9 dicembre forconi: 01/12/17

giovedì 12 gennaio 2017

QUEL FURBETTO DI MARCHIONNE – PURE LA FIAT CADE NEL DIESELGATE

PER LE AUTORITA’ AMERICANE HA MONTATO (SENZA DIRLO) UN SOFTWARE CHE CONSENTE EMISSIONI PIU’ ALTE, COME VOLKSWAGEN 

"HA SCHIVATO LE REGOLE. POSSIBILI SANZIONI CIVILI"

INTERESSATI 104 MILA VEICOLI 

CROLLA IL TITOLO A MILANO E WALL STREET

sergio marchionneSERGIO MARCHIONNE

Le Authority statunitensi accusano la casa automobilistica Fiat Chrysler di aver falsato i dati sulle emissioni. Dopo il Dieselgate che aveva travolto Volkswagen ma di fatto risparmiato l'ex casa torinese, ora gli strali dei controllori Usa si abbattono sul gruppo guidato da Sergio Marchionne. A farne le spese sono i titoli in Borsa che alla notizia crollano dell'18% a Wall Street e vengono congelati a Milano, dove poi precipitano a -15%.

La notizia è stata lanciata dall'agenzia di stampa Associated Press citando alcune fonti ed è stata poi confermata dalla Agenzia per la Protezione ambientale americana. Quest'ultima ha ufficializzato di aver notificato a Fca violazioni del Clear Air Act, ovvero delle norme sulle emissioni, su circa 104.000 veicoli.

DIESELGATEDIESELGATE
Nella sua nota l'Epa ha sottolineato che Fca potrebbe incorrere in sanzioni civili. I veicoli sui quali sarebbe stato montato (senza esser dichiarato) il software che consente emissioni diesel più alte degli standard sono i Jeep Grand Cherokee e i Dodge Ram, con i motori diesel 3.0 degli anni 2014, 2015 e 2016.

Fca "ha schivato le regole ed è stata scoperta", ha specificato l'Agenzia. Non comunicare l'esistenza di un software che influisce sulle emissioni di un'auto "è una seria violazione delle legge. Tutte le case automobilistiche devono giocare secondo le stesse regole", ha messo in evidenza l'Epa. "Ancora una volta una casa automobilistica ha assunto una decisione per schivare le regole ed è stata scoperta": l'Epa e le autorità della California "si sono impegnate a rafforzare i test con il caso Volkswagen, e questo è il risultato della collaborazione".
TRUMP MARCHIONNETRUMP MARCHIONNE

Dal canto suo, la casa guidata da Marchionne ha fatto sapere che intende contestare le accuse: stando a quanto riferito da Cnbc, sosterrà che le emissioni non sono state violate e che intende collaborare con le autorità e l'amministrazione Trump.

gli ingegneri dell universita del west virginia che hanno scoperchiato il dieselgateGLI INGEGNERI DELL UNIVERSITA DEL WEST VIRGINIA CHE HANNO SCOPERCHIATO IL DIESELGATE
Soltanto pochi giorni fa, sempre negli Usa e in particolare dal Salone dell'Auto di Detroit, il gruppo italo-americano sembrava avviato verso una luna di miele con la nuova presidenza in via di insediamento il 20 gennaio: dopo aver annunciato investimenti e la creazione di migliaia di posti di lavoro negli States, Fca si era guadagnata il ringraziamento pubblico del tycoon che ha recentemente sferzato tutte le cause automobilistiche intimandole a non delocalizzare la produzione in Paesi dalla manodopera più conveniente. E' sempre recente l'accordo tra le Autorità Usa e Volkswagen, che pagherà altri 4 miliardi per il suo scandalo emissioni.

Fonte: qui

LE FERROVIE FANNO SHOPPING IN INGHILTERRA E COMPRANO LA NXET - A FINCANTIERI I CANTIERI FRANCESI STX

PRESTO UN’OFFERTA PER LE PIU’ REDDITIZIE LINEE LONDRA-EDIMBURGO 

IN CORSA ANCHE VIRGIN 

NEL 2023, UN QUARTO DEL FATTURATO ARRIVERA’ DALL’ESTERO


Gerardo Adinolfi per la Repubblica

Dopo Grecia, Francia e Germania, le Fs continuano la loro espansione all’estero. Le Ferrovie dello Stato sbarcano a Londra ed entrano nel mercato dei trasporti su ferro del Regno Unito. Da subito con la gestione della linea per il South Essex e poi con l’assalto ai treni della Londra-Edimburgo e dell’East Midlands. Ieri la nuova Trenitalia Uk, società di diritto inglese controllata da Trenitalia, il ramo del gruppo Fs che si occupa del trasporto passeggeri, ha chiuso l’accordo per l’acquisto del 100% delle azioni di Nxet (National Express Essex Thameside) gestore della tratta inglese del franchise C2C, cioè dei collegamenti che da Londra portano a Shoesburyness, nel South Essex.
FS INGHILTERRAFS INGHILTERRA

Un’operazione da 70 milioni di sterline che ha portato nell’orbita delle Ferrovie un’azienda dal fatturato di 200 milioni di euro, con 600 dipendenti e una flotta di 74 treni Bombardier. I collegamenti giornalieri, invece, sono 400 con oltre 42 milioni di passeggeri e 26 stazioni. La società di proprietà del Tesoro ha così mosso i primi passi nei trasporti britannici, fondamentali per quel piano di espansione all’estero su cui Ferrovie ha scommesso una buona parte degli obiettivi dei prossimi 10 anni.

Nell’ultimo piano industriale, da qui al 2026, è prevista la crescita dei ricavi delle attività all’estero dal 13% attuale del fatturato al 23% fino a raggiungere i 4,2 miliardi di euro. Per formalizzare l’acquisizione bisognerà aspettare la fine dell’iter autorizzativo già avviato dal ministero dei Trasporti britannico, che nel 2014 aveva assegnato il contratto di servizio della linea a Nxet fino al 2029.
LONDRA EDIMBURGOLONDRA EDIMBURGO

«Stiamo anche monitorando le gare che il ministero bandisce» ha detto l’ad di Trenitalia Barbara Morgante. Entro gennaio Trenitalia Uk invierà la sua manifestazione d’interesse per la gara dei treni dell’East Midlands, cioè i collegamenti da Londra per la zona di Leicester, Nottingham e Liverpool in joint venture con un’altra società privata. Mentre entro aprile parteciperà alla gara per la Londra-Edimburgo (con connessioni per Manchester, Liverpool, Glasgow) ora in gestione alla Virgin Trains.

Tutto questo in attesa della liberalizzazione dello spazio ferroviario europeo, prevista nel 2020, e della quotazione in Borsa della divisione Frecce. All’estero Fs è già in Francia dove ha acquisito il 100% di Thello ma anche in Germania con Netinera e in Grecia con l’acquisizione di Trainose, privatizzata dal governo nel 2016. Nella lista degli obiettivi le rotte europee come la Parigi-Bruxelles, l’Amburgo-Colonia e la futura Milano-Zurigo-Francoforte.

Fonte: qui



A FINCANTIERI I CANTIERI FRANCESI STX DI SAINT-NAZAIRE

BONO: VOGLIAMO FARE L’AIRBUS DEI MARI 

LA STX COSTRUISCE NAVI MILITARI, PORTAELICOTTERI D'ASSALTO, SOTTOMARINI NUCLEARI E NAVI OFF SHORE

Paolo Pittaluga per Avvenire

FINCANTIERI MONFALCONEFINCANTIERI MONFALCONE
Più Italia nel mondo. Così il ministro dell' economia Pier Carlo Padoan qualche giorno fa salutava il successo dell' offerta di Fincantieri per l' acquisizione di Stx France, società che costruisce navi, e non solo, nei cantieri navali di Saint-Nazaire. Con Fincantieri - scriveva su Twitter - l' Italia diventa perno di un campione europeo nelle costruzioni navali.

La gioia del ministro è l' emblema dell' orgoglio italiano che va alla conquista di un pezzo pregiato della grandeur francese. Dopo tanti bocconi amari incassati, con i transalpini impegnati a fare shopping di molte nostre aziende - nei marchi di lusso della moda, nell' alimentare con la Lactalis che rilevò la Parmalat, nella grande distribuzione con Carrefour sulla Sme, nella meccanica con l' Alstom che acquisì Fiat Ferroviaria e, ancora, Vivendì primo socio di Telecom, in Mediaset e con la recente guerra che riempe di titoli i giornali - ecco profilarsi un colpo da novanta con l' acquisizione del sito sulla costa Atlantica che farebbe sì che che il nostro player navale diventasse se non il numero uno certamente uno dei primi del Vecchio continente e tra i primi cinque costruttori mondiali.
stx cantieriSTX CANTIERI

Il fatto che il tribunale fallimentare coreano di Seoul abbia ritenuto il gruppo italiano, unico a presentare un' offerta preferred bidder, miglior offerente per l' acquisizione è chiaramente un successo. Perché aggiudicandosi il 66,66% di Stx France Sa - cioé la quota di proprietà del gruppo coreano Stx Offshore & Shipbuilding, il restante 33,34% è nelle mani dello Stato francese - si va verso un gruppo d' eccellenza mondiale. Anche perché per l' acquisto dei cantieri si erano presentati altri 3 candidati, il gruppo asiatico Genting, con interessi nel turismo e nei casinò (la cosa aveva scandalizzato la Francia); il consorzio capeggiato dal gruppo olandese Damen, di cui facevano parte anche Msc Cruises e Royal Caribbean Cruises Ltd e un fondo di investimento anglocinese, che non pare abbia fornito sufficienti garanzie.
PADOAN SMORFIEPADOAN SMORFIE

Alla fine tutti si erano ritirati e solo Fincantieri ha depositato un' offerta. Quella vincente, seppur si tratti solo della prima tappa di un processo complesso, ma intanto prende corpo quel progetto - sognato dall' instancabile (72 anni) A.d. di Fincantieri, Giuseppe Bono - di un consolidamento di questa industria europea, un qualcosa paragonato all'"Airbus dei mari".

FINCANTIERI MONFALCONEFINCANTIERI MONFALCONE
D' altra parte è un' operazione che non deve poi sorprendere più di tanto in quanto già 'pianificata' nel marzo scorso durante il bilaterale Holland-Renzi proprio per contrastare la concorrenza asiatica. Infatti le reazioni di Parigi paiono più impostate ad un discorso di normale dialettica che non allo scontro. Dialettica per fare entrare nella quadra un pezzo di Francia, così si possono leggere le parole del segretario di Stato all' Industria, Christophe Sirugue, che ammoniva - prima dell' esito di Seoul - che l' Eliseo non esiterà a utilizzare tutte le leve di cui dispone . E a questo punto mira a fare rilevare al gruppo a controllo pubblico Dcns, specializzato nel settore militare e altro grande cantiere navale francese, una partecipazione di minoranza di Stx France.

L' opzione Fincantieri alla fine dovrebbe piacere in Francia: il gruppo triestino proporrà un progetto industriale con mantenimento del livello occupazionale (nel sito lavorano stabilmente 2.600 persone dirette e 5mila nell' indotto). Peraltro Fincantieri vanta un' ottima collaborazione con i transalpini nell' ambito militare navale. E l' offerta, si parla di 200 milioni di euro, è alla portata di Fincantieri che dopo la ristrutturazione si presenta sul mercato forte di ricavi per 4,2 miliardi di euro nel 2015 e con in portafoglio (a giugno 2016) lavori per 21,8 miliardi (oltre 5 anni di lavoro); inoltre, 19mila dipendenti (di cui 7800 in Italia) e 20 cantieri nei quattro continenti.
GIUSEPPE BONOGIUSEPPE BONO

Acquisendo Saint-Nazaire, Fincantieri avrebbe una struttura di dimensioni gigantesche: a partire da un bacino di carenaggio lungo quasi un chilometro dove costruire mega navi da crociera da 220mila tonnellate di stazza (a Monfalcone il limite è 180mila). Senza dimenticare che Stx costruisce navi militari, le portaelicotteri d' assalto, i sottomarini nucleari e le navi off shore.

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UMBERTO RAPETTO: ECCO PERCHÉ L'ITALIA È IN BALÌA DEGLI HACKER

I COMPUTER SONO UN FACILE BERSAGLIO E, ANCHE SE PROVVISTI DI ANTIVIRUS, RESTANO VULNERABILI 

I MALWARE PIÙ SOFISTICATI NON LASCIANO TRACCIA, RUBANO DATI, TRASFORMANO LA WEBCAM DEL PC IN MICROSPIE 

IL CASO DELL’IPHONE DI RENZI

1 - «ECCO PERCHÉ L'ITALIA È IN BALÌA DEGLI HACKER»
si puo entrare in casa altrui con un clicSI PUO ENTRARE IN CASA ALTRUI CON UN CLIC
Nino Materi per “il Giornale”

La parabola professionale dell' ex colonnello della Guardia di Finanza, Umberto Rapetto, 57 anni, è lo specchio di un' Italia «specializzata» nel liberarsi delle persone giuste al posto giusto. Rapetto era - ed è ancora - tra i massimi esperti internazionali di informatica. Forte di questa competenza aveva strutturato all' interno delle Fiamme Gialle un nucleo d' élite che il mondo ci invidiava: il GAT (Gruppo Anticrimine Tecnologico).

Per circa 30 anni Rapetto è stato lo «sceriffo del web» che ha «bucato» per primo la rete dei web-pedofili oltre a snidare gli hacker autori dello storico attacco ai computer della Casa Bianca. Tutti i giornali del mondo si occupavano di lui. Ma un giorno Rapetto ha pestato i piedi a chi non doveva: i signori del gioco d' azzardo.
HACKER ITALIA 2HACKER ITALIA 2

UMBERTO RAPETTOUMBERTO RAPETTO
Una cyber-truffa che, scoperta dal GAT comandato da Rapetto, ha fatto infliggere una mega multa da 98 miliardi (miliardi, non milioni!) di euro a 10 società concessionarie del gioco d' azzardo di Stato; la multa fu poi ridotta dalla Corte dei conti a 2,5 miliardi ma l' indagine del GAT fu confermata punto per punto.

Ma l' operato di Rapetto non piacque ai piani alti della politica (che hanno sempre ignorato uno scandalo dalle proporzioni senza precedenti per il nostro Paese) e non piacque soprattutto ai vertici della Guardia di Finanza che costrinse al pensionamento Rapetto. Da 2013 Rapetto si è dato all' insegnamento universitario, alla tv (ha condotto la trasmissione su Rai2, Il Verificatore) ed è al momento CEO di HKAO, startup operante nello scenario della sicurezza dei sistemi e delle reti.

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Generale Rapetto, alla luce dell' arresto dei fratelli Occhionero possiamo dire che l' Italia è in balìa degli hacker?
«Non solo l' Italia, purtroppo. E spesso non c'è bisogno di veri hacker, ma possono avere la meglio anche personaggi di minor calibro che si attrezzano facilmente con software di facile reperimento online».

Ma è possibile controllare la «porta di accesso» dei nostri pc?
«I computer sono facile bersaglio e, spesso sprovvisti anche di banali antivirus, aprono la strada ai malintenzionati. I malware più sofisticati non lasciano traccia, rubano dati, trasformano la webcam del pc in microspie. Difficile difendersi, specie se non si ha coscienza del rischio».

E allora dobbiamo rassegnarci ad essere hackerati?
«Il pericolo è elevato e purtroppo chi attacca sovente è più in gamba di chi dovrebbe, in teoria, smascherarlo».

Ma voi del GAT ci eravate riusciti.
HACKERSHACKERS
«Eravamo molto bravi. Purtroppo parliamo al passato. Il mio GAT abituato alle sfide più impegnative appartiene ad una stagione ormai trascorsa».

Tutta colpa di quella maledetta inchiesta sui «signori dell'azzardo di Stato»?
«Beh, diciamo che quell'indagine non mi ha certo procurato amici o riconoscimenti. Ma non è stata l'unica occasione per andare controcorrente».

Lei spesso tiene lezioni all'università. Qual è l'atteggiamento dei giovani in tema di hackeraggio?
«La strada da percorrere è lunga e irta di ostacoli. I giovani sembrano manifestare interesse e sensibilità, ma mancano ovviamente di esperienza».

Lei invece già nel 1990 scriveva il libro «Il tuo computer è nel mirino».
«Attuale più che mai, no?»

IL VIRUS RANSOMWAREIL VIRUS RANSOMWARE
2 - SE UN IPHONE PUÒ METTERE IN PERICOLO LO STATO
Marco Lombardo per “il Giornale”

Sulla stampa russa sono perfino arrivati a parlare di Renzi Crush Saga, parafrasando il titolo di un famoso giochino quando Matteo Renzi s'è fatto beccare a chattare in continuazione col suo iPhone da un avvelenato Putin durante un meeting ufficiale a San Pietroburgo.

Da noi, più semplicemente, Dagospia lo ha ribattezzato Pittibimbo per il suo essere costantemente tendente al cool, ma non c'è dubbio che il rapporto tra il nostro ex premier e il suo smartphone vada ben oltre quello che i suoi detrattori malignano ci sia con la Boschi. Il telefono, almeno, parla solo a comando.

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Renzi, insomma, voleva essere rottamatore in tutto, anche delle buone maniere istituzionali. Il problema però è che essere fighi e anche primi ministri nello stesso tempo, è un ossimoro dagli effetti collaterali devastanti.

«Ogni volta che vedevo Renzi con quell' iPhone in mano mi veniva lo sconforto», ha detto ieri all' Huffington Post Gioacchino Genchi, uno che per anni è stato superconsulente delle Procure nelle operazioni di voyeurismo tecnologico: «Mi auguro gli avessero dato un altro telefono per le conversazioni più importanti».

Vedendo Renzi sempre col Melafonino in mano la cosa sembra improbabile, anche perché di solito i cellulari criptati e a prova di hacker sono degli scatoloncini neri senza troppi fronzoli che mal si abbinano con i cappottini di cashmere. Se non fosse poi però che in certi casi è in ballo la sicurezza nazionale, ovvero quella di tutti noi.
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In pratica: anche se entrare in un account iCloud è tecnicamente impossibile se non grazie all'ingenuità del proprietario, Renzi chattava allegramente con il pianeta e cliccava compulsivamente sulle mail (anche quelle degli hacker) mentre nel resto del mondo si è sempre fatta un po' di attenzione sul traffico dati dei propri governanti.

Per dire: in nordamerica Blackberry, azienda che dal punto di vista delle scelte di mercato è arrivata quasi al fallimento, è rimasta in piedi perché il suo sistema di sicurezza è quello utilizzato da eserciti e agenzie di sicurezza nazionale. E di sicuro presidenti e primi ministri si affidano a cellulari, vecchi e nuovi che siano, dove è possibile fare le operazioni base per garantirsi più privacy possibile: staccare la batteria, per esempio; o non accedere a internet. Altro che iPhone o Galaxy: un vecchio Nokia Gsm con i suoi pochi tastini è insomma quello che ci vuole, e in giro c' è anche qualche finto tonto tecnologico che l' ha capito benissimo.
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Marco Travaglio per esempio è uno che dice di essere fermo all' età della pietra, ed in effetti nessuno ha mai pensato di mettere il naso nel suo smartphone, visto che lui non c'è l' ha. Gli piacciono i cellulari inintelligenti, quelli senza internet e senza app, che consentono di mantenere i messaggi privati appunto privati, si sa mai che si scopra qualche amicizia imbarazzante.
UMBERTO RAPETTOUMBERTO RAPETTO

Anche se la cosa non lo salva dalle brutte figure, visto che qualche mesi fa pubblicò un'intervista alla persona sbagliata per un caso di omonimia: «Ho digitato male sulla lista dei contatti - si giustificò - e ho chiamato quello sbagliato». Fu una figuraccia con tante scuse, e alla fine viene in mente che certe cose con lo smartphone non succedono. Una soluzione insomma si trova sempre e aveva ragione chi titolò Togliete l'iPhone a Renzi. Ecco: poi però datelo a Travaglio.


Fonte: qui

LA PROCURA DI ROMA HA AVVIATO INDAGINI PATRIMONIALI SUI FRATELLI, A CACCIA DI TRANSAZIONI ALL’ESTERO 

GLI ACCOUNT DI DRAGHI, RENZI E MONTI ATTACCATI MA NON VIOLATI 

IL RUOLO “TALPA” DEL POLIZIOTTO-MASSONE, CHE VANTA AMICIZIE CON GIOVANARDI E ALESSANDRO PANSA


1 - LA COPPIA VOLEVA VENDERE I SEGRETI DELLE AZIENDE ITALIANE E ORA È CACCIA AI COMPLICI
Giuliano Foschini e Fabio Tonacci per “la Repubblica”
Francesca OcchioneroFRANCESCA OCCHIONERO

Quello che Giulio Occhionero non dice, lo rivela il software spia da lui stesso progettato. Sottoposto al vaglio degli esperti di cybersicurezza, EyePiramid si dimostra essere un grimaldello tarato sull’Italia e sullo spionaggio di informazioni soprattutto di tipo economico e finanziario.

Un malware, acquistato negli Stati Uniti e rimodulato personalmente da Occhionero, che, dunque, accredita la pista investigativa al momento più probabile: quella che vedrebbe i fratelli Giulio e Francesca Occhionero “spacciatori” a pagamento di notizie riservate riguardanti grandi operatori e aziende strategiche italiane su una rete internazionale occulta. E contemporaneamente spioni a uso e servizio di qualcuno in Italia: le mail trafugate contenevano alcune parole chiave postate dall’ingegnere, ed erano tutte in italiano.

Per individuare ora i terminali del presunto mercato degli Occhionero, che sospetta l’accusa avevano fatto dello spionaggio un business, è necessario attendere l’esito della rogatoria negli Stati Uniti dove si trovano i server. Nel frattempo la Procura di Roma ha avviato indagini patrimoniali sui due arrestati e sui loro contatti più frequenti, nella convinzione di trovare transazioni all’estero.

D’altronde, gli Occhionero avevano fino al 2013 una società ben schermata: la “Westlands Securities srl Limited”, cervello italiano ma cuore fiscale e finanziario nei paradisi fiscali di Malta e Isole Turks e Caicos, che si era occupata di uno strano affare in Italia mai compiuto. Nel 2003 diventarono consulenti del governo americano per un’infrastruttura al porto di Taranto.

francesca maria occhioneroFRANCESCA MARIA OCCHIONERO
Nei progetti, come apparve sul sito del Pentagono (scatenando le ire delle associazioni pacifiste pugliesi) c’era un nodo telematico diretto tra la base navale e gli americani. Partner dell’operazione doveva essere la società Advanced Technology Services, il cui nome appare in uno dei cablo della diplomazia americana rivelati da WikiLeaks.

Parla “Eyepiramid”, quindi. L’ingegnere analista quantistico, come lui stesso ama definirsi, aveva reso quel vecchio software un fantasma: la versione che aveva messo a punto a febbraio del 2013, e con la quale aveva attaccato molti dei quasi duemila profili sicuramente hackerati, è risultata visibile a un solo antivirus. Questo però non significa che sia riuscito a colpire i grandi big a cui aveva inviato la mail infetta.

Sicuramente non è entrato nel computer del presidente della Bce, Mario Draghi, che aveva sì attivo il vecchio indirizzo di Banca d’Italia (essendone presidente onorario) ma non scaricava da tempo la posta elettronica di quella casella. E dunque non avrebbe mai potuto aprire il software spia che gli Occhionero gli avevano inviato. Al momento non c’è nemmeno prova che gli account di Renzi e Monti siano stati violati. Certo, però, sono stati attaccati.
giulio occhioneroGIULIO OCCHIONERO

«Ma il mio lavoro è vendere software che analizzano gli indici di borsa e il risk management, in base ad algoritmi di mia invenzione. Non ho spiato nessuno», si è difeso Occhionero, dimostrando di non essere l’uomo qualunque che vuol far credere. La prima notte trascorsa in una cella del carcere di Regina Coeli non lo ha smosso di una virgola. Di fronte al gip Maria Paola Tomaselli e al pm Eugenio Albamonte, durante l’interrogatorio di garanzia, ha negato tutte le accuse.

«Non c’è una sola parola di verità dentro l’ordinanza di arresto». Con piglio che a tratti ha assunto i toni aggressivi della vittima braccata. «Mi avete incastrato voi. La polizia mi ha hackerato il computer con un malware, avete compiuto un reato? Per questo, dubito che gli americani vi faranno entrare nel server. Voi sostenete di aver trovato sul mio computer dati e informazioni trafugate, ma potrebbe essere stato chi mi ha attaccato ad averle inserite», questo il senso della sua versione, così come riporta il suo legale Stefano Parrella.

Un muro. Sul quale si sono infrante le domande ogniqualvolta l’interrogatorio è virato sulle presunte intercettazioni abusive, sui politici schedati, sui due server statunitensi per i quali, ancora ieri, non ha voluto rivelare le password per l’accesso. «Questione di privacy, dentro ci sono cose mie personali».

francesca maria occhioneroFRANCESCA MARIA OCCHIONERO
Ai magistrati ha consegnato una favola che non sta in piedi. «Sono un nullatenente. Sto cercando lavoro, avevo una proposta interessante a Londra che adesso grazie a voi è saltata... da due anni mi mantengo con i 70mila euro che mia madre mi ha dato, frutto della vendita del nostro appartamento di Santa Marinella». E nullatenente si è dichiarata anche la sorella Francesca Maria. «Di informatica non so niente, nei server ci tenevo le bollette di casa».

2 - UN AGENTE-MASSONE FACEVA DA TALPA “PREPARÒ IL DOSSIER SUL PM DELL’INCHIESTA”
Marco Mensurati e Giuseppe Scarpa per “la Repubblica”

In ogni spy story che si rispetti c’è sempre una talpa. Quella dell’inchiesta sui fratelli Occhionero appartiene però a una specie particolare, a suo modo tipica del sottobosco romano: quella del poliziotto traffichino, politicizzato e massone che cerca di conquistare i favori del potente di turno raccontando dettagli delle indagini in corso.
GIOVANARDIGIOVANARDI

Maurizio Mazzella, questo il nome dell’uomo che adesso è indagato per favoreggiamento dalla procura di Roma, è un poliziotto dal profilo tipico. Agente della stradale di Salerno, era stato più volte sospeso dal servizio per motivi disciplinari, l’ultima ad agosto, quando aveva presentato all’amministrazione certificati medici fasulli. Ciononostante, era molto ben inserito negli ambienti romani che frequentava assiduamente per motivi “politico sindacali”.

Dopo quella sospensione, raccontano dalla polizia, si era sfogato con alcuni colleghi confessando l’intenzione di entrare in politica con Carlo Giovanardi di cui si professava grande amico. L’ex ministro non smentisce: «Sì lo conosco, è un sindacalista della polizia. Andiamo spesso a cena, a Roma lo frequentano in molti. Mi sembra un’ottima persona e mi stupisce che sia finito in una storia come questa». Quella con Giovanardi non era l’unica amicizia vantata, o millantata, da Mazzella: l’altra, forse la più importante, era quella con l’ex capo della polizia Alessandro Pansa, attualmente capo del Dis.

capo della Polizia Alessandro PansaCAPO DELLA POLIZIA ALESSANDRO PANSA
Che le amicizie siano vere o immaginarie, comunque, poco importa. Ciò che importa è il ruolo che la loro ostentazione può aver avuto in tutta questa vicenda. È infatti proprio a Mazzella e ai suoi contatti che il Gip si riferisce quando spiega come i due fratelli Occhionero potessero contare su «una rete di contatti che consentiva loro di acquisire informazioni circa il presente procedimento penale» in ossequio a una ferrea volontà di «conoscerne i particolari e influenzarne gli esiti».

Nell’interrogatorio Giulio Occhionero ha cercato di sminuire il più possibile il ruolo di Mazzella, nel mirino perché avrebbe fornito informazioni sul pm dell’inchiesta Eugenio Albamonte. Volevo capire — ha spiegato — se il magistrato che indagava era competente di informatica, così quando seppi che aveva tenuto una conferenza chiesi a Mazzella di procurarmi il testo del suo intervento. Tutto qui.

Inutile dire che la versione ha convinto poco gli inquirenti, se non altro perché la chiamata tra Occhionero e Mazzella, intercettata, è avvenuta il 5 ottobre, lo stesso giorno delle prime perquisizioni. Nelle prossime settimane, Mazzella verrà sentito. L’obbiettivo è capire quale delle due anime di questo strano agente ha agito in questa vicenda, se quella del traffichino o quella del poliziotto ben inserito negli ambienti che contano.

Fonte: qui

IL 70% DEGLI ITALIANI È ANALFABETA STRUTTURALE

CIOE’: LEGGE, GUARDA, ASCOLTA, MA NON CAPISCE. POI C’E’ ANCHE UN 5% CHE E’ INCAPACE DI CAPIRE QUALSIVOGLIA LETTERA O CIFRA 

LA COLPA E’ DELLA TECNOLOGIA CHE SOSTITUISCE UN DISCORSO CON UN’ICONA E DELLA TELEVISIONE

Mimmo Càndito per La Stampa

AnalfabetismoANALFABETISMO
Non è affatto un titolo sparato, per impressionare; anzi, è un titolo riduttivo rispetto alla realtà, che avvicina la cifra autentica all'80 per cento. E questo vuol dire che tra la gente che abbiamo attorno a noi, al caffè, negli uffici, nella metropolitana, nel bar, nel negozio sotto casa, più di 3 di loro su 4 sono analfabeti: sembrano “normali” anch'essi, discutono con noi, fanno il loro lavoro, parlano di politica e di sport, sbrigano le loro faccende senza apparenti difficoltà, non li distinguiamo con alcuna evidenza da quell'unico di loro che non è analfabeta, e però sono “diversi”. 

Qual é questa loro diversità? Che sono incapaci di ricostruire ciò che hanno appena ascoltato, o letto, o guardato in tv e sul computer. Sono incapaci! La (relativa) complessità della realtà gli sfugge, colgono soltanto barlumi, segni netti ma semplici, lampi di parole e di significati privi tuttavia di organizzazione logica, razionale, riflessiva.

SMARTPHONE A SCUOLASMARTPHONE A SCUOLA
Non sono certamente analfabeti “strumentali”, bene o male sanno leggere anch'essi e – più o meno – sanno tuttora far di conto (comunque c'è un 5 per cento della popolazione italiana che ancora oggi è analfabeta strutturale, “incapace di decifrare qualsivoglia lettera o cifra”); ma essi sono analfabeti “funzionali”, si trovano cioè in un'area che sta al di sotto del livello minimo di comprensione nella lettura o nell'ascolto di un testo di media difficoltà. Hanno perduto la funzione del comprendere, e spesso – quasi sempre - non se ne rendono nemmeno conto.

smartphone 6SMARTPHONE 6
Quando si dice che quella di oggi non è più la civiltà della ragione ma la civiltà della emozione, si dice anche di questo. 

E quando Bauman (morto l’altro giorno, grazie a lui per ciò che ci ha dato) diceva che, indipendentemente da qualsiasi nostro comportamento, ogni cosa é intessuta in un discorso, anche l'”analfabetismo” sta nel “discorso”. Cioè disegna un profilo di società nella quale la competenza minima per individuare una capacità di articolazione del proprio ruolo di “cittadino” - di soggetto consapevole del proprio ruolo sociale, disponibile a usare questo ruolo nel pieno controllo della interrelazione con ogni atto pubblico e privato – questa competenza appartiene soltanto al 20 per cento dei nostri connazionali.
MOSTRA CONTROCULTURA GIOVANILE LONDRA 2MOSTRA CONTROCULTURA GIOVANILE LONDRA 2

E' sconcertante, e facciamo fatica ad accettarlo. Ma gli strumenti scientifici di cui la linguistica si serve per analizzare il rapporto tra “messaggio” e “comprensione” hanno una evidenza drammatica.

Non é un problema soltanto italiano. L'evoluzione delle tecnologie elettroniche e la sostituzione del messaggio letterale con quello iconico stanno modificando un po' dovunque il livello di comprensione; ma se le percentuali attribuibili ad altre societá (anche Francia, Germania, Inghilterra, o anche gli Usa, che non sono affatto il modello metropolitano del nostro immaginario ma piuttosto un'ampia America profonda, incolta, ignorante, estremamente provinciale) se anche quelle societá denunciano incoerenze e ritardi, mai si avvicinano a queste angosciose latitudini, che appartengono soltanto all'Italia, e alla Spagna.
giovaniGIOVANI

Il “discorso” è complesso, e ha radici profonde, sociali e politiche.  Se prendiamo in mano i numeri, con il loro peso che non ammette ambiguità e approssimazioni, dobbiamo ricordare che nel nostro paese più di 23 milioni di italiani – circa il 40 per cento – non ha alcun titolo di studio o ha, al massimo, la licenza della scuola elementare. Non é che la scuola renda intelligenti, e però fornisce strumenti sempre più raffinati – quanto più avanti si vada nello studio - per realizzare pienamente le proprie qualità individuali.

Vi sono anche laureati e diplomati che sono autentiche bestie, e però è molto più probabile trovare “bestie” tra coloro che laurea e diploma non sanno nemmeno che cosa siano. (La percentuale dei laureati in Italia, poi, é poco più della metà dei paesi più sviluppati.)

I GIOVANI E LA LETTURAI GIOVANI E LA LETTURA
Diceva Tullio De Mauro, il più noto linguista italiano, ministro anche della Pubblica Istruzione (incarico che siamo capaci di assegnare perfino a chi non ha né laurea né diploma – e questo dato rientra sempre nel “discorso”), che più del 50 per cento degli italiani si informa (o non si informa), vota (o non vota), lavora (o non lavora), seguendo soltanto una capacità di analisi elementare: una capacità di analisi, quindi, che non solo sfugge le complessità, ma che anche davanti a un evento complesso (la crisi economica, le guerre, la politica nazionale o internazionale) é capace di una comprensione appena basilare. 

I GIOVANI E LA LETTURAI GIOVANI E LA LETTURA
Un dato impressionante ce l'ha fatto conoscere ieri l'Istat: il 18,6 per cento degli italiani – cioè quasi uno su 5 – lo scorso anno non ha mai aperto un libro o un giornale, non é mai andato al cinema o al teatro o a un concerto, e neppure allo stadio, o a ballare. Ha vissuto prevalentemente per la televisione come strumento informativo fondamentale, e non é azzardato credere – visti i dati di riferimento della scolarizzazione – che la sua comprensione della realtà lo piazzi a pieno titolo in quell'80 per cento di analfabeti funzionali (che riguarda comunque un universo sociale drammaticamente molto più ampio di questa pur amara marginalità).
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E da qui, poi, il livello e il grado della partecipazione alla vita della società, le scelte e gli stili di vita, il voto elettorale, la reazione solo di pancia – mai riflessiva – ai messaggi dove la realtà si copre spesso con la passione, l'informazione e la sua contaminazione con la pubblicità e tant'altro che ben si comprende. E' il “discorso”. 

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Il “discorso” ha al centro la scuola, il sistema educativo del paese, le scelte e gli investimenti per la costruzione di un modello funzionale che superi il ritardo con cui dobbiamo misurarci in un mondo sempre più aperto e sempre più competitivo. Se noi destiniamo alla ricerca la metà di un paese come la Bulgaria, evidentemente c'é un “discorso” da riconsiderare.

(Questo testo é un omaggio a Tullio De Mauro, morto nei giorni scorsi, che ha portato la linguistica fuori dalle aule dell'accademia, e l'ha resa uno degli strumenti fondamentali di analisi di una società)

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