LO SCANDALO RISCHIA DI AFFOSSARE LA SUA CANDIDATURA, I SONDAGGI DANNO IL GIOVANE MACRON IN FORTE RIMONTA
MA IL "PENELOPE GATE" NON È UNA VICENDA ISOLATA IN FRANCIA: Il 20% DEI 577 DEPUTATI VERSA ALLA PROPRIA FAMIGLIA PARTE DEI RIMBORSI PUBBLICI
CHI GODE E' MARINE LE PEN...
RIMBORSI PUBBLICI -CHI GODE E' MARINE LE PEN...
Anais Ginori per la Repubblica
Il parlamento francese potrebbe essere soprannominato il club delle mogli. Lo scandalo di François Fillon, che ha ingaggiato la sua sposa Penelope come assistente parlamentare, pagandola circa 500mila euro in otto anni, non è certo isolato. Secondo un calcolo del sito Mediapart il 20% dei 577 deputati versa alla propria famiglia parte dei rimborsi pubblici (oltre 9.500 euro mensili). Negli elenchi dei collaboratori si ritrovano i nomi di 52 mogli, 60 figli e 6 persone con altri gradi di parentela. «Senza parlare delle amanti, quelle si possono nascondere meglio» scherza un vecchio conoscitore di Palais Bourbon. Il Senato è sulla stessa linea: una sessantina di parenti impiegati su 348 senatori.
La parentopoli francese è l’eredità di un vecchio sistema politico che stenta a mettersi al passo con i tempi. Nonostante le nuove regole sulla trasparenza dei rimborsi, varate dal governo nel 2013, l’assunzione di mogli, figli e parenti non è stata dichiarata illegale come invece accade già in molti altri Paesi. L’europarlamento ha approvato un divieto specifico dal 2009, seguendo la prassi nel Nord Europa. In Germania l’interdizione si allarga persino agli ex coniugi. L’Italia, che di solito non brilla per moralità pubblica, ha dal 2012 una norma per impedire di stipendiare famigliari.
In Francia continua a essere un’abitudine bipartisan. A destra, ci sono i casi dell’ex segretario dell’Ump, Jean-François Copé o dell’ex ministro Bruno Le Maire che hanno le mogli a busta paga. A sinistra, il caso più emblematico è quello del socialista Claude Bartolone, presidente dell’Assemblée Nationale, che per discolparsi ha sottolineato: «Non ho assunto mia moglie, ho sposato la mia assistente». Neanche il Front National, di solito gran fustigatore del “sistema”, può dare lezioni. Il deputato del Fn Gilbert Collard paga la consorte con soldi pubblici.
E tra il 2011 e il 2013 Marine Le Pen ha versato 5mila euro di rimborsi dell’europarlamento al suo compagno Louis Alliot, salvo essere poi richiamata dall’amministrazione di Strasburgo. «Non siamo sposati» si è giustificata la presidente del Fn che ora è di nuovo sotto inchiesta per gli impieghi fittizi dei suoi due assistenti (uno dei quali è la sua guardia del corpo). L’Europarlamento ha chiesto a Le Pen di rimborsare 340mila euro già intascati.
Così fan tutti. Ecco spiegato perché Fillon è poco criticato dagli avversari politici nell’affaire in corso, anche dopo che il candidato della destra ha rivelato di aver fatto lavorare non solo la moglie ma persino due figli quando era al Senato. Fillon ha sostenuto che erano stati pagati per una consulenza da “avvocati”, anche se all’epoca dei fatti i due pargoli erano ancora studenti in giurisprudenza o solo praticanti.
La procura ha aperto un’inchiesta per appropriazione indebita e abuso di ufficio nei confronti di madame Fillon. Il sospetto, infatti, è che la remunerazione con soldi pubblici non corrisponda un lavoro effettivo. Penelope Fillon, origini gallesi, studi da avvocato senza aver mai esercitato, era conosciuta per essere una donna discreta, una casalinga lontana dalla politica, dedita a crescere i suoi cinque figli.
«Mia moglie ha sempre lavorato per me» dice ora Fillon sostenendo che la consorte faceva per lui una rassegna stampa, correggeva i suoi discorsi, gestiva appuntamenti e parlava con elettori per raccogliere suggerimenti. Eppure nessuno l’ha mai vista all’Assemblée Nationale e non ci sono riscontri della sua attività politica nel feudo elettorale del marito, a Sablé, nella Loira.
«Siamo uomini politici, non semplici cittadini: dobbiamo essere irreprensibili». Le dichiarazioni pronunciate a suo tempo da Fillon vengono ora ripescate con una certa ironia nel “Penelope Gate” alimentato sui social networt. «Chi immaginerebbe De Gaulle indagato?» si chiedeva qualche tempo fa l’ex premier per accreditare la sua immagine da uomo senza macchia rispetto a un Nicolas Sarkozy o Alain Juppé.
Adesso il candidato ha mandato in emergenza il suo avvocato dai magistrati per dimostrare la sua innocenza ed è stato costretto a promettere che lascerà la corsa all’Eliseo se riceverà un avviso di garanzia. Al di là delle conseguenze giudiziarie, lo scandalo ha già provocato un grave danno di immagine per colui che fino a poco fa era il gran favorito per diventare capo dello Stato. Fillon, che ha promesso un governo di lacrime e sangue, è in discesa nei sondaggi. Nessuno esclude che possa essere presto superato nei consensi dal giovane Emmanuel Macron.
Dietro le quinte, la destra ha cominciato a pensare a un eventuale piano B a tre mesi dal voto. Per ora Juppé e Sarkozy hanno fatto sapere di non essere interessati a ripresentarsi: la prudenza è ormai d’obbligo in un’elezione presidenziale che forse non è mai stata così incerta e ricca di colpi di scena.