Per provare l’immortalità della fede, un prete ha somministrato del veleno per topi alla sua congregazione. Come ci si può facilmente immaginare non è andata bene.
VELENO PER TOPI IN CHIESA
Padre Light Monyeki di Soshanguve, in sud Africa, si è fatto carico della parola di Dio in maniera un po’ troppo letterale, volendo mostrare ai suoi fedeli dei poteri soprannaturali e immortali della fede, con una prova decisamente pericolosa.
Il prete ha dichiarato alla sua congregazione che non avrebbero dovuto temere la morte, poiché sarebbero sopravvissuti, prima di servire alcune bottigliette d’acqua contenenti del veleno per topi. Sfortunatamente i più sono stati felici di soddisfare la sua richiesta.
“Non dovete proclamare la vostra fede perché siamo tutti credenti, la morte non ha alcun potere su di noi. Orribilmente, molti dei suoi seguaci sono accorsi a bere la sorsata letale del fatale miscuglio in un gesto disperato per sentirsi più vicini a Dio."
VELENO PER TOPI IN CHIESA
Il prete ha bevuto il liquido per primo prima di versarlo nella bocca della sua leale congregazione. Come prevedibile, i membri della chiesa hanno iniziato ad avvertire dolori allo stomaco e nel pomeriggio, cinque di loro erano morti.
Altri 13 sono stati portati all’ospedale dopo aver ingerito il drink letale, ciononostante Monyeki ha negato la sua responsabilità a riguardo, dichiarando: “Troppo di una cosa buona può essere cattivo”.
L’incidente ha avviato un’indagine della polizia, ma nessuno è stato arrestato finora.
È sbalorditivo che questo prete possa aver davvero pensato anche per un solo secondo che questa fosse una buona idea e mette in luce un forte abuso di potere sui suoi fedeli.
Molti di questi topicidi possono avere degli effetti considerevoli sul corpo umano se ingeriti, contengono anticoagulanti e, man mano che i ratti sviluppano delle difese a questi veleni, sono sempe più potenti e tossici sia per gli animali sia per gli uomini.
15 Gennaio 2017
GLI ANIMALISTI SONO SUL PIEDE DI GUERRA E SONO SCESI IN PIAZZA PER PROTESTARE CONTRO UNA DISPOSIZIONE CHE, A LORO GIUDIZIO, È “CRUDELE”: I BISOGNI LIQUIDI SONO IMPOSSIBILI DA METTERE IN UN SACCHETTO
È una vera vita da cani quella degli oltre 6.500 cuccioli iscritti all' anagrafe canina di Savona e per i quali il sindaco Ilaria Caprioglio ha disposto il divieto di fare la pipì in centro, pena una multa di 500 euro.
Sono considerate zone off-limits tutti i marciapiedi del centro storico, le zone pedonali e «tutti gli elementi edilizi/architettonici e di arredo urbano presenti nelle suddette aree», ossia «facciate degli edifici, colonne dei portici, pali e paline, aiuole, panchine, cestini raccogli rifiuti e quant' altro presente», si legge nell' ordinanza. Se i cani sapessero leggere, esclamerebbero: «Non si può più pisciare in pace!».
Gli animalisti sono sul piede di guerra e già il 23 dicembre sono scesi in piazza per protestare contro una disposizione che, a loro giudizio, è crudele ed i cui responsabili sono i proprietari dei negozi del cuore della città, che da anni chiedono maggiore pulizia e che le vie centrali, deputate allo shopping e al passeggio, non siano trasformate in latrine pubbliche per i cani che non di rado abbandonano i loro bisogni liquidi davanti agli esercizi commerciali rendendo l' aria - a loro dire - irrespirabile.
ILARIA CAPRIOGLIO
Se i bisogni solidi vengono raccolti con l' apposito guanto e gettati nel cassonetto, quelli liquidi sono impossibili da portare via. Secondo gli animalisti ed i proprietari dei cani esiste un unico modo davvero efficace per impedire che un cucciolo faccia la pipì in centro quando gli scappa: non recarsi in centro. Ecco perché il provvedimento del sindaco è stato considerato alla stregua di un atto che vieta illegittimamente l'accesso alle vie più belle di Savona a coloro che hanno un cagnolino al seguito.
ILARIA CAPRIOGLIO
Caprioglio si è difesa sostenendo che «nessuno vuole escludere i cani dalla città» e che sarà sufficiente, all' occorrenza, «trascinare il cane giù dal marciapiede». Il sindaco non ha considerato però che gli animali non possono dire: «Ehi, scusa, mi scappa la pipì, spostiamoci in strada prima che sia troppo tardi!».
Fido, quando deve, la fa lì dove gli capita e non cerca la toilette. Del resto, fanno così anche migliaia di immigrati clandestini che le nostre città sono state costrette ad accogliere sì, ma in strada. Persino in una metropoli decorosa come Milano la puzza di urina in pieno centro è soffocante e non è colpa dei cani, ma degli immigrati che, pur avendo a disposizione a pochi passi i bagni pubblici, decidono di non utilizzarli e di dare libero sfogo in strada, alla luce del sole e sotto gli occhi increduli dei passanti, ai loro bisogni corporali. Non abbiamo pensato a modi efficaci per contrastare questi diffusi fenomeni di inciviltà, ma a Savona ce la prendiamo con i cani che osano fare la pipì senza chiedere il permesso.
Nel febbraio del 2015 la Corte di Cassazione si era mostrata comprensiva verso i cuccioli, sottolineando in una sentenza che «è dato di comune esperienza che, per quanto l' animale possa essere bene educato, il momento in cui lo stesso decide di espletare i propri bisogni fisiologici è talvolta difficilmente prevedibile, trattandosi di un istinto non altrimenti orientabile e comunque non altrimenti sopprimibile mediante il compimento di azioni verso l'animale che si porrebbero al confine del maltrattamento».
CASSAZIONE
In tali circostanze il proprietario del cane è chiamato ad utilizzare il buonsenso, o il senso civico, che coincidono, «riducendo il più possibile il rischio che l' animale possa lordare i beni di proprietà di terzi», come pareti di edifici, macchine parcheggiate, vetrine. Se Fido proprio non ce la fa a trattenerla, il padrone, per evitare conseguenze amministrative o penali, deve essere munito di una bottiglietta d'acqua e farne scivolare il contenuto sulla pipì del suo amico a quattro zampe.
CASSAZIONE
Per la Suprema Corte, che con tale sentenza nel 2015 ha assolto un uomo dal reato di imbrattamento di un edificio di interesse storico perché costui era dotato di una bottiglietta d'acqua, tale comportamento del padrone sarebbe indice della volontà evidente non solo di non provocare alcun danno ma di minimizzare i danni eventualmente arrecati dal suo cane.
Dunque, secondo la Corte di Cassazione, il padrone deve vigilare sul comportamento del suo animale, tenendolo al guinzaglio, cercando di farlo desistere dall' azione, se e fin quando è possibile, e, qualora fido non riesca proprio a trattenerla fino al raggiungimento di un luogo più consono, il proprietario deve lavare via l' urina, manifestando così la volontà di riparare.
NON E PER FARCI LA PIPI
Adesso il quesito è: sarà sufficiente un pochino di acqua per evitare la multa di 500 euro che il sindaco di Savona ha disposto nei confronti dei proprietari dei cani che incautamente urinano all' interno del vasto perimetro del centro città? E se i cani dovessero fare pipì su un' aiuola basterà innaffiarla per non incorrere nella salata sanzione? La questione è tutt' altro che chiara. Sembra che munirsi di bottiglietta e pulire per l' intransigente Caprioglio non sia affatto sufficiente. Nel dubbio qualcuno potrebbe dotarsi di pannolino.
Con l' anno nuovo arrivano raffiche di rincari sulle bollette, sui pedaggi e sulle altre tariffe: l' Adusbef prevede 591 euro aggiuntivi per queste voci, che salgono a +952 euro sulla famiglia italiana media aggiungendo le spese extra per i prodotti di consumo. E Nomisma Energia fa sponda vaticinando un +5% nelle bollette del gas dal mese di gennaio e un +3,5% in quelle della luce, come assaggio di un anno tutto in crescita per l' energia, inclusi i carburanti.
Considerato poi che i costi della benzina, del gasolio auto, dell' elettricità e del metano sono pervasivi e si scaricano sui prezzi finali di quasi tutti i prodotti e i servizi comprati e venduti, ecco la facile profezia di un 2018 di inflazione vivace.
BOLLETTA DEL GAS
Quanto al giudizio di merito i pareri sono divisi: gli economisti più attenti all' approccio «macro» apprezzano il movimento generale al rialzo, dopo anni di guerra della Bce e dei singoli governi dell' Ue alla deflazione. Dall' altra parte delle barricata ci sono le famiglie italiane, che vedono i loro conti appesantirsi.
Assumendo il loro punto di vista, l' Adusbef prevede +361 euro per consumi di beni vari e +591 euro per le tariffe 2018, tariffe che dipendono da scelte politiche o amministrative, da prendere in base a linee-guida già stabilite; concentrando l' attenzione su questi 591 euro, la prima responsabile dei rincari è l' energia, e non solo per la rimonta internazionale del petrolio: l' Adusbef punta il dito sulle «bollette della luce destinate ad aumentare per 22 milioni di famiglie su 29 milioni totali dal 1° gennaio, a causa di una riforma delle tariffe che penalizza gli utenti con minori consumi». Elettricità e metano ci costeranno 68 euro in più e l' acqua 45 euro in più.
CANONE RAI BOLLETTA
L' associazione calcola poi rincari medi di 25 euro per le assicurazioni auto, +40 sui pedaggi autostradali, +97 sugli altri costi di trasporto, +49 la Tari, +156 euro le tariffe professionali e artigianali, +55 euro i ticket sanitari, +18 le tariffe postali e +38 euro i costi bancari.
Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, vede soprattutto nel prezzo del petrolio la spinta a un rialzo generale dei prezzi: «In giornata un attacco a un oleodotto ha colpito la Libia riducendone di 260 mila barili al giorno la capacità di export. Ma a parte incidenti del genere, come quello al gasdotto in Austria pochi giorni fa, è tutto il sistema dell' energia che è sotto pressione. Il mondo consuma sempre più petrolio, ogni anno +1,5 milioni di barili al giorno, l' Arabia Saudita appare molto determinata a tenere sotto controllo la produzione, e così l' eccesso di offerta che aveva colpito il mercato negli scorsi anni è stato riassorbito, nonostante il boom dello "shale oil" americano».
BOLLETTE
Ieri il Wti americano ha rivisto i 60 dollari per barile e il Brent europeo i 67, ma secondo Tabarelli non finirà qui: «Prevediamo un 2018 di greggio in rialzo e una forte carenza di petrolio sul mercato entro un anno o due. Negli anni di vacche magre fra il 2014 e il 2016 gli investimenti in trivellazioni sono scesi del 60% e questo causerà una crisi dell' offerta.
Oltretutto la finanza torna a investire su petrolio e materie prime, che hanno prezzi bassi rispetto alle medie storiche, mentre le Borse sono ai massimi. In questo momento la finanza globale può investire solo in Bitcoin o in petrolio, e questo amplierà la fluttuazione al rialzo sul prezzo del barile».
Decine di furti notturni e non durante le feste di Natale. La sera della vigilia i ladri hanno svaligiato diversi appartamenti in varie zone della città. E i saccheggi si sono protratti anche nella giornata del 25. Dopo i regali e la felicità della festa, per molti romani è sopraggiunto lo sconforto di trovare a soqquadro l'abitazione. Fra polizia e carabinieri ammontano a circa 200 i sopralluoghi per furto durante il 24 ed il 25 Dicembre. I ladri, in questo frangente, colpiscono in modo inesorabile consapevoli che se una casa è vuota lo sarà per ore in quanto il proprietario sta trascorrendo il Natale in casa di parenti o di amici. Ed ecco che quando si è arrivati alla mezzanotte della Vigilia sono scattate le prime telefonate al 112: alla gioia di avere scartato i regali si è sommato il dramma di avere scoperto il proprio appartamento visitato dai soliti ignoti.
LADRO FURTO CASA
Le pattuglie delle forze dell'ordine hanno agito a tappeto per le tantissime effrazioni. Furti in zona Ostiense, Trastevere, Monteverde, Ostia, Fiumicino, nel Centro Storico, a Prati, a Montesacro, a Spinaceto e in tante altre zone comprese quelle dell'hinterland. Le vittime hanno fatto l'amara scoperta sono rientrare in casa dopo avere passato il Natale con i parenti. Circa 200 furti in totale anche se, secondo gli inquirenti, questo tipo di reato sarebbe in calo.
A Vigna Clara, i ladri hanno fatto saltare la serratura di un'abitazione dove vive un'anziana ottantenne che quando è rincasata ha trovato vuoti i cassetti dove teneva i gioielli. La donna è la mamma di un giornalista Rai che anche lui, come tanti, si è rivolto al 112. Le squadre di Polizia Scientifica e quelle dell'Arma hanno svolto parecchi sopralluoghi. La Scientifica è intervenuta tenendo conto di questo criterio: solo dopo la richiesta degli investigatori che hanno ritenuto opportuno l'intervento in quanto i ladri potevano avere lasciato impronte o altre tracce sul furto di turno.
Il furto più rilevante si è avuto in via Bompietro, a Borgata Finocchio, periferia del Casilino. I ladri si sono introdotti in casa di un negoziante ed hanno messo a segno un colpo da brividi: sono riusciti a mettere le mani su cinque pistole automatiche (regolarmente denunciate) e su 150.000 euro in contanti. Il commerciante si era arrischiato a tenere una cifra del genere in casa per fare acquisti di lavoro subito dopo le feste.
LADRO FURTO CASA
Per quanto riguarda le volanti della polizia sono riuscite in diverse occasioni a mettere in fuga i ladri arrivando quasi in flagranza di reato. Gli agenti hanno arrestato quindici persone (due romani, cinque rom, albanesi, romeni) in flagranza di reato.Alcuni sorpresi sulle scale di stabili mentre si apprestavano a svaligiare. Altri sono stati bloccati durante la fuga ed è stata recuperata la refurtiva. In alcuni casi, le vittime di furto in abitazione hanno dovuto chiedere l'intervento dei vigili del fuoco: i ladri forzando porte blindate le hanno bloccate dall'interno.
Secondo Natale da sfollati. É stata la triste sorte, a un anno e mezzo dall'evento sismico, di almeno metà della popolazione terremotata del centro Italia. Soltanto un solido spirito di adattamento e un forte amore per la propria terra d'origine sta aiutando questa gente a superare le tantissime difficoltà che giorno dopo giorno gli si parano davanti. Non bastano le scosse, anche di debolissima entità che si ripresentano periodicamente, a ricordare il terremoto di agosto e poi quello di ottobre del 2016 perché oggi, alle complicazioni di allora se ne aggiungono di nuove. E apparentemente difficili da risolvere.
TERREMOTO CENTRO ITALIA 1
Prima fra tutte quella delle soluzioni abitative d'emergenza (Sae), ossia le cosiddette casette montate per metà rispetto al numero richiesto.
Tuttavia le famiglie che hanno preso possesso degli alloggi temporanei non se la passano gran bene: le tubature dei boiler posizionati sui tetti nei giorni scorsi, quando la temperatura esterna ha superato i 5 gradi sotto lo zero, sono esplose a causa del gelo, lasciando le case senza acqua calda. A oggi i tecnici dei vari consorzi produttori delle Sae stanno coibentando le tubazioni e le caldaie. Ma non basta.
TERREMOTO NEL CENTRO ITALIA
Il ricambio insufficente dell'aria nelle abitazioni crea sempre più spesso condensa sulle porte e sulle finestre. Quando piove a vento, e il clima appenninico è solito a queste manifestazioni, sono evidenti le infiltrazioni d'acqua attorno agli infissi. E non sono casi isolati: dal reatino al maceratese passando per il piceno ai primi cittadini sono arrivate tante segnalazioni di questa gravità che dimostrano quanto siano poco adeguate le casette al clima dell'entroterra del centro Italia.
TERREMOTO NEL CENTRO ITALIA
Ma siamo solo ai primi mesi dalla messa in posa, chissà quanto reggeranno le piccole Sae. E anche lì dove si dovrebbe lavorare alacremente per dare presto un alloggio a chi ne ha diritto le consegne procedono a rilento: «Abbiamo superato finalmente tutti i problemi per il collaudo delle caldaie ma solo dopo aver chiamato il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, e la vigilia di Natale abbiamo consegnato altre 12 casette, ma ne mancano all'appello ancora 170 chiosa Giuliano Pazzaglini, sindaco di Visso -. Quindi nessuna inaugurazione e nessuna cerimonia: la faremo solo quando avremo consegnato l'ultimo alloggio temporaneo. Allora potrò dirmi soddisfatto».
CROLLI TERREMOTO CENTRO ITALIA
«È desolante - denuncia l sindaco di Sarnano, Franco Ceregioli - All'esterno vialetti ancora da sistemare, cumuli di terra, terrapieni da ultimare, reti da cantiere, asfaltatura rovinata, pezzi di catrame sulle aiuole. All'interno, oltre alla sporcizia, parte del mobilio e dei complementi d'arredo previsti nel capitolato non montati o addirittura assenti».
Al contempo una buona metà di chi è ancora negli hotel della costa marchigiana, in maggioranza anziani, si sta approssimando a un ennesimo trasferimento: infatti almeno il 40 per cento degli albergatori non ha rinnovato la convenzione e quindi gli sfollati a inizio gennaio saranno costretti a traslocare in altre strutture.
TERREMOTO CENTRO ITALIA
Non mancano le difficoltà sulla viabilità locale perché l'Anas, come ha comunicato ieri ad alcuni comuni della Val Nerina, non ha ultimato ancora la manutenzione stradale: gli interventi si potranno concludere a fine febbraio, non prima. Altrettanto a rilento procede anche la rimozione e lo smaltimento delle macerie: tra Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo sono state bonificate soltanto le aree dove insistevano gli edifici pubblici, almeno l'80 per cento dei cumuli delle case crollate sono là in bella mostra, ai lati delle strade per l'accesso ai vecchi borghi.
La speranza nei cuori di questi concittadini è che con la primavera, di pari passo con la sistemazione di tutte le Sae e l'allestimento dei piccoli quartieri temporanei, riprenda a poco a poco la vita e con essa il lavoro per tutti. Altra nota dolente. Non poche polemiche a questo proposito sta suscitando a Fermo il corso organizzato dalla onlus Gus (Gruppo umana solidarietà) per gli immigrati che risiedono a Servigliano e dedicato a chi di loro vuole imparare a tagliare la pelle. Chissà che vorranno impiegare gli ospiti nel nuovo stabilimento Tod's appena inaugurato.
HA STRAVOLTO LA CUCINA ITALIANA, PORTANDOLA A LIVELLI CHE NON AVEVA MAI RAGGIUNTO PRIMA. FU IL PRIMO A OTTENERE LE TRE STELLE MICHELIN NEL NOSTRO PAESE E IL PRIMO (AL MONDO) A “RIFIUTARLE”: “BASTA VOTI, D'ORA IN POI ACCETTERÒ SOLTANTO COMMENTI”
HA FONDATO UNA CASA DI RIPOSO PER CUOCHI, AMICO DI INTELLETTUALI E PITTORI HA PORTATO L’ARTE NEI SUOI PIATTI. DALLE SUE CUCINE SONO PASSATI I TALENTI DI OGGI: ENRICO CRIPPA, CARLO CRACCO, ANDREA BERTON, DAVIDE OLDANI, ERNST KNAM, PAOLO LOPRIORE
LO CHEF BOTTURA: “LA SUA FORMULA SEGRETA? ‘CONOSCO TUTTO E DI TUTTO MI DIMENTICO’”
1 - MARCHESI, LO CHEF CHE RIFONDÒ IL COMUNE SENSO DEL SAPORE
Se ne è andata una stella. Una grande stella della cucina italiana che, con le stelle, quelle della Michelin, aveva sempre polemizzato. Gualtiero Marchesi si è spento ieri nella sua Milano. Dopo essere stato il primo nel nostro Paese a raggiungere le ambitissime trois étoiles - correva l'anno 1986 - questo chef geniale, polemico, egocentrico, eppure generosissimo del suo talento, aveva ritirato ogni fiducia a Guide e classifiche. «Danno cattivi messaggi...stimolano i giovani a inseguire un punteggio, anziché uno stile».
RAVIOLO APERTO GUALTIERO MARCHESI
INNOVAZIONE
Difficile non cogliere la provocazione, specie se l'autore era lo stesso personaggio che, tra gli anni 70 e i ruggenti 80, aveva letteralmente rivoluzionato la cucina italiana, sottraendola a un modello in bilico tra piatti senz'anima di vocazione internazionale e matriarcali preparazioni ipercaloriche da osteria. Ai tempi del bianco o rosso, dottore?, della preparazioni grevi di fondi burrosi e salsosi, negli anni atroci della pasta con panna funghi e piselli, questo chef milanese, zodiaco nei Pesci (era nato il 19 marzo), classe 1930, aveva infatti saputo rimescolare tutte le carte, andando a rifondare le basi stesse della gastronomia tricolore, con piatti geniali che avevano sconvolto alle basi quello che era il comune senso del sapore.
RISOTTO CON FOGLIA D'ORO GUALTIERO MARCHESI
Figlio d'arte, il giovane Marchesi aveva cominciato a misurarsi coi fornelli fin dall'infanzia nell'Albergo Ristorante Al Mercato, un indirizzo di buona cucina che i genitori gestivano con gusto sicuro: niente cadute di stile, ottimo servizio e chef che si erano fatti le ossa nei grandi ristoranti del mondo. Che, in quegli anni, era come dire, in Francia. Marchesi, passato per le scuole più severe dei grandi stellati francesi, con folgorazione a Roanne, nel cuore dell'Auvergne, alla corte dei mitici fratelli Troisgros, ha costruito le basi di una grande amicizia, ma anche uno stimolo profondo per costruire il suo stile.
GUALTIERO MARCHESI
Il decalogo dei Troisgros era fortemente innovativo: valorizzazione di prodotti freschi e di qualità, menù alleggerito, rifiuto di un modernismo a priori, senza tralasciare tuttavia il contributo dell'innovazione tecnologica, messa da parte da salse e sughi troppo grassi, invenzione sì, ma senza truccare i piatti.
Si trattava ora di innestare queste idee sull'immenso repertorio del nostro Paese, costruendo una nuova narrazione dove cucina e sala fossero strettamente legate da un vincolo fortissimo col cliente. Nacquero negli anni 80, nel primo ristorante di Marchesi in via Bonvesin della Riva, luogo per eccellenza della grande cucina Italia moderna, concetti a dir poco innovativi: sapori alleggeriti e presentazioni eleganti, come il risotto allo zafferano con foglia d'oro (cotto con l'acqua e non col brodo), il rivoluzionario raviolo aperto, cui avrebbe seguito il dripping di pesce, da un'idea mediata da Jackson Pollock.
RISTORANTE GUALTIERO MARCHESI
In fondo a Gualtiero Marchesi, passato da Bonvesin della Riva a un grande relais legato a una delle più smaglianti cantine delle bollicine italiane a Erbusco in Franciacorta, e poi all'attività accademica per formare giovani talenti, compresa una giocosa collaborazione con Mac Donald's, la cucina stava stretta.
GUALTIERO MARCHESI
Il suo è sempre stato uno sguardo attento alle contaminazioni, dall'arte contemporanea, cui devono molto le presentazioni dei suoi piatti, al suo grande amore, la musica. In questo mix di suggestioni è nato uno stile magistrale, attento ai valori nutrizionali dei piatti, molto intellettuale, certo, ma mai gratuito o cervellotico. E una scintilla di Marchesi continuerà con Paolo Lopriore, Carlo Cracco, Pietro Leemann, Davide Oldani, Enrico Crippa, Andrea Berton, Paola Budel...
GUALTIERO MARCHESI INAUGURAZIONE MITO ALLA SCALA FOTO FRANCO CORTELLINO
Massimo Bottura è lo chef e il proprietario dell'«Osteria Francescana» di Modena, tre stelle Michelin, votato nel 2016 come numero uno nella lista «The World' s Best Restaurant». Gli abbiamo chiesto un ricordo di quello che gli chef italiani considerano come il maestro assoluto.
Bottura, perché Gualtiero Marchesi è stato un cuoco così importante?
«Perché ha portato la cucina italiana nella dimensione della gastronomia. In questo senso il suo ruolo è stato cruciale, tanto quanto quello di Pellegrino Artusi ».
Il padre della cucina post-unitaria?
«Proprio lui, che catalogò in un testo codificato le diverse tradizioni regionali. Dopo, molto dopo, arrivò Cantarelli a Samboseto, che mescolò il cibo e le preparazioni da trattoria con la tradizione francese. E poi venne Nino Bergese al San Domenico di Imola: ma si trattava sempre di un' impostazione barocca. Marchesi spazzò via tutto questo, abbracciando un concetto di assoluta avanguardia».
CARLO CRACCO
Qual era la sua formula segreta?
«Questa: conosco tutto e di tutto mi dimentico. Le sue origini familiari affondavano nella cucina d'albergo. Da lì è partito, dalla tradizione anche nel servizio, ma poi ha viaggiato per tutto il mondo e ha messo a punto idee assolutamente nuove. Andò a Roanne, dai fratelli Troigros, e imparò i segreti della nouvelle cuisine: poi, però, tutto passava per la sua creatività personale. Aveva l'ossessione del Giappone, ammirava l' abilità di quegli chef nel manipolare la materia prima il meno possibile per conservarne la qualità e la freschezza. E l' altra sua passione era l' arte: dai pittori imparò a "rubare" le ispirazioni, a rendere visibile l' invisibile».
Il suo capolavoro?
MASSIMO BOTTURA
«Quella foglia d'oro rubata alla Madonnina e messa sul risotto alla milanese è, appunto, un' opera d' arte. Pura e memorabile come un taglio di Fontana».
“AI FORNELLI DI CASA PAPÀ NON SI AVVICINAVA. LASCIAVA LA GUIDA ALLA MAMMA. E IN CAMBIO A LEI LUI SI ISPIRÒ PIÙ VOLTE, COME A UNA VERA MUSA, AL MOMENTO DI IDEARE I SUOI PIATTI MIGLIORI PER IL RISTORANTE” LE FIGLIE DI GUALTIERO MARCHESI RACCONTANO LA VITA IN FAMIGLIA DEL GRANDE CHEF: "PAPÀ NON ERA UNO DI QUEI PADRI CHE ACCOMPAGNAVANO A SCUOLA I FIGLI. ERA MOLTO CONCENTRATO SUL SUO LAVORO...”
«Ai fornelli di casa? Papà non si avvicinava neanche per sbaglio». Nella famiglia Marchesi a comandare, anche in cucina, era la moglie Antonietta Cassisa, musicista di origine siciliana. Del resto, il rapporto tra lei e Gualtiero, padre (putativo) dei più grandi cuochi oggi in circolazione in Italia, inventore di una decina di piatti che hanno fatto la storia della cucina, nacque così: lei era la sua insegnante di pianoforte, lui l' allievo. Lei spiegava, lui, ligio, ascoltava. Così fu per anni.
GUALTIERO MARCHESI
Dopo il matrimonio e la nascita delle due figlie, Simona e Paola, che il giorno dopo la morte del papà, nel piccolo salotto d' ingresso di casa a Milano, in mezzo a un gran viavai di persone, tra un parente e l' altro giunto a salutare per l' ultima volta Marchesi, riescono a sorridere lo stesso. Correndo con la memoria agli anni migliori dei genitori.
«È vero, papà c' era poco in casa - ricordano le due sorelle -. Lavorava e lavorava.
Viaggiava e studiava».
GUALTIERO MARCHESI 2
Ma anche quando era presente, lui, uomo dei suoi tempi, lasciava la guida della cucina, nell' appartamento di via Calvi prima e di via Marcona poi, alla moglie. «Mamma preparava spesso ricette siciliane, la sua terra d' origine. E papà apprezzava molto». Famosa anche la trippa di Antonietta che Gualtiero provò tante volte, invano, a replicare.
Compagna di una vita, musicista come la mamma che faceva la cantante, Antonietta, mancata a giugno scorso, ebbe le spalle forti abbastanza da decidere di fare un passo indietro e rinunciare alla carriera di pianista per sostenere il marito.
«Mamma e papà erano di carattere molto diverso - ricorda la figlia più grande, Simona, arpista, classe 1963, di casa a Borgo Ticino, sposata con Enrico Dandolo, amministratore delegato della società Marchesi srl -. Lui era intraprendente, lei più profonda. Lui aperto al mondo, lei chiusa ma dai valori morali intensi». Si conobbero a una serata di musica e opera. In casa si scornavano spesso.
GUALTIERO MARCHESI
«Molte volte mia madre si stufava e urlava: "Adesso basta con tutta questa cucina!". Lei avrebbe voluto continuare la professione di pianista a ritmi diversi, più serrati, ma a un certo punto dovette soccombere».
Al marito lo rinfacciò più volte. Ma assieme Antonietta e Gualtiero si completavano. «Lei gli teneva comunque testa. Aiutò papà a dare ordine alla sua vita». In casa come in cucina. «E in cambio a lei lui si ispirò più volte, come a una vera musa, al momento di ideare i suoi piatti migliori per il ristorante».
GUALTIERO MARCHESI HA PREPARATO PANINI DA MCDONALDS
In via Marcona, Simona e Paola ricordano ancora oggi Marchesi di ritorno dai lunghi viaggi in Francia, per imparare le grandi tecniche, con in mano preziosi doni. «Papà non era certo uno di quei padri che accompagnavano a scuola i figli - dice con un sorriso Paola, classe 1966, residente in Francia, violinista, con intorno il cagnolino di casa, Norton -. Era molto concentrato sul suo lavoro, ma ricordo ancora oggi quei buonissimi formaggi francesi che ci portava. A ripensarci oggi, niente di che. Ma allora, negli anni Settanta, erano cibi esotici. A Milano non li mangiava nessuno».
GUALTERO MARCHESI
E proprio fuori casa Simona e Paola impararono a cucinare dal papà. Soprattutto la più giovane, che con Marchesi lavorò due anni, prima al ristorante di via Bonvesin de la Riva, poi al Marchesino. «Al lavoro era esigente e perfezionista, mi trattava come tutti gli altri - racconta Paola -. Prima feci un apprendistato in pasticceria, poi alle carni. Lì papà mi parlava sempre dello chef Troisgros che conosceva talmente bene le tecniche di cottura, i fondi delle padelle o la potenza dei fuochi che poteva anche uscire dalla cucina senza rovinare la carne. Ecco, per lui dovevamo diventare tutti così. Difficile».
GUALTIERO MARCHESI
Oggi che non c' è più resta il suo insegnamento più grande: «Per valorizzare gli ingredienti migliori, nei piatti come nella vita, bisogna puntare sempre sulla semplicità». Quella che in famiglia gli insegnò per anni la moglie Antonietta Cassisa.