle aree verdi da parte dei cittadini: "Come accade in altre citta' italiane i parchi vengono gestiti molto bene dai comitati dei cittadini che intervengono. In questi sei mesi abbiamo gia' deliberato e approvato piu' di 106 adozioni" perche' "il ruolo della cittadinanza attiva e' fondamentale. Il contributo di tutti e' importante".

Fonte: qui
pecore alla caffarellaPECORE ALLA CAFFARELLApecora tosaerba 1PECORA TOSAERBA 

NON SOLO EURO, BCE, DEBITO. ORA LA LEGA VA ALL'ATTACCO DI DRAGHI, VISCO E JUNCKER AL GRIDO: ROTTAMARE LA RIFORMA DELLE BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO!

SALVINI, BAGNAI, SIRI PRESENTANO UN ATTO ISPETTIVO PER FERMARE LA LEGGE SULLE BCC, “COSTRETTE A REPERIRE 700 MILIONI DI EURO PER IL GRUPPO CASSA CENTRALE E 1,8 MILIARDI PER IL GRUPPO ICCREA, O A RIDURRE SENSIBILMENTE L’OFFERTA DI CREDITO”
Michele Arnese per www.startmag.it

salviniSALVINI
“Si stima che le banche di credito cooperativo saranno costrette a reperire nuovi capitali in misura pari a circa 700 milioni di euro per il gruppo Cassa centrale e 1,8 miliardi per il gruppo Iccrea, o a ridurre sensibilmente l’offerta di credito”.

E’ uno dei passaggi salienti dell’atto ispettivo presentato al Senato dal gruppo della Lega, con la firma in primis di Matteo Salvini, Alberto Bagnai e Armando Siri. Obiettivo dell’iniziativa della Lega? Stoppare la riforma delle Bcc varata dal governo Renzi con gli auspici e le attese di Bce e Banca d’Italia.

L’atto punta alla “sospensione dei termini entro i quali dovranno essere costituiti i gruppi bancari cooperativi”.

Ecco i principali motivi alla base dell’iniziativa parlamentare della Lega che chiede al prossimo governo di impegnarsi sul tema.

ALBERTO BAGNAIALBERTO BAGNAI
Primo: ”Non risulta pertanto alcuna evidenza empirica secondo la quale istituti di maggiori dimensioni siano più facilmente controllabili e più stabili e, tanto meno, che le sofferenze dei piccoli istituti mettano in pericolo la stabilità dell’intero sistema bancario del Paese”.

Secondo: “Le drammatiche vicende vissute dalle banche poste in risoluzione, da Monte dei Paschi di Siena così come dalle banche popolari venete, con le gravi ricadute sui risparmiatori, hanno dimostrato che la dimensione è tutt’altro che un requisito utile ad agevolare il controllo da parte degli enti preposti”.

Terzo: la riforma delle Bcc è “stata interessata da una deliberata eterogenesi dei fini: si sono abbandonati i principi di mutualità per far spazio alle ragioni del libero mercato, agevolando l’entrata, anche nelle banche di credito cooperativo, così com’è stato nelle banche popolari, di investitori, nazionali e non, ben poco interessati allo sviluppo e al sostegno del territorio e al tessuto delle piccole e medie imprese, fondamentale per l’economia del nostro Paese e strategico per la nostra capacità di competere in ambito internazionale”.
BCC CASCINABCC CASCINA

Quarto: con la riforma “si stima che le banche di credito cooperativo saranno costrette a reperire nuovi capitali in misura pari a circa 700 milioni di euro per il gruppo Cassa centrale e 1,8 miliardi per il gruppo Iccrea, o a ridurre sensibilmente l’offerta di credito”.


ECCO DI SEGUITO L’ATTO ISPETTIVO DEL GRUPPO DELLA LEGA DATATO 2 MAGGIO:

il 3 maggio 2018 scade il termine per la presentazione della domanda di costituzione dei nuovi gruppi bancari cooperativi in base a quanto stabilito dalla riforma contenuta nella legge n. 49 del 2016, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 18 del 2016, che ha prescritto un periodo di 18 mesi a decorrere dall’entrata in vigore delle disposizioni di attuazione stabilite dalla Banca d’Italia, emanate il 3 novembre 2016;

la normativa di risulta tra la legge nazionale e quella applicativa è molto complessa: il 3 maggio è la data in cui si dovrà presentare la domanda di costituzione, tramite invio del contratto di coesione e degli statuti delle banche aderenti, e la domanda di iscrizione del nuovo gruppo cooperativo all’albo dei gruppi bancari. La costituzione vera e propria dei gruppi seguirà poi il particolare scadenzario stabilito dalla Banca d’Italia nella circolare n. 285 (del 17 dicembre 2013, 19° aggiornamento);

il citato decreto-legge ha previsto, tramite l’introduzione dell’articolo 37-bis nel decreto legislativo n. 385 del 1993 (testo unico bancario), che i citati gruppi bancari cooperativi siano composti da una società per azioni capogruppo, le banche di credito cooperativo e le società bancarie controllate dalla capogruppo. La riforma ha sconvolto il precedente panorama del settore cooperativo, ridisegnando un sistema formato da piccole realtà territoriali e sostituendolo con un’unica holding che, oltre a perdere il carattere di mutualità e cooperazione, garantiti dall’articolo 45 della nostra Costituzione, non riuscirà nemmeno a replicare modelli presenti in altre nazioni europee per evidenti disparità dimensionali;
CREDITO COOPERATIVOCREDITO COOPERATIVO

gruppi olandesi, francesi o tedeschi costituiti in holding di banche di credito cooperativo sono da 50 a 60 volte più grandi della dimensione ipotizzata per i costituendi gruppi bancari cooperativi italiani. In questo modo è dunque probabile che si genererà un ibrido che perderà le caratteristiche specifiche della cooperazione nel settore creditizio, tese a valorizzare le specificità locali, culturali, socioeconomiche dei diversi territori italiani, ma che, nel contempo, non sarà in grado di paragonarsi ad omologhi gruppi con cui confrontarsi nel mercato creditizio mondiale;

l’unica garanzia di difesa del territorio, concessa in sede di conversione del decreto-legge, riguarda la possibilità di creare eventuali sottogruppi territoriali; per le province autonome di Trento e Bolzano è stato invece stabilito che le banche di credito cooperativo aventi sede legale nelle stesse potessero costituire autonomi gruppi bancari cooperativi composti solo da banche aventi sede (ed operanti esclusivamente) nei medesimi territori, tra cui la corrispondente banca capogruppo, la quale può adottare anche la forma di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata; di questa opportunità hanno approfittato solo gli istituti Raiffeisen della provincia autonoma di Bolzano, mentre nella provincia autonoma di Trento si è scelto di dar vita a un gruppo di livello nazionale, Cassa centrale Banca;

VISCO E DRAGHI 05VISCO E DRAGHI 
la relazione illustrativa di accompagnamento alla legge di conversione recitava che, a causa di “talune debolezze strutturali”, degli “assetti organizzativi” e della “dimensione ridotta” delle banche cooperative, si rendeva necessario superare l’ostacolo di alcuni “tratti costitutivi della forma giuridica cooperativa in quanto tale”, prevedendo “l’obbligatoria appartenenza a un gruppo bancario cooperativo”, la cui capogruppo si costituisse in forma di società per azioni “al fine di favorire l’accesso al mercato dei capitali e alla patrimonializzazione”. Si attestava, altresì, che una simile ristrutturazione non avrebbe in alcun modo alterato la qualificazione delle Banche di credito cooperativo in qualità di cooperative a mutualità prevalente;

non si può certo negare che una simile impostazione provenga dalle tesi allora maggioritarie sviluppate dalla Banca d’Italia in merito alla convinzione che sia impossibile vigilare correttamente su piccole entità bancarie. Su questo punto, Carmelo Barbagallo, capo del Dipartimento della Vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia, in sede di audizione presso la VI Commissione permanente della Camera dei deputati, il 9 dicembre 2015, espresse una posizione nettamente favorevole ad operazioni di concentrazione, soprattutto per le banche di medie e piccole dimensioni.

La tesi è stata poi ulteriormente confermata in sede di audizione sul decreto-legge, il 1° marzo 2016, in cui lo stesso ha confermato che: “nella prolungata fase di crisi economica, l’aumento della rischiosità dei prenditori e la stasi delle erogazioni hanno eroso i profitti rendendo più vulnerabili le BCC, caratterizzate da dimensioni contenute e da una operatività concentrata in ambiti territoriali ristretti”, ripercuotendosi sulle possibilità di diversificazione del rischio;

VISCO DRAGHIVISCO DRAGHI
le drammatiche vicende vissute dalle banche poste in risoluzione, da Monte dei Paschi di Siena così come dalle banche popolari venete, con le gravi ricadute sui risparmiatori, hanno dimostrato che la dimensione è tutt’altro che un requisito utile ad agevolare il controllo da parte degli enti preposti. Proprio nei confronti delle popolari venete, che erano nel novero dei 5 maggiori istituti di credito del Paese, Banca d’Italia e CONSOB hanno dimostrato, a giudizio dei proponenti del presente atto di indirizzo, gravi carenze nell’adempiere al loro ruolo istituzionale di vigilanza e tutela;

non risulta pertanto alcuna evidenza empirica secondo la quale istituti di maggiori dimensioni siano più facilmente controllabili e più stabili e, tantomeno, che le sofferenze dei piccoli istituti mettano in pericolo la stabilità dell’intero sistema bancario del Paese;

all’epoca dell’emanazione del decreto-legge, in Italia, le banche più piccole avevano 17 miliardi di euro di sofferenze a fronte dei 39 miliardi delle banche più grandi e dei 133 miliardi delle prime 5 banche, con un credito erogato che, per le banche di medie e piccole dimensioni, si attestava tra i 156 e 178 miliardi di euro;

non si sono quindi comprese a fondo le ragioni di una simile riforma quando anche la Banca d’Italia confermava la gestione più prudenziale delle “banche di minore dimensione, in prevalenza di credito cooperativo, anche per effetto del peso più elevato delle garanzie sui prestiti (79,8 per cento a fronte di una media di sistema del 66,5)”;

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a giudizio dei proponenti sembra essere scontato, dunque, che tutta questa riforma sia stata interessata da una deliberata eterogenesi dei fini: si sono abbandonati i principi di mutualità per far spazio alle ragioni del libero mercato, agevolando l’entrata, anche nelle banche di credito cooperativo, così com’è stato nelle banche popolari, di investitori, nazionali e non, ben poco interessati allo sviluppo e al sostegno del territorio e al tessuto delle piccole e medie imprese, fondamentale per l’economia del nostro Paese e strategico per la nostra capacità di competere in ambito internazionale;

anche facendo riferimento alla crisi americana dei prestiti o mutui subprime si è sempre affermato di dover evitare ad ogni costo il rischio del moral hazard che si può sviluppare nelle grandi banche in ragione del principio “too big to fail”. Al contrario, nel nostro Paese, si sono volute accorpare le piccole banche, quelle che, per quanto evidenziato, non sono suscettibili di creare grandi shock al sistema;

ancora, la scelta del limite minimo di un miliardo di patrimonio netto per la capogruppo annulla del tutto la valenza territoriale del sistema mutualistico, postulando necessariamente la creazione di due grandi holdingnazionali e una provinciale, governate in modo verticistico. Da quanto si apprende, infatti, si sta andando verso la creazione di un’unica holding nazionale (il polo romano di Iccrea), affiancata solamente dalla trentina Cassa centrale Banca e dall’altoatesina Raiffeisen, in cui devono confluire le circa 280 banche di credito cooperativo oggi esistenti;

la richiesta presentata nelle scorse settimane da Raiffeisen per la costituzione di un gruppo bancario provinciale è già stata avanzata, mentre, per Iccrea e Cassa centrale Banca, il processo in vista della presentazione delle istanze di costituzione dei due gruppi significativi pare essere più indietro;

la prossima conseguenza, già paventata all’epoca della riforma, sarà il forte condizionamento che simili gruppi eserciteranno sulla libertà di azione e sull’autonomia delle banche di credito cooperativo in sede locale, come pure quello derivante dalla vigilanza europea: Iccrea e Cassa centrale Banca, che da sole raggrupperanno circa 260 banche, saranno infatti sottoposte alla vigilanza unica con la sottoposizione al Comprehensive assesment della Banca centrale europea, che comprende la verifica degli attivi (asset quality review) e gli stress test;
MERKEL JUNCKER1MERKEL JUNCKER

in conseguenza di questa modifica, si stima che le banche di credito cooperativo saranno costrette a reperire nuovi capitali in misura pari a circa 700 milioni di euro per il gruppo Cassa centrale e 1,8 miliardi per il gruppo Iccrea, o a ridurre sensibilmente l’offerta di credito;

per questa ragione, nel mese di dicembre 2017, la Banca d’Italia ha inviato un documento alle 260 banche di credito cooperativo interessate in cui si richiede di allinearsi “al più presto” alle linee guida delle due capogruppo al fine di prepararsi al prossimo vaglio della vigilanza europea, dato che circa un terzo delle banche di credito cooperativo italiane sarebbe considerato ad alto rischio e un altro quarto mediamente a rischio;

al riguardo è il caso di ricordare come, in Germania, le Sparkassen e le Volksbanken tedesche non rientrino invece pienamente nella normativa europea, non soltanto per quanto riguarda i requisiti di capitale e liquidità, ma anche per quanto riguarda la vigilanza europea. Secondo la Bundesbank, le banche territoriali tedesche che non rientrano sotto la vigilanza unica sono oltre 1.500, pari all’88 per cento degli istituti di credito tedeschi, e gestiscono circa il 44 per cento dei prestiti erogati dall’intero settore bancario, che quindi non sono soggetti alla vigilanza unica europea. In particolare, su 431 Sparkassen tedesche, sola una è vigilata dalla BCE (e si consideri che in totale queste contano per il 22,3 per cento degli impieghi bancari).

Va notato che in Italia la percentuale di crediti non soggetti alla vigilanza unica è molto inferiore, aggirandosi attorno al 20 per cento, e la riforma delle banche di credito cooperativo ridurrebbe questa percentuale di almeno altri 7 punti, portando virtualmente tutto il nostro sistema bancario sotto la vigilanza unica, mentre il 44 per cento di quello tedesco viene vigilato dall’autorità nazionale (il Bafin).

Questo perché all’epoca della costruzione del primo pilastro, ossia della vigilanza unica, le grandi banche tedesche, il cui numero è relativamente ridotto, hanno beneficiato della fissazione a 30 miliardi di asset quale livello minimo, mentre, per le piccole banche, sono stati tenuti fuori dalla vigilanza unica i cosiddetti IPS (institutional protection schemes), ossia i sistemi di mutua protezione e garanzia tra le banche associate, che differiscono sia dai gruppi che dai network bancari, ampiamente diffusi in Germania (Sparkassen e Volksbanken) e Austria (banche Raiffeisen);
BundesbankBUNDESBANK

in Italia, invece di ricorrere agli IPS, con i privilegi che essi garantiscono e dei quali le banche dei concorrenti godono, si è scelto di azzerare un patrimonio territoriale che anche Federcasse, seppur all’epoca grande sostenitrice della riforma, considerava invece necessario tutelare in virtù delle “particolari forme di coesione ed organizzazione a livello territoriale”;

come già detto, queste ultime sono state riconosciute alle sole province autonome di Bolzano e Trento, ignorando le altre peculiarità, linguistiche, socioeconomiche e culturali, che rappresentano, invece, una peculiarità e un importante valore aggiunto dell’intero Paese. Seppur riconosciuta la necessità di salvaguardare il patrimonio mutualistico delle province autonome, non si comprende perché le stesse non debbano essere riconosciute a tutte le regioni e province italiane;

tali argomentazioni, già ampiamente discusse durante l’esame del decreto-legge nelle assemblee parlamentari, sono ancora oggi attuali e cogenti. All’approssimarsi della scadenza sono ancora molte le voci che chiedono una revisione della riforma: il presidente dell’Associazione generale cooperative italiane (Agci), Brenno Begani, ha richiesto una fase “di ulteriore e necessaria riflessione sull’impostazione della riforma del credito cooperativo per salvaguardare la biodiversità bancaria e per non soffocare realtà fortemente radicate”.

Spiega che l’assorbimento totale di tutte le banche di credito cooperativo italiane in grandi poli bancari, “con spazi limitati di autonomia rispetto alla Capogruppo, reca in sé il tangibile pericolo di declino dell’identità cooperativa e dei principi mutualistici nel settore del credito”. E continua che, in questo modo, si “rischia di non incentivare lo sviluppo socio-economico a livello locale e, più in generale, di non rendere onore al principio di meritocrazia, che imporrebbe di premiare e non di mortificare i più virtuosi, poiché proprio i soggetti sani hanno maggiore patrimonio libero e minori rischi in portafoglio”;

giovanni pitruzzella ANTITRUSTGIOVANNI PITRUZZELLA ANTITRUST
da ultimo, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nelle risultanze preliminari dell’istruttoria in relazione al procedimento in materia di operazioni di concentrazioni avviato il 14 marzo 2018 nei confronti della società del gruppo Raiffeisen (procedimento C12138), ha rilevato che “le quote di mercato che saranno detenute dal costituendo gruppo Raiffeisen non appaiono scevre dal sollevare criticità concorrenziali in termini di costituzione ovvero rafforzamento di posizioni dominanti in alcuni dei mercati locali”. Infatti, la detenzione delle quote evidenziate “appare comunque suscettibile di garantire al costituendo Gruppo un evidente vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti, permettendo allo stesso di operare in sostanziale autonomia”;

dunque, la riforma del credito cooperativo non soltanto ha creato una frattura nel sistema mutualistico delle banche locali, con le conseguenze economico-sociali che si stanno verificando nelle differenti territorialità del Paese, ma sembra anche violare, con tutta evidenza, le disposizioni di rango costituzionale del nostro ordinamento: da un lato, tali rischi di concentrazione, già paventati all’epoca dell’esame del decreto-legge, si stanno concretizzando e profileranno una violazione della normativa europea in materia del rispetto della concorrenza (artt. 101 e 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea); dall’altro, a livello interno, si sono violati differenti disposizioni e principi della nostra carta costituzionale;

innanzitutto, la disparità di trattamento per le province autonome, pur se fondato sul rispetto della diversità e delle minoranze, non trova uguale contemperamento nel rispetto del principio di uguaglianza con riguardo al diverso trattamento riservato al restante territorio nazionale. Quest’ultimo sembrerebbe anche violato dalla clausola del way out (possibilità, per gli istituti con un patrimonio netto superiore a 200 milioni di euro, di scorporare l’attività bancaria conferendola ad un istituto di credito costituito in società per azioni, corrispondendo all’erario un’imposta straordinaria pari al 20 per cento dello stesso);

PATUELLI PADOAN GUZZETTI VISCOPATUELLI PADOAN GUZZETTI VISCO
un’altra disposizione di dubbia costituzionalità, difficilmente conciliabile con il principio di libera iniziativa economica tutelata dall’art. 41 della Costituzione, sembrerebbe essere il divieto di trasformazione in banca popolare: in caso di esclusione dalla superholding, la banca di credito cooperativo può continuare la sua attività solo con l’autorizzazione della Banca d’Italia e la trasformazione in società per azioni, pena la liquidazione, ma è esclusa, com’era prima della riforma, la fusione con banche di diversa natura da cui risultino banche popolari;

quest’ultima norma è stata infatti attaccata da più fronti, perché inficerebbe gravemente la tutela dei depositanti, contrastando con l’articolo 47 della Costituzione, in merito alla tutela del risparmio, e con articolo 45, in merito alla tutela e alla promozione della cooperazione,

impegna il Governo a prendere le necessarie misure, anche di carattere normativo, al fine di prevedere una moratoria del termine di 18 mesi in scadenza il 3 maggio 2018 o, in ogni modo, al fine di prevedere la sospensione dei termini entro i quali dovranno essere costituiti i gruppi bancari cooperativi.

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