GLI INQUIRENTI PENSANO DI SOSPENDERE GLI INTERROGATORI SUL CROLLO DEL VIADOTTO MORANDI: NONOSTANTE SIANO MORTE 43 PERSONE GLI INDAGATI NON PARLANO
TRA SILENZI E OMISSIONI, NESSUNO HA VOGLIA DI COLLABORARE.
Da una parte una nuova indagine della Finanza su alcuni recenti distacchi di cemento dal Morandi per capire se avrebbero potuto essere interpretati come avvisaglie del collasso del viadotto, dall' altra i dubbi dei pm se proseguire o meno con gli interrogatori degli indagati alla luce di silenzi, omissioni e poca voglia di collaborare.
Metà 2016, stabilimento di Ansaldo. Dal ponte Morandi si staccano due pezzi di pietra di grandi dimensione. Finiscono su alcune auto parcheggiate.
I MEME SUI BENETTON E IL CROLLO DEL PONTE DI GENOVA
L' azienda contatta Autostrade che avvia una pratica di sinistro con l' assicurazione e rimborsa chi ha subito danni. Dell' accaduto non viene informato praticamente nessuno. Né i vigili del fuoco né la polizia municipale. Come invece, sarebbe da prassi, quantomeno a livello di segnalazione.
Nell' inchiesta sul crollo del viadotto che lo scorso 14 agosto ha provocato la morte di 43 persone c' è un filone di indagine avviato in queste ore dai militari del primo gruppo della guardia di Finanza che per i pm riveste una certa importanza investigativa. E che riguarda crolli o distaccamenti dal ponte avvenuti in questi ultimi due anni dal Morandi.
IL PONTE DI GENOVA E LE CASE SOTTOSTANTI
I militari del nucleo operativo diretti dai colonnelli Ivan Bixio e Giampaolo Lo Turco hanno sequestrato in queste ore documentazione relativa proprio ai crolli "minori". I magistrati vogliono capire se i distacchi possano essere stati avvisaglie del crollo e se Autostrade abbia fatto il possibile per approfondire questa situazione.
In queste ore i detective della Finanza hanno svolto decine di sopralluoghi e sentito diversi lavoratori e residenti della zona, come testimoni, per ricostruire questo aspetto. Molti hanno confermato come i distaccamenti nell' ultimo periodo fossero aumentati in maniera significativa. Sono state acquisite fotografie e filmati che nelle prossime ore saranno consegnati ai due periti della Procura, Pier Giorgio Malerba e Renato Buratti.
IL CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA
Gli esperti li analizzeranno per capire se si sia trattato di normali distacchi di cemento o se fossero segnali importanti che avrebbero potuto preannunciare un cedimento della struttura stessa.
Sotto la lente dei pm Massimo Terrile e Walter Cotugno ci sono una decina di episodi definiti interessanti e due di questi «significativi». Durante i quali dal «Morandi» sono precipitati «pezzi grandi come un cornicione», viene sottolineato in una relazione preliminare.
Ma non solo, sotto accusa c' è la condotta tenuta da Autostrade che - è emerso in più di una circostanza - si limitava a stipulare polizze assicurative pagando i danni senza avvisare nessuno di quanto accaduto.
IL CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA
Intanto in Procura ad un mese dalla tragedia si sta decidendo se sospendere o meno gli interrogatori degli indagati. In queste prime settimane nonostante ci si trovi di fronte alla morte di 43 persone ci sono stati silenzi, omissioni, poca voglia di collaborare, scene mute.
Una sorta di omertà che ai pm che indagano non piace. E che potrebbe portare alla decisione di fermare gli interrogatori anche e soprattutto per non perdere tempo ed energie e concentrarsi su altri aspetti di un' indagine lunga e complicata. Una decisione in questo senso sarà presa questa settimana.
ANTONIO BRENCICH
Dal momento che lunedì 24 settembre, il giorno prima dell' incidente probatorio, sono fissati due interrogatori al momento giudicati importanti. E cioè quello dell' amministratore delegato di Autostrade Giovanni Castellucci e quello del direttore del primo tronco Stefano Marigliani
Nei giorni scorsi in Procura erano stati sentiti i quattro membri del comitato del ministero che avevano firmato il parere sull' intervento di retrofitting del Morandi. Ma nessuno tra Salvatore Buonaccorso, Antonio Brencich, Mario Servetto e Giuseppe Sisca aveva voluto chiarire la propria posizione.
GIOVANNI CASTELLUCCI
Tutti e quattro si erano «avvalsi della facoltà di non rispondere». Poco collaborativo era stato anche Antonino Galatà, ad di Spea, società formalmente indagata. Non dovrebbero fermarsi, invece, gli interrogatori previsti di tecnici e funzionari di Autostrade e Spea non indagati e sentiti come persone informate dei fatti. Questa settimana la Finanza ne dovrebbe sentire una decina.
L’IPOTESI DEGLI INVESTIGATORI: “FORSE IL COLPO DI GRAZIA AL PONTE MORANDI E’ STATO DATO DAL PASSAGGIO DI UN TIR”
L' AUTISTA "MIRACOLATO": IL CARICO ERA REGOLARE. IL CAMION TRASPORTAVA ACCIAIO: 440 QUINTALI, DI POCO INFERIORE AL LIMITE DI LEGGE, 462
PONTE MORANDI
In quei giorni la vita del ponte era appesa a un filo: la struttura malata, gli stralli deformati, l' acciaio al limite della tenuta. Qualsiasi sollecitazione avrebbe potuto causare il crollo. Difficilissimo individuare quella decisiva. Ma a forza di osservare i video del disastro, gli investigatori hanno pensato a un' ipotesi: che a spezzare il filo del Morandi potrebbe essere stato un autoarticolato. In particolare, il Fiat Stralis della Mcm autotrasporti di Novi Ligure, precipitato con gli altri nel baratro.
Quella mattina stava portando un rotolo d' acciaio: 440 quintali, non molto inferiore al limite di legge che è di 462.
Un tir in regola, dunque, ma il più pesante che stava attraversando il viadotto alle 11.36 del 14 agosto. Alla guida c' era Giancarlo Lorenzetto, 55 anni, uscito miracolosamente illeso dal crollo. Lui è naturalmente una vittima della catastrofe. L' abbiamo sentito.
Come sta innanzitutto?
«Mi sono uscite delle coliche renali, sarà lo stress perché la testa lavora tutti i giorni su questa cosa, fra avvocati e tutto il resto. Sono comunque vivo e questo è un miracolo».
Ci racconta cos' ha visto?
PONTE MORANDI
«Ci provo... Avevo caricato all' Ilva di Genova e stavo andando all' Ilva di Novi Ligure, verso Sampierdarena quindi.
Superato il pilone nove, ho saputo dopo che era il nove, davanti a me si è aperta la strada e mi sono sentito risucchiare all' indietro. Ho chiuso gli occhi pensando che fosse finita.Mi sono ritrovato giù, appeso alla cintura di sicurezza e per fortuna che l' avevo allacciata».
Pochi metri e sarebbe passato anche il suo tir...
«Bastavano due secondi, dico io, perché è successo proprio 5-6 metri davanti a me».
Cos' ha visto quando ha riaperto gli occhi?
«A destra c' erano palazzi, a sinistra l' asfalto in discesa.Non capivo dove cavolo ero.
Mi sono slacciato la cintura e mi sono messo in piedi sulla portiera di sinistra. Lì ho capito che era un disastro e che mi conveniva aspettare i soccorsi. Dopo mezz' ora sono arrivati i Vigili del fuoco che giustamente hanno dato la precedenza a chi urlava, urla che non potrò mai dimenticare».
PONTE MORANDI
Gli investigatori non escludono che possa essere stato il suo mezzo a dare il colpo di grazia.
«Che sia stato proprio il mio io non lo posso sapere, saranno i tecnici a dirlo. Io avevo comunque una portata regolare e per questo mi hanno fatto entrare in autostrada.
Dovevano assicurarsi loro che il ponte fosse a posto... paghiamo più di 100 mila euro l' anno di pedaggi. Ma poi l' Ilva non ti lascia mai uscire dagli stabilimenti se il carico non è nei limiti».
Nessuno la colpevolizza...
«Tra l' altro, il pilone si è frantumato dietro di me e quindi mi sembra strano che possa essere stato il mio camion. Capito com' è andata? Io sono caduto all' indietro, sono sceso con la strada...».
Passava spesso sul ponte Morandi?
PONTE MORANDI
«Almeno due volte al giorno. Ha sempre ballato un po' quel ponte ma io ho sempre pensato che fosse una cosa naturale. Qualcuno però mi ha detto che il giovedì precedente al crollo oscillava più del solito».
Cos' ha fatto quando è sceso dal camion, lei che era illeso?
«Solo qualche escoriazione e un dolore al collo. Ma c' erano morti e feriti e le ambulanze non avevano tempo per me, chiaramente. Me ne sono andato a piedi fino a Bolzaneto e ho aspettato che i miei mi venissero a prendere».
LA PERIZIA CHOC
PONTE MORANDI GENOVA
Meno cavi di quelli previsti dal progetto originario. Un’assenza talmente diffusa di guaine protettive di quegli stessi cavi, in determinati punti, tale da far presumere un deterioramento completo, un utilizzo di materiali di montaggio quantomeno carente o addirittura una fase realizzativa dell’opera in cui si è passati sopra a componenti che, sulla carta, erano ritenuti fondamentali.
Allarmi inascoltati
C’è un nuovo report depositato dai consulenti della Procura, gli ingegneri Piergiorgio Malerba e Renato Buratti, che mette letteralmente i brividi, e introduce un nuovo inquietante tema nell’inchiesta sul crollo di ponte Morandi: per gli esperti potrebbero esserci difetti originari nell’infrastruttura e una differenza fra ciò che era stato progettato e come questo è stato effettivamente realizzato.
PONTE MORANDI FOTO PELLIZZA FLICKR
Queste discrepanze riguarderebbero proprio gli stralli, i tiranti diagonali, anima in acciaio e rivestimento in cemento, il cui cedimento sarebbe stata la causa della strage che lo scorso 14 agosto ha provocato 43 vittime.
Questa ipotesi era stata inizialmente avanzata anche da fonti di Autostrade per l’Italia. E, se da un lato potrebbe apparire come una circostanza che potrebbe alleggerire la posizione della società, dall’altro, potrebbe addirittura aggravarla. Per dirla con le parole pronunciate pubblicamente dal procuratore capo Francesco Cozzi, «quel ponte è rimasto in piedi per 51 anni». In altri termini, se Autostrade sapeva dell’esistenza di “tare” originarie del viadotto, è la tesi di chi indaga, avrebbe dovuto a maggior ragione prestare ancora più attenzione nel monitoraggio e nella manutenzione.
“Blitz” nell’hangar
CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA
La svolta si è materializzata nella scorse ore, dopo un’ispezione compiuta sulle prime macerie raccolte e repertate in un hangar di via Perlasca, a poca distanza dal luogo del crollo. Al blitz hanno partecipato i due periti della Procura, i pm Walter Cotugno, Paolo D’Ovidio e Massimo Terrile, e i militari del primo gruppo della Guardia di Finanza, coordinati dal colonnello Ivan Bixio e dal capo del nucleo operativo Giampaolo Lo Turco. Dai primi accertamenti emergono «difetti strutturali evidenti», che potrebbero essere imputati a varie ipotesi. Una quantità di metallo insufficiente e carenze nella protezione degli stralli.
I MEME SUI BENETTON E IL CROLLO DEL PONTE DI GENOVA