SALLUSTI: “FINI È STATO UN CRIMINALE POLITICO E OGGI SI IPOTIZZA ANCHE UN DELINQUENTE COMUNE. PER LA SECONDA ACCUSA GLI AUGURO DI SAPERSI DIFENDERE, PER LA PRIMA MERITA L'ERGASTOLO PERCHÉ HA DISTRUTTO UN PATRIMONIO NON SUO, IL CENTRODESTRA, E APERTO LA STRADA PRIMA AL GOVERNO DI MARIO MONTI E POI AI GRILLINI. SE IL PAESE È DA ANNI IN DIFFICOLTÀ, LA COLPA È SUA, QUELLA DI UN MOSTRO CHE ILLUDENDOSI DI ESSERE DIO HA GENERATO MOSTRI. I SUOI COMPLICI SONO A PIEDE LIBERO E SONO..."
IL SUO CRIMINE FU POLITICO
Alessandro Sallusti per “il Giornale”
Gianfranco Fini, la sua compagna Elisabetta Tulliani e il di lei fratello Giancarlo sono stati rinviati a giudizio, insieme a faccendieri amici di famiglia (i Corallo) per riciclaggio e altri gravi reati scoperti durante la tardiva inchiesta giudiziaria sulla strana svendita della famigerata casa di Montecarlo svelata da questo Giornale nell' agosto del 2010 tra l' indifferenza, se non l'ostracismo, di buona parte della stampa nazionale.
Non vogliamo medaglie, né infierire su un uomo, Fini, già condannato con sentenza definitiva dagli italiani ben prima che dai giudici. Proviamo però un senso di rabbia nel prendere atto, se le accuse saranno confermate in tribunale, che l'avventura del centrodestra è stata boicottata, indebolita e poi distrutta non da gravi errori politici ma da una banda di malfattori assetata di soldi e potere di cui Fini era importante azionista.
Già, perché i guai dell'allora governo Berlusconi che in Parlamento poteva contare su un'ampia maggioranza nascono proprio nel 2010, quando Gianfranco Fini numero due del Popolo delle Libertà si mette in testa di fare fuori Silvio Berlusconi e prendere il suo posto al governo.
Una spallata violenta (ricordate il: «Che fai, mi cacci?»), poi il tradimento e la scissione (nasce il Fli tra gli applausi della sinistra) e la drammatica votazione di sfiducia alla Camera da lui persa per soli tre voti. Il golpe fallì, ma le ferite furono sanguinose per tutti. Non solo la famiglia della destra, anche quella del centrodestra si indebolì in modo irreparabile e offrì il fianco agli agguati della sinistra che poco dopo (novembre 2011) ottenne la testa di Berlusconi.
Gianfranco Fini è stato un criminale politico e oggi si ipotizza anche un delinquente comune. Per la seconda accusa gli auguro di sapersi difendere (le accuse nei suoi confronti valgono fino a trent' anni di carcere), per la prima merita l' ergastolo perché ha distrutto un patrimonio non suo e aperto la strada prima a Monti e poi ai grillini. Se il Paese è da anni in difficoltà, la colpa è sua, quella di un mostro che illudendosi di essere Dio ha generato mostri.
È vero, Fini non ha fatto tutto da solo. Sul piano criminale i suoi compari sono alla sbarra con lui, su quello politico i suoi complici sono invece a piede libero. Un suo braccio destro di allora, Giulia Bongiorno, oggi è stimato ministro in quota Lega e Giorgio Napolitano (secondo numerose e concordanti testimonianze regista dell'operazione per fare cadere Berlusconi) è stato nel frattempo eletto una seconda volta presidente della Repubblica.
Questa storia non può essere chiusa con una verità giudiziaria. Abbiamo diritto a una verità politica. Se Fini avesse coraggio e fosse un uomo libero potrebbe raccontarla, non tanto a noi ma al suo Paese. Non ci sarebbe riscatto, ma sarebbe pur sempre un modo dignitoso di uscire di scena e, non glielo auguro, entrare in carcere a testa alta.
DA DELFINO A TONNO, LA CATASTROFE DI GIANFRY CHE ANCORA SOGNAVA LA «RENTRÉE» IN POLITICA
Massimiliano Scafi per “il Giornale”
Da delfino a tonno, da leader del futuro a imputato prossimo venturo. Chi ha visto Gianfranco Fini? Pochi, a parte i parenti, gli avvocati e la procura di Roma. Solo qualche anno era il presidente della Camera, la terza carica della Repubblica, il quasi giovane politico pronto al gran balzo verso Palazzo Chigi dopo aver raccolto l' eredità del Cavaliere. Oggi è un signor nessuno. Le sue truppe sono emigrate altrove, l'indice di gradimento è precipitato e i suoi rari interventi pubblici si svolgono in un imbarazzato deserto.
E adesso pure il riciclaggio, che certo non è un'accusa da poco: povero Gianfry, verrebbe da dire, il destino si accanisce. Non bastavano gli errori politici a ripetizione, la capacità di fare sempre la mossa sbagliata nel momento sbagliato, l'isolamento e il tracollo, ora ci si mette anche il rinvio a giudizio. Perché, come insegna l'infallibile legge di Murphy, «se una cosa può andare male, stai sicuro che andrà peggio»
Ma al di là della casa di Montecarlo e delle connesse vicende giudiziarie, sulle quali bisognerà aspettare le sentenze dei tribunali, è dal punto di vista politico che la vita di Fini ha subito un tracollo verticale. Dalla lite con Berlusconi e la nascita di Fli, non ne più azzeccata una. E così l'uomo che aveva sdoganato la destra post-fascista creando Alleanza Nazionale e portandola al governo, ha avuto la pessima idea nel 2013 di virare al centro e presentarsi con Mario Monti, che dopo aver dissanguato gli italiani non era proprio al massimo della popolarità. Il previsto flop del Professore ha trascinato nel gorgo pure Gianfry, che da allora non si è più ripreso.
Da quel momento, complici anche i risvolti giudiziari e le attività dei Tulliano's, Fini è diventato via via un personaggio sempre più marginale sulla scena politica del Belpaese, fino a sparire. Lui ogni tanto a risalire ci ha pure provato, con pessimi risultati. Comizi per pochi intimi, sedie vuote, bandiere ammosciate.
Qualche mese fa, subito dopo la notizia dell'indagine per riciclaggio e la richiesta di arresto per il cognato Giancarlo Tulliani, Fini trovò persino il coraggio di farsi vedere in Parlamento per le solenni celebrazioni dei sessant'anni dei Trattati di Roma sull'Europa. «Che faccia di bronzo - commentò feroce il suo ex compagno di partito Maurizio Gasparri - Chissà, forse ha scambiato Montecitorio per Montecarlo». Pochi mesi dopo spuntò in un servizio fotografico su Oggi, sorridente al ristorante assieme alla famiglia.
Negli ultimi tempi, nonostante l'inchiesta, stava preparando il grande ritorno per fare «l'allenatore di una nuova destra anti-Le Pen e governativa». In questa prospettiva, un mese e mezzo fa si era fatto intervistare dal direttore di Radio Cusano Campus, Gianluca Fabi, e aveva preso di petto il nuovo premier Giuseppe Conte: «Quando si parla di Russia non bisogna scherzare, non bisogna buttarla lì per vedere l' effetto che fa. Bisogna sempre ricordarsi che la Russia è una grande potenza che non ha mai conosciuto una democrazia analoga a quelle occidentali. Oggi c' è la democrazia autoritaria di Putin, prima c' era il comunismo staliniano e brezneviano e prima ancora c'era lo zar».
Insomma, caro Conte, non ti fidare di Mosca e dai retta a uno che di politica se intende.
Fonte: qui
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