9 dicembre forconi: 11/25/17

sabato 25 novembre 2017

DOPO L’INCONTRO CON RENZI MACRON VUOL FARE UNO SGAMBETTO ALL’ITALIA SULLA LIBIA

PARIGI CHIEDE UN PROCESSO AL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU SUI CENTRI PER FRENARE I MIGRANTI 

OBIETTIVO DELL’ELISEO: FAR FUORI L’ITALIA DA TRIPOLI

Paolo Mastrolilli per La Stampa

EMMANUEL MACRON MATTEO RENZIEMMANUEL MACRON MATTEO RENZI
La Francia chiede di tenere una riunione del Consiglio di Sicurezza dell' Onu, per discutere la questione del traffico degli esseri umani in Libia. L' Italia, che ha la presidenza di turno dell' organismo, sta cercando di accomodarla, ma fa notare che il tema generale era stato già trattato martedì scorso, con l' approvazione di una risoluzione. È importante infatti che questa tragedia venga affrontata e risolta, ma non strumentalizzata al fine di avanzare gli interessi nazionali di singoli Paesi.

MIGRANTI IN LIBIA CAMPIMIGRANTI IN LIBIA CAMPI




Roma ha dedicato la sua presidenza del Consiglio all' emergenza sicurezza nel Mediterraneo, in particolare con la riunione ministeriale sulla Libia guidata dal capo della Farnesina Alfano, e con il dibattito di martedì scorso sul traffico degli esseri umani, a cui è intervenuto il sottosegretario Amendola. Alla discussione hanno partecipato il segretario generale dell' Onu Guterres, il direttore di Unodoc Yuri Fedotov, la Special Rapporteur Maria Grazia Giammarinaro, e il Commissioner for Peace and Security dell' Unione Africana Smail Chergui.
MIGRANTI IN LIBIA CAMPI1MIGRANTI IN LIBIA CAMPI1

Al termine, il massimo organismo del Palazzo di Vetro ha approvato all' unanimità una risoluzione che condanna i traffici e impegna tutti i Paesi a fare di più per fermarli. Nel frattempo però è uscito il video della Cnn sulla vendita degli schiavi in Libia, che si è aggiunto alle osservazioni dell' Alto Commissario Onu per i Diritti Umani Zeid Ra' ad al Hussein sulle sofferenze dei detenuti. Quindi il presidente francese Macron ha chiesto di riunire il Consiglio di Sicurezza.

gheddafi e sarkozy jpegGHEDDAFI E SARKOZY


Naturalmente tutti concordano sul fatto che il traffico di esseri umani è una pratica rivoltante, come ha dimostrato la risoluzione approvata martedì, ma forse dietro all' iniziativa dell' Eliseo ci sono anche altre ragioni, come le sollecitazioni ricevute dai Paesi amici dell' Unione Africa, e magari gli interessi diretti di Parigi in Libia, inclusi quelli petroliferi. Domenica scorsa poi Le Figaro notava anche che la Francia dall' inizio dell' anno ha fermato 43.000 illegali alla sua frontiera meridionale, e si è lamentata con Roma perché non farebbe i controlli necessari a bloccarli prima.

MACRON SERRAJ HAFTARMACRON SERRAJ HAFTAR
Ora è noto che l' intervento per rovesciare Gheddafi fu voluto soprattutto dall' allora presidente Sarkozy, e il caos seguito alla caduta del regime ha accelerato la crisi dei migranti, davanti alla quale l' Europa ha lasciato praticamente sola l' Italia. L' emergenza si risolverebbe prima di tutto stabilizzando il Paese, ma anche qui Parigi ha svolto un ruolo peculiare, ad esempio ospitando il generale Haftar, e di fatto incoraggiando le sue mire per la conquista militare di Tripoli.

Queste ambizioni, che includono la richiesta di essere nominato presidente della Libia con il controllo esclusivo delle forze armate, sono sostenute anche da Egitto, Emirati Arabi e Russia, e costituiscono forse la ragione principale per cui non si riesce a concludere un accordo che pacifichi davvero tutto il Paese.

AL SISSI HAFTARAL SISSI HAFTAR
La presidenza italiana fa notare che il dibattito in Consiglio sul traffico degli esseri umani è già avvenuto, ma si sta adoperando affinché la richiesta francese possa essere soddisfatta, probabilmente con una riunione a porte chiuse da concludere con una dichiarazione. L' importante è che l' eventuale appuntamento ribadisca la linea già affermata dalla risoluzione di martedì, senza diventare l' occasione per mettere in discussione l' operato dell' unico Paese che si è davvero adoperato per salvare le vite dei migranti, sopportando gran parte del peso di questa emergenza.

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UN SUK CHIAMATO TRINITA’ DEI MONTI

IL DEGRADO DELLA SCALINATA PIU' MIRABILE DEL MONDO FRA AMBULANTI E TURISTI MALEDUCATI 

I GRADINI SONO TORNATI OSTAGGIO DI IMMONDIZIA E BANCARELLE IMPROVVISATE DI MERCE CONTRAFFATTA.

DI VIGILI URBANI? NEMMENO L’OMBRA....


Camilla Mozzetti per il Messaggero

TRINITA' DEI MONTI DEGRADOTRINITA' DEI MONTI DEGRADO
Quando esce la sperella di sole come si dice a Roma scatta, neanche fosse un automatismo, il solito adagio: «Oggi si mangia fuori». Il problema però è che il rito molto spesso non è scandito da bianche tovaglie su tavolini apparecchiati all'esterno, in spazi regolari, che rispettano i limiti di massima occupabilità di suolo. Altri sono invece i metodi e le abitudini, consumate proprio sotto al sole, che prestano il fianco al degrado e trasformano il centro di Roma. Tanto, alla fine, nessuno controlla.

Il primo è quello di approfittare dei monumenti della Capitale tanto maestosi quanto inermi scambiarli per locali pubblici, (Trinità dei Monti ne sa qualcosa) accomodarsi su essi e iniziare a mangiare panini sgocciolanti salse e maionese. Il secondo è gettonatissimo tra gli esercenti e i ristoratori che, appena scattano i 16 gradi centigradi, montano in strada (con un guizzo da maratoneti) tavolini e sedie in spazi di marciapiede o strade non consentiti.

trinita dei montiTRINITA DEI MONTI
IL DEGRADO

Qualche esempio? Di fronte alla Barcaccia del Bernini, su quei scalini che portano da piazza di Spagna a Villa Medici, ieri all'ora di pranzo si contavano soltanto persone sedute, impegnate a consumare un pasto frugale. Poco importa che proprio la scalinata di Trinità dei Monti sia stata completamente restaurata grazie al finanziamento della maison Bulgari da 1,5 milioni di euro.

E pensare che il Campidoglio, all'indomani della riapertura al pubblico del monumento, aveva persino stabilito più controlli, tanto che il comando dei vigili urbani diramò una circolare interna (tutt'ora in vigore) per sanzionare coloro i quali venivano trovati intenti a consumare cibo. Poi, considerata forse la penuria dei caschi bianchi, l'operazione di tutela e di controllo è durata tanto quanto uno spot pubblicitario.

La morale? Ognuno è tornato a fare quello che vuole, consumando insalate condite, tranci di piazza con la margherita fumante, e ancora panini e bibite. Alcuni commensali, una volta saziato l'appetito, si sono guardati intorno per assicurarsi che nessuno li controllasse abbandonando così carte o tovaglioli tra i blocchi di marmo insieme ai mozziconi delle sigarette. 

GLI AMBULANTI

TRINITA' DEI MONTITRINITA' DEI MONTI
Al loro fianco come da prassi i soliti ambulanti. Dall'inizio della scalinata partendo da Villa Medici fino all'imbocco con via dei Condotti sempre ieri si contavano circa 20 extracomunitari intenti a vendere sciarpe, asticelle per i selfie e palline anti-stress. Alcuni di loro hanno pensato che per vendere meglio la mercanzia, fosse utile esporla. E così sulla scalinata di Trinità dei Monti, nel pavimento che separa il primo blocco dei gradini dal secondo, sono apparsi lunghi lenzuoli bianchi con file di borse, occhiali e cappelli.

Per ammazzare il tempo gli ambulanti si sono seduti in terra e hanno tirato fuori un mazzo di carte. Che la penuria delle vendita pare abbia colpito anche loro. «Lo scorso anno di tasca nostra abbiamo fatto un volantino in sette lingue per informare le persone che la scalinata non è un punto di bivacco», spiega Viviana Di Capua, presidente dell'Associazione Centro Storico. L'iniziativa, lodevole, ha sortito benefici temporanei.

TRINITA' DEI MONTI DEGRADOTRINITA' DEI MONTI DEGRADO
«In questi momenti dovrebbe essere fondamentale la comunicazione istituzionale che purtroppo nella nostra città manca totalmente, a rimetterci conclude la Di Capua è l'immagine del centro e di molti tra i più importanti monumenti che il mondo intero ci invidia». «Quello che manca taglia corto la consigliera del I Municipio, Nathalie Naim è il rispetto dei luoghi pubblici e delle regole in vigore». 

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L’ULTIMO SEGRETO DI GELLI: NEL TESTAMENTO, UN QUINTALE DI ORO SOTTERRATO A VILLA WANDA

IL GRAN MAESTRO INDICA FRA LE PROPRIETA’ CHE LASCIA IN EREDITA’ ANCHE 172 MILA ETTARI IN PARAGUAY
Luca Romano per Il Giornale

GELLIGELLI
Da sempre, la figura di Licio Gelli ha evocato un'aura di mistero e di segretezza. Il maestro venerabile più famoso d'Italia, scomparso nel 2015 a 96 anni, torna a fare parlare di sè per il proprio testamento, redatto nel 1998 e ora ripreso da un reportage di Repubblica in cui si tenta di far luce sui misteri che nasconde.

VILLA WANDA DI LICIO GELLIVILLA WANDA DI LICIO GELLI





Otto pagine con le ultime volontà dell'imprenditore aretino che sono tornate di attualità perché costituiscono la base su cui la procura della città toscana ha chiesto - vedendosela poi negare e presentando ricorso - il sequestro delle quote della società che di fatto detiene Villa Wanda. In quel documento, vergato nel 1998 dopo la condanna per il crac del Banco Ambrosiano, vengono elencati beni da mille e una notte destinati in eredità ai tre figli, parenti, alla governante e alla storica segretaria.
LICIO GELLILICIO GELLI

Non solo Villa Wanda e un'altra villa in Costa Azzurra ma anche veri e propri latifondi in Sudamerica, con fattorie, palazzi e terreni edificabili; in Paraguay, Gelli avrebbe posseduto addirittura 172mila ettari di terra. Ma la lista prosegue con dettagli da romanzo d'avventura: "Nella valigetta c'è una mappa che indica il luogo e il quantitativo dei lingotti d'oro- scriveva il famoso massone - E per la consistenza delle monete d'oro c'è un mistero".

lingotti oroLINGOTTI ORO
I lingotti sarebbero stati accumulati addirittura per 163 chili, interrati nei vasi da qualche parte del giardino di Villa Wanda. Solo una minima parte di uno sterminato patrimonio di 90 miliardi delle vecchie lire.

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VA A PROCESSO IL MAGISTRATO SILVANA SAGUTO, ACCUSATA DI AVER GESTITO IN MODO SPREGIUDICATO I PATRIMONI SOTTRATTI ALLA MAFIA

CON LEI CI SONO COINVOLTI NEL PROCESSO IL PADRE, IL MARITO E IL FIGLIO, COINVOLTI A VARIO TITOLO E ACCUSATI DI CORRUZIONE, FALSO, ABUSO D’UFFICIO O TRUFFA AGGRAVATA

(ANSA) - Indagine chiusa sulla gestione dei beni confiscati, va a giudizio l'ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, Silvana Saguto. In aula il 22 gennaio 2018 comparirà con altri quindici imputati, tra cui l'ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo, l'avvocato Gaetano Cappellano Seminara, il padre, il marito e il figlio del magistrato, amministratori giudiziari. Per il gip Marcello Testaquadra, Silvana Saguto avrebbe gestito in modo spregiudicato i patrimoni sottratti alla mafia.

ELIO CARAMMA, FIGLIO DI SILVANA SAGUTOELIO CARAMMA, FIGLIO DI SILVANA SAGUTO
I sedici imputati devono rispondere a vario titolo di circa ottanta contestazioni per reati che vanno dalla corruzione al falso, dall'abuso d'ufficio alla truffa aggravata. Le indagini, avviate nel 2015, hanno ricostruito un "sistema" basato su rapporti privilegiati con alcuni professionisti nominati amministratori giudiziari. Le assegnazioni di incarichi e consulenze sarebbero state ricambiate con regali, favori e denaro. Il marito della Saguto, Lorenzo Caramma, avrebbe ottenuto consulenze professionali.

SILVANA SAGUTOSILVANA SAGUTO
Tra i presunti beneficiari anche il figlio Emanuele mentre il padre Vittorio sarebbe coinvolto in alcune operazioni finanziarie finite sotto inchiesta. 

Nella lista degli indagati anche gli amministratori giudiziari Aulo Gabriele Gigante, Roberto Nicola Santangelo e Walter Virga, l'ex giudice della sezione misure di prevenzione Lorenzo Chiaramonte, il colonnello Rosolino Nasca della Dia, i docenti universitari Carmelo Provenzano e Roberto Di Maria della Kore di Enna, la moglie di Provenzano, Maria Ingrao, e la collaboratrice Calogera Manta. Stralciata e trasmessa a Palermo la posizione di un altro docente, Luca Nivarra.

FRANCESCA CANNIZZOFRANCESCA CANNIZZO
L'avvocato Cappellano Seminara, che secondo l'accusa sarebbe stato un perno del "sistema" Saguto, ha scelto il rito immediato. Il 20 dicembre comincerà invece il giudizio abbreviato nel quale sono imputati i magistrati Tommaso Virga, Fabio Licata e il cancelliere del tribunale Elio Grimaldi.

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FAR WEST AD OSTIA. SPARI E TERRORE, DUE GAMBIZZATI DENTRO UNA PIZZERIA

L’IPOTESI DI UN REGOLAMENTO DI CONTI 

UNA DELLE DUE VITTIME GESTIVA PRIMA UN ALTRO ESERCIZIO SOTTO IL CONTROLLO DEL CLAN FASCIANI 

INTANTO DOPO L’ARRESTO DI SPADA, E’ FINITA LA TREGUA ARMATA NELLA ZONA… 

Alessia Marani e Mirko Polisano per il Messaggero

ostia far westOSTIA FAR WES
A Ostia tornano a parlare le pistole. Una storia già vista. Come accadeva fin dal settembre 95 quando due malviventi aprirono il fuoco all'impazzata in via delle Canarie, lo stradone delle case popolari e delle bische, a due chilometri dalla Nuova Ostia, in pieno centro. Quella volta non ci furono feriti. Invece ieri sera, in via delle Canarie, sono rimasti a terra due uomini, Alessandro Bruno, 55 anni, incensurato, padre di Sara, la titolare della pizzeria Nuova Disco Giro Pizza, e un pizzaiolo di 40, gambizzati da due sicari arrivati a bordo di uno scooter. L'agguato intorno alle 22. Uno dei due giovani, casco integrale sul volto, scende veloce, entra nella cucina che dà sul marciapiede, mira alle gambe di Bruno e spara almeno quattro colpi. Uno colpisce anche il pizzaiolo. Poi i due si dileguano. 

PROVE CANCELLATE 

Lo scooter verrà ritrovato più tardi dalla polizia, dato alle fiamme in via Melanesia. Segno che il piano era stato studiato da tempo nei minimi particolari e che, forse, un terzo uomo aspettava il commando su un'auto, pronto a ingranare la marcia per sparire nel nulla. In via delle Canarie, in pochi minuti, sono piombate le volanti di polizia, le gazzelle dei carabinieri e le ambulanze. I feriti sono stati portati al pronto soccorso dell'ospedale G. B. Grassi, uno in codice rosso, l'altro giallo. Nella strada si sono riversati i residenti dei caseggiati delle case Ater e dei palazzi-bene che hanno le finestre su via delle Baleniere.

ostia far westOSTIA FAR WEST
Con l'aiuto delle fotocellule dei vigili del fuoco i poliziotti hanno scandagliato cassonetti e strade fin nella pineta delle Acque Rosse alla ricerca dell'arma che forse i due hanno gettato via durante la fuga. Almeno fino a tarda nottata, senza esito. Ma chi e perché ha voluto lanciare l'ennesimo avvertimento sul mare di Roma? Un rebus per gli investigatori che sul litorale hanno a che fare con più livelli di malavita, dalle bande di strada alle famiglie con la F maiuscola, quelle che stringono patti direttamente con i grossisti del narcotraffico mondiale.

Alessandro Bruno aveva da poco chiuso un altro ristorante in via Capo Spartivento, a Ostia Levante, dall'altra parte della ferrovia. Un locale che stando alle indagini avrebbe gravitato nell'orbita del clan Fasciani. Forse Bruno si è ribellato. A novembre, il ristoratore cambia intestazione alla società, passandola alla figlia, che fa anche la modella e che già lavorava nella pizzeria di via delle Canarie.

Quello di ieri, dunque, sarebbe un regolamento di conti vecchio stile, arrivato come una sfida in una Ostia blindata come non mai dopo la testata di Roberto Spada al giornalista Rai Daniele Piervincenzi e il voto per il rinnovo del X Municipio. Non un buongiorno per la nuova era targata Giuliana Di Pillo, dopo due anni di commissariamento per mafia. Non è la prima volta che il passaggio di gestione di un locale viene salutato con il fuoco. A marzo alcuni proiettili colpirono la Range Rover di un giovane imprenditore con un passato nelle file di Casapoud che aveva appena rilevato una pizzeria in via Namaziano. Forse allora come ieri sono stati compiuti passi senza chiedere il dovuto «permesso». 
ostia far westOSTIA FAR WEST

2. L'OMBRA DEL CLAN FASCIANI

M.Pol. e M.D.R. per il Messaggero

Spunta l'ombra del racket dietro la gambizzazione di ieri notte a Ostia. Gli investigatori sembrano non avere dubbi, visto il modus operandi utilizzato per la gambizzazione. Un agguato, quello teso al titolare della pizzeria di via delle Canarie e al suo dipendente, che ha tutto il sapore dell'avvertimento mafioso. Alessandro Bruno, il 55 enne di Ostia gambizzato nel suo locale era da anni nel mondo del commercio. Fino a qualche mese fa gestiva un'altra pizzeria a qualche chilometro di distanza dal negozio dove ieri sera lo hanno raggiunto i due sicari. Ed è proprio dalle prime indagini che emerge un risvolto ancora più inquietante alla vicenda. Da quanto stanno ricostruendo le forze dell'ordine, sembrerebbe che la precedente pizzeria della vittima fosse in qualche modo sotto il «controllo» dei Fasciani.

OSTIA DANIELE PIERVINCENZIOSTIA DANIELE PIERVINCENZI
Ci sarebbero alcune testimonianze di clienti che avrebbero visto personaggi legati al clan di «Don» Carmine Fasciani stazionare stabilmente all'interno della pizzeria. «È capitato molte volte - avrebbe rivelato una testimone agli investigatori - sembravano avventori abituali, poi la loro presenza è diventata nel tempo sempre più insistente». Eppure il core business del clan Fasciani è proprio il commercio.

Le carte giudiziarie narrano episodi di strangolamento economico dei titolari di esercizi commerciali. Si indaga adesso per capire quali fossero i rapporti di Alessandro Bruno con il clan. Dalle carte giudiziarie, sembra un ristoratore come tanti. Una pizzeria avviata, una moglie collaboratrice scolastica in un istituto superiore di Ostia e una figlia che sogna di fare la modella. Eppure cambia giro. Lascia la vecchia pizzeria per aprirne una nuova e intestarla alla figlia, appena ventenne. Forse a farsi sentire è la pressione dei clan.
spadaSPADA

D'altronde il boss Fasciani, l'abruzzese di Capistrello, deve le sue fortune proprio «all'acqua e alla farina» delle sue panetterie (la prima la apre a Ostia negli anni 70, in via dei Traghetti). Negli anni della Banda della Magliana, presta i soldi a strozzo. Poi, entra nel grande gioco di Ostia diventa il sindaco ombra, i suoi affiliati ancora adesso prendono per il collo gli imprenditori del mare di Roma. Oggi, gran parte del suo sodalizio criminale è in carcere. Come quello degli Spada, poi. Gli equilibri nel X Municipio, dove domenica si è svolto il ballottaggio dopo lo scioglimento dell'amministrazione per mafia, sono di nuovo in bilico. È finita la tregua della pace armata di Ostia. Forse c'è qualcun altro che vuole emergere o forse che chi ha voluto mettere a tacere chi ha provato a ribellarsi e a non rispettare gli ordini del boss.

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SCHERZANDO SCHERZANDO, GRILLO DICE SEMPRE LA VERITA’: “IL MOVIMENTO CINQUE STELLE E’ UN’ARCA DI DISADATTATI”

AL NUOVO SPETTACOLO DI BEPPE A ROMA I DEPUTATI M5S RIDONO E BATTONO LE MANI. E HANNO PAGATO PURE 100 EURO PER ESSERE INSULTATI DAL PROPRIO LEADER IN PUBBLICO

BEPPE GRILLOBEPPE GRILLO

Al teatro Flaiano di Roma ieri sera c'erano Andrea Mazzillo, ex assessore della Giunta Raggi e Andrea Ciannavei, l'avvocato che difende il marchio M5S per conto di Grillo contro gli espulsi. Erano tra gli spettatori paganti il biglietto da 100 euro per assistere alla prima nazionale di Insomnia sul palco insieme a Beppe Grillo.

Il Movimento? «Un'arca di Noè di disadattati». In sala ridono i parlamentari che sono venuti a vederlo. «Dibba hai fatto un gesto meraviglioso, maledetto», dice Grillo al deputato romano che ha deciso di non ricandidarsi.
BEPPE GRILLO LUIGI DI MAIO ALESSANDRO DI BATTISTABEPPE GRILLO LUIGI DI MAIO ALESSANDRO DI BATTISTA

«A me arrivano le cause, siete delle m.... e te che te ne sei andato, m....». È uno show sulla sua adolescenza, su Genova, a tratti malinconico. La politica lo assorbe ancora, è chiaro. E infatti agli attivisti annuncia una selezione della futura classe dirigente M5S, basata su criteri più stringenti. 


2. AUTOCRITICA DI GRILLO
Annalisa Cuzzocrea per la Repubblica

Al Flaiano a Roma per il tour teatrale: "Siamo un' arca di Noè, disadattati a bordo". E a Renzi che propone un patto anti fake news a lui e Salvini: "È un truffolo" roma Un teatro piccolo piccolo, il Flaiano, in una viuzza buia del centro di Roma i cui accessi sono presidiati dalla polizia per paura delle proteste dei movimenti per la casa.
alessandro di battista sahra lahouasniaALESSANDRO DI BATTISTA SAHRA LAHOUASNIA

Quanto sembri assurdo, tutto questo, al Beppe Grillo che vuole tornare a fare spettacolo, lo dimostra la prima battuta del suo nuovo Insomnia, ovviamente estemporanea: «Hanno blindato il Lazio per cento persone!».

Sul palco - accanto a lui - ci sono i venti spettatori che hanno pagato per il pacchetto "vip" (100 euro per un aperitivo pre spettacolo a base di prosecco, salatini e confezioni di melatonina). C' è anche l' ex assessore al Bilancio di Roma Andrea Mazzillo, ma il fondatore dei 5 stelle fa come se non lo conoscesse. Oppure è a lui che pensa quando dice, ai pochi che incontra prima nel foyer: «Abbiamo imbarcato di tutto, lo so, ma i criteri cambieranno, vedrete».

È uno spettacolo più intimo che politico, quello che comincia subito dopo. Un monologo sulle notti insonni «da cui nascono tutti i miei pensieri » . Il tentativo di curarsi di «un genovese che piuttosto che pagare uno sconosciuto per fare psicoterapia fa venire da lui sconosciuti che pagano » . Ci sono la moglie («dormiamo separati da sei anni, nessuna donna normale potrebbe sopportare le mie notti»), i sei figli ( « non mi hanno mai chiesto niente di quello che facevo, ma da quando ho spiegato che visto che prima riempivo i palazzetti e ora vengo in queste sale da 100 posti il tenore di vita deve cambiare, mi chiamano: allora? È pieno?»).

IL RITORNO DI GRILLO A TEATROIL RITORNO DI GRILLO A TEATRO
Ma la politica sale su dagli sguardi che incrocia: ad Alessandro Di Battista, sulla sua decisione di non ricandidarsi, dice: « Hai fatto un gesto meraviglioso, maledetto merda, a me m' arrivano le cause, tu te ne vai » . Al senatore Gianni Girotto, che lo inonda di mail sull' energia: « Ora vediamo se ti ricandido » . Dice di essersi ritrovato « leader di un' arca di Noè di disadattati». Allude a un ultimo periodo più buio e triste, usando la metafora di una colonscopia. Definisce Matteo Renzi - che proprio ieri a Otto e mezzo ha proposto alla Lega e ai 5 stelle "un patto anti-fake news", chiarendo i rapporti con i canali che le diffondono - «un truffolo capace solo di mentire: per lui e Berlusconi serve la neuroscienza, la neuropolitica », dice, ma perde il filo e ne fa un canovaccio teatrale per passare dalla politica all' infanzia genovese, con il serial killer Donato Bilancia che lo riportava a casa da scuola. Un padre "anziano", 50 anni più grande di lui.

Una madre andata sposa a 16 anni che insegnava musica e suonava la fisarmonica. Di fake news parla riferendosi a quando una bestemmia comparve in un suo post sul blog ( « Non l' avevo scritta io, non so cosa sia successo, è stata subito rimossa, ma i giornali l' hanno riportata: chi sta peggio agli occhi di Dio?»). Ai cronisti che lo intercettano prima dello show, fa un invito alla responsabilità quando parlano di Roma: « Raggi può risolvere i problemi di chi non ha casa? Neanche Gesù Cristo».

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1. ‘CARO ANDREA, NON ERI PREVISTO…IO E TUA MAMMA SIAMO ANDATI IN TERAPIA DI COPPIA PER CONOSCERCI MEGLIO’: LE CONFESSIONI PRIVATE DI ALESSANDRO DI BATTISTA NEL NUOVO LIBRO
2. LUI E SAHRA SI FREQUENTAVANO SOLO DA POCHE SETTIMANE: ‘UNA STRAMALEDETTISSIMA PAURA: LEI TEMEVA CHE IO NON L’AMASSI DAVVERO E CHE STESSI CON LEI PER SENSO DEL DOVERE. IO AVEVO PAURA DI ESSERE ABBANDONATO. UNA SERA ME NE ANDAI DI CASA E…’
3.  ‘IL NO ALLE OLIMPIADI A ROMA LO HA DECISO IL MIO MECCANICO MASSIMO, RIUNENDO SUA MOGLIE MARIA, L'EDICOLANTE, IL FRUTTIVENDOLO, UN PAIO DI PARENTI E UN PENSIONATO’

1. DI BATTISTA E IL NO ALLE OLIMPIADI DECISO CON IL SUO MECCANICO
Mario Ajello per il Messaggero

Lenin, da rivoluzionario, esaltava il «governo delle cuoche». Dibba, da gallo cedrone su due ruote, esalta il governo del meccanico. Di chi? Ma come di chi: di Massimo! Così si chiama l'uomo che ripara la moto del Dibba e l'ultima fatica letteraria del neo-scrittore-papà - «Meglio liberi» (Rizzoli) - contiene questa rivelazione: «Il No alle Olimpiadi a Roma lo ha deciso Massimo, riunendo in officina sua moglie Maria, l'edicolante, il fruttivendolo, un paio di parenti e un pensionato».

alessandro di battista futuro papaALESSANDRO DI BATTISTA FUTURO PAPA
Poi sgommando arriva il Dibba «in questo mio soviet personale», e chiede ai presenti: volete le Olimpiadi a Roma? Loro rispondono gridando di no. E quel no del popolo, «tra bulloni, pezzi di ricambio e olio», è diventato il no populista M5S. Speriamo che quando Roma dovrà decidere di liberarsi dai rifiuti, non convochi nell'officina di Massimo e di sora Maria i topi e i gabbiani. Sennò da lì esce un altro niet non solo populista ma pure animalista.


2. ALESSANDRO DI BATTISTA: «IO E SAHRA AIUTATI DALLA TERAPIA DI COPPIA»
Francesco Oggiano per www.vanityfair.it

alessandro di battista con sahra e il figlio andreaALESSANDRO DI BATTISTA CON SAHRA E IL FIGLIO ANDREA






«Caro Andrea, non eri “previsto”, ma questo non significa che non ti volessimo, anzi! […] Non ho pianto quando sei nato e neppure quando ho sentito per la prima volta il battito del tuo cuore. Ho pianto quando ti ho visto in quel monitor durante la prima ecografia. C’eri, esistevi, avevi un posto nel mondo».


È un Alessandro Di Battista estremamente sincero, quello che si confessa a suo figlio Andrea, nato lo scorso settembre dalla relazione con la compagna Sahra. Nell’ultimo capitolo del suo Meglio Liberi, Lettera a mio figlio sul coraggio di cambiare (Rizzoli, 192 pagine, 17 €), il parlamentare 39enne del Movimento 5 Stelle scrive una lettera aperta al piccolo.
alessandro di battista con sahraALESSANDRO DI BATTISTA CON SAHRA

E gli racconta proprio tutto, compresi gli sconquassi che la sua nascita ha portato nella sua testa e in quella della sua compagna: «La verità è che sia io che Sahra eravamo terrorizzati all’idea che l’altro fosse rimasto incastrato in questa situazione. Sahra temeva che io non l’amassi davvero e che stessi con lei per senso del dovere. Anch’io avevo le mie paure, ho sempre avuto paura di lasciarmi andare, di essere abbandonato dalla donna che amavo».
alessandro di battista con sahra e il figlio andreaALESSANDRO DI BATTISTA CON SAHRA E IL FIGLIO ANDREA


È la «stramaledettissima» paura che ha investito lui e la compagna: «Una sera abbiamo discusso. Sahra era al quarto mese, mi pare. Non ricordo per quale motivo litigammo, senz’altro lei era nervosa ma anche io avevo le mie ansie. Pensai, stupidamente, che lei non volesse veramente me, mi convinsi che lei era alla ricerca di un padre per suo figlio e basta. Me ne andai di casa all’una di notte».

Dibba vaga per le strade di Roma, va a comprare il tabacco in piazza Venezia. Poi realizza di essere soltanto «un grandissimo stronzo spaventato. Aspettai le 3.45 del mattino che aprisse il mercato dei fiori che sta in un quartiere che si chiama Prati e spesi una fortuna in rose e girasoli».

sahra lahouasniaSAHRA LAHOUASNIA
Torna a casa, porta i fiori e chiede scusa. Una cosa che ha imparato a fare in questi mesi, grazie anche alla terapia di coppia, rivela nel libro: «Non è facile imparare a chiedere scusa come non è affatto semplice comunicare in questo dannato mondo dove si corre sempre senza fermarsi mai. Ecco perché ho proposto a Sahra di fare terapia di coppia. Per noi, ma anche per te. Avevamo bisogno di imparare a dirci le cose nel modo giusto, ad aprirci, a mostrare l’uno all’altra le proprie paure.

alessandro di battista sahra lahouasniaALESSANDRO DI BATTISTA SAHRA LAHOUASNIA
Quando mostri le tue paure i “mostri” fanno meno paura. L’esperienza della psicoterapia è stata molto positiva e sento di consigliarla a tutti quanti. Come posso spiegarla a te, Andrea? Guarda, è come viaggiare, solo che al posto di farlo al di fuori di te lo fai dentro, e noi l’abbiamo fatto dentro la coppia. Ci siamo impegnati tanto, non abbiamo mai mollato, credimi. Ogni volta che uscivamo dallo studio dello psicologo sentivamo di conoscerci un po’ di più».


alessandro di battista sahra lahouasnia e il figlio andreaALESSANDRO DI BATTISTA SAHRA LAHOUASNIA E IL FIGLIO ANDREA
Paura, azione, reazione. Il cammino rivelato da Di Battista, che sia politico o personale, è tutto qui. Paura, azione, reazione. La coppia va avanti, dà la notizia prima alla mamma di lui («”Mi avete preso in contropiede, mi avete preso in contropiede!”»), poi a quella di lei, a Parigi: «Tua mamma era nervosa», scrive Dibba rivolgendosi al figlio, «non capita spesso di dover presentare il proprio ragazzo alla madre nello stesso giorno in cui le si dice di essere incinta. Io, al contrario, ero molto tranquillo. Mi ero preparato al meglio, e da due mesi studiavo il francese perché volevo parlare a tua nonna nella sua lingua. Sahra non lo sapeva, e dal momento che facevo un po’ il misterioso le era quasi venuto il sospetto che avessi un’amante. Ma quale amante! Sparivo per andare a prendere lezioni private di francese».
alessandro di battista sahra lahouasnia e il figlio andreaALESSANDRO DI BATTISTA SAHRA LAHOUASNIA E IL FIGLIO ANDREA

Adesso, continua Di Battista ricordando la sua scelta di sospendere l’attività parlamentare, il suo posto è altrove, fuori dai palazzi romani, accanto ad Andrea e a sua madre, per le strade d’America. Possibilmente, sempre al rovescio, perché è in quella posizione che si legge meglio il mondo.

Fonte: qui
BEPPE GRILLO LUIGI DI MAIO ALESSANDRO DI BATTISTABEPPE GRILLO LUIGI DI MAIO ALESSANDRO DI BATTISTA