9 dicembre forconi: 06/27/19

giovedì 27 giugno 2019

FIGLIA DI PAPA’, RICCA, CON UNA VITA FACILE: CHI E’ LA CAPITANA CAROLA RACKETE CHE GIOCA A FARE LA PIRATA SULLA PELLE DI 42 POVERI CRISTI


PREDICA L'IDEOLOGIA NO BORDER (NO AI CONFINI) CHE È QUELLA DI UNA BORGHESIA GLOBALISTA UN PO' IN DECLINO, E SOPRATTUTTO NON HA TIMORE A VIOLARE LE LEGGI DEI VARI PAESI 

”FOSSE PER ME SAREI GIÀ ATTRACCATA A LAMPEDUSA FIN DAL PRIMO GIORNO”

Marco Gervasoni per “il Messaggero”

carola racketeCAROLA RACKETE
Come avrebbe detto il signor De La Palice, è meglio essere ricchi che poveri. E ricca è Carola Rackete, la Capitana della Sea Watch, che potremmo anche chiamare una novella Anne Bonney, la più famosa pirata donna della storia.

E se atto di pirateria è da considerare la penetrazione illegale nelle acque di uno Stato, però, diversamente dalle donne pirata della storia, Carola la sua attività la svolge a fin di bene, o almeno il bene come lo intende lei. Certo, non deve essere facile nascere ricchi in Germania, e in particolare nella Bassa Sassonia protestante e luterana.

sea watch salviniSEA WATCH SALVINI
Oltre al clima plumbeo che predispone alla noia e in alcuni casi a gesti estremi, devi sentire di avere un debito con la società e forse con Dio, anche se non ci credi. E' la stessa Frau C. a dirlo: «Ho potuto frequentare tre università, sono bianca, tedesca, nata in un Paese ricco e con il passaporto giusto. Quando me ne sono resa conto ho sentito un obbligo morale: aiutare chi non aveva le mie stesse opportunità». Non puoi insomma fare come i millenial kids, categoria in cui la trentenne potrebbe essere inserita, che dilapidino le risorse di papà.

GLI STUDI
carola racketeCAROLA RACKETE
Quindi studia nel Regno Unito una curiosa materia, conservazione ambientale, poi si fa capitana sì, ma per l'ecologismo. A 23 anni guida una rompighiaccio, a 25 da vice comandante effettua spedizioni polari, a 27 continua la rotta polare, ma per Greenpeace.

sea watch salviniSEA WATCH SALVINI







Dagli orsi bianchi agli immigrati? Come avviene questo passaggio? Le cronache già apologetiche di quelli che «la sinistra italiana riparta da Carola» non ce lo dicono, ma eccola improvvisamente, dopo lo tsunami migratorio innescato dalla guerra civile siriana e dal poco lungimirante richiamo merkeliano, nel 2016, a collaborare con Sea Watch. Dall'ecologismo all'oeneggismo, che potremmo chiamare anche immigrazionismo: il salto non è così strano. E non è neppure così originale.

QUELLI COME LEI
carola racketeCAROLA RACKETE
Tipi come Carola li abbiamo visti in questi ultimi mesi: sono per la maggior parte tedeschi o olandesi, vengono da famiglie benestanti, predicano l'ideologia no border (no ai confini!) che è quella di una borghesia globalista un po' in declino, e soprattutto non hanno timore a violare le leggi dei vari paesi. Anche se per la verità sempre del nostro. Sarà che sono amanti del mare, freddo o caldo che sia, ma certo non li abbiamo visti mai sfidare le leggi e la polizia per esempio ungheresi, anche perché rimedierebbero certo punizioni più pesanti dei tutto sommato contenuti 53000 euro di multa, bruscolini nel bilancio di una Ong.

CAROLA CAPITANO DELLA SEA WATCHCAROLA CAPITANO DELLA SEA WATCH
Questi figli di manager o di imprenditori sfruttano infatti le doti di famiglia a gestire le Ong, visto che, per volumi di entrate e di uscite, molte di loro possono essere considerate delle medie, e alcune persino delle grandi imprese. Nonostante la trasparenza dei bilanci, ci piacerebbe che la Capitana Carola utilizzasse una parte della sua loquacità per spiegarci chi finanzia i finanziatori. Forse capiremmo perché puntano sempre sull'Italia e non, per esempio, su paesi che hanno rapporti molto stretti con Berlino.
migranti sea watchMIGRANTI SEA WATCH



LE SPIEGAZIONI
E poi ci piacerebbe che la Capitana ci spiegasse se la grave decisione di violare il blocco sia stata presa da sola o in contatto con altri. Ma forse lo chiarirà al magistrato che, siamo sicuri, non mancherà di imputarle vari reati. Lei recita la sua parte, quella di sfidare Salvini. Avrà grazie a lui il suo quarto d'ora di celebrità. Quelli fuori spartito sono invece gli italiani che l'hanno eletta a leader morale. Non avremo come altrove un partito dei Pirati ma abbiamo una Pirata alla guida della Linke italiana.


LA CAPITANA CAROLA DAL POLO ALLE ONG: «SO CHE COSA RISCHIO»
CAROLA RACKETECAROLA RACKETE
Marta Serafini per il “Corriere della sera”

«Che però sia chiaro che non sono l' unica donna a bordo». È impegnata Carola Rackete. Ha da forzare un blocco e portare in porto i suoi «42 passeggeri». Non le importa cosa dicono di lei a terra.

«Mi ricevete? Sto entrando nelle vostre acque territoriali». Parla alla radio. Voce ferma, inglese perfetto e tono di una che non ha tempo da perdere. Al suo fianco ci sono le altre dieci donne del team di Sea Watch 3. Verena, la dottoressa che ha curato i migranti in queste due settimane al largo e che dice «vi prego, fateci sbarcare che loro non ce la fanno più». E Haidi, la mediatrice culturale che con pazienza spiega ai 42 cosa sta succedendo.
salvini migranti sea watchSALVINI MIGRANTI SEA WATCH

«Basta, ho deciso di entrare in porto a Lampedusa. So a cosa vado incontro ma i 42 naufraghi a bordo sono allo stremo. Li porto in salvo». La «Capitana» contro il «Capitano». La comandante della Sea Watch e il ministro dell' Interno italiano Matteo Salvini.
CAROLA RACKETECAROLA RACKETE




Quando la nave nel primo pomeriggio fa rotta su Lampedusa in rete parte l' urlo. «O capitana, o mia capitana». Carola che con un colpo di timone fa quello che nessuno prima di lei aveva mai osato.

I compagni a terra però si preoccupano. Perché ora Carola rischia grosso. Incriminazione per favoreggiamento di immigrazione clandestina, il sequestro della nave e una multa da 50 mila di euro. Ma la «Capitana» non è il tipo che si ferma di fronte a un decreto. Già nei giorni scorsi Rackete aveva risposto agli strali di Salvini. «Non riporterò i migranti in Libia, né tantomeno in Olanda, vorrebbe dire circumnavigare l' Europa, sarebbe ridicolo», aveva scandito sicura. Poi quando Strasburgo ha rigettato il ricorso presentato dalla sua Ong è andata dai suoi «passeggeri» e li ha informati. «Fosse per me sarei già attraccata a Lampedusa fin dal primo giorno».
CAROLA RACKETECAROLA RACKETE

All' arrivo in porto il tono di voce è ancora calmo. «Le autorità italiane sono appena salite a bordo e ci hanno controllato i documenti. Ma non ci fanno sbarcare», spiega.

Trentun' anni, passaporto tedesco, Rackete è cresciuta a Hambühren, nella stessa Bassa Sassonia dove i depositi di armi della Seconda Guerra Mondiale oggi sono stati trasformati in edifici residenziali, tra piste ciclabili e foreste.

Poi Carola lascia mamma e papà e va a studiare all' estero, alla Edge Hill University nel Lancashire, in Gran Bretagna.

Si diploma con una tesi sugli albatros, prende un master.
«Amo la natura e gli animali».
carola racketeCAROLA RACKETE
Il profilo perfetto della ragazza tedesca che si batte per l' ambiente. E per i diritti. Così dopo la laurea si mette al timone di una nave rompighiaccio nel Polo Nord per uno dei maggiori istituti oceanografici tedeschi l' Alfred Wegener, per cui lavora dal 2011 al 2013. Cinque lingue sul curriculum, a 25 anni è secondo ufficiale a bordo della Ocean Diamond. E due anni dopo è sull' Arctic Sunrise di Greenpeace.
Avanti fino al 2016, quando è volontaria di Sea-Watch. Sono gli anni in cui alle Ong ancora è permesso stare in mare senza problemi.

Carola che ci crede e che non si arrende. In poco tempo diventa coordinatrice dei team di avvistamento di Moonbird e Colibrì, i piccoli aeroplani della Ong che pattugliano il Mediterraneo alla ricerca dei barconi in difficoltà. Lì impara cosa significa scrutare per ore e ore l' orizzonte in attesa di un puntino nero. E apprende la delicata arte di districarsi tra i messaggi in codice della capitanerie. Roma, Tripoli, Malta. Per diventare una che forza il blocco bisogna studiare.
salvini migranti sea watchSALVINI MIGRANTI SEA WATCH

I sovranisti di lei dicono che è una figlia di papà, lei invece di sé a La Repubblica ha raccontato: «La mia vita è stata facile, ho potuto frequentare tre università, sono bianca, tedesca, nata in un Paese ricco e con il passaporto giusto. Quando me ne sono resa conto ho sentito un obbligo morale: aiutare chi non aveva le mie stesse opportunità».

Fonte: qui

Sarà la Germania che romperà l’euro. Si è preparata da anni. E noi?

Hans-Werner Sinn  è  l’ex direttore dell’IFO, il primo istituto di ricerca economica tedesca  vicino al governo, ed è ancora attualmente nel consiglio del ministero dell’Economia.  Il 21 febbraio 2019, all’università di Buckingham, il professor Sinn ha tenuto una conferenza nel corso di  un convegno intitolato “L’Economia delle Unioni Monetarie –  Esperienze passate e l’Eurozona. Il suo intervento  era centrato su “come ridurre i saldi Target”.  Il Target 2 (la sigla sta per Trans-European Automated Real-Time Gross Settlement Express Transfer System)  è il sistema di pagamento interbancario dei bonifici transfrontalieri fra i paesi che condividono la moneta euro.

Grosso modo: quando un italiano compra una BMW e la paga, appare “debito”  di Bankitalia verso la Bundesbank, la banca centrale tedesca, che  lo considera un “credito”.  Siccome la Germania accumula surplus su surplus,  il supposto “debito” italiano accumulato nel Target 2 è sui 500  miliardi, e la Spagna, 400 miliardi. Come recuperare questo immenso “credito”? o come ridurlo? Ciò assilla gli economisti tedeschi  fino all’ossessione.
In realtà, come spiega in questo video Luca Fantacci, storico dell’economia dell’Università Bocconi,
I “crediti Target 2” non sono esigibili, perché sono spendibili: la Germania può spenderli immediatamente in beni e  servizi.  Allora perché ossessionano  gli economisti tedeschi?  Essi diventano di problematica  convertibilità solo se qualcuno degli stati esce dall’euro.  Adesso è diventato d’attualità il rischio che sia l’Italia ad uscire dall’euro  – ma in realtà, questa ossessione degli economisti tedeschi da Sinn a Weidmann – come recuperare i mille miliardi di crediti Target 2 –   va inteso come una proiezione freudiana: non avrebbero nessuna ragione di essere preoccupati, se non pensassero di uscire dall’euro. Invece ci pensano, ecco il punto, coltivano il progetto, sanno che ad un certo punto  dovranno necessariamente uscirne loro. Solo così si spiega la loro ossessione per i Target 2.

La conferenza di professor Sinn a Buckingham è tutta puntata, ossessivamente,  sui modi per “ridurre” il Target 2, insomma rendere più piccola la cifra, e dunque il danno che subirebbero quando usciranno.

Anzitutto, egli (come Weidmann) interpreta i  500 miliardi di “debito”   verso la Germania che l’Italia ha cumulato nel Target 2, e i 400 della Spagna, come “enormi avanzi e disavanzi della bilancia dei pagamenti  accumulati tra i paesi dell’euro” per colpa della “ Banca centrale europea (BCE) che ha consentito a questi paesi  che incontrano difficoltà di bilancia dei pagamenti di  risolvere i loro problemi aumentando in modo sproporzionato l’offerta di moneta nazionale. Il credito sostitutivo delle “tipografie” nazionali dell’Eurosistema, concesso ai sei paesi colpiti dalla crisi di Grecia, Cipro, Italia, Portogallo, Spagna e Irlanda, ammontava in tal modo a oltre 1.000 miliardi di euro nell’estate del 2012″….
Insomma i 500 miliardi sarebbero, per loro, i soldi in più  che la Germania ha dato agli italiani per consentire loro di vivere  al  disopra dei propri mezzi  (per esempio, comprando le loro BMW). E, aggiunge Sinn: “Mentre  i politici hanno costantemente spregiato l’argomento,  il presidente della Bundesbank Jens Weidmann ha espresso le sue preoccupazioni in merito alle rivendicazioni Target della Bundesbank in una lettera al presidente della BCE Mario Draghi”.

Sinn  sente urgente di “ridurre” la misura di questi sbilanci,  ancorché la loro riduzione abbia  come diretta conseguenza il calo delle esportazioni tedesche verso i paesi debitori.  Esamina otto di questi modi. Si tratta, nel complesso, di mettere un limite a quanto uno Stato “debitore” come Italia o Spagna possa ingrossare il suo “debito” Target 2. Si va dalla assegnazione di lotti fissi, alla fissazione di quote per le operazioni di politica monetaria; dall’imposizione  al paese  il cui cittadino compra una BMW, di presentare un collaterale sotto forma di  obbligazioni pregiate, buoni del Tesoro coperti o garanzie delle banche centrali ; di eseguire i saldi in oro, come a  prima di Bretton Woods; di  imporre  tassi d’interesse altissimi e punitivi al paese che ha uno sbilancio eccessivo  sul target 2.

L’ultimo, ottavo modo consigliato, nel video si legge: “DEXIT”, ossia uscita della Germania dall’euro.  Altro che Italexit o Frexit o Brexit….

In realtà, anche i modi precedentemente elencati da Sinn configurano uscita dall’euro. Perché,  come  ha spiegato  Mario Draghi   nella conferenza stampa del 26 luglio 2018 a domanda di un giornalista (tedesco), chiunque voglia “mettere un tetto, un limite [al Target 2], imporre  di versare un collaterale… non gli piace l’unione monetaria”.

Un  qualunque limite o tetto  farebbe immediatamente sì che gli euro circolanti in Italia o Spagna varrebbero meno degli euro circolanti in Germania o Olanda.  Lo Stato italiano dovrebbe immediatamente reagire alla fuga di capitali che avverrebbe istantaneamente,  rimettendo in vigore il reato di  esportazione dei capitali – sarebbe il primo passo versa la re- istituzione della propria moneta,  per pura necessità.

https://www.ecb.europa.eu/press/pressconf/2018/html/ecb.is180726.en.htm


Non essendo il vostro cronista un economista tedesco, non riesce a capire come Sinn e Weidmann abbiano risolto il problema seguente: ogni riduzione dello sbilancio del Target 2  significa un calo drammatico delle BMW (e WV) che italiani e  spagnoli comprano dalla Germania, il che rovinerebbe  l’industria tedesca. Ancor più il Dexit, ossia l’uscita della Germania e il suo ritorno al marco, che di colpo sarebbe rivalutato del 20-30%. Il vostro cronista però è sicuro che  questi esimi economisti tedeschi ci  hanno pensato  e quindi  abbiano già previsto come risolveranno il problema del crollo dell’export tedesco verso l’Italia, Spagna, Portogallo, Cipro,  Grecia – o forse pensano che  noi compreremo le loro auto anche quando costeranno il 20% in più.  Non so.  Se non si preoccupano loro, vuol dire che hanno pensato e  risolto. Pensano a tutto, al contrario di noi.

Sarà il Dexit – e  coglierà di sorpresa i  nostri  pro-euro

Ma è certo che hanno  pensato a tutto minuziosamente, preparandosi scrupolosamente alla Dexit.  Da anni.  Anche  Yanis Varoufakis, nel 2013, mentre cercava di salvare la Grecia dallo stivale chiodato in cui la  schiacciava la UE con la BCE,  ha espresso il dubbio che “l’intransigenza della Bundesbank fosse la campagna surrettizia di mister Weidmann di restaurare il Marco Tedesco”; anzi il “grande” marco tedesco,  dall’Olanda alla Polonia.

Varoufakis citava  come indizio dei  suoi sospetti il ricorso che mr. Weidmann, il capo della Bundesbank, aveva fatto alla Corte costituzionale tedesca di Karlsruhe  contro gli acquisti a manetta di Mario Draghi per inondare  le banche europee di liquidità  allo scopo di  salvare l’euro.

Fra i quesiti che la Bundesbank  ha posto alla Corte per sapere se il  quantitative easing era un atto illegale, contrario alla Costituzione germanica,  criminale, brilla la  prima asserzione:

Non  spetta a una banca centrale di garantire l’irreversibilità di una moneta”.

https://www.yanisvaroufakis.eu/2013/04/27/intransigent-bundesbank-mr-jens-weidmanns-surreptitious-campaign-to-bring-back-the-greater-deutsch-mark/

Di grazia, a  chi spetterebbe questo compito, se non a una banca centrale?, si domanda Varoufakis.  In base a quale inaudita dottrina economica il capo della Bundesbank ritiene  questo? In quale università ha appreso che una banca centrale non ha il dovere di difendere e  far durare la moneta che emette?

Nessuna risposta. Da questa balzana frase di Weidmann,  si ricava solo questa certezza:

Weidmann, e la Germania  dietro di lui, vogliono rendere reversibile l’euro.

E pensare che i  nostri media  pro-euro  accusano di essere “contro l’euro”  Bagnai e Borghi…..  “L’euro è irreversibile!” tuonano ripetendo le parole di Mario Draghi.  Senza accorgersi mai –  proprio mai – che è il capo della Bundesbank che lo ha dichiarato reversibile, sostenendo che non spetta a una banca centrale garantire la durata di una valuta.

E adesso, Weidmnann diventa quasi sicuramente il nuovo capo della BCE.  I più sorpresi  di tutti saranno i nostri pro-euro, che credono di star lottando per la su “irreversibilità” combattendo il governo “sovranista”. Tutto “l’establishment italiano che sul concetto della teoria economica dell’Unione europea è pronto a sacrificare l’intera gioventù del paese”, come ha detto  Edward Luttwak  (è tutto dire: è più patriota della Bonino ) qualche giorno fa.

Scopriranno come è sovranista la Germania.

Infatti  apprendiamo  che:

LA CORTE COSTITUZIONALE TEDESCA GIUDICHERA’ IL “QE” DI DRAGHI

La Corte Costituzionale tedesca di Karlsruhe terrà una serie di sedute  – a fine luglio prossimo  –   per valutare la legittimità del QEeffettuato dalla BCE di Mario Draghi a partire dal 2015, terminato nel 2018, e che ha portato all’acquisto di 2,7 miliardi di euro in titoli pubblici e privati. Queste sedute si terranno il 30 ed il 31 luglio 2019. 

Scenari Economici, che  dà  la notizia, come Varoufakis ricorda la causa che Weidmann  – non da privato, ma in quanto presidente della Banca centrale tedesca e come tale membro del consiglio BCE –  intentò nel 2013 contro Mario Draghi  per l’eccesso  di “stampa” che Draghi attuò per salvare l’euro e le banche (non certo noi). Giunse a testimoniare contro Draghi presso la Corte…
Recentemente il governatore della BuBa si è scusato con Draghi ed ha affermato di aver cambiato idea sulla materia, dichiarazione fatta anche in vista del prossimo rinnovo delle cariche dell’istituto centrale”.
Diversi intelligenti twitterologhi  anti-euro  si rallegrano  che Weidmann salga alla poltrona di Draghi: vedrai, dicono, che ci caccerà dall’euro, ci segregherà  dal Target 2, e così saremo  obbligati  a tornare alla lira, riguadagneremo competitività e sovranità  -

Siamo Pronti? Speriamo….

Giova sperare. Ma non vorrei sottovalutassimo che i tedeschi  sono preparati minuziosamente a quel  momento, di cui noi ci limitiamo a chiacchierare e a litigare.   Hanno pensato sicuramente a tutto,  mentre noi  non ci siamo preparati in niente. Fra le cose che  avranno pensato,  c’è sicuramente come recuperare il più possibile dei 500 miliardi che secondo  loro gli dobbiamo.
Quando lo faranno, sarà di colpo. Di sorpresa. Stupirà i nostri pro-euro  italioti, che hanno sbagliato nemico (credevano fosse Borghi, e invece era Weidmann). Ma secondo  me saranno stupefatti anche  gli anti-euro nostrani, che non hanno pensato al dopo,  che  mostrano in tv i loro mini-Bot  finti, mentre i tedeschi hanno già preparato tutto.
Sarà una  sorpresa tipo quella dell’8 Settembre. Quando Badoglio scappando informò l’esercito italiano che aveva cambiato alleati.   Gli ufficiali italiani non s’erano preparati. I tedeschi sì, e come bene. Un’ora dopo il discorso di Badoglio, già rastrellavano e disarmavano i nostri soldatini inermi per deportarli in massa.
Da cui l’immortale battuta del capitano Alberto Sordi al telefono col suo comando: “Colonné, i tedeschi se so’ alleati co’ li americani!”.

Sarà di nuovo così, vedrete.
Fonte: qui

Autovelox in città: le multe sono valide solo se c’è la corsia d'emergenza e il fermo. Tutte le altre sono impugnabili

La Cassazione sancisce che gli autovelox possono stare in città solo in strade urbane a scorrimento e rende nulle migliaia di sanzione

Autovelox in città: le multe sono valide solo se c’è la corsia d'emergenza e il fermo. Tutte le altre sono impugnabili


Buone notizie per gli automobilisti che hanno preso una multa in citta per eccesso di velocità. Una una sentenza della Corte di Cassazione rende impugnabili migliaia di sanzioni. Con il pronunciamento numero 16622/19, depositato il 20 giugno, gli Ermellini hanno dichiarato illegittimi i provvedimenti prefettizi che autorizzino l'installazione di apparecchi a funzionamento automatico con contestazione differita su strade urbane che non siano di tipo a scorrimento.

Multe impugnabili

Ne consegue, quindi, che le sanzioni elevate in ambito urbano con Autovelox fissi,se non vengono contestate immediatamente dalle Forze dell'Ordine sono impugnabili e annullabili nel caso gli apparecchi di controllo siano montato su tratti d'asfalto senza banchine.

Autovelox in città

Nel diffondere il testo della sentenza della Cassazione, che prosegue il solco tracciato da orientamenti precedenti (sentenze numero 4451/19 e numero 4090/19), il quotidiano di informazione giuridica dirittoegiustizia.it evidenzia come la decisione confermi che: "Il provvedimento prefettizio di individuazione delle strade lungo le quali è possibile installare apparecchiature automatiche per il rilevamento della velocità, senza obbligo di fermo immediato del conducente, può includere soltanto le strade del tipo imposto dalla legge e non altre".

Le strade urbane di scorrimento

Per quello che riguarda le arterie cittadine, le norme attuali includono solo le strade urbane di scorrimento, che per l'articolo 2 del Codice della Strada, sono quelle tra le altri condizioni devono avere anche una banchina. Questa, ricordano gli esperti della Giuffrè Francis Lefebvre, è identificabile come "uno spazio all'interno della sede stradale, ma esterno rispetto alla carreggiata, destinato al passaggio dei pedoni ovvero alla sosta di emergenza che deve restare libero da ingombri".

Sanzioni illegittime

Se, come nel caso oggetto del pronunciamento, relativo a una sanzione elevata nel comune di Firenze, tale area è troppo piccola e non consente manovre con un veicolo, in giudizio la classificazione della strada come a "scorrimento" può essere contestata e, in caso di accoglimento, la sanzione può essere annullata per illegittimità, appunto, del provvedimento prefettizio.
Fonte: qui

L’ex pm antimafia Di Lello: “Fu Orlando a firmare un esposto contro Falcone”


Non si è ancora spento l’eco delle polemiche che hanno segnato le celebrazioni per il 27esimo anniversario della strage di Capaci in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio MontinaroDopo le assenze eccellenti del 23 maggio dalla cerimonia che si è svolta all’Aula bunker dell’Ucciardone a Palermo (prime fra tutte quelle di Leoluca Orlando, Claudio Fava e Nello Musumeci), interviene Giuseppe Di Lello, ex magistrato, già componente del pool antimafia ed ex parlamentare di Rifondazione comunista, che intervistato dall’Adnkronos, non usa giri di parole: Fu Leoluca Orlando insieme al gruppo della Rete a fare l’esposto contro Falcone. Ma l’Italia è un Paese che non ricorda. Il 23 non è andato all’aula bunker perché c’era Salvini? Io dico che non sarei andato perché c’era lui”.

Peppino Di Lello
“La verità? E’ che la Sicilia è un’isola pirandelliana” ha detto ancora all’Adnkronos. Di Lello che fece, appunto, parte del pool antimafia spiega come anche quest’anno “come sempre” lui sia stato nell’Aula bunker, quella stessa aula in cui fu celebrato il primo maxiprocesso alla mafia. “Un’emozione come ogni anno – racconta –, ma anche un ricordo triste. Ho pensato a Chinnici, a Falcone, a Borsellino, un intero ufficio Istruzione demolito con il tritolo”.
Troppi veleni” aveva comunicato il presidente della Regione siciliana per motivare la sua assenza. Una cerimonia ridotta a un “Grande Fratello” aveva detto Fava, mentre il sindaco Orlando aveva accolto gli ospiti istituzionali fuori dall’aula bunker “trasformata in piazza per comizi“, per poi andar via prima dell’arrivo del ministro dell’Interno. Secondo Peppino Di Lello, invece, quella del 23 “non è stata una passerella“. Per l’ex componente del pool antimafia, il ministro dell’Interno “aveva l’obbligo di essere presente” perché nella strage di Capaci “la mafia ammazzò anche tre poliziotti. Sarebbe stata assurda l’assenza di Salvini o del premier Conte”.

Maria Falcone: “La migliore risposta alle polemiche sono state le migliaia di ragazzi 

“La risposta migliore la danno le migliaia di ragazzi che sono arrivati a Palermo da tutta Italia. Hanno riempito una città. Alle polemiche risponde l’entusiasmo dei giovani, segno che stiamo seminando bene”.
Così Maria Falcone, sorella del giudice e presidente della Fondazione che del magistrato prende il nome: “Fare polemica su chi dovesse salire sul palco e sulle scalette – dice – mi pare piuttosto riduttivo. Ribadisco poi un’altra cosa: le presenze istituzionali nazionali, parlo dei ministri, sono una costante di tutti i 23 maggio. La lotta alla mafia senza le istituzioni non si può fare”.
Fonte: qui

LA STAZIONE DELLA METRO A REPUBBLICA RIAPRE DOPO 246 GIORNI DI CHIUSURA

LA SINDACA CHIEDE SCUSA. I CITTADINI: “VERGOGNA MONDIALE” 

I COMMERCIANTI LAMENTANO PERDITE DEL 70% 

“SE LA RAGGI PENSA CHE POSSA FINIRE TUTTO A 'TARALLUCCI E VINO SI SBAGLIA DI GROSSO”

Alessandra Camilletti per www.ilmessaggero.it

stazione metro repubblicaSTAZIONE METRO REPUBBLICA

Era pronta anche la torta. Taglio della prima fetta previsto alle 17, con la riapertura della fermata Repubblica della metro A dopo otto mesi di chiusura. E invece niente, festa guastata. Se ne riparla oggi quando si spezzerà il vuoto di collegamento tra Termini e Spagna. La stazione sarà riaperta dalle 5.30 con quattro scale mobili su sei. Tra le due chiuse, quella saltata il 23 ottobre, con il ferimento di 24 tifosi del Cska Mosca, per cui si attende il piano di intervento.

Proprio nella giornata di sciopero del trasporto pubblico ieri era attesa la riapertura, «il giorno buono» sospirano fin quasi a metà pomeriggio i commercianti della zona, e anche l'ora buona, in concomitanza con la ripartenza della linea per la fascia di rispetto dello sciopero dalle 17 alle 20. Queste erano le indicazioni venute dai tecnici, dice il Comitato. Poi invece, con polemica, la torta torna in freezer e questa mattina verrà cambiato il numero scritto sopra: riapertura non più dopo 245 giorni di chiusura, ma dopo 246.

roma, dopo 246 giorni riapre la fermata metro repubblica 20ROMA, DOPO 246 GIORNI RIAPRE LA FERMATA METRO REPUBBLICA 
A cambiare le cose, alle 16.30, il tweet della sindaca Virginia Raggi: «La stazione Repubblica riaprirà domani mattina in sicurezza. Ci scusiamo per i disagi che cittadini e commercianti hanno dovuto affrontare in questi mesi a causa dei lavori straordinari di manutenzione». A seguire la comunicazione di Ama, il cui presidente e ad Paolo Simioni aveva fatto un sopralluogo in mattinata: «Conclusi con esito positivo i collaudi alla stazione metro Repubblica: riaprirà domattina alle 5.30. Nel corso della giornata di oggi verranno completate le operazioni di messa in sicurezza e pulizia della stazione».


stazione metro repubblicaSTAZIONE METRO REPUBBLICA
I commercianti non ci stanno. «Certo che siamo contenti che la metro riaprirà, ma ci sentiamo presi in giro. Volevamo festeggiare la riapertura della metro ma è ancora un annuncio disatteso», sbotta Angelo Mantini, portavoce del Comitato Riapertura metro Repubblica, che alle 17, invece di tagliare la torta, si ritrova a prendere banchetto e megafono per dare ancora una volta voce alla protesta della piazza: «E che cosa c'è di straordinario in otto mesi quando riapriremo solo quattro delle sei scale. Quella che si è rotta non è stata riparata. Si poteva costruire una nuova stazione».

roma, dopo 246 giorni riapre la fermata metro repubblica 18ROMA, DOPO 246 GIORNI RIAPRE LA FERMATA METRO REPUBBLICA
Mezza giornata sembra un soffio, ma qui ha il peso di un macigno. «Era importante aprire oggi perché dopo 245 giorni ogni giorno che passa è importante, è come aspettare qualcosa che non si definisce mai sottolinea Mantini L'apertura oggi non era una nostra idea. Sono state le persone che lavorano qui sotto a dire a tutti i negozianti che la metro poteva riaprire già alle 10. Solo che c'è sciopero e allora le 17. Poi forse qualcuno ha pensato che è meglio aprire domani alle 5.30, nel più completo anonimato».

Ad un certo punto sparisce il cartello che segnava la chiusura della metro e il display non ha più l'indicazione off-limits, poi tutto torna alla situazione di lunedì. Esponenti del Comitato annunciano la presenza per le 5.30, per l'apertura dei cancelli. Alle 9.30, invece, il ritrovo in piazza, torta compresa, come due mesi fa si era brindato per protesta. «E la foto quotidiana che pubblichiamo su Facebook in bianco e nero diventerà a colori», annuncia Mantini.
roma, dopo 246 giorni riapre la fermata metro repubblica 19ROMA, DOPO 246 GIORNI RIAPRE LA FERMATA METRO REPUBBLICA 

I consumatori: vergogna mondiale. «Il caso della stazione della metro Repubblica a Roma ha rappresentato una vergogna per la città agli occhi del mondo intero, e non possono certo bastare le scuse del sindaco Raggi a placare la rabbia di cittadini e negozianti». Lo afferma il Codacons in una nota, commentando la notizia della riapertura della fermata.

roma, dopo 246 giorni riapre la fermata metro repubblica 1ROMA, DOPO 246 GIORNI RIAPRE LA FERMATA METRO REPUBBLICA 






«Le scuse di Virginia Raggi sono rispedite al mittente e non vengono accettate né dagli utenti, né dagli esercenti - spiega il presidente Carlo Rienzi - Chi vive e lavora nella zona di Repubblica, così come i turisti e i titolari di attività commerciali nell'area, ha subito un danno evidente e se il sindaco pensa che possa finire tutto a 'tarallucci e vinò si sbaglia di grosso. Gli abbonati Atac devono ottenere un equo indennizzo per il disservizio subito e gli esercenti il risarcimento per la riduzione del giro di affari della propria attività come conseguenza della prolungata chiusura della stazione».

Fonte: qui




GRAMELLINI: "LA FERMATA ‘REPUBBLICA’ DELLA METRO DI ROMA HA RIAPERTO I BATTENTI DOPO 246 GIORNI, LE 4 SCALE MOBILI FUNZIONANTI AL MOMENTO DELLA CHIUSURA CONTINUANO IMPERTERRITE A FUNZIONARE. MENTRE QUELLA ROTTA CONTINUA A ESSERE ROTTA. 

MA ALLORA CHE COSA HANNO FATTO IN QUESTI 8 MESI? 

UN PO' DI PAZIENZA E LO SAPREMO. SE NON NOI, I NOSTRI NIPOTI…"

ROTTE E MAI RIPARATE LE SCALE DELLA VERGOGNA
Lorenza De Cicco per “il Messaggero”

Gli operai finora non l'hanno nemmeno toccata, in otto mesi. È ancora lì, sfasciata e inutilizzabile come quella sera del 23 ottobre scorso, quando il rullo di metallo scivolò verso il basso a velocità folle, accartocciando le lamine e falciando le gambe dei tifosi del Cska in trasferta. Decine di feriti. L'incidente sui giornali di tutto il mondo. L'immagine del collasso Capitale. Otto mesi dopo e con oltre mezzo milione di euro già sborsato dall'Atac, la stazione della metro A in piazza della Repubblica ha riaperto, ieri mattina.

repubblica scala mobileREPUBBLICA SCALA MOBILE
Ma la rampa crollata è incredibilmente ancora fuori uso, come 247 giorni fa. Stesso discorso per l'impianto gemello che le sta affianco. Funzionano le altre 4 scale, quelle mai precipitate. E nemmeno il pannello con le bellezze di Roma tagliate dalla luce del tramonto - la magia dei Fori, la cupola di San Carlo al Corso - che l'Atac ha sistemato per nascondere alla vista la scala maledetta, riesce a coprire la vergogna dei ritardi. Incomprensibili, a pensare che una stazione centralissima, tra le più frequentate della Capitale, sia rimasta chiusa per 32 settimane di fila per una rampa collassata e che abbia riaperto, dopo tanti travagli, senza che quella scala sia stata aggiustata.

Se non ci fosse il cartonato a coprire tutto, il rullo martoriato dopo 8 mesi di chiusura sarebbe la fotografia perfetta per raccontare il tormento che vivono i trasporti romani e allo stesso tempo l'odissea di una burocrazia paludosa e goffa, che prolunga i disagi oltre ogni immaginazione. Mettere in fila le date aiuta a ricostruire responsabilità ed errori (in attesa che venga ricostruita la scala...). Responsabilità del Campidoglio, dell'Atac, della ditta di manutenzione.

METRO BARBERINI SCALA MOBILEMETRO BARBERINI SCALA MOBILE
Primo flashback: la scala in questione - matricola 339 - era stata costruita nel 2009, per rimpiazzare quella installata nella stazione in occasione dell'apertura, nel 1980. In teoria la scala avrebbe dovuto reggere «fino al 2029». Cioè per altri dieci anni. Così prevedevano i tecnici dell'Atac. Invece è crollato tutto e ora la Procura indaga sulle falle della manutenzione.

A occuparsene, fino a tre mesi fa, era un consorzio che metteva insieme un'impresa di Napoli con una ditta di Roma. L'appalto lo aveva assegnato a luglio 2017 la vecchia governance di Atac, scelta sempre da Virginia Raggi, nello specifico quella guidata dall'ex amministratore unico, Manuel Fantasia. Un ingegnere nucleare, prima nominato e poi scaricato dai grillini a settembre 2017. Il consorzio di Napoli aveva sbaragliato la concorrenza con un maxi-ribasso del 49,7%. E arriviamo al 23 ottobre scorso. Il crollo della rampa 339.
METRO BARBERINI SCALA MOBILEMETRO BARBERINI SCALA MOBILE

Dopo l'incidente, i pm hanno sequestrato tutto. Ma già il 27 novembre, dopo un mese, avevano ordinato il «dissequestro parziale». Tradotto: a parte la rampa crollata e quella di fianco (i sigilli saranno tolti il 28 marzo), sulle altre 4 si poteva lavorare già da quasi sette mesi. Atac all'inizio ha ordinato una serie di controlli, puntando a riaprire per metà gennaio. Ma la situazione, invece di migliorare, si è aggravata, fino alla grottesca conseguenza che per un mese intero il centro di Roma non ha avuto una stazione del metrò aperta. Come negli anni 80.

All'Atac ci si accorge che il problema è serio durante le «prove di carico» del 10 e 11 gennaio. Durante i collaudi, altre due scale di Repubblica non reggono. «Il disco freno non era idoneo», scopre la società comunale. Un mese e mezzo dopo, il 27 febbraio, Atac chiede allora al consorzio della manutenzione di riparare «con urgenza» tutte le scale.

roma crolla scala mobile in metro 8ROMA CROLLA SCALA MOBILE IN METRO 8

E di accollarsi i costi, compresa la fabbricazione dei pezzi mancanti, ormai fuori produzione. Il consorzio a marzo risponde picche. E così l'Atac decide di stracciare il contratto. Nel frattempo la vicenda ha preso una piega surreale: è precipitata un'altra scala a Barberini - stazione ancora parzialmente sequestrata - e anche Spagna ha dovuto chiudere per un mese, avendo impianti uguali.

MEZZO MILIONE GIÀ SPESO
Passa altro tempo. Siamo ad aprile. La municipalizzata mette a bilancio 1 milione e 265mila euro solo per le scale. A oggi ne sono stati già spesi 543mila, senza contare l'Iva. Ma i due contratti applicativi, prima per la metro di Spagna, poi per Repubblica, incredibilmente non hanno mai riguardato la rampa distrutta otto mesi fa. Cioè l'innesco di tutto.

Lo confermano le carte sugli appalti pubblicate dall'Atac. Nell'ultimo provvedimento del 16 maggio scorso, c'è scritto che la scala con la matricola 339 farà parte di «ulteriori contratti applicativi». Si è scelto di procedere sulle altre 4 scale, spiegano dalla partecipata, per fare prima. Perché ripararle sarebbe stato meno complicato. Un paradosso, a pensare che ci sono voluti sette (sette) mesi, togliendo il mese del sequestro. Per la scala precipitata si è ancora in una fase di «verifica», poi arriverà una «relazione tecnica», poi ancora si procederà coi lavori. Tempi? Incerti, naturalmente. Fonte: qui