9 dicembre forconi: 07/09/18

lunedì 9 luglio 2018

DOVE SONO FINITI I SOLDI CHE GLI ITALIANI HANNO NASCOSTO IN SVIZZERA?

CADUTO IL SEGRETO BANCARIO SONO SCOMPARSI TRA I 92 E I 126 MILIARDI DI EURO

IL GIRO DI DENARO ORA PORTA NEI PAESI BALCANICI, A DUBAI, A CIPRO E A MALTA

Milena Gabanelli e Andrea Pasqualetto per “il Corriere della Sera”

Alberto Vazzoler, cinquantottenne dentista veneziano con residenza a Monaco, aveva scelto la più redditizia attività di faccendiere: spostava denaro depositato nei conti in Svizzera. Conti intestati ai suoi clienti, per la maggior parte imprenditori ed evasori fiscali, che cercavano di trasformare i depositi in contanti.

«Perché a un certo punto le banche elvetiche hanno detto basta al cash - ha spiegato agli inquirenti -. E così se qualcuno voleva monetizzare aveva due possibilità: o lo faceva legalmente aderendo alla Voluntary, ma costava troppo, oppure prelevava il denaro in qualche altro modo, e l' altro modo eravamo noi».
SVIZZERASVIZZERA

Il suo sistema era naturalmente fuorilegge: giroconti, fatture false, transazioni inesistenti in lingotti d'oro. Tutte operazioni estero su estero che partivano dalla Svizzera per transitare in Slovacchia o Repubblica Ceca e finire a Dubai, negli Emirati Arabi, dove il denaro circolato online diventava sonante. Ci pensava poi un corriere specializzato a trasferirlo a Lugano con voli di linea.

Dalla Svizzera il contante veniva consegnato ai titolari dei conti, previo pagamento all'organizzazione di una commissione, che variava dal 5 al 10 per cento a seconda del grado di rischio. Perché il rischio c' era, visto che Vazzoler e i suoi cinque complici sono stati arrestati il 17 maggio scorso dal gip di Padova con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio internazionale.
AGENTI SVIZZERAAGENTI SVIZZERA

Il pm Roberto D' Angelo li accusa infatti di aver ripulito denaro frutto di reati, soprattutto tributari. Al momento gli indagati per evasione o frode fiscale sono 14 imprenditori e fanno parte dei circa 200 clienti (fra loro anche il figlio di un ex ministro del governo Berlusconi) agganciati dall' organizzazione.

I ruoli erano ben definiti: Vazzoler «regista» fra Padova e Jesolo, l' ex fidanzata Elena Manganelli Di Rienzo, figlia di un primario ginecologo, operativa a Dubai. La sponda legale era l' avvocato croato Dubravko Zeljko, quella svizzera Albert Damiano, un fiduciario di Lugano che con il bergamasco Marco Remo Suardi costituiva il riferimento in terra elvetica. «Il flusso di denaro da Dubai alla Svizzera, dal 1 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016, è di oltre 46 milioni di euro», scrive il pm nella sua richiesta di misura cautelare in carcere. «È la conseguenza del blocco dei conti minacciato dalle banche svizzere se non si faceva la voluntary», precisa l' avvocato Luigi Fadalti, difensore di Damiano.

La Voluntary disclosure è il provvedimento pensato dall' Italia per far emergere le attività finanziarie detenute all' estero mai dichiarate al fisco, azzerando conseguenze penali e offrendo sconti sulle sanzioni. Ha avuto due edizioni. La prima, chiusa nel novembre 2015, ha fatto emergere 59,5 miliardi di euro, dei quali 41,4 detenuti in Svizzera (69,6%). Un flop invece la seconda edizione, scaduta lo scorso 2 ottobre e accompagnata da una crescente trasparenza bancaria della Svizzera, pena la lista nera dell' Ocse.

Secondo la Corte dei conti, dalla Voluntary bis sono emersi 4,9 miliardi di euro (presumibilmente 3,4 detenuti in Svizzera). Una ricerca della Banca d' Italia sull' anno 2013 (prima delle voluntary) stima da 199 a 248 miliardi i capitali non dichiarati oltre confine, il che porta a calcolare un valore approssimativo dei depositi svizzeri pre-voluntary da 137 a 171 miliardi di euro. All'appello mancherebbero quindi dai 92 ai 126 miliardi.

Dove sono finiti i soldi nascosti in Svizzera? «Una cosa è certa: nelle banche non è rimasto quasi nulla di non dichiarato», ipotizza l'avvocato Paolo Bernasconi, ex procuratore pubblico in Ticino.

«Questo dato è pacifico, i capitali oggi sono altrove», conferma il suo collega Enrico Ambrosetti, difensore della Manganelli. Secondo Bernasconi per trovare il denaro italiano in fuga dalla Svizzera bisogna seguire le tracce dei fiduciari che si sono spostati nei Paesi balcanici, a Dubai, «e anche a Cipro e a Malta, che fanno pure parte dell' Unione Europea, vendono cittadinanze a facoltosi italiani che ottengono così l'immunità fiscale, perché i dati svizzeri vengono comunicati a Cipro o Malta e non all'Italia».
EVASIONE FISCALEEVASIONE FISCALE

È il caso di ricordare che ci sono anche Paesi della white list, come il Delaware (Usa), dove le autorità lasciano fare, ma «una buona parte è finita in luoghi ben più lontani, attraverso la finanza sofisticata dei trust che gravita su Londra», dice l'ex direttore dell'Agenzia delle Entrate Orlandi.

L'indagine di Padova riporta le cose su un piano più tradizionale e rodato, dando un'idea di cosa sia successo in questi anni ai depositi italiani illegali. Capolinea delle operazioni era lo studio di Lugano di Damiano, che metteva il contante a disposizione del cliente, il quale poteva prelevarlo personalmente o farselo portare in Italia pagando uno spallone.

E una volta a casa lo nascondi da qualche parte: nella cassaforte, in soffitta, sotto la mattonella. Ma poi come li spendi i milioni non dichiarati?

«Si comprano quadri, gioielli, immobili...», spiega l'avvocato Fadalti. «Alcuni imprenditori ci pagano una parte degli stipendi in nero», aggiunge un inquirente. Il primo gennaio 2016 (nel pieno delle operazioni di rientro capitali) l' ex premier Renzi aveva alzato il tetto all' utilizzo dei contanti da 1000 a 3000 euro. Oggi il tema «tracciabilità» non sembra preoccupare il nuovo governo, al contrario si spinge più in là, visto che finora l' unica dichiarazione è stata quella del ministro Salvini: «Per me nessun limite all'utilizzo del cash».

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SI DIMETTE IL MINISTRO PER LA BREXIT DAVID DAVIS (E IL SUO VICE), PROPRIO QUANDO THERESA AVEVA ANNUNCIATO TRIONFALE L'ACCORDO CON L'UNIONE EUROPEA.

IN REALTÀ UN PEZZO DEL GOVERNO ERA CONTRARISSIMO (TROPPE CONCESSIONI A BRUXELLES) E ORA PURE BORIS JOHNSON TRABALLA 

NOMINATO SUBITO DOMINIC RAAB, FINORA VICEMINISTRO ALLA GIUSTIZIA, 44ENNE DELLA NUOVA LEVA TORY

BREXIT: MAY SCEGLIE RAAB AL POSTO DI DAVIS

(ANSA) - Un altro 'brexiteer' al ministero per la Brexit. E' Dominic Raab, 44 anni, finora viceministro della Giustizia e in passato elemento di punta nel fronte pro-Leave durante la campagna referendaria del 2016, l'uomo scelto da Theresa May per rimpiazzare David Davis, fattosi da parte in aperta polemica con la "svolta" negoziale più soft con Bruxelles annunciata dalla premier conservatrice britannica.

Se il 69enne Davis era un veterano, Raab rappresenta la leva dei giovani leoni Tory. La sua scelta è interpretata come un tentativo della May di salvare - attraverso l'ennesimo mini rimpasto - la propria poltrona e i sempre più fragili equilibri interni al governo e al Partito Conservatore, diviso tra 'falchi' euroscettici e 'moderati'

Davis, nella sua lettera di dimissioni diffusa nella notte e nelle dichiarazioni successive, ha esplicitamente preso le distanze dalla nuova piattaforma negoziale fissata dalla premier venerdì scorso di fronte al consiglio dei ministri, accusandola di aver "concesso troppo e troppo facilmente" a Bruxelles, senza neppure la garanzia di non dover accettare "ulteriori concessioni".
DOMINIC RAAB THERESA MAYDOMINIC RAAB THERESA MAY
Si è inoltre detto convinto che il rispetto della promessa di portare la Gran Bretagna fuori dal mercato unico e dall'unione doganale - oltre che dall'Ue - sia "sempre meno probabile", pur aggiungendo di "sperare" di sbagliarsi, ribadendo la sua lealtà al governo e negando di voler sfidare la leadership di May nel partito. La premier da parte sua ha risposto ringraziando il ministro uscente e rendendogli omaggio per il lavoro svolto, ma dichiarandosi "in disaccordo con la sua caratterizzazione" della nuova linea negoziale britannica. Una linea che al contrario, secondo la premier, conferma l'impegno per l'uscita del Regno dall'Ue "dal 29 marzo 2019" e anche quello di "lasciare il mercato unico e l'unione doganale, ma puntando a una nuova partnership speciale" con i 27.


BREXIT, THERESA MAY IN BILICO: DOPO LE DIMISSIONI DEL MINISTRO DAVIS, COSA FARÀ BORIS JOHNSON?
Nicol Degli Innocenti per www.ilsole24ore.com

david davisDAVID DAVIS
Il momento di trionfo di Theresa May è durato poco: venerdì la premier britannica era all’apparenza riuscita a convincere tutti i suoi ministri a sostenere la sua strategia su Brexit. Oggi invece la May si trova di nuovo in bilico dopo le dimissioni a sorpresa di David Davis, il ministro responsabile di Brexit che ha condotto i negoziati negli ultimi due anni.
Davis ha dato le dimissioni in una lettera alla May ieri sera, spiegando di non poter sostenere una strategia che, secondo lui, fa troppe concessioni all’Unione Europea e sottrae troppi poteri al Parlamento britannico.

«Per me è stata una questione di principio - ha detto stamani Davis. – Sarebbe toccato a me difendere questo progetto e in coscienza non potevo negoziare e promuovere una strategia che secondo me non può funzionare».

DAVID DAVISDAVID DAVIS
Secondo Davis la premier «ha fatto troppe concessioni alla Ue. Temo che ora Bruxelles prenderà tutto quello che offriamo e chiederà ancora di più, perché fanno sempre così. Spero che le mie dimissioni portino a un ripensamento della strategia e sull’allineamento troppo stretto con le regole Ue in futuro».

La May, che stamane avrebbe dovuto illustrare al Parlamento la nuova strategia del Governo nei negoziati con la Ue, ha invece nominato un nuovo ministro responsabile di Brexit: è Dominic Raab, 44 anni un sostenitore di Brexit. Raab, considerato una figura di non grande esperienza, è entrato nel governo dopo il rimpasto di gennaio con la qualifica di ministro dell’Edilizia.

boris johnson e theresa mayBORIS JOHNSON E THERESA MAY
Le dimissioni di una figura chiave nei negoziati, come Davis, indeboliscono l’autorità della May e potrebbero convincere gli euroscettici a tentare di deporla. Davis ha dichiarato stamane di essere “certo che la premier può sopravvivere”, ma di fatto la sua posizione è molto fragile.

Molto dipenderà da cosa deciderà di fare Boris Johnson, ministro degli Esteri e leader degli euroscettici, che non fa mistero della sua ambizione di diventare premier. Durante il fine settimana Johnson ha criticato la strategia della May con il suo solito linguaggio colorito, ma alla fine si è allineato alla richiesta della premier di responsabilità collettiva del Governo.

La May aveva messo in chiaro venerdì che non aveva intenzione di tollerare ribellioni e che chi non era d'accordo con il piano su Brexit poteva dare le dimissioni. Johnson non ha lasciato l'incarico e, come Gove, ha fatto una scelta pragmatica di restare.

boris johnson e theresa mayBORIS JOHNSON E THERESA MAY
Le dimissioni di Davis però potrebbero convincere il fronte pro-Brexit a raggrupparsi e a sferrare l’offensiva. Gli euroscettici hanno detto più volte che secondo loro lasciare la Ue sbattendo la porta, senza un accordo, sarebbe meglio di accettare un'intesa con troppe concessioni, quindi le possibili conseguenze di un’uscita non li preoccupano.

Il fronte pro-Brexit ha un forte sostegno, soprattutto all’interno del partito conservatore, e può contare sulla popolarità di Johnson, ma non ha i numeri in Parlamento per vincere la battaglia. La maggioranza dei deputati è a favore di una Brexit morbida. L’unica speranza degli euroscettici è convincere abbastanza deputati che la May è mortalmente ferita e non può continuare a guidare il Paese. La premier oggi dovrà ancora una volta dimostrare la sua capacità di sopravvivere a tutto.

Fonte: qui

MICHELE RUGGIERO NON ENTRA A VIA VENTI SETTEMBRE

TRIA MOSTRA I MUSCOLI E STOPPA I CINQUE STELLE: NEGATA LA NOMINA DI MICHELE RUGGIERO COME CONSIGLIERE AL TESORO 

IL MINISTRO HA DETTO NO ALL'ARRIVO DEL PUBBLICO MINISTERO CHE PER CINQUE ANNI A TRANI HA INDAGATO SU STANDARD & POOR'S 

LA DURA SPIEGAZIONE AL SOTTOSEGRETARIO M5S VILLAROSA: "VOGLIAMO INIMICARCI PURE LE AGENZIE DI RATING(GLI USURAI)?"

Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"

Il divario tra il premier, Giuseppe Conte, e il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, cresce giorno dopo giorno. La comune provenienza accademica non sembra avere alcuna incidenza nello spread che si sta ampliando plasticamente, da quando si è insediato il governo, tra l' inquilino di Palazzo Chigi e il numero uno di via Venti Settembre. Questione di esperienza e non solo. Con Conte politicamente impalpabile, spinto nell'angolo dai suoi vice (il pentastellato Luigi Di Maio e il leghista Matteo Salvini), Tria sta facendo venir fuori un carattere da cavallo di razza.

Non è un caso che il ministro sia apprezzato dal capo della Bce: a Mario Draghi piace il suo equilibrio e soprattutto la sua visione europeista che vuole l' Italia saldamente nell'area euro. Sulla poltrona che fu di Quintino Sella, lo ha voluto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. E, se necessario, il titolare dell'Economia mostra i muscoli. È andata così, nei giorni scorsi, a Bruxelles, quando ha costretto i colleghi dell'Unione europea a rinviare a dicembre la discussione sulle misure finanziarie più delicate: Germania e Francia hanno accettato il diktat del nostro Paese.
MICHELE RUGGIEROMICHELE RUGGIERO

Lo stesso temperamento sta emergendo in queste ore, mentre il ministro (come ha scritto ieri Franco Bechis) si accinge a nominare il nuovo direttore generale del Tesoro, l' alto dirigente Alessandro Rivera. Su questo dossier Tria si sta imponendo sui mal di pancia registrati fra gli esponenti della maggioranza. Così come ha rimandato a data da destinarsi la riforma fiscale con la flat tax.

MICHELE RUGGIEROMICHELE RUGGIERO


Ma c' è un' altra nomina, sulla quale è stato posto il veto, che ha cristallizzato la capacità del professore di Tor Vergata di far capire chi comanda da quelle parti. La nomina, secondo quanto raccontato nei corridoi del ministero, l'aveva proposta il sottosegretario dei Cinque Stelle Alessio Villarosa. Il quale, forse affascinato dalle tesi complottiste (un po' come tutta la base radicale del Movimento), voleva al suo fianco, in qualità di consigliere, il magistrato Michele Ruggiero. Ma «non possiamo metterci contro pure le agenzie di rating» avrebbe detto il ministro motivando il suo «no».

Ruggiero è un personaggio assai scomodo, agli occhi degli osservatori internazionali, per stare seduto a via Venti Settembre: è il pubblico ministero di Trani che ha condotto la maxi indagine contro le agenzie di rating. Il piemme pugliese era convinto che manager e analisti di Standard & Poor' s il 13 gennaio 2012 avessero declassato, sulla base di dati falsi del maggio 2011, il voto sul debito pubblico dell'Italia di due gradini (da A a BBB+).
IL PM DI TRANI MICHELE RUGGIEROIL PM DI TRANI MICHELE RUGGIERO

Decisione - va detto - assai discutibile, che contribuì a mettere in ginocchio il nostro Paese con Berlusconi costretto alle dimissioni e il contestuale, brusco insediamento del governo tecnico di Mario Monti. In ogni caso, la faccenda si è risolta con una assoluzione (arrivata il 30 marzo 2017), sia per i quattro analisi accusati di aver diffuso informazioni non vere sia per il presidente mondiale di S&P, Deven Sharma.

La sentenza, tuttavia, ha lasciato l' amaro in bocca a Ruggiero e non ha spazzato via tutti i dubbi sul comportamento dei signori del debito. 
Nelle motivazioni c' è scritto che il processo ha «confermato il sospetto che tutti gli interventi di S&P nei confronti dell'Italia» siano stati «connotati da sicuro pregiudizio verso l' Italia».

ALESSIO VILLAROSAALESSIO VILLAROSA
Il pregiudizio - secondo il Tribunale - è stato riferito nel corso del processo «da esponenti qualificati del Tesoro e di Consob» perché tutti gli interventi di S&P - dal taglio dell'outlook del 21 maggio 2011 al doppio declassamento del 13 gennaio 2012 - «sono stati adottati in arco temporale ristretto, con valutazioni diverse da quelle delle altre agenzie di rating e dopo che era stato risolto il rapporto contrattuale di S&P con l' Italia». 

Parole che per Ruggiero rappresentano una stella da appuntarsi al petto. Per Tria, invece, un buon motivo per non farlo entrare al Tesoro. Fonte: qui
ALESSIO VILLAROSAALESSIO VILLAROSA

BAMBINI PRESI A BASTONATE DAGLI ANIMATORI AL CAMPO ESTIVO DELLA PARROCCHIA PERCHÉ NON SI COMPORTANO BENE, LA DENUNCIA DEI GENITORI

“PICCHIATI CON LE DOGHE DI LEGNO DEL LETTO SU GAMBE E SCHIENA” 

IL PARROCO MINIMIZZA: “MI SEMBRA UN’ESAGERAZIONE”, MA UNA VITTIMA FINISCE AL PRONTO SOCCORSO.


campo estivoCAMPO ESTIVO
Botte al campo estivo: è la denuncia lanciata dai genitori di un gruppo di ragazzini di Padova. Secondo quanto riportato dal Gazzettino, una trentina di ragazzini di prima e seconda media in vacanza con la parrocchia sarebbero stati presi a bastonate dagli animatori.

“Fin da subito gli animatori hanno applicato punizioni con metodi da caserma, ma poi sono arrivate addirittura le bastonate”, hanno raccontato al quotidiano veneto i genitori di tre dodicenni, che poi sono andati dal sacerdote organizzatore a chiedere spiegazioni.
ospedale padovaOSPEDALE PADOVA




Un ragazzino sarebbe anche stato visitato al pronto soccorso, da dove è stato dimesso con quattro giorni di prognosi per contusioni al dorso e alla gamba destra “dovute a un’aggressione da parte di un animatore”, secondo quanto sostiene il genitore.

Interpellato dal quotidiano il sacerdote ha parlato di “disguidi”, ma ha aggiunto: “Dire che sono stati applicati metodi da caserma e che i ragazzini sono stati maltrattati mi sembra proprio un’esagerazione”.

parrocchia dell'arcella padovaPARROCCHIA DELL'ARCELLA PADOVA
Diversa la versione dei ragazzini, una trentina in tutto, accompagnati da nove animatori sui 17 anni di età e da cinque adulti. “Fin dalla prima sera non hanno concesso i cellulari ai ragazzi per poter chiamare casa come punizione per non essersi comportati bene”, avrebbero raccontato.

E la situazione sarebbe degenerata, tanto che alcuni dei piccoli ospiti sarebbero stati “picchiati con bastoni e doghe di legno della rete del letto su gambe e schiena, nella loro stanza di notte. Un ragazzino avendo ricevuto una bastonata sulla schiena ha avuto difficoltà a respirare”.

Fonte: qui

BOOM DI PENSIONATI E LA SCUOLA VA IN TILT - IN 35MILA CHIEDONO DI LASCIARE IL LAVORO.

MOLTI ERANO STATI BLOCCATI DALLA FORNERO, E ORA LE PROCEDURE SONO IMPANTANATE. LE RISPOSTE POTREBBERO ARRIVARE DA QUI AL 31 AGOSTO, MA LE SCUOLE INIZIANO SUBITO DOPO. SI RISCHIANO PESANTI RIPERCUSSIONI SULL'INSEGNAMENTO

Lorena Loiacono per ''Il Messaggero''

IL CASO
PROFESSORI IN CLASSEPROFESSORI IN CLASSE
Prima la riforma Fornero, poi gli intoppi che arrivano dall' Inps: per le maestre della scuola parte la caccia ai contributi e la strada della pensione è sempre più in salita. E negli ex provveditorati è caos: «Se non mandiamo in pensione chi ne ha diritto, saltano anche le assunzioni e i trasferimenti per il prossimo anno».

La scuola trema: da un lato c' è chi sogna la cattedra e dall' altro, invece, chi sogna la pensione. Un miraggio che rischia di allontanarsi ancora di più. Quest' anno, come effetto della riforma pensionistica varata dal governo Monti, negli uffici scolastici si sta registrando una vera e propria impennata di richieste di pensionamenti: secondo le prime stime si tratta di oltre 35mila persone che hanno presentato domanda, a fronte delle 20 o 25 mila richieste presentate negli anni passati.

PROFESSORI IN CLASSEPROFESSORI IN CLASSE
In base ai calcoli sull' anzianità, sarà così anche nei prossimi 3 anni, con un super lavoro da parte degli uffici periferici del ministero dell' istruzione. Alla carica, quindi, i docenti e il personale ata ( bidelli, segretari e amministrativi) della classe '51: quella che, secondo i requisiti richiesti, nel 2018 raggiunge 67 anni di età, a cui si aggiungono tutti coloro che raggiungono invece 41 anni e 10 mesi di contributi. Hanno aspettato il loro momento, dopo anni di attesa e polemiche, e ora rischiano di doversi fermare di nuovo o comunque di patire per tutta l' estate prima di vedere realizzato il loro sogno della pensione. Il motivo? La nuova procedura per la verifica dei requisiti.

LA BUROCRAZIA
Mario Monti Elsa ForneroMARIO MONTI ELSA FORNERO
Ora è tutto in capo all' Inps ed è il primo anno, fino al 2017 infatti era compito degli uffici scolastici regionali raccogliere le certificazioni necessarie ed inviare tutto all' Inps per avviare la procedura di pensionamento. Prima ancora, gli uffici scolastici regionali dialogavano con l' Inpdap e godevano di una procedura più snella. Ora non è più così: le pratiche si stanno impantanando tra carte e burocrazia tanto che il rischio è quello di veder fermare tutta la macchina organizzativa, o almeno una buona parte, con possibili ripercussioni sull' avvio del prossimo anno scolastico.

Un rischio concreto poiché i docenti in attesa di una risposta positiva alla domanda di pensionamento dovranno riceverla entro il 31 agosto, non possono avere un incarico dal 1 settembre. Lo stesso vale per il personale ata che, comunque, deve andare in pensione dal 1 novembre. A fronte delle aspettative di oltre 35mila persone che sperano nella pensione, ci sono le attese e le ansie di altrettante persone che sperano invece nell' agognato ruolo o in un trasferimento.
insegnanti precariINSEGNANTI PRECARI

«È inaccettabile il grave ritardo nella determinazione del diritto alla pensione - denuncia Anna Fedeli, Flc Cgil nazionale - sta creando gravi danni ai lavoratori, e al funzionamento delle scuole. Si creano effetti negativi anche sulla mobilità del personale scolastico e sulle immissioni in ruolo dei precari dal momento che i posti, occupati da coloro che dovrebbero andare in pensione, non sono disponibili. Non accetteremo nessuna lesione di diritti maturati con il lavoro, che oggi vengono messi in discussione da procedure cervellotiche e inique».

Che cosa si intende per procedure cervellotiche? «Negli ultimi mesi - spiega la sindacalista Fedeli- tra le varie sedi Inps e gli uffici scolastici territoriali e le istituzioni Afam si sono verificati una serie di ritardi e un rimpallo di comunicazioni rispetto ai versamenti di contribuzione, alla presunta mancanza di domande di riscatto o computo o addirittura di contribuzione relativa ai periodi di lavoro di ruolo, non presenti negli archivi telematici dell' Inps».
bussettiBUSSETTI

LA RICHIESTA
Da qui la necessità di snellire le procedure. Altrimenti sarà un' estate di fuoco, tra certificati da reperire, domande da ripresentare e cattedre da sistemare.
I sindacati per questo hanno già chiesto un incontro al ministro all' istruzione Bussetti e al presidente dell' Inps Boeri. Intanto però ci si prepara alla protesta: il 12 luglio, infatti, ci sarà un presidio sotto le finestre degli uffici centrali dell' Inps a Roma, nella sede dell' Eur.

Fonte: qui

VIRGINIA RAGGI VA IN CENTRO PER INAUGURARE UN’ISOLA PEDONALE E SUBITO INCIAMPA IN UNA BUCA

DEVE UNA SFUGGITA A BEPPE GRILLO CHE NE HA SMENTITO L’ESISTENZA IN UN GROTTESCO VIDEO CHE ANDAVA INTITOLATO 'MOVIMENTO 5 BUCHE'


Giusto il tempo di terminare le operazioni per la foto istituzionale alla fine dell’inaugurazione della nuova area pedonale in via del Corso che la Raggi inciampa in una buca. L’episodio a largo Goldoni, angolo via Fontanella Borghese, nel pieno dello shopping frenetico per i saldi.

Precisamente quella buca che si è creata tra l’asfalto di via del Corso e i sanpietrini di via della Fontanella Borghese - cuore dello shopping romano enfatizzato dal primo giorno dei saldi -, uno sfregio largo quasi un metro e profondo 7-8 centimetri. Abbastanza per rimanere offesi, insomma.

beppe grillo con roberto fico e virginia raggiBEPPE GRILLO CON ROBERTO FICO E VIRGINIA RAGGI
E c’è mancato poco che pure la sindaca finisse per terra: il piede destro, calzato nel sandalo décolleté, è andato giù portandosi dietro la gamba, però la sinistra ha resistito salvando Raggi da un capitombolo doloroso e pure da uno scatto «compromettente». Del resto le buche romane sono diventate (purtroppo) un tema nazionale: Beppe Grillo ne ha smentito l’esistenza in un video-post poi stroncato da Roberta Lombardi, e la base cinque stelle si è scatenata in una polemica furibonda tra chi tifa per l’ironia del Garante e chi predica realismo come l’«ortodossa» capogruppo grillina in Regione, secondo la quale «sulle buche non si scherza». Su quella polemica, comunque, Raggi resta da giorni in silenzio, ancora in attesa di un aiuto concreto da parte del governo.
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VIRGINIA RAGGI E MARCO TRAVAGLIOVIRGINIA RAGGI E MARCO TRAVAGLIO














Ironia della sorte l’inciampo della sindaca a largo Goldoni c’è stato appena qualche secondo prima che il cronista le chiedesse una valutazione sull’iniziativa di segnalare le (tante, troppe) buche stradali della Capitale con uno spray di vernice gialla. Così la sindaca - sollevata per i pericoli scampati - si è ricomposta e ha risposto: «Ci stiamo impegnando moltissimo nel rifacimento del manto stradale per eliminare le buche - ha detto -. Chiaramente la colmatura delle buche elimina il pericolo, ma non ripristina il manto stradale. E noi ci stiamo dedicando al rifacimento delle strade, stiamo investendo tutte le risorse che abbiamo e ne stiamo cercando nuove, dobbiamo accelerare il più possibile. Ma eviteremo interventi spot - ha concluso - che di fatto servono solamente per mettere una pezza che poi si riapre dopo qualche mese».
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VIRGINIA RAGGIVIRGINIA RAGGI













Quindi inutile continuare a vergare di giallo l’asfalto malato: soldi non ce ne sono, l’obiettivo è rifare daccapo le strade e quindi non ci saranno «interventi spot» che, sì, ridimensionano il rischio per il cittadino (e pure per la sindaca), però non danno risultati stabili nel tempo. In tanti, durante la passeggiata «collaudo» della nuova area pedonale tra largo Goldoni e via delle Convertite, hanno fermato e chiesto a Raggi di far presto a riparare le strade. Poi l’inciampo, forse un segnale.

Fonte: qui
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