9 dicembre forconi: 03/03/18

sabato 3 marzo 2018

LA BONINO ELETTA CON LA LEGA NEL 1994

APPRODO’ ALLA CAMERA SOSTENUTA DALLA CASA DELLA LIBERTA’(MA QUALE DIFFERENZA DESTRA E SINISTRA!). MA CI RIMASE POCO: BERLUSCONI LA SPEDI’ A BRUXELLES COME COMMISSARIO UE


BONINO LEGA 1BONINO LEGA 1
Da ieri sta girando su Twitter e Facebook un’immagine da cui risulta che alle elezioni del 1994 Emma Bonino, attuale leader di +Europa, fu eletta in Parlamento con la Lega Nord, un partito che Bonino sta criticando da settimane per le sue posizioni contro l’Europa e l’immigrazione. L’immagine è vera ed è tratta dal vecchio sito della dodicesima legislatura, che durò al 15 aprile 1994 all’8 maggio 1996. Sostenere che Bonino fu eletta con la Lega Nord, come sembra indicare il sito in questione, è però impreciso.

BONINO LEGABONINO LEGA
Nel 1994 Bonino faceva parte della Lista Pannella – Riformatori, uno dei numerosi partiti messi in piedi fra gli anni Novanta e Duemila dai Radicali, che allora erano guidati da Marco Pannella e si consideravano trasversali rispetto ai partiti tradizionali. Ai tempi la Lista temeva di non avere un consenso sufficiente per eleggere con certezza dei parlamentari – e infatti non riuscì a superare lo sbarramento del 4 per cento – e fece un accordo con la neonata Forza Italia di Silvio Berlusconi per entrare nel centrodestra e appoggiarlo su alcuni temi (all’epoca il centrosinistra era ancora molto influenzato dalla tradizione comunista e socialista). In cambio, il centrodestra si impegnò ad eleggere alcuni esponenti Radicali.

EMMA BONINO PAOLO GENTILONIEMMA BONINO PAOLO GENTILONI
La legge elettorale con cui si votò nel 1994 era il cosiddetto Mattarellum, ideato dall’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che prevedeva un sistema misto di elezione: il 75 per cento tramite un sistema uninominale, con un solo candidato per collegio, e il 25 per cento con una quota proporzionale. Bonino venne candidata alla Camera nel sistema uninominale, in un seggio considerato sicuro per il centrodestra e che comprendeva Padova e il paese limitrofo di Selvazzano Dentro. Due mesi prima delle elezioni, in un’intervista al Messaggero disse di non sentirsi né leghista né “berlusconiana”.

CALENDA BONINOCALENDA BONINO
Bonino fu eletta col 39,5 per cento dei voti. Come si capisce bene dall’immagine qui sotto, è impreciso sostenere che entrò in Parlamento con la Lega Nord: la sua candidatura fu sostenuta da tutto il centrodestra. Un archivio più recente della Camera dei deputati, inoltre, scrive correttamente che nel 1994 Bonino fu eletta “con sistema maggioritario”, senza associarla a nessun partito in particolare, ma a tutto lo schieramento del centrodestra.

DELLA VEDOVA BONINO TABACCIDELLA VEDOVA BONINO TABACCI
Le elezioni del 1994 furono vinte dal centrodestra. I Radicali riuscirono ad eleggere complessivamente sei deputati e due senatori ed entrarono nel gruppo parlamentare di Forza Italia. Pochi mesi dopo Bonino fu eletta Commissario europeo per gli aiuti umanitari e per la tutela dei consumatori su indicazione di Berlusconi, e lasciò il suo seggio alla Camera.

Fonte: qui

IL FINANZIERE TUNISINO BEN HAMMAR ACCUSATO DI BANCAROTTA FRAUDOLENTA IN FRANCIA

CONSIGLIERE DI TIM E DELLA WEINSTEIN COMPANY, PONTE TRA BERLUSCONI E BOLLORÉ, RISCHIA FINO A 5 ANNI DI CARCERE PER IL FALLIMENTO DELLA SOCIETÀ CINEMATOGRAFICA QUINTA COMMUNICATION 

GIÀ PIGNORATO UNO CHALET SULLE ALPI FRANCESI DA 3 MLN


Tarak Ben Ammar rischia di non poter più gestire i suoi affari per il fallimento della società cinematografica Quinta Communication. Il franco-tunisino dalle mille risorse - è, infatti, consigliere di Telecom Italia, della Weinstein Co. (l' ex società del produttore americano dello scandalo abusi), ex di Mediobanca, nonché ex manager di Michael Jackson - è accusato dal tribunale francese di Nanterre di bancarotta fraudolenta, il che comporterebbe fino a 5 anni di carcere, una multa di 75.000 euro e altre pene accessorie come l' interdizione dai diritti civili e il divieto a emettere assegni.

tarak ben ammar nabil karoui e silvio berlusconiTARAK BEN AMMAR NABIL KAROUI E SILVIO BERLUSCONI
I guai sono cominciati già nel 2011: fallisce Quinta Industries, società che raggruppa in sé altre società di post-produzione cinematografica, tra le quali Quinta Communication che è anche azionista di maggioranza di Quinta Industries e il cui presidente è Ben Ammar. Nel 2015, sempre per il fallimento della stessa azienda, a Ben Ammar viene pignorato lo chalet in Val d' Isère, valore stimato: 3 milioni.

Inoltre, viene chiesto al manager, alla società e ai dirigenti un risarcimento di 45 milioni di euro. A oggi, però, la Corte ha condannato Ben Ammar, la sua società e un suo dirigente a un risarcimento di 3,5 milioni di euro.

Fonte: qui

IN SLOVACCHIA 7 ITALIANI IN CELLA PER L'ASSASSINIO DEL REPORTER CHE AVEVA SCRITTO DEI LORO RAPPORTI CON LA 'NDRANGHETA

ECCO CHI E’ NINO VADALA’, IL CALABRESE IN LAMBOGHINI CHE FA TREMARE IL PREMIER FICO 

I NOMI DEGLI ITALIANI ERANO STATI SEGNALATI DALLA PROCURA DI REGGIO CALABRIA MA BRATISLAVA NON SI ERA MOSSA...

F.Batt. per il Corriere della Sera
kuciakKUCIAK

Preso in giro sui social («Ma dove li hai trovati quei soldi? In Slovacchia è vietato prelevare più di mille euro!»), il premier Robert Fico può tenersi il milione in banconote che aveva pure fatto fotografare, taglia promessa a chi avesse dato notizie sull' assassinio di Jan Kuciak e della sua fidanzata. La polizia ieri all' alba ha arrestato sette uomini, in sette diverse case di Kosice, Michalowce e Trebisov, a Est del Paese. Tutti italiani. Tutti imprenditori che il comunicato ufficiale indica solo coi nomi di battesimo, ma che il giornalista di Aktuality aveva scritto pure coi cognomi, accusandoli d' essere ugualmente vicini alla 'ndrangheta e al primo ministro: i fratelli Antonino, Sebastiano e Bruno Vadalà, Diego e Antonio Rodà, i due Pietro Catroppa.

«La pista italiana», la chiama il capo della polizia. Calabresi in Slovacchia dai primi anni Zero, ricorda la Procura di Reggio, ma che non avevano mai smesso di tenere i contatti coi clan della fascia ionica. «Un' operazione stile Duisburg», commenta un investigatore, citando la strage in Germania d' un decennio fa. La 'ndrangheta che non ha paura di sparare all' estero.
Ovunque le serva. Su chiunque la ostacoli.

ficoFICO
Sono arrivati gli esperti dell' Fbi, di Scotland Yard e l' antimafia italiana, ma il primo passo dell' inchiesta era già negli articoli di Jan. Nessun Paese europeo prevede il reato d' associazione mafiosa, una specialità della legge italiana, e c' è voluto il doppio omicidio per muovere gli slovacchi. «Avevamo allertato da tempo Bratislava», rivela la Dda di Reggio Calabria: soldi improvvisi, l' accesso facile ai fondi Ue, le condanne e le parentele sospette, tutto quel che da noi fa scattare le manette, ma non basta in sistemi meno abituati alle mafie. Non è chiaro se sia stata trovata l' arma, mentre pochi dubbi sul movente: zittire il reporter che aveva smascherato questi «tranquilli» imprenditori italiani dell' Est, il loro collegamento col premier Robert Fico, l' ex miss (e loro socia in affari) che s' era infilata negli uffici del governo e faceva piovere finanziamenti Ue sulle 73 aziende dei calabresi.

Meglio tardi che mai, l' eco degli spari di Bratislava sveglia i burocrati di Bruxelles.
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Che in una lettera chiedono a Fico che uso venga fatto dei 15 miliardi in sette anni stanziati dall' Ue per l' agricoltura in Slovacchia. Kuciak aveva studiato il sistema Calabria e l' aveva capito: dal fotovoltaico all' allevamento, dai trasporti all' immobiliare, le cinque famiglie più potenti erano emigrate sul confine verso l' Ucraina e la Polonia per inventarsi progetti inesistenti, comunque sempre impeccabili nella presentazione su carta, lontani da occhi indiscreti. Può reggere un premier sfiorato da accuse simili? A Bratislava, è cominciato il countdown. E uno dei partiti alleati s' è già sfilato dalla maggioranza.


ECCO CHI E' NINO VADALA'
vadalàVADALÀ
Francesco Battistini per il Corriere della Sera

Vadalà chi? Quale Catroppa? «Sapevamo chi erano, certo. Ma ne stavamo alla larga. Quella era gente che girava in Ferrari Enzo e Lamborghini Diablo da un milione di euro. Non a Bratislava: a Trebisov! Ma sa che è la zona più povera del Paese?

Dicevano d' avere 30 mila capi di bestiame, ma chi li ha mai visti! Ottenevano finanziamenti europei che nessuno di noi riusciva mai ad avere. Stavamo alla larga, ma non è bastato. Questa storia adesso è un disastro. Tanti anni di lavoro, e passiamo tutti per pizza, mandolino e Corleone». Ma va là, Vadalà. Intorno alle case perquisite, alle ville setacciate, alle 'ndrine debellate c' è un piccolo popolo d' italiani in Slovacchia, 250 imprese, la nostra terza comunità economica in Europa, che guarda sgomenta agli arresti: dopo trent' anni di delocalizzazioni e d' export con la valigia in mano, la cattiva stampa sui terreni comprati un euro all' ettaro e il lavoro sottopagato, una botta così è dura da assorbire.

maria troskova ficoMARIA TROSKOVA FICO
Perché Bratislava è sempre stata una vetrina e una cuccagna del made in Italy, i nostri politici ci vengono spesso, Napolitano ci ha fatto più d' una visita.

Che disastro, invece: non guasterebbe un bel troncare, sopire, silenziare Ma come si fa? Proprio domani si vota il nuovo consiglio direttivo della Camera di commercio italo-slovacca e, insomma, qualcosa bisognerà pur dire su questi calabresi finiti al gabbio per l' uccisione del giornalista Jan Kuciak. Nessuno li vedeva mai a Bratislava, «erano corpi estranei alla comunità italiana», eppure il malumore serpeggia e c' è chi chiede prese di distanza forti. Piovono email sull' ambasciata.

Si propone una manifestazione pubblica, «diciamo che gli italiani non sono la 'ndrangheta, un po' come gli islamici quando spiegano che loro non sono il terrorismo». La questione è delicata: con gli slovacchi è sempre aperto il caso Embraco, la fabbrica delocalizzata da Torino che per combinazione sta a pochi chilometri dagli arrestati. E nelle ultime ore (toh!) sono scattati controlli fiscali alle aziende italiane. Scoprirsi le 'ndrine in casa, è stato uno choc. Ieri, la gente ha sfilato nella capitale con la faccia del premier Robert Fico stampata sul nostro tricolore, una coppola e un esergo: «Fico Al Capone».
maria troskovaMARIA TROSKOVA

Velocissimi gli slovacchi, ad acchiappare i sette italiani.
Anche se bastava andare sul registro delle imprese e capire che qualcosa non andava, in quelle 73 società che s' occupavano di tutto il finanziabile e ospitavano tutti gli amici del premier. A Bratislava c' è un' agenzia, controllata dal governo, che dà i punteggi ai progetti da presentare a Bruxelles: quelli dei Vadalà, prendevano sempre i più alti. C' entra pure il clamore che ha suscitato il delitto, forse sottovalutato da killer e mandanti: «È la prima volta che qui si dimette un ministro - ha spiegato l' altro giorno quello alla Cultura, dimettendosi -, ma è anche la prima volta che uccidono un giornalista».

maria troskovaMARIA TROSKOVA
Non è vero. Nel 2008 è sparito nel nulla Palo Rypal, che indagava su alcuni uomini di governo, e da tre anni non si sa niente di Miroslav Pejko, che come Jan investigava sul fotovoltaico: uscito di casa senza passaporto, senza telefonini, senza documenti e mai più ritornato.

Anche Kuciak non era nuovo a inchieste dure: quando aveva scoperchiato gli affari di Penta, potentissimo gruppo d' investimenti che controlla il Paese, registrando colloqui fra lobbisti e ministri, i suoi articoli avevano portato la gente in piazza a protestare proprio come oggi. E per lui erano arrivate le prime minacce: eliminare un reporter impiccione, chissà, poteva interessare a mafiosi, politici, affaristi tutt' insieme.
maria troskova ficoMARIA TROSKOVA FICO

«Ora ci sentiamo nel mirino», dicono ad Aktuality, il giornale di Jan. Un altro cronista, Ivan Brada, stava lavorando in parallelo sui falsi finanziamenti europei, sui legami fra le società calabro-slovacche (condivise con Maria Troskova, la bellissima consigliera personale di Fico) e quelle off-shore a Mauritius. L' altra notte, è andato a fuoco un ufficio delle tasse che conservava documenti utili: un incidente, dicono i pompieri.

Fonte: qui

NEW YORK-PECHINO IN DUE ORE

MESSO A PUNTO IN CINA UN AEREO IPERSONICO CHE PUO’ VIAGGIARE A 8.600 KM ALL’ORA. A BORDO, PERO’, SOLO 50 POSTI 

PIU’ DELL’USO COMMERCIALE, LA PROBABILE DESTINAZIONE E' MILITARE. O FORSE RIMARRA' UN PROGETTO FERMO NELLA GALLERIA DEL VENTO

Rebecca Mantovani per www.focus.it

La Cina potrebbe presto diventare la nuova regina dei cieli. Un team di ricercatori della Chinese Academy of Science di Pechino ha recentemente testato in una galleria del vento I-Plane, un aereo ipersonico che potrebbe - teoricamente, vale la pena sottolinearlo - raggiungere una velocità compresa tra Mach 5 e Mach 7, cioè tra 6.100 e 8.600 km/h.

LA CINA? È PIÙ VICINA.
AEREO CINESE IPERSONICOAEREO CINESE IPERSONICO
I risultati dell’esperimento sono stati pubblicato su Science China Physics, Mechanics & Astronomy e secondo quanto affermano i ricercatori questo velivolo potrebbe collegare Beijing a New York in un paio di ore, contro le 14 del più veloce volo di linea. L'aereo, visto in sezione, assomiglia a una I maiuscola, da cui il nome.  La novità più evidente riguarda il design: il velivolo si affida a due ali, quella superiore a delta e quella inferiore a freccia inversa. Ciò fornisce una maggiore portanza rispetto ai profili più spartani ad ala singola, come quelli del Lockheed Martin SR-72 (americano) e del CASIC Tengyun (cinese).

Le ali di I-Plane, inoltre, sono posizionate in modo che le onde d'urto provocate dal superamento della barriera del suono (che possono causare turbolenze e resistenza) vengano deviate al fine di migliorare le prestazioni e la stabilità del volo. Il test è stato un successo: nel corso delle prove I-Plane stato è stato investito da potenti getti d’aria a velocità fino a Mach 7 e ha dimostrato di avere una bassa resistenza all’aria e una grande portanza.

PICCOLO E VELOCISSIMO.
AEREO IPERSONICO CINESE GALLERIA VENTOAEREO IPERSONICO CINESE GALLERIA VENTO
Tanta velocità però ha un prezzo: I-Plane avrà una capacità di carico pari a un quarto di quella di un Boeing 737. Potrà cioè trasportare solo 50 passeggeri o 5 tonnellate di merci e materiali, un po' come accadeva al Concorde che aveva limiti simili, ovvero fino a 120 passeggeri o un carico di 111 tonnellate.

L’ipotesi che un simile apparecchio possa prima o poi solcare i cieli, desta però anche qualche preoccupazione. Uno dei ricercatori che sta collaborando al progetto ha spiegato al South China Morning Post che I-Plane potrebbe essere utilizzato come bombardiere pesante ipersonico. E l’idea non suona così improbabile, visto che la Cina solo poche settimane fa ha annunciato di aver realizzato un missile in grado di volare a oltre 11.000 km/h e raggiungere in pochi minuti ogni punto del pianeta.

Ma I-Plane non è solo un aereo: parte del progetto è anche lo sviluppo di una galleria del vento in grado di generare velocità fino a Mach 36, oltre i 44.400 km/h. Sarà la più potente del mondo e surclasserà la LENX-X di Buffalo (USA) che a oggi detiene il record di Mach 30 (37.044 km/h).

Lockheed SR72LOCKHEED SR72
Due ali lavorano meglio di una. Nei test della galleria del vento, il profilo alare doppio dell'I-Plane ha dimostrato di avere una maggiore portanza e di gestire meglio le onde d'urto create quando l'aereo vola a velocità superiori a quelle del suono

GLI USA NON STANNO A GUARDARE.
La Cina non è comunque l’unica superpotenza interessata alle armi ipersoniche: nel 2017 un team di ricercatori della NASA ha scoperto un nano-materiale a base di nitruro di boro con un’altissima resistenza al calore e che potrebbe essere impiegato per la realizzazione di velivoli ipersonici da oltre 6.000 km/h di velocità. E mentre la marina militare statunitense sperimenta missili in grado di raggiungere ogni punto del pianeta in meno di un’ora, la Lockeed Martin inizia a lavorare sull’ SR-72, un bombardiere ipersonico dalle prestazioni ancora sconosciute che potrebbe essere pronto per il 2030.

Fonte: qui