9 dicembre forconi: 05/20/19

lunedì 20 maggio 2019

UN PAESE PER VECCHI - IL 91ENNE PIERO ANGELA SPIEGA LA CRISI DEMOGRAFICA

“L'ITALIA E' L'UNICO PAESE CHE DA' PIU' AI PENSIONATI CHE ALLE MADRI...OGGI QUALUNQUE RAGAZZA CHE SI LAUREI NON VUOLE SUBITO DEDICARSI AI PANNOLINI, MA PIÙ LO SI RITARDA PIÙ DIVENTA DIFFICILE FARLO E QUANDO ARRIVA, CI SI FERMA A UNO" 
''ANCHE A ME PIACEREBBE ARRIVARE A 200 ANNI, MA SOLO SE IN MOTOCICLETTA E CON UNA BIONDA SUL SELLINO POSTERIORE, NON INEBETITO SU UNA SEDIA A ROTELLE"
Virginia Della Sala per “il Fatto quotidiano”

ITALIANI POCA GENTEITALIANI POCA GENTE
Piero Angela ha quasi 91 anni. "Lo dico con un pizzico di civetteria, ho un po' di ernia del disco ma la macchina funziona ancora. Farò il quarto Quark tra qualche mese!" spiega sorridendo quando lo incontriamo alla Società Geografica Italiana per parlare di demografia e del libro di Antonio Golini e Marco Valerio Lo Prete, Italiani poca gente (Luiss University Press) di cui Angela ha scritto la prefazione. Piero Angela, oggi presenta un libro sulla denatalità in Italia. Siamo sempre meno.

Come mai?
In generale, e nella nostra politica in particolare, non c'è una visione di lungo termine.
La crisi demografica è la conseguenza di programmi tarati solo sul consenso immediato. Cambiare politica è facile e veloce, cambiare la demografia no. C'è una bellissima metafora usata da Antonio Golini: in un orologio, le lancette dei secondi rappresentano la politica, quelle dei minuti l'economia, quelle delle ore la demografia. Ma sono quest'ultime a dirti che ora è. Sembrano ferme, ma segnano il tempo.

Perché siamo passati dalla media di 2,7 figli per donna del 1964 a poco più di uno?
Quando è nato mio padre, nel 1874 (era un contemporaneo di Garibaldi!) la società italiana era contadina, al 70% analfabeta, con una vita breve e grama. Poi, dall' analfabetismo di massa si è passati all' università di massa, il reddito è aumentato, la vita delle persone si è trasformata. Certo, non è stato merito della politica, che non è mai servita a nulla: la democrazia è frutto di innovazione, energia, educazione, valori, comunicazione. Se lei fosse nata all' epoca di mio padre, si sarebbe sposata a 16 anni. Invece quanti anni ha e quanti figli ha?

Trenta e niente figli.
Ecco. Sui registri matrimoniali dell'800, l' 80% delle spose firmava con la croce.
Cosa poteva fare una donna che firmava con la croce se non sposarsi e fare dei figli? A quei tempi, lei avrebbe già avuto cinque figli e starebbe badando alla casa in campagna. E io sarei con le scarpe piene di fango a governare le mucche.






E oggi?
A 25 anni neanche ci si pensa, giustamente. La società moderna è frutto di un processo di liberazione dell' uomo, ancor di più della donna. Le studentesse sono più degli studenti, si laureano prima e con voti migliori. La superiorità del maschio è stata smentita dall'accesso delle donne all' istruzione. Qualunque ragazza che si laurei non vuole subito dedicarsi ai pannolini, sa che con la routine familiare alcune attività le sarebbero precluse. Quindi ritarda l' arrivo di un figlio. Ma più lo si ritarda più diventa difficile farlo e quando arriva, ci si ferma a uno.

Come mai non se ne parla abbastanza?
PIERO ANGELAPIERO ANGELA
A nessuno importa del futuro. Nel Rapporto sui limiti dello sviluppo realizzato ormai 50 anni fa c'era una tabella che è ancora valida: tanti quadratini delineavano lo spazio e il tempo e in ognuno bisognava segnare con un punto l' interesse relativo al soggetto indicato. La prima casella era "Io e la mia famiglia oggi" ed era tutta piena di puntini. Man mano che si andava avanti, "il mio paese", la "cultura", "l' umanità", i puntini si diradavano. E ancora "domani", "fra un anno", "fra dieci", sempre meno. La casella "Il futuro dell' umanità" aveva un solo puntino. Ecco. Un figlio è visto sempre più come bene individuale della coppia e della donna, non della società. Ma il venir meno della sua valenza di bene collettivo si riverbera nell' assenza di interventi per sostenere lo sviluppo demografico.

Quanto conta la ricchezza?
PIERO ANGELAPIERO ANGELA
Si pensa sempre che siano i paesi poveri a fare più figli ed è vero. I figli sono considerati un investimento: in Africa sono una risorsa. Non serve una stanza in più, portarli a nuoto o a danza. A cinque anni già conducono le pecore al pascolo. Eppure anche in alcuni Paesi ricchi dell' Ue si fanno più figli, questo perché ci sono servizi e attenzione al tema. L'Italia è l' unico Paese che dà più ai pensionati che alle madri. Il sistema è rovesciato. Così, se non hai dove mettere il figlio mentre lavori, è un problema. O se lo hai, costa molto.

Se invece hai l' asilo nido, la possibilità di lavorare, due stipendi e aiuti forti, dalla detassazione ai contributi - non un bonus da 80 euro - allora è chiaro che fai più figli. Ci sono sondaggi, per quel che valgono, che dicono che le donne vogliono avere figli. E se si chiede loro quanti, rispondono "due". In Francia, ad esempio, tutti possono disporre di scuole materne, asili nido, sia nel quartiere che nelle aziende. E la media è di due figli per donna.

Perché non si investe su questo, allora?
CALO DELLA NATALITA jpegCALO DELLA NATALITA'
I pensionati votano, i neonati no. Investire sulle persone anziane dà un risultato visibile immediato mentre investire sulla natalità significa vedere i risultati a 20 anni di distanza. Nella vita sociale ci sono tre segmenti: lo studio, il lavoro e la pensione. Un tempo lo studio era poco, il tempo di lavoro lungo, la pensione breve perché si moriva subito. Era un sistema sostenibile. Oggi tutto è rovesciato, pochi figli dovranno mantenere molti anziani - oltretutto sempre più costosi - e pagare le loro pensioni. Una volta c' erano due figli per un genitore superstite, oggi due genitori superstiti per un figlio. Queste cose si pagano.
La demografia ci presenta un quadro inquietante.

Quale?
NATALITA NEL MONDONATALITA' NEL MONDO
Che società può essere una di soli vecchi? Oggi i centenari sono circa 117mila, nel 2050 si stima saranno 150mila. Anche a me piacerebbe arrivare a 200 anni, ma solo se in motocicletta e con una bionda sul sellino posteriore, non inebetito su una sedia a rotelle.

I migranti possono colmare il gap di natalità?
Andiamo verso una società tecnologica in cui occorrono specializzazioni e innovazione ma con gli ascensori sociali già bloccati: riusciremo a non lasciarli indietro e a integrare soprattutto le seconde generazioni? Se sì, bene, altrimenti rischiamo di diventare un paese di braccianti e tornare a una società dell' 800. Fonte: qui

È ARRIVATA LA MAZZATA: GOOGLE TOGLIE ANDROID A HUAWEI.

POTRÀ USARE UNA LICENZA OPEN SOURCE DEL SISTEMA OPERATIVO, MA SENZA I SERVIZI PROPRIETARI DI BIG G, CHE FECE PRODURRE PROPRIO A HUAWEI IL SUO NEXUS 6P 
LA CHIAMATA ALLE ARMI DI TRUMP INIZIA A PRODURRE EFFETTI: CHI SI COMPRERÀ UN TELEFONINO SENZA MAPS, GMAIL E PLAY STORE?


GOOGLE TOGLIE ANDROID A HUAWEI, ECCO COSA SUCCEDERÀ ADESSO
Bruno Ruffilli per www.lastampa.it
ANDROID CINAANDROID CINA

Immaginate uno smartphone Android senza Gmail, Chrome, le app di Google Docs e YouTube. Senza Maps e senza aggiornamenti con nuove funzioni. Questo potrebbe succedere agli smartphone Huawei dopo che Google ha sospeso ogni cooperazione con il colosso cinese, ottemperando a una richiesta dell’amministrazione Trump. Huawei Technologies e oltre 70 affiliate sono state aggiunte la scorsa settimana alla lista nera delle aziende che possono “mettere a rischio la sicurezza nazionale”, e non possono acquistare parti e componenti da compagnie statunitensi senza l’approvazione del Dipartimento del Commercio statunitense.

Un gioco di forze
proteste contro google 7PROTESTE CONTRO GOOGLE 
È l’ennesima prova di forza dell’amministrazione americana, dopo ripetute minacce e accuse. Trump sostiene che i cinesi possano intercettare le comunicazioni che passano attraverso i loro apparecchi, e punta soprattutto a impedire che Huawei possa avere accesso al mercato americano delle infrastrutture delle reti cellulari di prossima generazione, il 5G che è prossimo al debutto commerciale. Dietro la questione della sicurezza nazionale, però, potrebbe celarsi una realtà ben diversa: Huawei è infatti il primo produttore al mondo di apparecchiature per il 5G, e tra i concorrenti non c’è nessuna azienda americana. A parte la cinese Zte, infatti, gli altri due colossi sono europei: Ericsson e Nokia.

donald trump hamburger 1DONALD TRUMP HAMBURGER 1
Ma Huawei e Zte sono in una posizione speciale, perché coprono tutta la filiera della comunicazioni cellulari, dalle apparecchiature al software, dai servizi alle infrastrutture, fino agli dispositivi per gli utenti finali (smartphone, modem, ecc). E infatti il bando riguarda anche gli smartphone, che da anni non sono in commercio negli Stati Uniti.

Anche così, tuttavia, Huawei, è diventata in pochi anni il secondo produttore di smartphone al mondo (ha venduto 59,1 milioni di smartphone nell’ultimo trimestre, il 19% del totale), sorpassando Apple e tallonando da vicino Samsung. L’azienda di Shenzhen non nasconde di mirare al primo posto , e ora la mossa di Trump potrebbe rallentarne l’ascesa, se non comprometterla definitivamente, perché anche i produttori di chip come Intel, Qualcomm, Xilinx e Broadcom non potranno fornire software e componenti critici a Huawei.
googleGOOGLE

Soluzioni proprietarie
Gli smartphone Huawei sono già alimentati da processori realizzati in proprio; i top di gamma come il P30 Pro adottano i chip Kirin, che hanno mostrato di poter tenere testa a Qualcomm, adoperati dalla maggior parte dei concorrenti. Per modem e altre parti, a Shenzhen hanno da tempo sviluppato soluzioni proprietarie, quindi l’impatto del bando a livello hardware potrebbe essere relativamente limitato. Più difficile dire quanto influirà il divieto di accedere a software e brevetti concessi finora da aziende americane, anche perché Huawei spende miliardi di dollari ogni anno in ricerca, ed è fra le aziende al mondo col maggior numero di brevetti registrati ogni anno. Sta anche lavorando a un sistema operativo alternativo ad Android: era il “piano B” anticipato dal Ceo Richard Yu solo un paio di mesi fa ; allora sembrava una possibilità remota, oggi potrebbe diventare realtà.
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Cosa succede ora
Gli smartphone oggi prodotti dall’azienda cinese continueranno a funzionare, come tutte le app installate, che potranno anche essere aggiornate finché saranno compatibili con la versione attuale di Android. Difficile, invece dire, quali servizi di Google saranno ancora accessibili. «Stiamo rispettando l’ordine e analizzando le conseguenze», ha spiegato Google in una dichiarazione all’agenzia AFP. «Per gli utenti dei nostri servizi, Google Play e le protezioni di sicurezza di Google Play Protect continueranno a funzionare sui dispositivi Huawei esistenti». A confermarlo c’è anche un tweet dell’account ufficiale di Android:

Il futuro
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Ma Maps? YouTube? Il pacchetto di applicazioni Google Docs? Qui la risposta è meno chiara, perché si tratta di servizi che Mountain View fornisce a tutte le piattaforme, e che a rigore non fanno parte del sistema operativo; molti sono accessibili dal browser, anche via smartphone, e tuttavia potrebbe essere più difficile utilizzarli come si fa oggi.

google cina vignetta 2GOOGLE CINA VIGNETTA


Tuttavia, Huawei può ancora utilizzare la versione del sistema operativo Android disponibile attraverso licenza open source (AOSP). Lo fanno altri produttori minori cinesi, che così possono vendere apparecchi a prezzi più bassi, perché non devono pagare a Google le licenze per il software. Lo fa anche Amazon, che lo adotta - in una versione molto personalizzata - per di tablet della serie Fire. Così, se il sistema proprietario di Huawei non dovesse ancora essere pronto, a Shenzhen potrebbero utilizzare Android open source e adattare l’interfaccia attuale, che è già diversa da quella standard di Google. Più difficile garantire l’accesso ad app e servizi, ma è il caso di ricordare che gli smartphone Android in vendita oggi in Cina già fanno a meno di quasi tutti servizi di Mountain View: non possono accedere alle Mappe, non hanno Google Assistant né le Maps, e al posto del Play Store esistono diversi altri negozi dove scaricare e installare app. L’impatto sarà quindi minimo sul mercato interno, dove le alternative sono offerte da concorrenti come Tencent e Baidu. Per il mercato globale, però, i servizi di Google sono ormai uno standard, considerato che Android è il sistema operativo adottato dall’85 per cento degli smartphone, e sarà difficile per Huawei convincere il resto del mondo ad adottare le sue piattaforme.
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Chi ci guadagna, chi ci perde
Se il bando dovesse essere confermato e diventare permanente, Huawei ne avrebbe. almeno all’inizio, un serio danno economico, perché i suoi smartphone sarebbero comunque inferiori ai concorrenti Android; più limitati e macchinosi nell’uso delle app di Google, più esposti a problemi di sicurezza, virus e malware. Un’amara ironia, visto che quattro anni fa, per mostrare le caratteristiche più avanzate di Android 6, Google aveva scelto proprio Huawei e collaborato con l’azienda cinese per lo smartphone Nexus 6P . Il danno però è anche per Google, che non incasserà le licenze di Android e perderà milioni di utenti in tutto il mondo (oltre che i loro preziosissimi dati). Questo sarebbe il momento giusto, per Google, se volesse spingere sui propri prodotti: la serie Nexus non esiste più, ma è appena uscito l’ottimo Pixel 3a, primo esempio di hardware di Mountain View destinato alla fascia media.
google cina vignettaGOOGLE CINA VIGNETTA

Dall’altro lato, senza le licenze da pagare a Mountain View, forse gli smartphone Huawei diventeranno ancora più economici (specie il marchio low cost Honor). Difficilmente questo basterà a contrastare la spinta sui mercati occidentali di altri produttori cinesi, come OnePlus , Oppo , Xiaomi, che continueranno ad adottare l’ultima versione di Android con tutti gli aggiornamenti e i servizi. Il bando potrebbe essere un vantaggio anche per Apple: ma non è detto che nella guerra delle ritorsioni e dei ricatti alla fine non sia coinvolta anche la Mela.

La posizione di Huawei
qualcommQUALCOMM
In una nota, l’azienda cinese precisa la sua posizione: “Huawei ha dato un contributo sostanziale allo sviluppo e alla crescita di Android in tutto il mondo. Come uno dei principali partner globali di Android, abbiamo lavorato a stretto contatto con la loro piattaforma open-source per sviluppare un ecosistema che ha portato benefici sia agli utenti che all’industria. Huawei continuerà a fornire aggiornamenti di sicurezza e servizi post-vendita a tutti i prodotti Huawei e Honor esistenti per smartphone e tablet inclusi quelli venduti o ancora disponibili in tutto il mondo. Continueremo a costruire un ecosistema software sicuro e sostenibile, al fine di fornire la migliore esperienza per tutti gli utenti a livello globale”.

GOOGLE, INTEL, QUALCOMM E BROADCOM VANNO ALLA GUERRA CONTRO HUAWEI SU INPUT DI TRUMP
Michele Arnese per www.startmag.it

Google rompe con Huawei e sospende tutte le attività portate avanti con il colosso cinese, ad eccezione di transazioni hardware e software coperte da licenze open source. Un effetto, questo, dell’inserimento di Huawei nella black list dell’amministrazione Trump. A svelarlo è stata l’agenzia Reuters. “Ci stiamo adeguando all’ordine e stiamo rivedendo le implicazioni”, ha riferito Google.
settori di broadcom e qualcommSETTORI DI BROADCOM E QUALCOMM

CHE COSA HA DECISO GOOGLE CONTRO HUAWEI
Google ha tagliato fuori Huawei da alcuni aggiornamenti del sistema operativo Android. I nuovi smartphone Huawei perderanno anche l’accesso ai servizi più diffusi, tra cui Google Play Store e le app Gmail e YouTube. Tuttavia, Huawei può ancora utilizzare la versione del sistema operativo Android disponibile attraverso una licenza open source.

LE RASSICURAZIONI DI GOOGLE
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“Ci stiamo conformando all’ordine e stiamo valutando le ripercussioni. Per gli utenti dei nostri servizi, Google Play e le protezioni di sicurezza di Google Play Protect continueranno a funzionare sui dispositivi Huawei esistenti”, ha affermato un portavoce di Google. Le parole della compagnia californiana mirano a rassicurare i possessori di smartphone e tablet Huawei, garantendo l’accesso al negozio di app e alla protezione da minacce informatiche.

L’INPUT DI TRUMP CONTRO HUAWEI
La scorsa settimana, l’amministrazione Trump ha aggiunto Huawei alla sua “entity list’ bloccando la vendita o il trasferimento della tecnologia americana senza licenza. Gli smartphone Huawei sono già alimentati da processori di proprietà. All’inizio di quest’anno, il capo dei dispositivi di consumo Huawei ha dichiarato al quotidiano tedesco Die Welt di aver “preparato i nostri sistemi operativi – questo è il nostro piano B”.
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TUTTE LE NOVITÀ DA INTEL, QUALCOMM E BROADCOM
Non solo Google, comunque. Anche le aziende Usa produttrici di chip e microchip – da Intel a Qualcomm, da Xilinx a Broadcom – si sono adeguate alla linea dettata dall’amministrazione Trump e hanno tagliato i ponti con Huawei, congelando le forniture destinate al colosso tecnologico cinese, ha scritto l’agenzia Bloomberg. Quindi le indiscrezioni di due giorni fa sulla possibilità che Trump smorzasse la furia anti Huawei che rischiava di intaccare gli affari dei produttori americani di microchip sono state superate dai fatti.

Bloomberg spiega come le varie società hanno già informato i propri dipendenti. Si tratta di sviluppi che rischiano di portare alle stelle le tensioni tra Washington e Pechino, già impegnate in un braccio di ferro sui dazi.

Fonte: qui

SULLA TRAGEDIA DI QUEI DUE RAGAZZI CHE SONO ANDATI A SFRACASSARSI IN AUTO MENTRE ERANO CONNESSI SU FACEBOOK A FARE SMANIARE DI INVIDIA DEGLI EVENTUALI IDIOTI LORO AMICI, DUE E MOLTO DIVERSI SONO I NOSTRI POSSIBILI CRITERI DI VALUTAZIONE.


Giampiero Mughini per Dagospia


Caro Dago, quanto alla tragedia di quei due nostri connazionali che sono andati a sfracassarsi in auto mentre erano connessi su Facebook a fare smaniare di invidia degli eventuali idioti loro amici, due e molto diversi sono i nostri possibili criteri di valutazione.

LUIGI VISCONTI FAUSTO DAL MOROLUIGI VISCONTI FAUSTO DAL MORO
L’uno, ovvio, la commiserazione per due giovani vite interrotte e perdute, per il lutto dei loro familiari, per il dolore di fidanzate e amici. Mentirei a me stesso però se vi dicessi che questo è il primo criterio di valutazione che mi viene in mente. Purtroppo me ne viene in mente un altro, di sgomento per la infinita stupidità e miseria di una parte non esigua delle ultime generazioni.

Una stupidità che nel nostro presente sembra crescere e diffondersi a dismisura, alimentata com’è dai potentissimi motori dei social network. E’ una stupidità, di cui ha scritto bene Emanuele Trevi sul “Corriere” di oggi, che sfocia in episodi dove non sai bene qual è la linea divisoria tra il suicidio e l’omicidio.

I due sciagurati che si riprendono al telefonino a vantare la loro velocità in un pezzo di autostrada dove ce n’è a bizzeffe di sciagurati come loro, e difatti erano sopravvissuti alla micidiale carambola di un’auto che stava viaggiando a 200 chilometri e oltre all’ora, salvo che stavano arrivando – di notte e frammezzo alla pioggia – altre auto che li hanno maciullati.

giampiero mughiniGIAMPIERO MUGHINI
Il tutto di questa inutile tragedia era attizzato da una sorta di narcisismo ebete commisurato alle attese e ai valori dei loro “followers”, ossia che è bellissimo correre da pazzi su un’auto di notte e tanto più che lì all’arrivo ti aspetta la “roba” e tutti i suoi annessi e connessi. Ragazze disponibili, immagino. Eccetera eccetera. Ossia la cattedrale dei piaceri ambiti da quella particolare etnia culturale.
SI SCHIANTANO IN AUTOSTRADASI SCHIANTANO IN AUTOSTRADA

Chi di noi non è stato un imbecille nei suoi vent’anni? Cambia poco che le due vittime avessero rispettivamente 36 e 39 anni, un’età di cui diresti che anche loro erano dei giovani, ossia che erano ancora nella stagione della vita in cui si vuole tutto e subito e a poco prezzo e ancor di più che ci sia qualcuno che ti stia ammirando mentre quel “tutto” lo stai acciuffando.

Nessuno ha da dare lezioni su come stare al mondo, meno che mai io che di lezioni so darne solo a me stesso. Eppure lo sgomento resta immenso. Innanzi all’entità di una tale e quanto diffusa incapacità a trovare un criterio, un limite, ai gesti del vivere. Ai gesti di cui è fatta la tua vita, l’unico tesoro di cui disponi veramente.
SI SCHIANTANO IN AUTOSTRADASI SCHIANTANO IN AUTOSTRADA

Uno sgomento che rafforza la mia assoluta diffidenza ad accettare parole come “gente”, “popolo”. Oggi in Italia non c’è un “popolo”, ci sono comparti differentissimi per generazione, etnia culturale, costume di vita, voracità dell’avere piuttosto che dell’essere.

Comparti fatti da individui più o meno allo sbraco, più o meno privi di qualsiasi bussola, pronti a qualsiasi puttanata dell’esistenza, pronti a qualsiasi aggressione, magari contro se stessi. Le prediche sul bene, sui doversi sociali, sulla solidarietà sono tutte parole campate sul nulla, perché non esiste più una comune sintassi intellettuale e morale cui fare riferimento.

a 220 in autostradaA 220 IN AUTOSTRADA



Ciascuno tenta a modo suo i 200 chilometri all’ora, e cerca disperatamente il consenso di chi gli sta attorno sotto forma di un account su cui cliccare.

Noi che negli anni Sessanta avevamo talmente amato il “moderno”, il sopravvento di modi liberi e veloci del vivere, dobbiamo fare una verticale autocritica. Non avevamo capito che quel “moderno” se sprovvisto di una ferrea etica della responsabilità individuale – per quanto mi riguarda lo chiamo il “guardarsi allo specchio e giudicarsi e trovarsi decente” – sarebbe sfociato in una tragedia collettiva, dove la morte e l’autodistruzione sono a ogni angolo di strada.

IL PROCURATORE D’AGRIGENTO FA SBARCARE I MIGRANTI DELLA SEA WATCH, SALVINI LO SCOPRE IN DIRETTA DA GILETTI E CARICA A TESTA BASSA: “SONO PRONTO A DENUNCIARE PER FAVOREGGIAMENTO DELL' IMMIGRAZIONE CLANDESTINA GLI ORGANI DELLO STATO CHE DOVESSERO AGEVOLARE LO SBARCO”

Fabrizio Caccia per il “Corriere della sera”

salvini migranti sea watchSALVINI MIGRANTI SEA WATCH
Ora sarà scontro duro con l' Onu ma anche con il Procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, che ha disposto ieri sera di far sbarcare i 47 migranti a bordo della nave ong Sea Watch3 alla fonda a Lampedusa. Matteo Salvini ha deciso: «Finché il ministro sono io, nego l' autorizzazione. E sono pronto a denunciare per favoreggiamento dell' immigrazione clandestina gli organi dello Stato che dovessero agevolare lo sbarco - annuncia il ministro in collegamento con Massimo Giletti a Non è l' Arena su La7, mentre però sull' isola sono già in corso le operazioni -.

Se questo procuratore, che è lo stesso che mi indagò per sequestro di persona (per il caso Diciotti, ndr ) intende fare il ministro si candidi alle elezioni. Da una nave fuorilegge non può scendere nessun migrante». Ma poi si vedono in diretta le immagini dei migranti che sono già saliti sulla motovedetta della Guardia Costiera diretti al porto e allora Giletti lo incalza, ricordandogli che la Guardia Costiera dipende dal ministro M5S Danilo Toninelli: «Se qualche ministro ha dato l' ok allo sbarco ne risponderà davanti agli italiani», dice Salvini. E arriva la replica di Toninelli: «Porti chiusi a Sea Watch come a tutte le navi che non rispettano le convenzioni. Salvini s' informi prima di parlare, l' epilogo della vicenda è legato alla decisione della magistratura».
salvini migranti sea watchSALVINI MIGRANTI SEA WATCH

Dura anche la risposta di Di Maio: «Non accetto che Salvini accusi il M5S, si legga le leggi dello Stato». Il procuratore Patronaggio, nonostante Salvini, ha dunque disposto il sequestro probatorio della Sea Watch 3 per violazione dell' articolo 12 del testo unico sull' immigrazione (che contrasta gli ingressi illegali, ndr ) e il conseguente sbarco dei migranti.

Sarà la Questura di Agrigento ad indagare sull' eventuale presenza di scafisti e sulla condotta dell' ong tedesca. La nave con l' equipaggio andrà a Licata per gli accertamenti.

Luigi Di Maio, il vicepremier M5S, ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa , cerca di smorzare i toni: «La Chiesa Valdese ha lanciato la disponibilità ad accogliere, lavoriamo nel senso della redistribuzione» e «non scontriamoci con la magistratura, queste tensioni non fanno bene al Paese». Ma Salvini ormai ha deciso di aprire anche l' altro fronte: quello con l' Onu. Due giorni fa l' Alto Commissariato per i Diritti Umani ha chiesto al governo italiano di ritirare il decreto sicurezza bis perché «viola i diritti umani». Il ministro non ci sta: «Un organismo che costa miliardi di euro ai contribuenti, che ha come membri la Corea del Nord e la Turchia, viene a fare la morale sui diritti umani all' Italia. È da Scherzi a parte ...». Così torna alla carica: «Non vedo l' ora di approvare (oggi al Cdm, ndr ) un decreto che combatte camorristi, scafisti e teppisti...».

matteo salvini sovranisti a milanoMATTEO SALVINI SOVRANISTI A MILANO
Intanto, il ministro degli Esteri, Enzo Moavero, ha incaricato il rappresentante italiano all' Onu, l' ambasciatore Gian Lorenzo Cornado, di «contattare i firmatari» della lettera inviata all' Italia «per chiedere elementi più precisi». «Comunicazioni» come quella ricevuta - chiosa la Farnesina - «sono lettere» il cui contenuto «si basa su informazioni ricevute da fonti varie che, talvolta, sono risultate imprecise o inaffidabili». Touché.

LA RABBIA DEL MINISTRO CHE VOLEVA RESISTERE FINO AL VOTO EUROPEO: LASCIATO SOLO DAGLI ALLEATI
Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”

CONTE E DI MAIOCONTE E DI MAIO
La strategia elettorale era già stata stabilita: tenere i migranti a bordo della Sea Watch il più a lungo possibile in vista dell' appuntamento con le urne. E invece già ieri mattina, quando si è capito che la procura di Agrigento era pronta a intervenire proprio per impedire un nuovo «sequestro» degli stranieri, è stata pianificata una linea alternativa.
E il ministro Matteo Salvini ha deciso di andare all' attacco, aprendo uno scontro istituzionale proprio con la magistratura che rischia di coinvolgere altri poteri dello Stato.

Sfidando anche gli alleati di governo del M5S con cui ormai i rapporti sono di massima tensione. Epilogo di una giornata che lo ha visto solo contro tutti, ma soprattutto contro i cattolici, dopo l' utilizzo dei simboli sacri proprio a fini di propaganda. «C' è un silenzio assordante di Conte e Di Maio a differenza di altre volte in cui si erano prodigati per trovare una soluzione», sbotta Salvini.

matteo salvini sovranisti a milanoMATTEO SALVINI SOVRANISTI A MILANO
E tanto basta a comprendere che quanto sta accadendo sarà sfruttato proprio in vista del voto di domenica prossima.

La scelta di tenere la linea dura nella convinzione che questo possa pagare in termini di voti, viene presa sabato sera quando la Sea Watch forza il blocco navale e fa rotta verso la Sicilia. «Non entreranno, non sbarcheranno», ripete il ministro dell' Interno convinto che anche questa volta tutti eseguiranno le sue disposizioni, nessuno cercherà strade alternative e alla fine pure Palazzo Chigi cercherà una mediazione.

E invece dalla prefettura di Agrigento arrivano notizie poco rassicuranti per lui, il procuratore Luigi Patronaggio questa volta sembra determinato a impedire la permanenza della nave in porto con i migranti a bordo in attesa che qualche Paese della Ue o qualche associazione religiosa accetti di ospitare gli stranieri.
salviniSALVINI

Per tutto il giorno al Viminale cercano una soluzione alternativa. Salvini sa bene che la delega alla Guardia di Finanza di salire a bordo per valutare il sequestro della nave in realtà serve solo a determinare lo sbarco dei migranti. In serata, quando si capisce che non ci saranno mediazioni decide di giocare d' anticipo e dirama una nota per far vedere che è ancor lui a condurre il gioco.

Parla di «nave fuorilegge». Invoca «provvedimenti nei confronti del comandante della nave, dal quale è lecito attendersi indicazioni precise sui presunti scafisti presenti a bordo». Tenta di rilanciare affermando che «la difesa dei confini nazionali e l' ingresso in Italia di un gruppo di sconosciuti dev' essere una decisione dalla politica (espressione della volontà popolare)».

E per questo torna a sfidare gli alleati chiedendo già questa mattina «di approvare il Decreto Sicurezza Bis già nel Consiglio dei ministri, per rafforzare gli strumenti del governo per combattere i trafficanti di uomini e chi fa affari con loro». Ma sapendo bene che in vista delle elezioni di domenica la sua strategia elettorale contro i migranti è ormai un' arma spuntata.

Fonte: qui

“COME SI PUO’ DERUBARE COSI’ UN UOMO CHE STA MORENDO?”

UN CICLISTA 54ENNE VIENE INVESTITO DA UN TIR SULLA TIBURTINA: UNO SCIACALLO RUBA IL PORTAFOGLI E PRELEVA 500 EURO AL BANCOMAT, ESPLODE LA RABBIA DEL MIGLIORE AMICO DEL CICLISTA CHE LASCIA LA MOGLIE E DUE FIGLI...

Mentre il corpo del ciclista Fulvio Di Simone si trovava ancora incastrato sotto al tir che lo ha investito mentre era in sella alla sua bici su via Tiburtina, a Roma, qualcuno ha rubato il suo portafogli e ha prelevato 500 euro al bancomat.
fulvio di simoneFULVIO DI SIMONE

Il borsello che Fulvio portava con sè e nel quale custodiva il portafogli e le chiavi di casa è stato sbalzato sul marciapiede nell'impatto e, stando all'orario del primo dei due prelievi da 250 euro effettuati al bancomat di via dei Monti Tiburtini, lo sciacallo se ne è impossessato subito.

Dopo l'impatto, mentre l'autista del tir si è fermato sotto choc e prima che arrivassero i soccorsi, il passante senza cuore si è impossessato del borsello. I soldi sono stati prelevati dieci minuti dopo la morte del ciclista, avvenuta alle 13.50. Probabilmente il ladro deve aver trovato il pin del bancomat tra i bigliettini che Fulvio conservava nel portafogli. «Come si può derubare così un uomo che sta morendo?», si chiede Giuseppe, il suo migliore amico, secondo quanto riporta Il Messaggero.

fulvio di simoneFULVIO DI SIMONE
Non solo il furto di denaro senza pietà per un uomo che sta esalando il suo ultimo respiro, ma anche l'impossibilità di dare un nome al ciclista perché i documenti si trovavano nel borsello rubato. Solo al mattino successivo si è riusciti a identificare Fulvio, un infermiere di 54 anni che lascia due figli ancora adolescenti e la moglie.

Fonte: qui