9 dicembre forconi: 11/11/19

lunedì 11 novembre 2019

COME L’EUROPA CI HA RUBATO IL FUTURO

Notizia facile che copio da  Fabio Dragoni.
Mentre il governo grillo-piddino cerca di tassare gli idraulici e le badanti pagate in nero, si sta perdendo 24  miliardi di profitti aziendali che, invece di farsi tassare in Italia, emigrano verso i paradisi fiscali – spesso, situati  in UE.

L’economista Zibordi e Becchi su La Verità.

Verità  corroborata da questo studio (segnalato da Bagnai):

Il 40% degli utili multinazionali viene spostato in paradisi fiscali ogni anno

I ricercatori dell’Università della California, di Berkeley e dell’Università di Copenaghen stimano che quasi il 40% degli utili multinazionali (oltre $ 650 miliardi nel 2016) vengano trasferiti in paradisi fiscali ogni anno. Questo spostamento riduce le entrate delle imposte sul reddito delle società di quasi $ 200 miliardi, ovvero il 10% delle entrate fiscali globali delle società.
[…]
A livello globale, le aziende multinazionali hanno spostato oltre 650 miliardi di dollari di profitti in paradisi fiscali nel 2016 e questo spostamento ha ridotto le entrate fiscali globali delle società di quasi il 10%.
Le aziende multinazionali spostano i profitti in paradisi fiscali per ridurre le loro bollette fiscali globali. Prendete  l’esempio di Google: nel 2017, Google Alphabet ha registrato ricavi per $ 23 miliardi nelle Bermuda, una piccola isola nell’Atlantico dove l’aliquota dell’imposta sul reddito delle società è pari a zero. A livello globale, circa 650 miliardi di dollari di profitti vengono trasferiti a tali paradisi fiscali dalla multinazionale di tutti i paesi.
L’articolo contiene una mappa interattiva molto interessante: cliccateci sopra, sull’Italia, per vedere quanto ci rubano i paradisi fiscali europei.

“Esplorare la mappa per vedere quali paesi attraggono e perdono profitti. La mappa copre 86 paesi che costituiscono il 92% dell’attività economica globale e oltre il 70% della popolazione mondiale. Cliccando su ciascun paese puoi vedere la quantità di profitti spostati in paradisi fiscali e in quali paradisi i profitti sono stati spostati. È inoltre possibile vedere la perdita implicita delle entrate delle imposte sul reddito delle società.
“Alcuni paesi sono contrassegnati in verde; questi sono paradisi fiscali. Per i paradisi fiscali segnaliamo quanti profitti attirano dai paesi ad alta tassazione e qual è l’aliquota effettiva dell’imposta sul reddito delle società”.
L’Italia perde il 19% delle entrate fiscali da questo gioco delle  multinazionali. Pari a 24 miliardi  di profitti societari l’anno.  Profitti cui  tutti i più criminali idraulici  in nero non credo possano mettere insieme…
Dalla mappa si vede anche che i “paradisi fiscali” che ci derubano introiti tributari sono per lo più in Europa: Irlanda, Lussemburgo, Belgio, Olanda. Paesi che nei consessi europei ci fanno la lezione col ditino alzato perché non abbiamo fatto  “le riforme”.
Infatti, conferma lo studio,
“La perdita di profitti tassabili  è la più alta per i paesi dell’Unione Europea (a  parte i suoi paradisi)”, rispetto agli stessi Stati Uniti.
[…]  Per contro, i governi dei paradisi fiscali traggono notevoli benefici da questo fenomeno: tassando la grande quantità di profitti cartacei che attraggono a tassi bassi (meno del 5%), sono in grado di generare più entrate fiscali, come componente  del loro reddito nazionale , rispetto agli Stati Uniti e ai paesi europei non paradisiaci che hanno aliquote fiscali molto più elevate”.
Mentre il ministro Gualtieri coi grillini bracca l’idraulico evasore, anche aumentando le pene per il delitto,  fra l’altro  la nobile famiglia Elkann  ha venduto la vecchia Fiat alla Francia,  Ciò ha fatto  ribollire il sangue anche a Luca Telese, cui si deve un twitter per niente corretto, forse addirittura passibile di “crimine d’odio” antisemita:

Nel frattempo, il  banchiere centrale dell’Ungheria,  Giorgy Matolcsy, pubblica un  articolo sul Financial Times  titolato:
Gyorgy Matolcsy: “I paesi dell’eurozona avevano  risultati migliori prima dell’euro rispetto a ora” © EPA-EFE

Dobbiamo ammettere che l’euro è stato un errore

 E  occorre  un meccanismo per  l’uscita
Il banchiere magiaro  dice cose in parte già note ai lettori.  Ma anche alcune impertinenti verità al  governo tedesco:
L’adozione dell’euro da parte dei paesi del sud Europa ha reso la Germania una macchina da export.
Con l’enorme surplus  da esportazione, “ aziende come Allianz, Deutsche Bank e Bayer hanno lanciato inutili sforzi per conquistare Wall Street e gli Stati Uniti”,  mentre “hanno trascurato di aggiornare la propria infrastruttura o di investire abbastanza in settori  del  futuro. Hanno perso la rivoluzione digitale, calcolato male l’emergere della Cina e non sono riusciti a costruire società globali paneuropee”.
“Gli stati dell’UE, sia all’interno che all’esterno della zona euro, dovrebbero ammettere che l’euro è stato un errore strategico. L’obiettivo di costruire una valuta occidentale globale che competa  con il dollaro era una sfida per gli Stati Uniti. La visione europea degli Stati Uniti d’Europa ha portato a una guerra americana aperta e nascosta contro l’UE e la zona euro negli ultimi due decenni”.
Da noi,certe cose non le dice il governo, men che meno il banchiere centrale servilissimo. Le dice l’opposizione.
Il governo resta servilmente obbediente al progetto tedesco, rovinoso ormai anche per la Germania.
Siamo al punto che il Delors Institute (ovviamente europeista) ha commissionato a tre economisti tedeschi – Nils Redeker, Lukas Haffert e Tobias Rommel (parente?) –  uno studio per convincere l’opinione pubblica, i media e i politici germanici ad accettare  di spendere in recessione.

I tedeschi dell’inflazione-fobia fraintendono la loro storia, dice uno studio

“Avendo una versione distorta della propria storia, molti tedeschi credono che la disoccupazione di massa e l’alta inflazione sono solo due facce della stessa medaglia”,  esordiscono   Nils Redeker, Lukas Haffert e Tobias Rommel nel loro  documento (itolo: “Mis-remembering  Weimar”,  ricordare male Weimar
“Bisogna fargli capire che sono due momenti distinti: l’iper-inflazione era finita nel 1923  e non causò disoccupazione, mentre la  disoccupazione di massa, di un decennio più tardi, che ha portato al potere Hitler, era dovuta all’evento contrario: alla deflazione.
Non fu l’iper-inflazione provocare la mega-disoccupazione,  ma la deflazione di Bruning. Molti tedeschi continuano a crederlo.
Ossia a quella di cui l’eurozona soffre adesso, e in cui la Germania è entrata  tecnicamente da pochi giorni.
Germania entrata in territorio deflazionario.
Questa  ignoranza della storia economica, e  delle fondamentali nozioni  sulla moneta, è tragicamente diffusa anche  in Italia, e proprio tra i decisori  della sinistra al potere.  L’idea che il denaro vada  chiesto ai mercati finanziari pagando interessi a questi, e non sia possibile crearlo dal nulla quando ci sono forze lavoro inoccupate  –  che il debito pubblico sia una partita di giro, da una parte sia ricchezza delle famiglie, dall’altra possa essere azzerato dalla banca centrale emettitrice –  è cosa che sfugge ad “economisti”  bocconiani e no, docenti universitari compresi, che ritengono queste  asserzioni  enormità  assurde di fanta-sovranisti pazzi – invece erano al normalità fino al famoso divorzio fra Tesoro e Bankitalia,   e con il denaro creato dalla banche centrali acquistando i buoni del Tesoro, senza interessi, è stata ricostruita l’Europa dopo la guerra. Dalle osservazioni di “economisti” ritenuti competenti , si capisce che non sanno nulla di quel prima; o aderiscono alla “narrativa”  dominante come unica realtà,  senza alternative possibili.
Proverbiale la credenza che come popolo dobbiamo convincere il “pensionato norvegese”, attraverso i fondi-pensione  del suo paese,  che è quello che comprerebbe i nostri Bot e Btp, tesi sostenuta anche  da un docente bocconiano.
(L’Italia è in avanzo primario da 20 anni, fra l’altro).
Ma peggiore  è la convinta adesione alla “scuola della crudeltà”  economica   alla Padoa Schioppa:  il  popolo deve provare la durezza del vivereCottarelli è quello che, dal Fondo Monetario, ha devastato la Grecia sbagliando certi moltiplicatori:
Non c’è da ridere, ma da piangere. Soprattutto, constatare come  dal 1981, i poteri usurari siano riusciti cancellare anche dalle università  la memoria di come funziona  la moneta, e deve funzionare una banca centrale – specie in periodo di deflazione.  Persino di fronte all’evidenza di un Draghi che ha creato dal nulla i trilioni del quantitative easing… Un vero arretramento della civiltà e della conoscenza.  Come  si sa, chi ignora la storia è condannato a ripeterla. Fonte: qui
(La 7 ha  coadiuvato la propaganda governativa intervistando un idraulico evasore…)