La svolta nella notte con la nave ong che ha resistito a tre manovre di alt della Finanza. La Rackete rischia fino a 10 anni. Il ministro Milanesi: "La Libia non è un porto sicuro"
L'arresto di Carola Rackete, comandante delal Sea Watch, a Lampedusa (foto da Twitter)
Carcere e processo per direttissima. E' quel che rischia Carola Rackete, comandante della nave Sea Watch entrata nel porto di Lampedusa violando per l'ennesima volta l'alt intimatogli dalla Guardia di Finanza. E mentre avviene lo sbarco dei migranti dopo due estenuanti settimane di tensioni internazionali e braccio di ferro fra la Rackete e il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, a far salire la tensione nel governo è il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi. Il quale ha preso posizione, ricordando che "la Libia non può considerarsi porto sicuro".
La svolta nella notte
Con un blitz in piena notte, la Sea Watch dopo due settimane in mezzo al mare, come già si scriveva è entrata a Lampedusa. "Non ce la faccio più, devo portarli in salvo", ha detto la comandante Carola Rackete all'equipaggio comunicando la decisione che aveva preso. Una scelta che le è costata cara: i finanzieri, con la nave ormai ormeggiata in banchina, sono saliti a bordo e l'hanno arrestata per violazione dell'articolo 1100 del codice della navigazione: resistenza o violenza contro nave da guerra. E ora Rackete rischia una condanna da 3 a dieci anni. La decisione di non attendere più la comandante la prende poco dopo l'una di notte: accende i motori e fa rotta verso l'isola. Immediatamente la motovedetta della Guardia di Finanza che in questi ultimi due giorni è sempre rimasta accanto alla nave della ong le intima l'alt. Un ordine, dicono i finanzieri, ripetuto tre volte e sempre rimasto inascoltato. Quando è ormai evidente che la Sea Watch è entrata in porto, la motovedetta tenta un'ultima mossa, ponendosi tra la banchina e la nave per impedire l'attracco. Ma Carola non si ferma e porta la Sea Watch sempre più vicino. L'incidente viene evitato per un niente: la motovedetta e la nave si toccano per un'istante, l'imbarcazione della Gdf finisce contro la banchina e riesce però a sfilarsi senza conseguenze per l'equipaggio.
Applausi e indignazione
L'ingresso della nave è accolto sul molo dagli applausi dei sostenitori della Ong e dalle grida di un gruppo di lampedusani, guidati dall'ex vicesindaco dell'isola Angela Maraventano, che urlano vergogna. "Non si può venire a fare quello che si vuole, non venite nelle nostra isola se no succede il finimondo. Fate scendere i profughi e poi arrestateli tutti", ha gridato Maraventano più volte rivolgendosi alle forze dell'ordine. All'esponente leghista ha risposto l'ex sindaco Giusi Nicolini, anche lei sul molo: "Che vuoi tu, chi sei tu per decidere chi deve venire e chi no". Alle 2.50 i finanzieri sono saliti a bordo della nave per uscirne, tre minuti dopo, con la comandante, che è stata prelevata e fatta salire su un'auto tra gli applausi e qualche insulto. L'arresto è stato formalizzato poco dopo nella caserma della Guardia di Finanza: con la manovra compiuta, è la tesi degli investigatori, Carola ha fatto resistenza alle autorità e ha rischiato di provocare un incidente. Per questo è probabile che le venga contestato anche il tentato naufragio. "Non avevamo scelta - dice la portavoce della Ong Giorgia Linardi -. Alla comandante non è stata data nessuna soluzione nonostante avesse dichiarato da 36 ore lo stato di necessità. Era dunque sua responsabilità portare queste persone in salvo. La violazione non è stata del comandante, ma delle autorità che non hanno assistito la nave per sedici giorni".
Nave sotto sequestro e migranti sbarcati
Subito dopo aver portato via Carola, i militari e gli uomini della Polizia sono saliti a bordo per notificare il provvedimento di sequestro della nave. E a bordo sono saliti anche i medici e i volontari dell'Unhcr e dell'Oim, per un primo screening sanitario e per fornire ai migranti le prime informazioni. I 4' migranti al sorgere dell'alba hanno messo finalmente piede a terra. Non prima di aver abbracciato uno ad uno i volontari di Sea Watch.
Milanesi contro la linea di Salvini
Nel mentre a rendere massima la tensione nel governo sul caso Sea Watch è stato il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi. Queste le sue parole in risposta ad una domanda durante l'incontro alla Farnesina con l'inviato Onu Ghassan Salamé: "La definizione di porto sicuro viene dalle convenzioni internazionali, queste condizioni per la Libia non ci sono. Non siamo noi a dirlo. So che da questo nascono varie precisazioni di carattere mediatico su convergenze di posizioni o meno, ma è un dato di fatto del diritto internazionale. Gli interventi della Guardia costiera libica vanno collegati all’esercizio del diritto-dovere di sovranità di quello Stato. Bisogna, inoltre, ricordare che le missioni di addestramento della Guardia costiera libica vengono effettuate anche nell’ambito di missioni dell’Unione Europea". Immediata la reazione del Pd, per bocca, tra gli altri, di Alessandro Alfieri, capogruppo in Commissione Esteri: "Milanesi ha spiegato bene che la Libia non e un porto sicuro. Dovrebbe spiegarlo bene al suo collega Salvini, che vorrebbe rispedire in Libia tutte le persone migranti che dalla Libia affrontano viaggi della speranza verso l’Europa".
Università, indagati 40 docenti per concorsi truccati: sospeso rettore di Catania –
Concorsi universitari truccati, i pm: «C’era un metodo paramafioso»
Per il rettore Francesco Basile e altri 9 professori era stato richiesto l’arresto ma il gip ha concesso solo la sospensione dal servizio. Altri 40 docenti di vari atenei italiani indagati
“….„Sospensione dal servizio per il rettore dell’Università di Catania e per nove docenti (con posizioni importanti all’interno dei dipartimenti) ritenuti – a vario titolo responsabili – dei reati di associazione a delinquere, corruzione, turbativa d’asta- […] „Nel procedimento sono complessivamente iscritti 40 professoridelle Università di Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, Chieti-Pescara, Firenze, Messina, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona.“
[…]
„L’operazione della Digos, denominata “Università Bandita”, ha consentito di accertare l’esistenza di 27 concorsi truccati: 17 per professore ordinario, 4 per professore associato, 6 per ricercatore. Tra i nomi degli arrestati, spiccano quelli di Giuseppe Sessa(Medicina), Filippo Drago (Medicina), Carmelo Monaco (Agraria), Giancarlo Magnano di San Lio (Filosofia).“
Ed ecco come si parlavano tra loro: “
Vediamo chi sono questi stronzi che dobbiamo schiacciare…”, diceva un professore indagato riferendosi agli altri candidati, parlando con un candidato che “doveva” vincere. In un’altra intercettazione uno degli indagati pronuncia la frase: “Hanno pestato la merda ora se la piangono”, commentando l’operato di un candidato che aveva presentato ricorso, che sarebbe stato minacciato di ritorsioni nei confronti della moglie, che non avrebbe mai – queste le minacce – più fatto parte di una commissione”
Un senso di stanchezza profonda prende, nemmeno si è capaci di commentare più. Cosa vuoi dire quando non mafiosi venuti dal basso, non camorristi della feccia sottoproletaria, o pastori sardi usi all’ abigeato, ma rettori di universitàe docenti vengono beccati ad agire come una banda organizzata di delinquenti per spartirsi cattedre e i relativi grassi stipendi. Oltretutto in fondo l’abbiamo sempre saputo, che in Italia (specie nel Sud, anche se non solo) le cattedre universitarie se le dividono così da sempre, che truccare i concorsi è una consuetudine.
Il punto è che il giorno prima abbiamo appreso dell’orribile vicenda degli affidi presso Reggio Emilia, con false accuse di pedofilia e incesto a genitori innocenti per strappar loro i figli e darli a gente che ci lucrava – e anche ogni tanto stuprava i bambini. Leggo di un papà che hanno fatto condannare a 11 anni di galera , innocente.E mica erano pastori sardi o camorristi analfabeti: il direttore generale della AUSL Fausto Nicolini – che è medico, assistenti sociali e noti psicoterapeuti laureati, un avvocato..
E qualche settimana fa, giudici e procuratori dell’organo di autogoverno della Magistratura che si spartiscono sedi, tramano per difendersi dalle indagini, si pugnalano alle spalle, fanno combutta con politici (del PD), e a vantaggio l’uno dell’altro violano dozzine di leggi – quelle leggi che dovrebbero difendere.
Troppi casi in così pochi giorni. Per non avere la sensazione di un quadro totale. Nel giro di pochi giorni abbiamo visto che le nostre “classi dirigenti” vincitrici di concorsi pubblici e pagate con ottimi stipendi pubblici, hanno trasformato i rispettivi settori in omologhi di Cosa Nostra. Non si tratta qui solo di magistrati o docenti universitari, o assistenti sociali per l’infanzia, scarsamente preparati; si tratta di personalità ai vertici del sistema pubblico che manifestano la formamentis di malviventi, che si sanno appartenenti ad una cosca della malavita organizzata. Stesso eloquio, stessa postura di disprezzo verso il mondo esterno, stessa violenza verbale, stessa abitualità a commettere reati, e mancanza di vergogna.
E’ un fenomeno che, credo, non ha eguali nel mondo.Cerco di ricordare cosa dovrebbero avere, per essere classe dirigente. Orgoglio professionale per le conoscenze guadagnate nel loro settore, a giudizio dei pari e senza trucchi. Dignità personale gelosa, che si riflette anche nel linguaggio controllato, tecnicamente preciso, colto e urbano. Ambizione e sforzo orgoglioso di mantenere degni dell’alta funzione Senso del dovere verso la comunità che li ha elevati a posti di prestigio, inseparabile dalla coscienza che la propria dignità consiste in questo servizio. Consapevolezza delle responsabilità che hanno assunto in quei posti di potere, rispetto per le funzioni che esercitano, senso dello Stato o di patria e quindi, almeno ogni tanto, riferimento ad una idea del bene comune.
Abbiamo visto il contrario: egoismi, particolarismi feroci, bassezza; omertà, trucchi sleali, viscida ineleganza, nessuna idea che ai grossi stipendi pubblici che percepiscono devono corrispondere con qualche tipo di attività degna e ben fatta. No, come criminali, i soldi che arraffano dallo Stato li considerano a fondo perduto –e non si fanno scrupolo di aumentarseli in modi illegali.
Il denominatore comune a queste diverse cosche dei vertici dirigenziali, sono appunto gli stipendi pubblici. I più alti d’Europa a parità di funzioni. .
Questa marcescenza ai verticidelle funzioni pubbliche, questa occupazione di cattedre e di procure, di alte cariche di Stato, da parte non di “normali” parassiti inadempienti ma di mafie e racket attivissime costituiti in oligarchie inamovibili, è un fenomeno che, credo, non ha eguali nel mondo civile – e l’evidente causa della decadenza verso l’inciviltà il non-diritto, la non-cultura, l’analfabetismo di ritorno e la sporcizia morale del popolino. La funzione de-moralizzante (nel senso proprio: di rendere immorali) gli strati inferiori della società, quelle che Gad Lerner chiama “le classi subalterne”, è un effetto diretto della mancata esemplarità dei superiori: se i docenti, i medici, i rettori, i procuratori sono questi, la volgarità di Salvini o di Grillo, le violazioni della normale buona educazione , le micro-criminalità corpuscolari, l’abbandono scolastico come dei rifiuti per strada, anche i graffiti sui muri che bruttano ogni angolo, muro esterno saracinesca delle nostre città e agli occhi dello straniero ne fanno dei Bronx pericolosi, ne sono la conseguenza ultima.
Dovrebbe suonare l’allarme generale, e invece silenzio. Sullo scandalo immane dei magistrati malavitosi, non più una ulteriore intercettazione né alcuna discussione. Come ad un segnale ricevuto; le ultime informazioni risalgono al 7 giugno, poi più niente. Se ciò viene da una moral suasion dall’alto, non so. Se lo è, è censura, repressione, chiara volontà da parte dell’oligarchia malavitosa di mantenersi qual è. Indegna.
“VEDIAMO CHI SONO QUESTI STR**** CHE DOBBIAMO SCHIACCIARE!” - L’INCHIESTA SUI CONCORSI PILOTATI ALL’UNIVERSITÀ DI CATANIA, SVELA UN SISTEMA CHE LA PROCURA DEFINISCE “PARAMAFIOSO”
IL "METODO" DEL RETTORE FRANCESCO BASILE: “ALLA FINE QUI SIAMO TUTTI PARENTI…”
TRA GLI INDAGATI ANCHE IL RETTORE DE “LA SAPIENZA”, EUGENIO GAUDIO E L'EX PROCURATORE DI CATANIA VINCENZO D'AGATA...
«Ne ho uno al giorno che viene per un problema di parentela o di... perché alla fine qua siamo tutti parenti l'Università nasce su una base cittadina abbastanza ristretta, una specie di élite culturale della città perché fino adesso sono sempre quelle le famiglie». Era questa l'idea che aveva del suo ateneo il rettore Francesco Basile. Sembrano le parole di un personaggio dei «Viceré» che, guarda caso, sono ambientali proprio in quel Monastero dei Benedettini che oggi è una delle sedi dell' università di Catania.
ZUCCARO
Spiega così le logiche «familistiche» che governano la scelta dei docenti in una delle intercettazione della Digos, nonostante la sua prima preoccupazione appena insediatosi, nel febbraio 2017, fosse stata un'accurata bonifica del suo ufficio da eventuali microspie. Come se il nuovo rettore, 62 anni, ordinario di Chirurgia e una quotidianità in sala operatoria, dovesse temere orecchie indiscrete. Forse aveva tanto da nascondere.
A cominciare dalla gestione dei consigli di amministrazione che si svolgevano con «sistemi bulgari» e le indicazioni di voto fatte circolare attraverso «pizzini» perché «io non posso chiamare al telefono, non è illegale ma...».
FRANCESCO BASILE
Cautele che non sono state sufficienti ad evitare che il marcio venisse a galla svelando un sistema che il pm Raffaella Vinciguerra definisce «paramafioso», mentre il procuratore Carmelo Zuccaro parla di «desolante e squallido quadro criminale». Un contesto di tale gravità che la Procura aveva chiesto l'arresto per il rettore e nove docenti con l'accusa di associazione a delinquere, corruzione e turbativa d' asta. Il Gip ha però accolto solo la richiesta di sospensione dai loro incarichi.
EUGENIO GAUDIO
Un «sistema sommerso con a capo il rettore» nella gestione dell' ateneo e in particolare per la selezione dei docenti «al di là di meriti e competenze». Non c'era scambio di denaro o altro, ma un rapporto di mutua assistenza per garantire il perpetuarsi della solita élite e delle solite famiglie. Rimessi in discussione gli esiti di 27 concorsi (17 per ordinario, 4 per associato e 6 per ricercatore) «costruiti con metodi sartoriali, decidendo a priori chi doveva vincere».
Fondamentale in tal senso il ruolo delle commissioni esaminatrici, spesso integrate da docenti di altri atenei. Forse questo spiega (oltre ai 46 di Catania) i 20 indagati nel resto d'Italia. Tra questi spiccano nomi di primissimo piano come il rettore de La Sapienza Eugenio Gaudio, il noto chirurgo padovano Umberto Cillo, e il rettore dell'Humanitas di Rozzano, Marco Montorsi.
UMBERTO CILLO
Buona parte dei venti docenti non sanno nemmeno di essere indagati e preferiscono non fare alcun commento in attesa di capire meglio. Molto più circostanziata e grave la posizione dei dieci docenti sospesi a Catania. Seguivano logiche ferree. «Io mi sono rotto il c... per te - dice un prof - ora vieni incontro a me e vai in quella commissione». Per pilotare i concorsi veniva utilizzato ogni escamotage: «Se serve limitiamo il numero delle pubblicazioni».
UCCIO BARONE
E se poi c' erano troppi idonei la soluzione la forniva l'ex direttore del dipartimento di Scienze Politiche Uccio Barone; «Io mi faccio dare tutto l' elenco e vediamo chi sono questi str... che dobbiamo schiacciare!». Storico, con un passato nel Pd, Barone ha uno sterminato elenco di pubblicazioni, compresa una sul «Tramonto dei Gattopardi». Ieri è stato l' unico a parlare: «Sono all' estero, immagino le palate di fango. Ma resto sereno». Forse non sa che tra i concorsi su cui si indaga c' è anche quello del figlio Antonio, giovanissimo ordinario di Diritto amministrativo a Economia e Commercio.
Nell' elenco degli indagati sono finiti persino l' ex procuratore di Catania Vincenzo D' Agata e la figlia, docente di prima fascia.
Geniale e spassosa l’analisi di Paolo Mieli sulle pulsioni interne al Movimento 5 Stelle dopo la disfatta elettorale a “tornare allo spirito delle origini” : lo paragona al movimento del reverendo Jones, guru e fondatore della setta People’s Temple , che il 12 novembre 1978, convinse i suoi 909 adepti a suicidarsi in massa. Col cianuro.
Era successo che un deputato del Congresso, Leo Ryan, aveva visitato il gruppo che per ordine del guru s’era ritirato nella giungla della Guyana, e ne aveva scoperto le sopraffazioni totalitarie e il dominio psichico aberrante che il “reverendo” – che adottava una forma di marxismo mentale di sua invenzione – esercitava sui suoi poveri fedeli. Jones aveva fatto uccidere Ryan; ma sentendo che ormai il mondo esterno aveva gettato uno sguardo impuro sulla sua società perfetta di fanatici soggiogati, insegnò loro che occorreva “difendersi dall’invasione del male” con il suicidio di massa.
A Beppe Grillo, che una volta era un comico, non sfuggirà il ridicolo di questa evocazione sinistra: de te fabula narratur.
Il reverendo Jones aveva composto un inno che fece cantare ai suoi soggiogati quando il gruppo ricevette la visita dell’ambasciatore sovietico della Guyana (allora una dittatura guevarista): «Siamo comunisti. Siamo comunisti oggi. Siamo comunisti oggi e ne siamo felici».
Abbiamo una idea dell’inno che il reverendo Beppe farà cantare ai suoi?“NO-TAV, No-ILVA; No-Gas! no-Autostrade, Onestà, Onestà, Onestà!”, “Crescita zero! Chiudere tutte le fabbriche!”.
E ciò gli farà forse recuperare i milioni di voti che hanno perso nei primi mesi di governo? Palesemente no. La pulsione del ritorno alle origini è un puro intento suicida.
Finisce regolarmente così nelle sette di un certo tipo: è accaduto a Waco (1993), e a quelli del Tempio Solare: 75 adepti, psico-dipendenti da un guru belga di nome Luc Journet, si uccisero vicendevolmente fra la Svizzera e la Francia e il Canada nel nell’ottobre 1994.
“L’intrusione del male” nella setta (gnostica, neotemplare, apocalittica), s’era manifestata poche settimane prima nella polizia elvetica, che voleva sapere come mai quelli avessero ucciso un neonato (vi era entrato lo spirito di Satana); questa infezione della volgarità alla purezza (Onestà! Onestà!”) ostacolava ormai il programma concretissimo del gruppo, che consisteva nel combattere il malvagio potere di questo mondo – concentrato nella Massoneria, Vaticano, Opus Dei e nel governo del Québec – deponendo questo corpo, piombo alchemico dal trasformare in oro, per rivestire il corpo solare e unirsi ai Maestri che avevano lasciato la Terra negli anni ’30, sapendo prossima l’Apocalisse, per cominciare una vita purissima su Giove o su Sirio, dove non ci sono acciaierie inquinanti né bisogno di treni per Lione.
Ciascuno capisce la perfetta razionalità di questo programma di purificazione. Alcuni degli adepti, che faticavano a capirlo perché meno evoluti, furono caritatevolmente “aiutati” a deporre il corpo dagli altri, i più illuminati e consapevoli.
Una delle sopravvissute, tale Madame Paulais, stupì i giornalisti difendendo gli insegnamenti del guru con queste parole: «Ho appreso un’ igiene di vita giusta e felice. Mi ha aiutato a prendere coscienza della realtà del presente, di questo mondo che va ineluttabilmente verso l’ autodistruzione. In cima alla piramide del potere c’ è qualche famiglia, la Massoneria, l’ Opus Dei, il Vaticano..».
E’ il tipo di risposta, con variazioni di toni, tra sprezzante, adirata con aria di sufficienza che si può ottenere da ogni militante attivista grillino. Una igiene di vita giusta e felice, l’onestà assoluta in politica espellendo tutti quelli di cui qualcuno si vanta al telefono di voler pagare 30 mila euro a un senatore per ottenere una legge a suo favore (che non ottiene), l’aria purificata dai fumi industriali, un Meridione che campa di coltivazione di cozze col reddito di cittadinanza e il riciclaggio della rumenta: chiunque obietti è trattato col disprezzo che si deve a un disonesto che serve interessi ripugnanti, o pazzo pericoloso, da eliminare – con l’aiuto del trojan e dei procuratori, purissimi esecutori dell’Onestà.
Perché tutto è perfettamente razionale. Quando il Movimento, nella UE, chiede prima di entrare nell’ALDE di Verhofstadt ultra pro-euroe pro-ue – ricevendone un rifiuto, e adesso chiede di entrare nel “Gruppo dell’estrema sinistra europea di cui fanno parte lo spagnolo Podemos, il greco Syriza, France Insoumise di Jean Luc Mélenchon e la tedesca Die Linke” (quella che gestisce la Sea Watch) ricevendone altrettanto rifiuto – e rifiutandosi insomma il movimento di allearsi con gli altri sovranisti e populisti – , è in perfetta coerenza con l’idea delle Origini 5 Stelle. Chi non lo capisce va eliminato. C’è solo da ringraziare che l’eliminazione non sia ancora fisica, non avendo i grillini il potere totale sull’Italia che sperano di riconquistare con Ritorno al Messaggio Originario.
Il punto, suggerisce Mieli, è che quale sia il Messaggio Originario non fa unanimità nel movimento stesso:
sembrano dimostrarlo “la pubblicazione di un libro di Alessandro Di Battista assai polemico tra le righe con ministri e sottosegretari del M5S. Fico che attacca il governo sulla questione dei migranti, su Regeni, su tutto – identificandosi con la Sinistra più anti-salvinaiana ma anche più anti-grillina, è il vero interprete delle Origini? “Non si può dire neanche che si stia stabilendo un asse tra Di Battista e Fico”, che dovrebbero essere i due capi-corrente dell’opposizione interna. Varie donne senatrici non fanno che esprimere dissenso dalla linea di Di Maio; che si precipita a Taranto per cambiare i patti sottoscritti con Arcelor allo scopo di obbedire alla Idea dell’Origine, che notoriamente era quella di chiuderla e mettere le migliaia di operai a coltivare mitili .
Il rischio è che facciano mancare al loro stesso governo la maggioranza, e portare alla fine anticipata della legislatura, che “aprirebbe la strada a Matteo Salvini e ai partiti di destra (in primis quello di Giorgia Meloni) a lui collegati”.
Cosa tuttavia meno probabile di quel che appare, dato che secondo le ultime notizie Salvini detesta Giorgia Meloni, la teme perché non è riuscito a inglobare il suo elettorato – alle europee sono cresciuti entrambi i partiti – ed è per colpa sua, perché effettivamente ha spostato la Lega sullo stesso terreno dell’ex MSI: dove la Meloni può proporre l’affondamento della Sea Watch e Salvini no – il che è un bel guaio.
La cosa che rischia di venir dopo la crisi per suicido di massa del Grillismo ordinato da Beppe Grillo, è il governo Draghi-Giorgetti. O magari, anche peggio, Mario Draghi come “l’italiano” alla Commissione UE – qualcuno adombra persino il Capo, sulla poltrona di Druncker – dove avrebbe ancor più potere di un capo di governo italiota, non essendo soggetto ai cambiamenti d’umore della “democrazia”. Il vile affarista sta facendo le sue abili mosse, e sta piacendo sempre più all’ala realista dei leghisti, esasperati dai progetti anti-crescita e anti-industria degli alleati. Con le sue ultime asserzioni ha fatto calare lo spread, regalando mesi di respiro. Conte lo vedrebbe bene nella Commissione UE; e chi potrebbe dire di no? Un personaggio di tale prestigio. Il suo scopo è salvare l’euro dai tedeschi: a questo scopo, ci farà versare le cinquantine di miliardi che servono. Altri anni di torchia per il bene della Moneta, per tornare all’Origine della loro idea di Europa Unita. A fondo perduto, perché i tedeschi hanno già deciso di uscirne.
Il punto è che i fondatori delle sette non possono capire che il problema, quello che fa perder voti, adepti, senatori e governi, o condanna interi popoli al suicidio (come nel caso dell’euro), non è “l’allontanamento” dalla Idea Originaria, ma l’Idea Originaria in sé.
Godetevi qui l’articolo di Paolo Mieli:
Dicono di voler tornare ai tempi antichi, ma nel nome del recupero dello «spirito delle origini» potrebbero fare la fine dei discepoli di Jonestown
Negli anni Settanta la setta dei People’s Temple conobbe grandi fortune in parte degli Stati Uniti. Improvvisamente, il 12 novembre 1978, a Jonestown in Guyana, il reverendo Jim Jones che di quella congregazione era il capo, convinse 909 suoi discepoli a suicidarsi in massa. Perché? Era accaduto che un deputato del Congresso, Leo Ryan, incuriosito per il fatto che Jones e i suoi si fossero trasferiti nella giungla della Guyana, aveva indagato scoprendo che l’esercizio del potere all’interno della comunità si era assai discostato dalle promesse iniziali, al punto da produrre «comportamenti irresponsabili, distruttivi» e notevoli abusi. Ryan era stato ucciso prima di poter rivelare al mondo quel che aveva visto — anche se aveva fatto in tempo a confidarne l’essenziale ad alcuni giornalisti — e Jones pensò che fosse necessario tornare allo «spirito degli inizi» e che, per «difendersi dall’invasione del male», servisse quel genere di catarsi. Persuase i suoi adepti a ingerire del cianuro, si uccise lui stesso (sparandosi) e ritenne che in quel modo il suo progetto fosse salvo. A torto. L’America commentò l’episodio con raccapriccio.
In piccolo qualcosa del genere (ancorché, ovviamente, di tipo diverso) sta accadendo qui in Italia. A Venaria Reale, comune piemontese, il pentastellato Roberto Falcone che aveva trionfato nella corsa a sindaco del 2015 con il 70 per cento dei voti, in anticipo di un anno sul successo torinese di Chiara Appendino, ha gettato la spugna.
Tre giorni fa – dieci mesi prima della regolare scadenza del mandato – è stato costretto a dimettersi a causa (parole sue) «del reiterarsi di atteggiamenti e comportamenti irresponsabili e distruttivi» della maggioranza. Maggioranza composta, beninteso, da suoi compagni di partito. Molti dei quali, secondo Falcone, affetti da «protagonismo»: la capogruppo Raffaela Cantella che aveva sbattuto la porta già nel 2017; il vicesindaco nonché assessore al Bilancio Angelo Castagno (dimessosi a maggio); il Presidente del Consiglio comunale Andrea Accorsi con i consiglieri Luca Stasi, Rosa Antico e Giovanni Battafarano che hanno fatto mancare il voto per la variazione di bilancio e se ne sono andati dalla compagine grillina (poco prima di essere espulsi). Mancava la «democrazia interna», si è giustificato Stasi. Può darsi che i ribelli avessero ragione, che Falcone si sia lasciato andare ad un atteggiamento ducesco. Ma è quasi inspiegabile come e perché abbia deciso di «suicidarsi» dal momento che è assai improbabile possa, a breve, tornare alla guida di Venaria. E non può essere una coincidenza che un episodio del genere sia accaduto nel momento in cui in tutta Italia il movimento appare terremotato.
Tali scosse telluriche – la pubblicazione di un libro di Alessandro Di Battista assai polemico tra le righe con ministri e sottosegretari del M5S, qualche roboante presa di posizione del Presidente della Camera Roberto Fico - annunciano per il Movimento Cinque Stelle una strana stagione. Strana e decisiva per le sorti della legislatura, la cui fine anticipata aprirebbe la strada a Matteo Salvini e ai partiti di destra (in primis quello di Giorgia Meloni) a lui collegati. Eppure una senatrice, Paola Nugnes, decide che è proprio questo il momento giusto per lasciare il M5S, due suoi colleghi di Palazzo Madama, Elena Fattori e Matteo Montero, che si danno ogni giorno minor cura di nascondere il proprio dissenso da Luigi Di Maio, talché la maggioranza necessaria al governo (161 voti) appare a rischio. Non si può dire neanche che si stia stabilendo un asse tra Di Battista e Fico. E neppure tra i seguaci dei due c’è unanimità: Dalila Nesci, pur devota al Presidente della Camera, protesta contro le «elucubrazioni in pubblico» all’indomani di un’intervista a Repubblica del suo supposto capocorrente. Minimo comun denominatore in questo marasma è uno solo: tutti dicono di voler tornare ai tempi antichi. Sicché potrebbe accadere che, nel nome di un recupero dello «spirito delle origini», siano proprio i parlamentari Cinque Stelle a provocare un suicidio di massa come quello di Jonestown.
Ma, reverendo Jones a parte, è realistico il ritorno al passato del M5S? A qualsiasi osservatore dell’attuale fase politica appare evidente che - ammesso sia possibile un’improvvisa, unanime riconversione dell’intero movimento agli stati d’animo dell’aprile 2008 - difficilmente i grillini ritroverebbero un elettorato disponibile a sorvolare sulla loro recente prova di governo. Quando andranno alle prossime elezioni politiche, siano esse tra qualche settimana, mese o anno, è su quel che hanno fatto (o non hanno fatto) nei ministeri che verranno giudicati.
Senza contare che – per evidenti motivi – la denuncia di un presunto inquinamento dello spirito rivoluzionario delle origini si rivelerebbe del tutto inefficace se non fosse accompagnata dall’accantonamento dei responsabili di tale misfatto (Di Maio? Ministri, sottosegretari, Presidenti di Commissione?) e alla «punizione» di chi lo ha reso possibile (Davide Casaleggio?).
Il ritorno ai tempi del V Day porrebbe poi il Movimento Cinque Stelle in contrasto con la componente «tecnica» del proprio governo (a cominciare dal Presidente del Consiglio) e in un rapporto non facile con i futuri possibili interlocutori della sinistra tutta. Forse, più agevole con la parte più radicale quella che (nell’intervista a Daniela Preziosi sul «manifesto» in cui proponeva nuovi modelli organizzativi) Stefano Fassina ha efficacemente ribattezzato «sinistra dell’1 per cento». Ma si tratta appunto di una frazione politica assai minoritaria. E dovrebbe dire qualcosa il fatto che – secondo quel che ha rivelato il quotidiano spagnolo El Diario - il Gruppo dell’estrema sinistra europea di cui fanno parte lo spagnolo Podemos, il greco Syriza, France Insoumise di Jean Luc Mélenchon e la tedesca Die Linke, abbia testé respinto la domanda di iscrizione del partito di Di Maio. Ancora più problematico – al di là delle esigenze tattiche su cui insistono Andrea Orlando, Goffredo Bettini, Elisabetta Gualmini e Gianni Cuperlo — apparirebbe il rapporto di un M5S «tornato alle origini» con la componente Pd di Paolo Gentiloni, Carlo Calenda e forse persino quella raccolta attorno a Nicola Zingaretti. Talché tra qualche tempo potremmo constatare che Di Battista, Fico e gli altri irrequieti del M5S – al di là delle intenzioni – saranno passati alla storia per aver spalancato le porte a Salvini e averle chiuse a Zingaretti. Provocando nel loro movimento un suicidio collettivo come quello della Guyana. Involontariamente, a differenza del reverendo Jones.
Scacco matto verrebbe da dire, la mossa cinese di ieri è la sintesi di una partita a scacchi nella quale Trump non avrà altra scelta se non quella di gettare in aria l’intera scacchiera o prendere atto di aver per il momento perso la partita…
Al summit del G20 a Osaka, in Giappone, il presidente cinese, Xi Jinping, presenterà all’omologo statunitense, Donald Trump, le sue condizioni per tornare al tavolo delle trattative per raggiungere un accordo sul commercio tra le due nazioni. Lo riporta il Wall Street Journal, citando funzionari cinesi. Condizioni che sollevano più di un dubbio sulla possibilità che i due Paesi ricomincino a trattare.
Tra le condizioni che Pechino porrà a Washington, dovrebbe esserci la rimozione del divieto statunitense sulla vendita di tecnologia statunitense a Huawei, colosso cinese delle telecomunicazioni, sanzionata dall’amministrazione Trump perché considerata un pericolo per la sicurezza nazionale. La Cina dovrebbe poi chiedere agli Stati Uniti di rimuovere tutti i dazi e di rinunciare a chiedere a Pechino di acquistare più prodotti statunitensi. I termini dell’intesa dovrebbero essere discussi da Xi e Trump sabato 29, durante un pranzo di lavoro.
…Poi il consigliere economico di Trump, Larry Kudlow, ha detto che nessuna precondizione è stata fissata in vista del summit tra i due leader e ha ribadito che lo spettro di nuovi dazi resta. Nel frattempo il South China Morning Post cinese ha scritto che le due nazioni hanno trovato una tregua i cui i dettagli verranno forniti prima dell’incontro di sabato tra i presidenti delle due nazioni nell’ambito del G20 di Osaka, in Giappone. (Sole24Ore)
Prepariamoci al no deal, al massimo ne uscirà un’altra inutile tregua, mentre i dazi stanno scavando la recessione globale. Una fonte sempre ben informata in Cina ricorda che due giorni prima di incontrare i presidente XI, Trump si vanta di aver in mano il piano B e minaccia nuove tariffe.
” Questa è una mossa molto scortese e avrà di sicuro un impatto negativo.”
Qui sotto un interessante grafico che testimonia come la California sia colpita duramente dalla guerra commerciale ma anche Arkansas, Illinois e Tenneseee se la stanno passando male…
Grossi problemi davvero nelle zone rurali, dopo l’aumento dei dazi cinesi dal 10 al 25 %, molti agricoltori hanno ipotecato le loro fattorie, secondo il quotidiano Politico…
“Migliaia di banche si trovano in quelle che chiamereste zone rurali”, ha dichiarato Mark Scanlan, vicepresidente senior dell’agricoltura e della politica rurale presso gli Independent Community Bankers of America.
“Quando l’economia inizia a rallentare, le colpisce perché non si tratta solo di prestiti agricoli, ma anche di quello che vendono agli agricoltori”
I prestatori di banche agricole che si specializzano in agricoltura stanno stringendo gli standard di credito.
Il numero dei lavoratori che per la prima volta hanno fatto richiesta per ricevere sussidi di disoccupazione è cresciuto ieri ai massimi da sette settimane.
Nel frattempo brutte notizie dalla revisione finale ( salvo revisioni possibili nei prossimi trimestri ) del GDP primo trimestre con una crescita al 3,1 % ma con una discesa della spesa dei consumatori non prevista, passata dal 1,3 % a soli 0,9 %, con un aumento degli investimenti fissi non residenziali e una piccola ripresa degli investimenti residenziali.
In sintesi solo grazie alla crescita delle scorte che ha contribuito per lo 0,55 % e alle esportazioni nette (0.94 %) il trimestre è salito sopra il 3 % Escludendo sia le scorte che le esportazioni nette, il PIL è salito solo dell’1,6% nel primo trimestre con un calo di 5 decimi rispetto al quarto trimestre. Attenzione al calo del principale propulsore della crescita economica USA, ovvero i consumi, scorte e esportazioni incideranno negativamente sul prossimo trimestre.
Brutte notizie arrivano anche dall’immobiliare australiano che vede ormai un crollo dei prezzi che riporta indietro, l’Australia sino alla crisi immobiliare americana del 2008 con il 130 % dei mutui ipotecari in rapporto al pil in pancia le banche australiane sono condannate.
Attenzione agli investimenti sul mercato azionario australiano.
Non so in quanti siano pronti per un insuccesso al G20, non importa se qualcuno venderà un finto accordo come la fine della guerra commerciale, ormai non c’è più tempo il destino è segnato, questo è il tempo della qualità, via da tutto ciò che non è bene rifugio.
Giusto per comprendere il livello di serietà che oggi esiste nel mondo dell’informazione economico/finanziaria, ma non solo anche nel mondo dei gestori, questo è quello che è successo all’improvviso ieri quando è uscita questa notizia che ha fatto volare i mercati…
(Reuters) – Il segretario al Tesoro Usa Steven Mnuchin ha detto che l’accordo sul commercio fra gli Stati Uniti e la Cina è fatto “circa al 90%”, secondo la Cnbc.
Correction: Treasury Secretary Steven Mnuchin: ‘We were about 90% of the way’ on China trade deal and there’s a ‘path to complete this’ https://cnb.cx/2NdHsy5
Appunto correzione! Mnuchin ha semplicemente detto che erano ad un passo dall’accordo, avevano ottenuto un accordo solo sul 90 % dei contenuti, peccato che in quel 10 % c’era l’intera essenza dell’accordo.
Chi è intelligente sa che non ci sarà alcun accordo e sa che l’accordo tra Cina e USA se tutto fosse andato bene era al massimo sul 30 % delle questioni, le due superpotenze restano lontane mille miglia da un accordo.
thanks to Zero Hedge.
Niente, il livello di manipolazione nell finanza è tale che per ripulire questa bisca clandestina da bari e manipolatori, bisognerebbe chiudere tutto a partire dalle banche centrali e rifondare la finanza su basi limitate.
Sembra che le stesse dichiarazioni di Draghi a Lisbona fossero fake news, ovvero dichiarazioni non concordate con i suoi colleghi, vedremo in luglio cosa accadrà.
Intanto a luglio ci sarà una riduzione del tasso ufficiale da parte della Fed, forse meglio due visto che Powell a breve farà le valigie se non ascolterà il suo maggiore elettore, il suo azionista di maggioranza.
Nel frattempo in questi giorni, pessimi dati in arrivo dall’America, davvero pessimi soprattutto quelli che riguardano il mercato immobiliare…
Come ben sapete stiamo iniziando a focalizzare l’attenzione sullo scoppio della bolla del COMMERCIAL REAL ESTATE, la seguiremo da vicino nei prossimi mesi, ma intanto qui sotto avete una panoramica di come si muovono storicamente le vendite di case esistenti e nuove in America, mese per mese…
Vedremo nei prossimi mesi se nella stagione migliore le vendite continuano a scendere.
Ieri anche altre brutte notizie dalla bilancia commerciale americana, che non faranno certo piacere a Donald Trump, deficit salito a 74,5 miliardi di dollari a maggio con un aumento sensibile di ben 3,6 miliardi con esportazioni in aumento di 4,1 miliardi ma importazioni volate a 7,8 miliardi, un dato negativo per il Pil e soprattutto per le ambizioni di Trump in tema di riequilibrio della bilancia commerciale e del commercio mondiale, che nel frattempo prosegue nella discesa.
Nel frattempo dopo quello che vi abbiamo raccontato sul cento anni Austria emesso nel settembre del 2017, l’Austria ci riprova ad un tasso del 1,2 %…
Il successo non è stato solo di chi ha emesso il bond a 100 anni, ma anche di coloro che lo hanno sottoscritto visto che in soli due anni circa il rendimento in conto capitale ha raggiunto il 53 % nelle scorse settimane.
Noi siamo pronti a ripetere un simile exploit, la verità è figlia del tempo e della deflazione da debiti! Stay tuned!