9 dicembre forconi: 07/18/18

mercoledì 18 luglio 2018

AL PROCESSO D’APPELLO SUI 49 MILIONI DI FONDI DEL CARROCCIO CHIESTA UNA CONDANNA DI UN ANNO E 10 MESI PER BOSSI

“LA GESTIONE DEI CONTI DELLA LEGA? UN CAOS DELIBERATAMENTE VOLUTO” 

L’ACCUSA: "SEQUESTRI VALIDI ANCHE IN CASO DI PRESCRIZIONE" 

E IL RIESAME DICE OK AL BLOCCO DEI CONTI REGIONALI

TOMMASO FREGATTI, MARCO GRASSO per www.lastampa.it

Nel processo d’appello per la truffa dell’allora Lega Nord ai danni dello Stato sui 49 milioni di fondi non dovuti dal 2008 al 2010 e sul denaro trasferito a Cipro, processo da cui è partita la querelle giudiziaria sui sequestri dei conti del Carroccio, per Umberto Bossi è stata richiesta una condanna a 1 anno e 10 mesi, mentre per i revisori dei conti, Diego Sanavio, Antonio Turci e Stefano Aldovisi, rispettivamente a 2 anni (i primi due) e un anno e tre mesi.

La richiesta su Francesco Belsito, che all’epoca dei fatti era il tesoriere del partito, è stata rinviata in attesa di capire se la Lega presenterà querela per appropriazione indebita, reato che da maggio 2018 non è più perseguibile senza denuncia della vittima. Alcuni dei reati contestati sono prescritti, altri sono vicini alla prescrizione; secondo l’accusa, comunque, confisca e sequestri dei depositi leghisti dovrebbero essere confermati anche in caso di prescrizione. 
UMBERTO BOSSI E FRANCESCO BELSITOUMBERTO BOSSI E FRANCESCO BELSITO

Sempre stamattina il tribunale del Riesame, pronunciandosi in una vicenda collegata, ha stabilito che nella caccia ai 49 milioni è corretto sequestrare denaro anche sui conti regionali (quelli delle cosiddette “nazioni”) oltre che su quelli centrali (della “Federazione”). A parere dei giudici esiste «continuità» fra le due entità. Al momento, va ricordato, la Guardia di Finanza tra Federazione e nazioni ha trovato poco più di 3 milioni dei 49 da ricercare. 

bossi salvini maroniBOSSI SALVINI MARONI
Uno dei momenti clou della mattinata si è registrato tuttavia fra le 10 e le 11, con la requisitoria di Enrico Zucca, sostituto procuratore generale: nel corso del suo intervento, Zucca ha ribadito fra l’altro che «la gestione dei conti della Lega era un caos totale, ma non un caos primordiale e creativo, una confusione voluta e consentita: quello che succedeva era funzionale ed essenziale».

Ancora: Zucca ha definito «sconvolgenti e preoccupanti le giustificazioni dei membri del comitato di controllo, che sostengono di non avere capito il proprio ruolo, convinti che i controlli spettassero ad altri». E ha parlato di «un torpore, un sonno che avvolgeva i revisori e chi doveva controllare». In primo grado, Bossi era stato condannato a 2 anni e 6 mesi (lo “sconto” è legato esclusivamente alla prescrizione), Belsito a 4 anni e 10 mesi; e i tre ex revisori, Diego Sanavio, Antonio Turci e Stefano Aldovisi, rispettivamente a due anni e otto mesi (i primi due) e a un anno e nove mesi. 

Fonte: qui
FRANCESCO BELSITO CON UMBERTO BOSSIFRANCESCO BELSITO CON UMBERTO BOSSI

GLI OCCHIONERO FATTI NERI A TEMPO DI RECORD: CONDANNATI A 5 E 4 ANNI I FRATELLI CHE HANNO SPIATO COMPUTER DI SOCIETÀ, PARTITI E ISTITUZIONI. IL PM AVEVA CHIESTO 9 E 7 ANNI DI RECLUSIONE

L'INGEGNER GIULIO AVEVA CREATO UNA RETE 'BOTNET' CON UN VIRUS CHE È ENTRATO IN 18MILA COMPUTER PER CARPIRE DATI, PASSWORD E MESSAGGI 

SONO SOTTO PROCESSO ANCHE PER SPIONAGGIO POLITICO, E RISCHIANO ALTRI 10 ANNI

Edoardo Izzo per www.lastampa.it

FRANCESCA MARIA OCCHIONEROFRANCESCA MARIA OCCHIONERO
Sono stati condannati rispettivamente a 5 anni e 4 anni di carcere l’ingegnere, Giulio Occhionero, e sua sorella Maria Francesca, entrambi accusati dalla procura di Roma di cyberspionaggio per aver «spiato» per anni migliaia di computer appartenenti a società, partiti e istituzioni. Per i due il pm Albamonte aveva sollecitato condanne di 9 e 7 anni di reclusione.

L’ingegnere Occhionero, secondo la procura, avrebbe in sostanza creato una rete «botnet» che sfruttando un virus che entrava nei computer da colpire attraverso un messaggio email, gli permetteva di accedere e carpire informazioni da pc infettati, tra cui dati, password e messaggi. Sono oltre 18 mila i computer «colpiti» da Occhionero: fra questi, di 1935 pc l’ingegnere aveva anche le relative password, e quindi ne aveva il pieno controllo, ha detto il pm in aula. Per l’accusa, all’ingegnere nucleare Giulio Occhionero spetta la «responsabilità di avere concepito, pianificato e alimentato dal 2001 un sistema per l’acquisizione» di un numero enorme di dati. 
giulio occhioneroGIULIO OCCHIONERO



Tra i bersagli, c’erano i computer di grandi aziende e quelli di istituzioni politiche ed economiche fra cui Camera, Senato, ministeri di Esteri e di Giustizia, Partito Democratico, Enav, Finmeccanica e Bankitalia. Ma non solo. C’erano, infatti, anche gli indirizzi mail dell’ex premier, Matteo Renzi; quello del presidente Bce, Mario Draghi il noto conduttore della trasmissione di Rai Uno «Porta a Porta», Bruno Vespa, il procuratore generale della Corte d’Appello di Roma, Giovanni Salvi, e Maurizio Selli del Movimento 5 Stelle (consigliere comunale a Civita Castellana). 



Francesca OcchioneroFRANCESCA OCCHIONERO


Non è il solo filone d’inchiesta che coinvolge gli Occhionero. Giulio e Francesca Maria la procura di Roma contesta, in altra indagine, anche lo spionaggio politico (un reato per il quale è prevista la pena di 10 anni di carcere) sulla base di una informativa di oltre 250 pagine redatta dagli esperti della Polizia Postale che, grazie alla collaborazione fornita dagli esperti dell’Fbi, sono riusciti a sbloccare i server utilizzati negli Usa dai due fratelli e ricostruire l’intera rete creata su 9 computer riconducibili agli Occhionero.

Fonte: qui

AGLI USA INTERESSA SOLO IL RAPPORTO CON LA CINA E LA RUSSIA, GLI EUROPEI SONO PIÙ UTILI DIVISI. E L'EST SI È SCHIERATO CON TRUMP

Massimo Gaggi per “l’Economia - Corriere della Sera
merkel trump tsipras al summit natoMERKEL TRUMP TSIPRAS AL SUMMIT NATO

L'antipatia di Donald Trump per la Germania è di vecchia data: ha cominciato a inveire contro l' invasione delle auto di lusso tedesche - le Mercedes, Bmw e Audi che gli sfrecciavano sulla Fifth Avenue, davanti alla sua torre - ben prima di candidarsi alla Casa Bianca. Ma l' attacco a testa bassa contro il governo di Angela Merkel, lanciato dal presidente Usa al vertice Nato di Bruxelles, non è stato di certo uno sfogo umorale: Trump colpisce la Germania perché, da uomo d' affari, non tollera il cronico sbilancio degli scambi commerciali tra i due Paesi.

E anche perché vuole indebolire la Merkel, principale ostacolo alla diffusione del sovranismo populista in Europa e, dal suo punto di vista, troppo aperta sull' immigrazione.
trump e merkel 6TRUMP E MERKEL 6
Colpire la Germania per mettere sulla difensiva un Paese con velleità di leadership che, agli occhi di The Donald, è diventato ricco con i soldi americani: quelli spesi nel Dopoguerra per la sua ricostruzione (Piano Marshall), quelli spesi per 70 anni dal Pentagono per difendere la Germania da una possibile aggressione del blocco sovietico prima, e poi da una Russia comunque potenza nucleare aggressiva e con sogni imperiali.

trump putinTRUMP PUTIN
Ma l' obiettivo è anche quello di colpire la Germania per indebolire e dividere l' Europa. Lasciando a Trump le mani molto più libere nel rapporto con Putin (difficile accusarlo di essere accondiscendente col Cremlino, dopo che il presidente Usa ha accusato la Germania di essere schiava di Mosca dalla quale dipende per le forniture di gas). Ma, oltre che per ridefinire i rapporti con Mosca e con l' Alleanza Atlantica, Trump è venuto in Europa anche per far avanzare la sua agenda populista: apprezzamento per i leader sovranisti, per il nuovo governo italiano e per i governi forti o addirittura autoritari dell' Est europeo, dalla Polonia all' Ungheria di Orbán.
PUTIN REGALA UN PALLONE A TRUMPPUTIN REGALA UN PALLONE A TRUMP

Poi, calpestando di nuovo ogni regola diplomatica è andato in visita dall' alleato britannico con parole pesanti verso primo ministro, Theresa May («non so se sta rispettando la volontà popolare sulla Brexit, rischia di non avere buoni rapporti nemmeno con gli Usa, una volta uscita dall Ue»). Affetto e amicizia, invece, per Boris Johnson, uscito dal governo. Una volta seduto al vertice con la May ha poi fatto dietrofront parlando di area di libero scambio tra Stati Uniti e Gran Bretagna.

CONTE PUTIN TRUMPCONTE PUTIN TRUMP
Una strategia di successo, quella di Trump, anche perché ha trovato un terreno favorevole: gli è bastato mettere il dito nelle piaghe di un' Europa già divisa e «scomunicare» i leader che cercano di restaurare lo spirito delle origini.
Lo stesso fatto che oggi ragioniamo su nazioni più vicine a Washington e Paesi usciti malconci dal confronto col rude presidente americano indica che Trump sta «picconando» con successo non solo alcuni governi nazionali, ma anche le istituzioni multilaterali: la Ue e la stessa Nato, il cui ruolo è stato formalmente confermato in un comunicato ufficiale, dopo che Trump aveva addirittura minacciato l' uscita unilaterale degli Stati Uniti dall' Alleanza.

E così, dopo l' incontro con Putin ad Helsinki, Trump se ne torna in America lasciandosi alle spalle lavagne nelle quali la lista dei «cattivi» è sicuramente aperta dalla Germania della quale non sopporta nè la forza economica nè la leadership fino al punto di dire che «a volte gli alleati sono peggio dei nemici». È lo scontro più duro perché c' è in ballo molto: il «muro» della Merkel contro il sovranismo, ma anche la volontà Usa di esportare di più. L' attacco sul gas russo è legato, oltre che al desiderio di contenere Mosca, alla volontà di vendere il suo shale gas estratto in abbondanza grazie al fracking.

Mentre dietro alla richiesta di aumento delle spese militari c' è la volontà di vendere più armi nella Ue. La Germania dovrà decidere come sostituire i suoi Tornado: potrebbe ricorrere a una nuova versione dell' Eurofighter, programma europeo al quale partecipa, ma la Luftwaffe preferisce un caccia americano. Sarà un' altra battaglia durissima.

Eurofighter jetsEUROFIGHTER JETS
E' dura anche per la May, attaccata da Trump che vede la possibilità di sostituire il suo governo accomodante con Bruxelles con una coalizione più radicale e populista. In mezzo al guado il francese Macron. Appena eletto piaceva a Trump, andato l' anno scorso a Parigi a celebrare con lui la festa della Bastiglia. Poi le nuvole per le divisioni sulle politiche ambientali e per i dazi, fino allo scontro al G 7 in Canada, lasciato in anticipo anche per non partecipare a una sessione guidata da Macron. Tregua alla Nato: Macron piace al presidente Usa perché eletto su una piattaforma anti-establishment, ma lo irrita la sua fedeltà all' asse franco-tedesco.

Cielo sereno con qualche nuvola per l' Italia: Trump elogia Conte capo del governo di una coalizione populista, duro sugli immigrati. Ma chiede anche a noi di pagare di più per la Nato (ricevendo un rifiuto) e ci minaccia coi dazi.

Cielo terso, infine, nell' Est europeo: dalla Polonia che, sensibile fin dall' inizio alla nuova politica energetica Usa, ha già stretto un accordo ventennale per la fornitura di gas americano al posto di quello russo, alla Croazia che ha deciso di creare nell' isola di Krk un terminale di rigassificazione per le navi che porteranno gas liquido da Oltreoceano. Una decisione che ha avuto il plauso del Dipartimento di Stato.
ESTONIA ESERCITAZIONE NATOESTONIA ESERCITAZIONE NATO

L' Est, poi, spende di più per la Nato. Insieme a Grecia e Uk, Estonia e Lettonia sono gli unici altri due Paesi che destinano più del 2% del Pil a spese militari: ma Polonia, Romania e Lituania sono molto vicine a questo traguardo. Basterà, in caso di aggressione, per essere difesi da soldati e missili di Trump?

Fonte: qui

LUIGI DI MAIO PROPRIO NON LEGGE LE EMAIL

ALTRO CHE 'MANINA': LA COMUNICAZIONE SUGLI 80MILA POSTI DI LAVORO PERSI IN 10 ANNI ERA SULLA SCRIVANIA DEL MINISTRO SEI GIORNI PRIMA DELLA BOLLINATURA DELLA RAGIONERIA GENERALE. QUINDI NESSUN COMPLOTTO DA PARTE DELL'INPS

Alessandro Barbera per www.lastampa.it

Luigi di Maio comprende solo ora - e lo ammette lui stesso - quanto sia complicata l’arte del governare. Procedure, autorizzazioni, nulla osta, pareri e affini. Dopo aver denunciato l’esistenza di una «manina» che all’ultimo momento avrebbe introdotto una stima «non scientifica» (cit. Giovanni Tria) sull’impatto occupazionale del decreto dignità (ottomila occupati in meno all’anno), il superministro del Lavoro ha scaricato ogni responsabilità sul presidente dell’Inps Tito Boeri, capo della struttura che ha realizzato quella stima. 

SALVINI DI MAIO CONTESALVINI DI MAIO CONTE
Ma rimuovere Boeri prima della scadenza del mandato (a gennaio 2019) non è possibile, perché la presidenza dell’Istituto di previdenza non è soggetta alle regole dello spoil system: «La legge non ci consente di rimuoverlo», ammette il ministro. C’è di più: farebbe un errore, perché non c’è stata nessuna «manina» che ha tramato contro di lui. Tutto è avvenuto alla luce del sole, ogni procedura è stata rispettata e i collaboratori di Di Maio hanno avuto la stima una settimana prima della pubblicazione del testo del decreto in Gazzetta Ufficiale. Una settimana prima, non 24 ore, come apparso in alcune ricostruzioni: La Stampa ha i documenti che lo provano.  

tito boeriTITO BOERI
Tutto inizia il due luglio, quando l’ufficio legislativo del ministero del Lavoro scrive all’Inps per chiedere di predisporre «con la massima urgenza» la platea dei lavoratori coinvolti «al fine di quantificare il minor gettito contributivo». Detto fatto: quattro giorni dopo, il sei luglio, la segreteria tecnica di Boeri spedisce all’ufficio legislativo del ministero quanto richiesto. Mail certificata e testo non lasciano dubbi: la scheda che stima impietosamente il calo degli occupati è sul tavolo del ministero sei giorni prima della bollinatura da parte della Ragioneria generale dello Stato, il 12 luglio. 

La relazione tecnica verrà ritoccata il giorno prima della pubblicazione in Gazzetta su richiesta della stessa Ragioneria - accade l’11 di luglio - ma per ragioni che non hanno nulla a che vedere con quella stima: il funzionario della Rgs, che per mestiere è chiamato a verificare le coperture finanziarie di ogni provvedimento, chiede di quantificare gli effetti del decreto sul sussidio di disoccupazione.

Dunque nessun giallo, nessun complotto, e d’altra parte sarebbe stato incredibile da parte dell’Inps - che dipende funzionalmente dal ministero del Lavoro - un atteggiamento diverso. Al professore milanese non resta che il peccato originario: quello di essere stato nominato a quell’incarico dall’ex premier ora all’opposizione, Matteo Renzi. Ma è poco più di un peccato originario: basta chiedere a chi in quei mesi ha avuto l’occasione di assistere alle conversazioni fra Boeri e il leader Pd. 

Fonte: qui

“CI SONO PROVE DI UN ATTACCO DEGLI HACKER RUSSI IN ITALIA”

LO SOSTIENE UNA RICERCA DI UN’AZIENDA DI CYBERSECURITY: “IL BERSAGLIO POTREBBE ESSERE LA MARINA ITALIANA” 

SULLE RETI DEL NOSTRO PAESE E’ CIRCOLATO IL MEDESIMO MALWARE USATO DA UN GRUPPO PARAMILITARE (COLLEGATO AL SERVIZIO SEGRETO MILITARE RUSSO) CHE HA AGITO ANCHE NELL’HACKERAGGIO DELLE MAIL DEMOCRATICHE NELLE PRESIDENZIALI USA

JACOPO IACOBONI per www.lastampa.it
 
Alla long story dell’interferenza della Russia nei processi elettorali occidentali, si potrebbe aggiungere un altro tassello. Questa volta la vittima sarebbe l’Italia. Ricercatori di un’azienda di cybersecurity italiana (CSE Cybersec) hanno scoperto che sulle reti italiane è circolato un malware in tutto simile a quello usato dai russi di Apt28 (aka Fancy Bear, o Pawn Storm), un gruppo paramilitare di hacker ritenuti collegati al GRU, il servizio segreto militare russo.

Apt28 è stato a lungo ritenuto l’autore di tante operazioni molto importanti di hacking, tra le quali spicca l’hackeraggio della primavera del 2016 ai danni delle mail del Comitato nazionale dei democratici, nella corsa verso le elezioni presidenziali americane - prima che il nuovo indictment del Procuratore speciale Robert Mueller accusasse direttamente dodici ufficiali del GRU di aver eseguito, gestito e diretto l’operazione.

hacker russiaHACKER RUSSIA
L’operazione di spionaggio - che i ricercatori chiamano “Operation Roman Holiday” - dura da alcune settimane, e non è certo chi sia la vittima dell’hackeraggio, ma potrebbe trattarsi della Marina italiana. Lo spiega Pierluigi Paganini, capo tecnologo di CSE Cybsec, che tra l’altro è direttore del Master in cybersecurity alla ormai famosa Link Campus University, intervistato da Agi: «Se adottiamo le logiche degli attaccanti parrebbe un riferimento alla Marina militare italiana e ci invita a verificare l’ipotesi che quel codice malevolo sia stato sviluppato come parte di una serie di attacchi mirati contro la Marina o altre entità ad essa associate, come i suoi fornitori».


russiaRUSSIA
Scoperta la “backdoor”, la porta posteriore nelle reti, una serie di esempi del malware sono stati inviati da Cybersec a una piattaforma di cybersecurity aperta, Virus Total, attraverso un analista conosciuto online con il nome @drunkbinary. E da questo incrocio di verifiche è risultato confermato, spiegano i ricercatori, che esiste un pezzo di malware (il software maligno che di solito si impianta in un computer nemico, inducendolo a cliccare un link malevolo inviato alla vittima) in tutto analogo a quelli usati dagli hacker di Apt28.

Le somiglianze sono, dal punto d vista dell’evidenza informatica, molto rilevanti: il linguaggio in cui è scritto il codice del malware è uguale a quello di un malware usato dai russi (linguaggio Daphni). I luoghi remoti di command and control verso i quali vengono indirizzati i dati; anche alcune «librerie dinamiche” che il malware spinge surrettiziamente i computer attaccati a caricare. Non sarebbe il primo attacco russo contro l’infrastruttura italiana: di almeno un’altra circostanza è stato scritto già un anno e mezzo fa dal Guardian, che citò fonti governative, mai smentito da nessuno.
hackerHACKER



«Non possiamo escludere - sostiene Cybersec - che Apt abbia sviluppato la backdoor per colpire specifiche organizzazioni, tra le quali la Marina militare italiana, o qualche altro subcontractor. Nelle nostre analisi non siamo riusciti a collegare il file malevolo dll ai sample di X-agent trovati, ma crediamo che entrambi siano parte di un attacco ben coordinato e chirurgico di Apt28». Varrà la pena notare che anche nel nuovo indictment di Mueller si racconta delle modalità X-agent con cui ha agito - in questo caso direttamente il GRU -contro le mail dell’ufficio di Hillary Clinton.



HACKERHACKER
La ricerca, pubblica, è stata messa a disposizione sul sito dello Z-Lab di Cybersec. La piattaforma online che l’ha incrociata - VirusTotal - mette a disposizioni alcuni samples riscontrati. Cresce, negli ambienti degli analisti e degli osservatori internazionali, la preoccupazione che il caso Usa non sia affatto isolato. E inquietudini geopolitiche si sommano a quelle forensi: specialmente nel momento in cui il presidente americano Donald Trump, a Helsinki, ha detto di credere a Vladimir Putin, che nega che la Russia abbia hackerato le elezioni Usa, anziché a tutta la comunità dell’intelligence americana, che sostiene il contrario; e nel momento in cui il ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini, incontrando a Mosca prima esponenti del Consiglio per la sicurezza nazionale russo, poi il ministro dell’interno russo, ha spiegato che l’Italia coopererà proprio con la Russia «nella cybersecurity e contro gli attacchi informatici», arrivando a scambiarsi - ha scritto Salvini - anche «banche dati» con Mosca.

Fonte: qui

RINVIATO A GIUDIZIO PER RICICLAGGIO, GIANFRANCO FINI RISCHIA FINO A 30 ANNI DI CARCERE

SALLUSTI: “FINI È STATO UN CRIMINALE POLITICO E OGGI SI IPOTIZZA ANCHE UN DELINQUENTE COMUNE. PER LA SECONDA ACCUSA GLI AUGURO DI SAPERSI DIFENDERE, PER LA PRIMA MERITA L'ERGASTOLO PERCHÉ HA DISTRUTTO UN PATRIMONIO NON SUO, IL CENTRODESTRA, E APERTO LA STRADA PRIMA AL GOVERNO DI MARIO MONTI E POI AI GRILLINI. SE IL PAESE È DA ANNI IN DIFFICOLTÀ, LA COLPA È SUA, QUELLA DI UN MOSTRO CHE ILLUDENDOSI DI ESSERE DIO HA GENERATO MOSTRI. I SUOI COMPLICI SONO A PIEDE LIBERO E SONO..."


IL SUO CRIMINE FU POLITICO
Alessandro Sallusti per “il Giornale”

SALLUSTISALLUSTI
Gianfranco Fini, la sua compagna Elisabetta Tulliani e il di lei fratello Giancarlo sono stati rinviati a giudizio, insieme a faccendieri amici di famiglia (i Corallo) per riciclaggio e altri gravi reati scoperti durante la tardiva inchiesta giudiziaria sulla strana svendita della famigerata casa di Montecarlo svelata da questo Giornale nell' agosto del 2010 tra l' indifferenza, se non l'ostracismo, di buona parte della stampa nazionale.

MONTI - SCHIFANI - NAPOLITANO - FINIMONTI - SCHIFANI - NAPOLITANO - FINI

Non vogliamo medaglie, né infierire su un uomo, Fini, già condannato con sentenza definitiva dagli italiani ben prima che dai giudici. Proviamo però un senso di rabbia nel prendere atto, se le accuse saranno confermate in tribunale, che l'avventura del centrodestra è stata boicottata, indebolita e poi distrutta non da gravi errori politici ma da una banda di malfattori assetata di soldi e potere di cui Fini era importante azionista.

Già, perché i guai dell'allora governo Berlusconi che in Parlamento poteva contare su un'ampia maggioranza nascono proprio nel 2010, quando Gianfranco Fini numero due del Popolo delle Libertà si mette in testa di fare fuori Silvio Berlusconi e prendere il suo posto al governo.
RAZZI NAPOLITANO FINIRAZZI NAPOLITANO FINI

Una spallata violenta (ricordate il: «Che fai, mi cacci?»), poi il tradimento e la scissione (nasce il Fli tra gli applausi della sinistra) e la drammatica votazione di sfiducia alla Camera da lui persa per soli tre voti. Il golpe fallì, ma le ferite furono sanguinose per tutti. Non solo la famiglia della destra, anche quella del centrodestra si indebolì in modo irreparabile e offrì il fianco agli agguati della sinistra che poco dopo (novembre 2011) ottenne la testa di Berlusconi.

Bongiorno e FiniBONGIORNO E FINI

Gianfranco Fini è stato un criminale politico e oggi si ipotizza anche un delinquente comune. Per la seconda accusa gli auguro di sapersi difendere (le accuse nei suoi confronti valgono fino a trent' anni di carcere), per la prima merita l' ergastolo perché ha distrutto un patrimonio non suo e aperto la strada prima a Monti e poi ai grillini. Se il Paese è da anni in difficoltà, la colpa è sua, quella di un mostro che illudendosi di essere Dio ha generato mostri.

fini tullianiFINI TULLIANI
È vero, Fini non ha fatto tutto da solo. Sul piano criminale i suoi compari sono alla sbarra con lui, su quello politico i suoi complici sono invece a piede libero. Un suo braccio destro di allora, Giulia Bongiorno, oggi è stimato ministro in quota Lega e Giorgio Napolitano (secondo numerose e concordanti testimonianze regista dell'operazione per fare cadere Berlusconi) è stato nel frattempo eletto una seconda volta presidente della Repubblica.


Questa storia non può essere chiusa con una verità giudiziaria. Abbiamo diritto a una verità politica. Se Fini avesse coraggio e fosse un uomo libero potrebbe raccontarla, non tanto a noi ma al suo Paese. Non ci sarebbe riscatto, ma sarebbe pur sempre un modo dignitoso di uscire di scena e, non glielo auguro, entrare in carcere a testa alta.

GIANCARLO ELISABETTA TULLIANI - LABOCCETTA - GIANFRANCO FINIGIANCARLO ELISABETTA TULLIANI - LABOCCETTA - GIANFRANCO FINI
DA DELFINO A TONNO, LA CATASTROFE DI GIANFRY CHE ANCORA SOGNAVA LA «RENTRÉE» IN POLITICA
Massimiliano Scafi per “il Giornale”

Da delfino a tonno, da leader del futuro a imputato prossimo venturo. Chi ha visto Gianfranco Fini? Pochi, a parte i parenti, gli avvocati e la procura di Roma. Solo qualche anno era il presidente della Camera, la terza carica della Repubblica, il quasi giovane politico pronto al gran balzo verso Palazzo Chigi dopo aver raccolto l' eredità del Cavaliere. Oggi è un signor nessuno. Le sue truppe sono emigrate altrove, l'indice di gradimento è precipitato e i suoi rari interventi pubblici si svolgono in un imbarazzato deserto.

FINI TULLIANIFINI TULLIANI
E adesso pure il riciclaggio, che certo non è un'accusa da poco: povero Gianfry, verrebbe da dire, il destino si accanisce. Non bastavano gli errori politici a ripetizione, la capacità di fare sempre la mossa sbagliata nel momento sbagliato, l'isolamento e il tracollo, ora ci si mette anche il rinvio a giudizio. Perché, come insegna l'infallibile legge di Murphy, «se una cosa può andare male, stai sicuro che andrà peggio»
fini elisabetta tullianiFINI ELISABETTA TULLIANI






Ma al di là della casa di Montecarlo e delle connesse vicende giudiziarie, sulle quali bisognerà aspettare le sentenze dei tribunali, è dal punto di vista politico che la vita di Fini ha subito un tracollo verticale. Dalla lite con Berlusconi e la nascita di Fli, non ne più azzeccata una. E così l'uomo che aveva sdoganato la destra post-fascista creando Alleanza Nazionale e portandola al governo, ha avuto la pessima idea nel 2013 di virare al centro e presentarsi con Mario Monti, che dopo aver dissanguato gli italiani non era proprio al massimo della popolarità. Il previsto flop del Professore ha trascinato nel gorgo pure Gianfry, che da allora non si è più ripreso.
GIANFRANCO FINI ED ELISABETTA TULLIANIGIANFRANCO FINI ED ELISABETTA TULLIANI

Da quel momento, complici anche i risvolti giudiziari e le attività dei Tulliano's, Fini è diventato via via un personaggio sempre più marginale sulla scena politica del Belpaese, fino a sparire. Lui ogni tanto a risalire ci ha pure provato, con pessimi risultati. Comizi per pochi intimi, sedie vuote, bandiere ammosciate.

FINI ELI E GIANCARLO TULLIANIFINI ELI E GIANCARLO TULLIANI









Qualche mese fa, subito dopo la notizia dell'indagine per riciclaggio e la richiesta di arresto per il cognato Giancarlo Tulliani, Fini trovò persino il coraggio di farsi vedere in Parlamento per le solenni celebrazioni dei sessant'anni dei Trattati di Roma sull'Europa. «Che faccia di bronzo - commentò feroce il suo ex compagno di partito Maurizio Gasparri - Chissà, forse ha scambiato Montecitorio per Montecarlo». Pochi mesi dopo spuntò in un servizio fotografico su Oggi, sorridente al ristorante assieme alla famiglia.

FINI TULLIANI DOCUMENTI CASA MONTECARLOFINI TULLIANI DOCUMENTI CASA MONTECARLO
Negli ultimi tempi, nonostante l'inchiesta, stava preparando il grande ritorno per fare «l'allenatore di una nuova destra anti-Le Pen e governativa». In questa prospettiva, un mese e mezzo fa si era fatto intervistare dal direttore di Radio Cusano Campus, Gianluca Fabi, e aveva preso di petto il nuovo premier Giuseppe Conte: «Quando si parla di Russia non bisogna scherzare, non bisogna buttarla lì per vedere l' effetto che fa. Bisogna sempre ricordarsi che la Russia è una grande potenza che non ha mai conosciuto una democrazia analoga a quelle occidentali. Oggi c' è la democrazia autoritaria di Putin, prima c' era il comunismo staliniano e brezneviano e prima ancora c'era lo zar».
Insomma, caro Conte, non ti fidare di Mosca e dai retta a uno che di politica se intende.

Fonte: qui

LA GRANDE FUGA ... IN PEDALO’ – I MIGRANTI BEFFANO LA GENDARMERIE: RUBANO UN PATTINO A VENTIMIGLIA E SCAPPANO VIA MARE IN FRANCIA

L’IMBARCAZIONE E’ STATA RITROVATA IN SECCO SULLA SPIAGGIA DI CAP MARTIN SENZA SEGNI DI DANNEGGIAMENTO

Patrizia Mazzarello per la Stampa

La Francia era probabilmente già concentrata nell' attesissima finale del Campionato del mondo di domenica pomeriggio. Gendarmerie e reparti speciali della polizia francese, da giovedì sera, avevano occhi puntati soprattutto sul confine terrestre di Ponte San Ludovico, complice la manifestazione di protesta organizzata venerdì pomeriggio dalle associazioni solidali contro confini e nuove frontiere d' Europa.

Fatto è che il gesto di un gruppo di migranti riuscito quasi sicuramente a varcare il confine e a entrare in Francia a bordo di un pedalò, è di quelli destinati a passare alla storia, in mezzo a tante tragedie di chi da quattro anni tenta di raggiungere il Nord Europa.

L' antefatto di questa vicenda è stata la scomparsa di un comune pedalò da un noto stabilimento del centro di Ventimiglia, nella zona di levante.

pedalòPEDALÒ
Per una disattenzione il natante non era stato riposto come al solito nel magazzino, al termine della giornata. E al mattino era sparito. Ma la sorpresa vera è arrivata alcuni giorni dopo. Quando ai titolari dello stabilimento è arrivata inaspettatamente una telefonata da parte della Capitaneria francese di Roquebrune, risaliti alla struttura balneare di Ventimiglia grazie al nome sulla fiancata del pedalò: «Cercate un pedalò? Lo abbiamo trovato noi, sulla spiaggia di Cap Martin».

Impossibile pensare a qualcosa di diverso dalla fuga di un gruppo di migranti: almeno due per riuscire a percorrere la distanza pedalando senza tregua e comunque non più di 4 o 5 viste le dimensioni del natante. Il pedalò non presenta segni di danneggiamento, tipici di un mezzo andato alla deriva. E al momento del ritrovamento era stato tirato a secco sulla spiaggia, in una zona, almeno di notte, abbastanza riparata dagli sguardi dei curiosi.

Roquebrune dista circa 25 chilometri, seguendo la statale, da Ventimiglia. Un po' meno via mare, ovviamente. Ma in ogni caso per i protagonisti coprire quella distanza non deve essere stato facile. I migranti hanno superato Mentone probabilmente per allontanarsi il più possibile dal confine.

Fonte: qui

PER LA CASSAZIONE IN CASO DI VIOLENZA SESSUALE DI GRUPPO SU UNA DONNA CHE HA ASSUNTO VOLONTARIAMENTE ALCOLICI NON PUÒ ESSERE AGGIUNTA L’AGGRAVANTE

I GIUDICI DEL PALAZZACCIO HANNO DISPOSTO UN NUOVO PROCESSO SUL CASO DI DUE CINQUANTENNI CHE HANNO APPROFITTATO DI UNA RAGAZZA COMPLETAMENTE UBRIACA

Elvira Serra per il “Corriere della Sera”

Chiamiamola Francesca. Esce a cena con due cinquantenni che conosce. Beve molto. I commensali approfittano della sua debolezza e hanno con lei dei rapporti sessuali non consenzienti. Lei va al Pronto soccorso: il referto parlerà di leggeri segni di resistenza.

La storia finisce in Tribunale: nel 2011 il giudice di Brescia in primo grado assolve gli imputati; nel 2017 la Corte di Appello di Torino li condanna a tre anni per violenza sessuale di gruppo.

stupro 4STUPRO
E arriviamo a ieri, alla sentenza numero 32462 della terza sezione penale della Cassazione, che conferma il reato di «violenza sessuale di gruppo con abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica» della vittima, come era Francesca a causa dell' alcol; ma esclude l' aggravante prevista dall' articolo 609 ter comma due del Codice penale, che si applica quando la violenza è imposta «con l' uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa». C' è stata violenza, ma non l' aggravante specifica.
cassazioneCASSAZIONE



Le reazioni non tardano. Alessia Rotta, vicepresidente vicaria dei deputati del Partito democratico, parla di sentenza «che ci riporta indietro di decenni. Si trovano attenuanti, come l' aver bevuto volontariamente, a un reato tanto grave quanto odioso».

E Annagrazia Calabria, deputata e leader di Forza Italia Giovani, si dichiara «sconcertata»: «Far passare anche solo lontanamente l' idea che approfittare della mancanza di pieno autocontrollo da parte di una donna non sia un comportamento da punire in maniera ancora più dura è un passo indietro nella cultura del rispetto e nella punizione di un gesto ignobile e gravissimo qual è lo stupro».
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Davvero gli ermellini hanno fatto un balzo indietro nel tempo? «La sentenza è giuridicamente corretta», chiarisce subito la penalista Francesca Longhi. «Sarebbe stato scandaloso se i supremi giudici avessero teorizzato che lo stupro non c' era perché la vittima si era ubriacata.

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Nessuno ha detto: è colpa tua perché hai bevuto. La violenza sessuale è stata ritenuta sussistente. Ma l' aggravante dell' alcol non è imputabile a chi ha commesso il reato, perché si applica nei casi in cui la vittima viene fatta ubriacare, per esempio, con la benzodiazepina, la polverina dello stupro».

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Non trova punti critici neppure la collega Caterina Malavenda. «L' assunzione di alcol incide sul consenso: se tu bevi non puoi più prestare il consenso a un rapporto sessuale; in quelle condizioni non c' è mai.
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L' aggravante c' è se lo stupratore ha creato la situazione facendo bere la vittima; si applica solo quando c' è una precisa intenzione di farla bere per approfittare di lei. Stando ai fatti accertati, invece, la donna ha bevuto di sua volontà». La legale, tuttavia, va oltre: «Certo, ora la Corte di Appello dovrà rivalutare tutto e, in particolare, capire chi ha fatto bere la vittima e perché.

Tu puoi bere senza rendertene conto se c' è qualcuno che ti riempie continuamente il bicchiere. Ma perché lo sta facendo?».

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