I PREPENSIONAMENTI (CON L’AIUTO PUBBLICO) A ‘REPUBBLICA’ SENZA CRISI AZIENDALE. E QUELLA PASSIONE PER LE SCOMMESSE DI BORSA...
LA GUERRA DEI VENT’ANNI CON IL FISCO CHIUSA CON UNA TRANSAZIONE DA 170 MILIONI
Estratto dall’articolo di Fabio Pavesi per ‘’il Fatto Quotidiano’’
Chiamasi “benefici indiretti del controllo”. Ogni padrone di giornali questo motto lo conosce a menadito. Con l’editoria (almeno in Italia) non si è mai diventati ricchi. Tanto meno negli ultimi 10 anni di crisi pesantissima. Ma avere un giornale ti dà un potere che va al di là della mera contabilità. Uno strumento formidabile di pressione…….
….. E sul podio dei padroni della stampa con interessi molteplici si erge di diritto la famiglia De Benedetti. Con l’ex gruppo Espresso Repubblica divenuto Gedi, dopo la fusione con l’Itedi degli Agnelli che ha portato in casa La Stampa e il Secolo XIX. Sotto il cappello del regno di Repubblica-Espresso (con una decina di testate locali più tre radio nazionali) c’è molto di più che non la carta stampata. Il gruppo Cir-Cofide che controlla Gedi sta da sempre su altre due gambe.
La componentistica auto con Sogefi e la sanità privata con Kos e le sue 81 tra residenze per anziani e strutture mediche per quasi 8mila posti letto. C’era fino a qualche anno fa una propaggine, una volta gioiello della corona e finito miseramente come pacco-dono alle banche creditrici, che era Sorgenia. Le centrali elettriche che la Cir possedeva e che entrate in crisi sono divenute il più grande smacco bancario della storia recente.
Già perché la famiglia degli imprenditori-editori, una volta compreso il disastro cui andava incontro Sorgenia, anziché farsene carico hanno pensato bene di rifilare il pacco da 1,8 miliardi di debiti alle banche creditrici. Divenute obtorto collo azioniste del gruppo in crisi finanziaria. La storia della beffa (per le banche) di Sorgenia, una vera e propria socializzazione delle perdite non la troverete certo sui giornali di casa che annotavano della vicenda in poche righe in cronaca senza evidenziare il coup de theatre dei De Benedetti…..
….. Nel 2013 Sorgenia fa un buco di 537 milioni. È il clou di una crisi che viene da lontano. Il paradosso è che più le cose vanno male più Sorgenia viene finanziata arrivando a cumulare 1,85 miliardi di prestiti. E non c’è da stupirsi, chiamandosi De Benedetti, che la banca più esposta con oltre 600 milioni sia Mps.
Ma i De Benedetti (Rodolfo in testa che è l’ideatore di Sorgenia) hanno già pronta l’exit strategy. Già nel 2013 azzerano il valore di Sorgenia nel bilancio di Cir. Una mossa propedeutica all’abbandono. Occorre mettere capitale. Le banche chiedono nel 2014 che la famiglia metta almeno 150 milioni. I De Benedetti non tirano fuori un euro e le banche si ritrovano in mano obtorto collo la Sorgenia in odore di crac.
Si dirà, forse i soldi non li avevano. E qui la tragedia si trasforma in farsa. Sempre nel 2013 i De Benedetti incassano 344 milioni sull’unghia dalla Finivest che ha perso il lodo Mondadori. Ironia della sorte giusto i capitali di Berlusconi il nemico storico. Non solo la Cir era comunque piena di liquidità per 538 milioni. Cdb se la tiene stretta alla faccia di Sorgenia. Finisce che le banche (la solita Mps in testa) fanno loro il salvataggio, I De Benedetti escono del tutto, deconsolidano da Cir quasi 2 miliardi di debiti e si ritrovano senza guai e con tanta liquidità….
Se Sorgenia è l’apoteosi dello scarico delle perdite sui creditori, che dire di Kos? Il gruppo con le sue residenze per gli anziani fattura ormai quasi mezzo miliardo, ha margini vicini al 20% dei ricavi e utili nel 2017 per 29 milioni. Un affare. Che deve buona parte della sua forza al rapporto strettissimo con il pubblico. Le sue strutture sono convenzionate con il Sistema sanitario e il 63% del suo mezzo miliardo di ricavi arriva proprio da Regioni e Comuni. Non contenti di avere una fetta consistente del giro d’affari garantiti dalle casse pubbliche, i De Benedetti cercano ancora la sponda pubblica. Il fondo healthcare di F2i compra nel 2016 il 46% di Kos sborsando 292 milioni…….
…..E poi ecco Gedi. O meglio l’ex gruppo Espresso. È aperta un’inchiesta giudiziaria su un eventuale abuso dei prepensionamenti “facili” (a spese dell’Inps) della società Manzoni la concessionaria di pubblicità. Ma al di là dell’inchiesta resta il fatto che il gruppo ha usufruito tra il 2011 e il 2015 di consistenti prepensionamenti di poligrafici e giornalisti, avvalendosi degli stati di crisi. L’ex Espresso però (ora Gedi) non ha mai chiuso, fino al 2017, i bilanci in perdita. Concedere gli stati di crisi aziendale a chi non ha mai fatto perdite è un altro regalo alla famiglia. ….
…L’unico bilancio in rosso è quello del 2017 per 123 milioni. Pesa la chiusura di una lite fiscale, finita in Cassazione, e che riguardava atti elusivi nella fusione, addirittura del 1991 tra l’editoriale Repubblica e la Cartiera di Ascoli dopo la fine della guerra di Segrate. Il fisco chiedeva 389 milioni da allora, la Gedi alla fine ha transato chiudendo il contenzioso per un esborso di 175 milioni, di cui 140 pagati proprio nel 2017.
Un braccio di ferro con l’Erario durato oltre 20 anni. E poi c’è l’avventura ingloriosa della quotata M&C, il fondo salva-imprese, che a detta dell’Ingegnere doveva investire in aziende in crisi, risanandole. Ai tempi fu presentata come una grande iniziativa che doveva coinvolgere anche il nemico di sempre, cioè il Cavaliere. Uniti a salvare imprese. Alla fine M&C non ha salvato neanche se stessa. Di recente ha venduto in fretta e furia l’unico suo investimento nella tedesca Treofan portando a casa 30 milioni di perdite e cagionando ai soci di minoranza perdite sul titolo per oltre il 70% solo negli ultimi 4 mesi……
…… E’ nota la passione dell’Ingegnere per la finanza che pratica da trader smaliziato. Smaliziato e con accesso a informazioni privilegiate. Come non ricordare le visite a Palazzo Chigi e l’interesse sulla imminente riforma delle Popolari? Un interesse non certo intellettuale. Agli atti c’è l’intercettazione della Guardia di Finanza in cui l’Ingegnere ordina il 16 gennaio (il venerdì prima dell’approvazione del decreto) al suo broker di fiducia l’acquisto di titoli delle Popolari che sarebbero state rivendute subito dopo fruttando una plusvalenza in pochi giorni.
Un mordi e fuggi da speculatore ben informato. Il veicolo delle sue operazioni di Borsa è la Romed. La Romed vive di compravendite di azioni e derivati. Un vero giocatore di Borsa. In 3 anni ha portato a casa oltre 80 milioni di utili. I titoli in pancia a Romed valevano 65 milioni nel 2015. Sono saliti a 96 milioni. Poi ci sono i derivati per una trentina di milioni. Cdb scommette su azioni e futures. Il metodo è da corsaro della finanza. Cdb compra le azioni, le da in pegno alle banche da cui ottiene finanziamenti per comprare altre azioni. Nel frattempo l’operazione Gedi e la sua StamPubblica non sta dando i frutti sperati.
I ricavi sono aumentati di oltre il 10% ma i margini sono scesi di un buon 5%. Le maggiori dimensioni non fanno reddito. E i De Bendetti hanno già messo le mani avanti. Annunciati tagli dei costi tra cui quelli del lavoro per decine di milioni. Magari chiedendo un nuovo stato di crisi e il paracadute pubblico.
Fonte: qui