9 dicembre forconi: 10/03/16

lunedì 3 ottobre 2016

QUEL PALLONARO DI RENZI ORA RICICCIA IL PROGETTO FOLLE DEL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA MA CON LE “GRANDI OPERE” L’ITALIA DIVENTA SOLTANTO UNA SUPER MANGIATOIA

COME NEL CASO DEL “MOSE”, LA BARRIERA-MOSTRO CHE DOVREBBE DIFENDERE VENEZIA DALL’ACQUA ALTA. NONOSTANTE I 6 MILIARDI DI SPESA, L’OPERA CHE DOVREBBE DURARE UN SECOLO, SEMBRA CHE NON FUNZIONI TANTO BENE: GLI INCIDENTI NEI TEST SI MOLTIPLICANO; LA STRUTTURA A CAUSA DEL SUO STESSO PESO PUO’ ANDARE GIÙ DI 3 CENTIMETRI L’ANNO, AVRA’ DEI COSTI DI MANUTENZIONE SPAVENTOSI (ERANO 2 MILIONI L’ANNO SALITI POI A 60)

IL PONTE NON SI FARA’ MAI PERO' GIRERANNO UN SACCO DI SOLDI: L'EUROLINK CONTROLLATA DA IMPREGILO GIA' VUOLE 790 MILIONI DI INDENNIZZO PER LA PERDITA DEL CONTRATTO


RENZI PADOANRENZI PADOAN
«Diamogli caviale»: Matteo Renzi è talmente spregiudicato nella campagna per il sì al referendum sulla riforma costituzionale, cui ha legato il suo stesso destino, che ha riesumato il ponte sullo Stretto di Messina, come le brioches di Maria Antonietta. Pare che a destra piaccia assai la filosofia delle grandi opere. Ma non vi è chi non veda che questo paese ha bisogno d'altro, di una miriade di "piccole opere", di pane e non di caviale e che il ponte non si farà mai, soprattutto se partirà davvero (?) il progetto antisismico che durerebbe interi decenni.
RENZI - IL PONTE DELLO STRETTORENZI - IL PONTE DELLO STRETTO

La filosofia delle grandi opere del resto ha un caso di scuola-fotocopia, che si chiama Mose (o "il mostro", secondo l' ex sindaco Massimo Cacciari) che dovrebbe difendere Venezia dall' acqua alta. Sono passati 33 anni da quando le nostre migliori intelligenze ingegneristiche e matematiche progettarono l' avveniristica difesa dall' acqua alle bocche di porto. Ma, a parte la grande ruberia che continua a procurarci sconcerto, e 6 miliardi di spesa, che alla fine diventeranno 8, contro i 3,4 iniziali, la grande opera che dovrebbe durare un secolo, sembra che non funzioni tanto bene. Gli incidenti nei test si moltiplicano.
PONTE SULLO STRETTOPONTE SULLO STRETTO

Pochi giorni fa alla bocca di porto Lido-Nord-Treporti due paratoie sono scese, ma non sono risalite. Incidente analogo a Punta Sabbioni. I blocchi di calcestruzzo, su cui è stata fatta una cresta di 8 milioni l'uno, sono sensibili persino all'accumulo di peoci, che ne compromettono la stabilità. Secondo una ricerca del Cnr, "il Mostro" può andare giù di 3 centimetri l'anno con i suoi cassoni di calcestruzzo.

Tutto il sistema, se mai nel 2018 entrerà davvero in funzione, avrà dei costi di manutenzione spaventosi. La stima iniziale era di 2 milioni l'anno, ma visti i problemi, la stima è cresciuta fino a 60 milioni, che potrebbero ancora lievitare fino a 80. Questo, dopo più di 30 anni, è il punto sulla grande opera per eccellenza, caso di scuola per il ponte. Da un punto di vista ingegneristico, il ponte non è meno complesso.
venezia mose chioggia armatura inox ripresa boccola nastro espansivo lamiera per giunti impermeabilizzazione acqua di mareVENEZIA MOSE CHIOGGIA ARMATURA INOX RIPRESA BOCCOLA NASTRO ESPANSIVO LAMIERA PER GIUNTI IMPERMEABILIZZAZIONE ACQUA DI MARE

Tre chilometri e 666 metri a campata unica, retti da torri alte 400 metri nell'area geologicamente e tettonicamente più attiva di tutto il Mediterraneo. I problemi tecnici e ingegneristici sono colossali, come mostra per l'appunto la storia del mostro veneziano e pochi sono pronti a giurare che il ponte starà in piedi senza problemi.

Naturalmente Renzi i soldi non li ha (4 miliardi di base d'asta già lievitati fino a 8) e sa benissimo che il ponte non si farà, ma lui crede che serva per sedurre quell' elettorato berlusconiano che credette a tutte le promesse vergate sulla lavagnetta televisiva. Sapete come finirà? Mentre il Mose arrugginirà tra gli accumuli di cozze, si continuerà ad almanaccare sull'altra grande opera impossibile.
VENEZIA CANTIERI DEL MOSEVENEZIA CANTIERI DEL MOSE

Ma alla fine saranno tutti felici perché l'ennesima messa in sonno del progetto farà girare un sacco di soldi, in aggiunta ai 500 milioni già spesi per mantenere la società Stretto di Messina. L'Eurolink controllata da Impregilo vuole 790 milioni come indennizzo per la perdita del contratto (la Stretto di Messina ne vuole 325). Andato a male il caviale elettorale, si troverà certo il modo di dare soddisfazione finanziaria all' amico Salini dell' Impregilo.

Fonte: qui

UNGHERIA NULLA DI FATTO - IL REFERENDUM CONTRO LE QUOTE DEI MIGRANTI ASSEGNATE DA BRUXELLES NON RAGGIUNGE IL QUORUM (AFFLUENZA AL 43,9%)

MA TRA I VOTANTI, PIÙ DI 9 SU 10 ERANO PER IL PUGNO DI FERRO 

IL GOVERNO ORA VUOLE UNA LEGGE: NIENTE STRANIERI SENZA IL VIA LIBERA DEL PARLAMENTO

Marco Imarisio per il “Corriere della Sera”

Lo schiaffone che Viktor Orbán voleva dare all' Unione Europea si rivela al massimo uno scappellotto, con potenziale effetto boomerang. Il referendum contro le quote dei migranti assegnate da Bruxelles, voluto e imposto dal primo ministro non ha raggiuntoil quorum del cinquanta per cento, quindi non è valido. Il suo risultato non conta nulla. O almeno non dovrebbe contare, Costituzione ungherese alla mano.


Al mattino presto, dopo aver votato nella scuola di un ricco sobborgo di Budapest, Orbán aveva già messo le mani avanti, dicendo che a prescindere dalla percentuale dei partecipanti, lo scontato plebiscito per il No all' accoglienza dei 1.300 profughi deciso da Bruxelles avrebbe avuto comunque serie conseguenze giuridiche. Le dichiarazioni fatte all' uscita del ginnasio non sono state solo un tentativo di vedere il bicchiere mezzo pieno in vista di un possibile fallimento. Rappresentano anche una anticipazione di quel che ben presto avverrà in Ungheria.

«Meglio un referendum valido che uno non valido - ha detto -. Le conseguenze legali si applicheranno in ogni caso. L' unica cosa importante è che ci siano più No che Sì».
Cambierà la Costituzione. Lo strappo con l'Unione europea ci sarà comunque. A urne ancora aperte Orbán ha promesso di creare una linea politica che permetta al Parlamento ungherese di essere l' unico soggetto tenuto a decidere sull' eventuale accoglienza dei migranti. «Noi, e non altri», ha sorriso prima di salutare.

Il copione sembra già scritto, a prescindere dal referendum. Il suo esito ha una importanza relativa, almeno in Ungheria. E infatti le prime parole ufficiali dopo l' annuncio del mancato quorum sembrano un inno alla gioia. «Una vittoria a valanga».

Al vicepremier Zsolt Semjén è toccata la parte dell' entusiasta. «Con questa alta partecipazione il governo ha ricevuto un chiaro mandato per rigettare le quote imposte dall' Unione europea, ed è esattamente quel che faremo, se necessario modificando anche la nostra carta costituzionale».

La surreale conferenza stampa tenuta da Orbán in una sala dove non sono stati ammessi i giornalisti testimonia però un certo nervosismo latente tra le fila dell' aspirante uomo forte del blocco dell' Est. Sottovoce e silenziati dall' enfasi governativa, ma i numeri parlano chiaro. La maggioranza degli ungheresi è rimasta a casa, accogliendo l' invito all' astensione fatto da una maggioranza quasi sempre silenziata e per giunta divisa. Potevano votare 8.167.068 persone.

Lo hanno fatto solo in tre milioni e duecentomila, pari al 43,9 degli aventi diritto. Il No ha vinto con il 95 per cento. Le cifre sul mancato quorum avrebbero potuto essere ancora più pesanti di altri sette punti percentuali per il governo se alcune formazioni politiche minori non si fossero distinte facendo appello per il Sì o per la scheda nulla.

Il plebiscito che Orbán chiedeva non c' è stato. Alla fine l' esuberante primo ministro ungherese si ritrova con lo stesso risultato delle elezioni politiche del 2014. La base elettorale del No corrisponde infatti alla somma dei voti presi da Fidesz, il partito di governo, e dall' ultradestra di Joppik, che si è mobilitata per la consultazione ma è stata la prima a presentare il conto chiedendo le dimissioni del premier. «Si è fatto un autogol, il referendum è stato un fallimento politico».

arrivo dei migranti in ungheria 4ARRIVO DEI MIGRANTI IN UNGHERIA
Il capo della Coalizione democratica Ferenc Gyurcsàny si è invece ritrovato con una opposizione rivitalizzata per grazia ricevuta. «Se il governo non ascolta la voce della maggioranza significa che è politicamente sordo».

La prima sconfitta di un uomo non abituato a perdere può provocare problemi di udito. Viktor Orbán infatti ha reagito alla sua maniera, tirando dritto come fa da quando ha preso il potere. «Si tratta di un risultato sensazionale. Abbiamo vinto. Ha votato No alla quote di Bruxelles lo stesso numero di persone che nel 2003 avevano approvato l' ingresso nell' Unione europea. Il nostro governo intende inserire nella Costituzione la decisione presa oggi dagli ungheresi. Entro un paio di giorni farò la proposta ufficiale al Parlamento». Fonte: qui

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