9 dicembre forconi: 12/12/18

mercoledì 12 dicembre 2018

ANTONIO MEGALIZZI È IN COMA E AL MOMENTO ''NON OPERABILE''. IL GIORNALISTA ITALIANO COLPITO A STRASBURGO È STATO FERITO ALLA BASE DEL CRANIO, VICINO ALLA SPINA DORSALE


INTANTO IL KILLER, CHE IERI SERA SEMBRAVA ACCERCHIATO, POTREBBE ESSERE FUGGITO IN GERMANIA. 

MENTRE LA POLIZIA FRANCESE ARRESTA IL PADRE E I DUE FRATELLI

STRASBURGO: 'ANTONIO È IN COMA, NON È OPERABILE'
ANTONIO MEGALIZZIANTONIO MEGALIZZI
 (ANSA) - "Da quello che si è capito Antonio è in coma e non si può operare per la posizione gravissima del proiettile che è arrivato alla colonna alla base del cranio, vicino alla spina dorsale". Lo ha detto Danilo Moresco, il padre della fidanzata di Antonio Megalizzi, ferito nell'attentato a Strasburgo. Moresco ha aggiunto di aver avuto queste informazioni dalla famiglia, già arrivata in ospedale: "Non ho altre informazioni, spero di arrivare al più presto per vedere di persona".
antonio megalizziANTONIO MEGALIZZI





STRASBURGO:MEGALIZZI GRAVISSIMO,TRA LA VITA E LA MORTE
 (ANSA) - Sono gravissime le condizioni di Antonio Megalizzi, il giornalista italiano ferito alla testa da un proiettile durante l'attentato di Strasburgo. Il connazionale, apprende l'ANSA da fonti qualificate, lotta in queste ore tra la vita e la morte nell'ospedale dove è ricoverato.

STRASBURGO: BILD, IL KILLER FORSE FUGGITO IN GERMANIA
 (ANSA) - Il presunto terrorista del mercatino di Natale di Strasburgo potrebbe essere fuggito in Germania subito dopo l'attentato: è quanto trapela da fonti di sicurezza franco-tedesche citate da Bild. Fonti investigative tedesche ritengono plausibile che Cherif Chekatt abbia dei riferimenti a cui appoggiarsi in Germania.
SOSPETTO KILLER STRASBURGO CHERIF CHEKATTSOSPETTO KILLER STRASBURGO CHERIF CHEKATT

STRASBURGO:PADRE E 2 FRATELLI DEL KILLER TRA I FERMATI
 (ANSA) - Il padre e i due fratelli del presunto killer di Strasburgo, Cherif Chekatt, sono tra le persone fermate dagli inquirenti francesi. Lo riferiscono fonti di polizia citate da Bfm-Tv ch aggiunge che alcuni membri della famiglia sono noti per essere radicalizzati.

STRASBURGO:ESCLUSI COLLEGAMENTI ATTENTATORE CON ITALIA
ATTENTATO A STRASBURGO - CHERIF CHEKATTATTENTATO A STRASBURGO - CHERIF CHEKATT










(ANSA) - Sono al momento esclusi collegamenti con l'Italia dell'attentatore di Strasburgo. E' quanto emerso, si apprende, al termine della riunione straordinaria del Comitato di analisi strategica antiterrorismo (Casa) che si è tenuta al Viminale. L'esclusione di eventuali collegamenti è stata possibile grazie all'analisi delle informazioni provenienti dalle autorità francesi alle quali comunque l'Italia ha assicurato il massimo supporto.

Fonte: qui



Antonio Megalizzi, gravissimo il giornalista italiano ferito a Strasburgo. "I medici attendono 48 ore"


E' originario di Trento




Ansa - I medici si sono presi 48 ore per valutare le condizioni di Antonio Megalizzi, il giornalista trentino di 29 anni colpito alla testa da un proiettile nell'attentato di Strasburgo. "Sono stato ieri sera in ospedale a Strasburgo, la situazione è stabile, stazionaria. Antonio è in coma farmacologico. Non è cambiato nulla nelle ultime ore. Confermo che Antonio è stato colpito alla testa da un proiettile ma non sono riuscito a capire bene dove, perché è bendato e ha solo il viso scoperto", ha detto all'ANSA Danilo Moresco, padre di Luana, la fidanzata di Antonio. 
Antonio Megalizzi è un giovane giornalista radiofonico italiano, originario di Trento. E' in condizioni giudicate irreversibili. E' stato colpito alla testa da un proiettile. 
"Siamo venuti con spirito cristiano e umano per portare la nostra solidarietà alla famiglia di Antonio Megalizzi. Abbiamo incontrato la mamma che ha avuto indicazioni dai medici che la situazione è irreversibile, lei è disperata e molto provata", ha detto all'ANSA l'eurodeputato della Lega, Mario Borghezio, all'uscita dell'ospedale di Strasburgo. Con Borghezio c'era anche l'europarlamentare Oscar Lancini. 
La Procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine in cui si ipotizzano i reati di strage e attentato con finalità di terrorismo.
La famiglia abita a Trento. I vicini di casa commentano con grande sconforto i fatti. Sono giunti in macchina a Strasburgo il papà Domenico, la mamma Annamaria e la sorella, assieme alla fidanzata Laura Moresco.
"Ci hanno detto che Antonio è stato colpito alla testa da un proiettile sparato da quel delinquente. Le due ragazze che erano con lui (la trentina Caterina Moser e Clara Stevanato, veneta e residente a Parigi, ndr) ce l'hanno fatta a scappare, rifugiandosi poi in un locale pubblico. Hanno perso di vista Antonio, perché lui è rimasto a terra". Danilo Moresco, presidente dei ristoratori del Trentino, è il padre di Luana, la fidanzata di Antonio Megalizzi. Moresco risponde all'ANSA mentre guida verso Strasburgo.


ANTONIO MEGALIZZI NON CE L'HA FATTA 

È MORTO IL CRONISTA ITALIANO COLPITO DAL TERRORISTA DI STRASBURGO AL MERCATINO DI NATALE. AVEVA 29 ANNI E LAVORAVA IN RADIO 

STRASBURGO: ANTONIO MEGALIZZI È MORTO
 (ANSA) - Antonio Megalizzi, il giovane reporter italiano rimasto gravemente ferito alla testa nell'attacco al mercatino di Natale di Strasburgo, è morto. Lo apprende l'ANSA da fonti francesi.

La ministra Trenta: «Area ad alta tensione, dobbiamo tutelare i nostri militari»


L’allarme per la brigada impegnata con Unifil


La notizia del tweet del vicepremier Matteo Salvini, che definisce gli Hezbollah «terroristi islamici», le arriva mentre è impegnata in un incontro internazionale a Roma. 

E la ministra della Difesa Elisabetta Trenta, che sta facendo gli onori di casa, passa in fretta dallo stupore alla rabbia. Perché, sbotta, «la questione riguarda la sicurezza dei nostri soldati che si trovano in quell’area in un momento di forte tensione e proprio mentre la missione Unifil in Libano è sotto il comando italiano con il generale Stefano Del Col». Quale sia la sua preoccupazione, lo spiega poco dopo al telefono: «Proteggere chi rischia la vita per tutti noi». 

In una giornata di altissima tensione tra Lega e 5Stelle, quella sui soldati è soltanto l’ultima polemica in ordine di tempo. Ma diventa la più spinosa, proprio perché riguarda l’incolumità degli uomini del contingente e soprattutto il ruolo dell’Italia sulla scena internazionale. Anche tenendo conto che nelle ultime settimane ci sono state avvisaglie di una tensione che cresce nei confronti dei reparti schierati in quell’area e dunque anche una minima «uscita» fuori luogo può provocare conseguenze gravi.


Quando si capisce quali rischi possa causare la gaffe del titolare del Viminale, l’altro vicepremier Luigi Di Maio fa una dichiarazione pubblica proprio per dare manforte alla ministra «mandando un abbraccio ai soldati». 

E lei, dopo aver premesso di «non voler alzare polemiche, il governo è unito e compatto», scandisce: «Io dico solo che quando parliamo dei nostri militari all’estero, che rischiano la vita per la nostra sicurezza con le famiglie lontane migliaia di chilometri da casa, dobbiamo esserlo ancora di più. In Libano, così come in altri teatri, questo fanno i nostri militari: rischiano la vita per noi. E lo fanno da molti anni. I nostri uomini e le nostre donne delle forze armate vanno tutelati sempre». 

Proprio ieri in piazza San Pietro a Roma è stato fermato un uomo mentre versava benzina su un blindato

Non a caso la ministra dice: «Quando ho saputo che i due ragazzi impegnati nell’operazione Strade sicure erano stati attaccati da un uomo di origine marocchina li ho ringraziati personalmente perché sono intervenuti con la massima professionalità. Ecco, a questo mi riferisco quando dico che dobbiamo sempre tenere a mente che i nostri militari ogni giorno rischiano la vita per la nostra stabilità». 

In Libano è schierata la brigata Garibaldi con circa 1.250 uomini nell’ambito di una missione affidata ai caschi Blu dell’Onu che — come viene adesso sottolineato alla Difesa —- «sono sinonimo di imparzialità, trasparenza e unione d’intenti perché hanno un obiettivo comune: la stabilità e la sicurezza nel sud del Paese e, di riflesso, nell’intera regione medio-orientale»

Per questo Trenta ci tiene a sottolineare che si tratta «di una questione di metodo, non di politica estera, che compete ovviamente a Palazzo Chigi e al Ministero degli Affari esteri. I rapporti con Israele e la stessa comunità ebraica sono solidi ma noi dobbiamo fare in modo che tutto il governo lavori compatto per la sicurezza». 

A Roma sono arrivati proprio ieri i rappresentanti di Francia, Spagna, Portogallo, Marocco, Mauritania, Malta, Libia, Algeria e Tunisia per un vertice «5+5» tra Stati europei e del Mediterraneo. Un’occasione di cooperazione internazionale che servirà a discutere di immigrazione e terrorismo e sarà segnato dal passaggio di consegne con il comando alla Libia. 

E anche per questo l’uscita di Salvini è stata subita come «inopportuna» dagli stessi vertici militari che hanno sottolineato la necessità di «marcare il nostro ruolo super partes, vicini a Israele e al popolo libanese, come ci è sempre stato riconosciuto». E in questo modo, evidenzia Trenta «non mettere mai in dubbio la nostra credibilità»

Fonte: qui

Perché il caso Huawei è il guanto di sfida degli Usa alla Cina (e al resto del mondo, noi compresi)





Dietro l'arresto di Meng Wanzhou ci sono motivi commerciali, tecnologici, geopolitici, di intelligence. La Cina ha messo in discussione il ruolo dell’America come unica superpotenza, e Washington ha risposto. Mettendo in guardia tutti gli altri, Europa compresa


Nel caso Huawei - più precisamente, l'arresto avvenuto lo scorso giovedì 6 dicembre della direttrice della società cinese Meng Wanzhou - confluiscono aspetti di diverso ordine che si incastrano fra loro: commerciale, tecnologico, geopolitico e di intelligence.
In primo luogo c’è la guerra commerciale fra Usa e Cina per la conquista di quote di mercato. Come si sa Trump ha dato il via alla guerra commerciale con la Cina (e con l’Europa) per sostenere l’industria automobilistica americana e mantenere le promesse elettorali agli Stati del rust belt che gli avevano consegnato la vittoria nel 2016. Nel summit di Buenos Aires, era uscita dal cilindro una tregua dei 90 giorni nell’applicazione dei dazi doganali, certo. Ma proprio in quella stessa serata era partito il mandato d’arresto per Meng Wanzhou, direttrice finanziaria del gruppo, prontamente eseguito dallo zelante suddito canadese cui era immediatamente rivolta la domanda di estradizione. Come dire che l’accordo era limitato, solo una momentanea tregua su un singolo tratto del fronte, mentre la guerra proseguiva (e con rinnovato slancio) in altra parte di esso. Gli Usa non accettano l’idea di essere scalzati dalla Cina in settori decisivi sia sul piano commerciale che strategico e sono pronti ad una guerra senza limiti per impedire che ciò accada.
In secondo luogo c’è la delicatissima partita per il dominio tecnologico. In questi trenta anni, la Cina è enormemente cresciuta grazie ad esasperate pratiche di reverse engeneering ma anche grazie ad accordi commerciali con le aziende occidentali che decidevano di delocalizzare nel loro paese e che prevedevano l’obbligo cella condivisione dei segreti tecnologici. Oggi la Cina non è più la grande fabbrica per prodotti low cost del mondo: non più jeans, giocattoli e mattoni a buon mercato, ma anche produttore high tech ed a livelli decisamente buoni. E la Huawei è un fiore all’occhiello: nel mercato degli smartphone suoi prodotti sono al secondo posto mondiale, immediatamente dietro la sud coreana Samsung e davanti alla Apple. In questo risultato c’è tanto effetto dello spionaggio industriale quanto lo sviluppo della ricerca locale, senza dimenticare l’accesso privilegiato alle terre rare, indispensabili per questi prodotti e delle quali la Cina detiene circa il 90% dei giacimenti attualmente attivi.
In terzo luogo c’è l’aspetto geopolitico che non si limita allo scontro con l’Iran al quale Tramp ha voluto rinnovare le sanzioni, ribaltando le decisioni del suo predecessore. Dentro c’è una questione particolare di grande importanza: gli Usa pretendono che le loro leggi abbiano una efficacia extraterritoriale, e, per esempio, ritengono che anche soggetti di altri paesi siano tenuti ad applicare le norme di embargo decise unilateralmente. Il presupposto è che, siccome le transazioni internazionali sono eseguite in dollari ed il dollaro è moneta Usa, questo implica che ogni soggetto debba accettare le sanzioni Usa per poter usare i dollari necessari alla transazione e poter accedere alla clearing house dove registrare l’accordo.
Nel caso specifico, sembrerebbe che la Huawei avvia fornito all’Iran, attraverso una società di comodo, materiale coperto da sanzioni della comunità internazionale. Può anche darsi, come può darsi che i prodotti contenessero elementi di tecnologia americana, ma, anche in questo caso, in base a quale principio giuridico il mandato d’arresto per Meng Wanzhou è stato emesso da una Procura americana? E tanto più, in base a quale norma debba essere un tribunale americano a giudicarla? Quale altro paese potrebbe fare la stessa cosa?
Da questo punto di vista, la mossa americana non è rivolta solo contro una importante manager cinese (ed, attraverso essa, contro la Cina), ma ha un contenuto di “avvertimento” all’ Europa e al Giappone. Sin qui c’erano stati casi simili (prevalentemente sanzioni economiche contro banche europee che avevano concesso crediti al’Iran in violazione alle norme sull’embargo) , ma non erano stati toccati soggetti delle altre due grandi potenze mondiali, Cina e Russia. Ora, con questa mossa, gli Usa esigono il tacito riconoscimento di super potenza mondiale anche nei confronti della Cina. La cosa acquista particolare peso e significato ove si tenga presente che nelle prossime settimane l’Europa dovrà decidere se rinnovare le sanzioni alla Russia per la questione ucraina e, a questo proposito, la crisi del mar d’Azov è giunta come il cacio sui maccheroni, con i russi che sono cascati pienamente nella provocazione tesagli. Il messaggio del caso Huawei serve anche nei confronti dei governi italiano e tedesco, semmai volessero farsi promotori della fine o anche solo di una attenuazione delle sanzioni. E questo conferma che gli Usa hanno nel Dipartimento della Giustizia il loro braccio operativo nella guerra economica, strumento attraverso il quale gli Usa esercitano un dominio anche politico.

Infine, l’aspetto dell’intelligence.
La Huawei si muove su un terreno di diretto interesse politico e militare, avendo accesso ai nodi delle comunicazioni attraverso la fornitura di parti della componentistica (per l’Italia la questione riguarda la rete Sparkle che serve la Telecom) il che ovviamente significa la possibilità di tenere sotto controllo le comunicazioni sia istituzionali che private di ben più di mezzo mondo. E, infatti, la Huawei lavora a stretto contatto sia con l’Armata Popolare di Liberazione cinese sia con i vari organismi di intelligence del paese e, proprio per questo, ha ripetutamente goduto di quei sostanziosi aiuti bancari, incoraggiati dal governo, che ne hanno consentito la rapida ascesa. Dunque, non stupisce che essa fosse nel mirino dei servizi americani ben prima del caso di questi giorni ed è del tutto intuitivo che, attraverso la Huawei, la Cina eserciti una massiccia opera di spionaggio a livello mondiale. Sin qui gli americani non hanno torto nell’avvertire il pericolo, se non fosse che loro non sono affatto da meno sullo stesso piano: ci siamo dimenticati della faccenda di Echelon? O di quando venne fuori che la Cia spiava i cellulari di tutti i capi di governo europei, compresa la Merkel? O i cento altri casi di spionaggio di massa dei servizi Usa? Il fatto è che agli americani non dà per nulla fastidio lo spionaggio: quello che non gli sta bene è che a farlo siano altri.
Tutto questo premesso, si capisce bene quale sia la portata dell’episodio che non va disgiunto dalla questione dei dazi o da altri aspetti della guerra economica che oggi vede gli Usa impegnati contro la Cina, come ieri contro il Giappone, domani chissà…
E questo significa che ci sarà una risposta cinese. Forse è il caso di ricordare che sono stati proprio due alti ufficiali dello Stato Maggiore cinese a teorizzare la guerra senza limiti, o se preferite, la guerra asimmetrica. Per cui è del tutto plausibile attendersi qualche contrattacco cinese proprio in vista della “pax economica” mondiale che gli Usa intendono come pax americana ma che a Pechino è vista in termini diversi. È realistico che assisteremo ad un complesso tira e molla per cui da un lato la Cina farà concessioni sul piano dello scambio commerciale, per riequilibrare il rapporto con gli Usa, ma dall’altro si muoverà su altri piani. Ad esempio quello monetario: quanti bond americani sono ancora nelle casseforti della banca centrale cinese? E quanti dollari liquidi? Potremmo assistere ad una improvvisa immissione sul mercato di queste riserve.
Ma anche sul piano politico è facile attendersi delle reazioni: a parte il consolidato rapporto con la Russia, occorrerà vedere come si muoverà Pechino verso l’India e l’Indonesia. Non il Giappone, che, almeno per ora, sembra allineato agli Usa nel boicottare Huawei, ma questo non è detto che basti. Ad esempio potremmo assistere ad un allargamento ad India e Indonesia della “Comunità di Shanghai” prefigurando una sorta di mercato comune asiatico che cambierebbe gli equilibri del mondo globale.
Per ora non resta che attendere e vedere.
Fonte: qui

Spari al mercatino di Natale: morti e feriti a Strasburgo

Piomba il terrore in Francia: almeno quattro morti e undici feriti. Killer in fuga: era schedato come radicalizzato islamico

Un mercatino di Natale a Strasburgo, nell'est della Francia, è stato evacuato dalla polizia dopo che erano stati segnalati degli spari.

Lo riportano alcuni testimoni. L'eurodeputato del Movimento cinque stelle, Dario Tamburrano, ha riferito in un tweet di "spari sulla folla ai mercatini" e che ci sarebbero dei "morti e feriti". La prefettura della Regione Grand-Est e del Basso Reno conferma che "è in corso un'operazione" e chiede ai cittadini di "seguire le istruzioni che saranno diffuse".
"Ho sentito i colpi, sei o sette, e ho visto due donne a terra colpite e una che urlava, mi sono allontanato per mettermi al riparo. Siamo qui in un cortile interno nel centro di Strasburgo, la polizia ha evacuato la zona", ha raccontato all'Agi l'eurodeputato dei Verdi, Marco Affronte.
Fonti di polizia, consultate dal quotidiano locale L'Alsace, ipotizzano che gli spari al mercatino di Strasburgo siano un attentato. Due ambulanze sono ora giunte sul luogo degli spari.Sarebbe in fuga l'assalitore che ha sparato ai mercatini di Natale. Lo ha riferito il giornale locale Dernieres Nouvelles d'Alsace, che parla di "cinque vittime". A sparare, sempre secondo la testata che non cita fonti, sarebbe stata una persona sola. Dopo la sua fuga dal luogo dei mercatini si sarebbero sentiti altri spari.
Le autorità cittadine di Strasburgo hanno invitato i cittadini a non uscire di casa, a seguito della sparatoria avvenuta nella zona della Grand Rue, nei pressi di un mercatino di Natale. Le Figaro riporta il ferimento di almeno quattro persone. Secondo il sindaco della città, Roland Ries, ad aprire il fuoco è stato un uomo con un'arma automatica, il tiratore non sarebbe ancora stato arrestato.È di quattro morti e undici feriti il bilancio fornito dalla Prefettura di Bas-Rhin sulla sparatoria ai mercatini di Natale di Strasburgo. Lo riporta le Figaro. L'autore della sparatoria ai mercatini di Natale di Strasburgo è stato identificato ma è ancora in fuga: sarebbe stato schedato come radicalizzato islamico. Lo fa sapere la prefettura di Bas-Rhin, citata da Le Figaro. Un'operazione della polizia francese è in corso a Neudorf, quartiere di Strasburgo, con colpi di arma da fuoco e urla sentiti in zona, in rue d'Epinal. Lo riferisce il sito Dna.fr. L' autore dell'attacco ha colpito in più punti del centro cittadino. Secondo la ricostruzione della polizia, l'uomo ha prima aperto il fuoco intorno alle 20, nell'area dove si trova il mercatino di Natale. Poi, l'uomo si è spostato di qualche metro e ha riaperto il fuoco, secondo quanto riferito da alcuni testimoni.
Il terrorista responsabile dell'attacco a Strasburgo è stato identificato nel 29enne Cherif C., già noto alle autorità. L'attentatore dei mercatini di Natale di Strasburgo doveva essere arrestato questa mattina, martedì, dai gendarmi francesi, ma non era in casa. Lo rivela una fonte vicina all'inchiesta citata da Le Figaro.
Una seconda operazione di polizia è in corso in place Broglie, nel centro storico di Strasbrugo. Lo riporta Le Figaro, citando il sindaco della città Roalnd Ries. "Si presume ci sia una seconda persona" coinvolta nella sparatoria, ha spiegato.
Fonte: qui


Chi è il killer di Strasburgo


Di origine nordafricana ma è nato a Strasburgo. Ha precedenti per estorsione e aggressione: era schedato come radicalizzato

Il presunto responsabile dell'attacco di questa sera a Strasburgo non è stato ancora localizzato.

Lo ha detto il sindaco della città francese, Roland Ries, mentre alcune fonti giornalistiche sostenevano che Cherif C., il 29enne identificato come il responsabile, sarebbe circondato.
L'attentatore che ha compiuto una sparatoria al mercatino di Natale ha ucciso quattro persone e ne ha ferite 11 feriti. Cherif C. ha 29 anni ed è di origine nordafricana anche se è nato a Strasburgo.
Dalle prime ricostruzioni, poche ore prima della sparatoria Cherif avrebbe dovuto essere arrestato nell'ambito di una inchiesta per estorsione, ma la polizia non è riuscito a trovarlo nella sua abitazione. L'uomo ha precedenti per reati comuni e nel 2011 era stato condannato a due anni per aver aggredito una persona con un coccio di bottiglia. Non solo. Secondo la prefettura, Cherif era stato schedato come "S", cioè un soggetto religioso radicalizzato.
Secondo alcune testimonianze, Cherif dopo la sparatoria è fuggito a bordo di un taxi e sarebbe stato ferito dalla polizia. Le forze dell'ordine lo avevano localizzato in un palazzo di rue d'Epinal ma l'uomo è riuscito a scappare.
Fonte: qui