9 dicembre forconi: 06/07/18

giovedì 7 giugno 2018

GLI AGGHIACCIANTI VERBALI DI ANGELO IZZO SUGLI ALTRI RITI E OMICIDI, CHE EMERGONO SOLO ORA

''NOI PARIOLINI UCCIDEVAMO E STUPRAVAMO PERCHÉ ERAVAMO GUERRIERI''

NON SOLO IL CIRCEO: ''ERAVAMO A CORTINA. STEFANO E FRANCESCO ERANO ADDENTRO A QUESTE STORIE MASSONICHE, ALLA RICERCA DI UNA VERGINE PER UN RITO DI INIZIAZIONE''

''GIANNI ERA UN BELLISSIMO RAGAZZO, IL PADRE ERA IL NUMERO DUE DELLA BNL, LA MADRE UN'ARMATRICE. CONOSCEVA ROSSELLA, 17ENNE CICCIOTTELLA E TONTOLONA. DOPO 25 GIORNI DI PRIGIONIA, ABBIAMO BEVUTO IL NOSTRO SANGUE E L'ABBIAMO POSSEDUTA A TURNO. E LEI...''

Olivia Bonetti per ''Il Gazzettino''
Rossella CorazzinROSSELLA CORAZZIN

«Andiamo a fare foto insieme?». È così che Rossella Corazzin, la 17enne sparita da Tai di Cadore il 21 agosto 1975, sarebbe stata attirata nella trappola da Gianni Guido. Lo racconta Angelo Izzo, il mostro del Circeo. L' orrore di quel sequestro e omicidio della giovane ragazza di San Vito al Tagliamento (Pn) è nelle 70 pagine dei verbali degli interrogatori all' ergastolano, che arrivò a Belluno, il 12 agosto 2015 e il 9 dicembre 2016. Ecco il suo racconto di quel presunto sequestro, stupro e omicidio, ricostruito attraverso gli stralci dei verbali dell' inchiesta.

I MOSTRI
corazzinCORAZZIN
«Eravamo guerrieri, quindi stupravamo, rapinavamo, rubavamo. Questo come la nostra mentalità, aveva anche lo scopo di legarci tra noi, personaggi dell' ambiente pariolino», dice Izzo. E Rossella? «Facemmo la stessa cosa del Circeo. Il Circeo se lo rilegge alla luce di quanto le ho detto si accorgerà che è esattamente la stessa storia».

L' INCONTRO
«Incontrai questo Francesco Narducci e Stefano D.L., che erano più addentro a queste storie massoniche e mi dissero: Se riusciamo prendiamo una vergine, sarebbe l' ideale per la cerimonia e facciamo un' iniziazione di massa». «Gianni Guido - prosegue Izzo - era in vacanza a Cortina, già aveva fatto due o tre mesi lì. Mi dicono che ha conosciuto una ragazza vergine. Era perfetta in quanto vergine, tontolona, insomma, molto semplice da... Era di Pordenone, aveva 17-18 anni».

izzoIZZO

«E come la rapiscono? Le ha detto se c' era stato qualche approccio precedente con questa ragazza», chiede il procuratore. «Questa ragazza con Gianni si era vista qualche volta. Credo che non sia successo...ecco se intendiamo un approccio di sesso, credo di no. Però che si erano conosciuti, che Gianni l' aveva un po' corteggiata, insomma, a modo suo. Gianni era un bellissimo ragazzo, tra l' altro...Aveva la casa a Cortina. Diciamo che è una famiglia...il padre era il numero due della Banca nazionale del lavoro e la mamma un' armatrice. Era gente ricca insomma».

massacro del circeo angelo izzoMASSACRO DEL CIRCEO ANGELO IZZO
Gianni Guido dà un appuntamento a Rossella, quel pomeriggio a Tai, con la scusa di fare delle fotografie, così dice Izzo, che prosegue: «Lei è salita tranquilla in macchina, senza insospettirsi».

IL RAPIMENTO
«Mi hanno raccontato che sono riusciti a farla salire senza problemi. Erano armati comunque. Il rapimento l' hanno fatto penso sul Land Rover ci doveva essere alla guida Marco A., poi ci doveva essere Gianni Guido.

arresto di angelo izzoARRESTO DI ANGELO IZZO




Non so se in quella macchina, perché c' era un' altra macchina, quindi non so come erano disposti. E questa (riferendosi a Rossella ndr) a un certo punto si è agitata, evidentemente ha capito qualche cosa, quando però era già in macchina e quindi erano preoccupati che qualche passante, o qualcuno potesse aver visto qualcosa, cioè, per cui se...la targa del Land Rover era pericoloso insomma. Questa era la questione. Così quando si è agitata l' hanno addormentata col tampone di etere. Comunque se la portarono via. Inizialmente a Perla Verde, dove Giampiero P. aveva un casale dietro Riccione. Era praticamente disabitato, infatti noi ci facemmo pure un omicidio là dentro».

LA DESCRIZIONE
Circeo Angelo IzzoCIRCEO ANGELO IZZO

«Andai a trovare questa ragazza che stava prigioniera là, la tenevano piena di sonniferi».
Izzo non avrebbe partecipato al sequestro, visto che era in ferie a Positano, e racconta che tutte le informazioni le apprende al telefono dal Andrea Ghira e Gianni Guido. Quando incontra Ghira al Circeo, gli amici gli avrebbero detto: «Abbiamo trovato una per la cerimonia, la vuoi vedere?».

Angelo Izzo trent anni fa al momento dell arresto per il massacro del CirceoANGELO IZZO TRENT ANNI FA AL MOMENTO DELL ARRESTO PER IL MASSACRO DEL CIRCEO
E Izzo: «Io dissi: ormai non posso farci niente, che deve stare vergine, ma mi portarono a Perla Verde. La tenevano imbottita di sonniferi, infatti io ci ho provato a parlarle, ma non... stava lì rimbambita, insomma. Era una ragazzetta così, non particolarmente attraente, poco truccata, un po' cicciottella con i capelli ondulati, non tanto alta. Era in camicia da notte». Per Rossella, secondo il racconto di Izzo saranno 25 giorni di prigionia fino alla «consegna ai perugini» e alla cerimonia che sarebbe avvenuta sul lago Trasimeno a metà settembre del 1975.

LA CERIMONIA

massacro del circeo giovanni guidoMASSACRO DEL CIRCEO GIOVANNI GUIDO



Un cerimoniale di sangue che lui definisce «cavalleresco» e non satanico «perché si giurava su Dio e sul Vangelo», e che racconta così. «Avviene all' interno di un salone di questa villa, su un grosso tavolo di legno. Serafino D.L. è il gran maestro e davanti a lui ha una specie di spada in mano. Ognuno va là e recita il giuramento dei Templari».

I partecipanti si fanno un piccolo tagli sui polsi. «Bastava che uscisse qualche goccia di sangue che è mischiata al vino, poi beviamo tutti dalla stessa coppa. Poi uno per volta possediamo la vergine. Non so che fine ha fatto, però sarà morta sicuramente. Il sangue perso dalla ragazza ha sicuramente macchiato il tavolo, un tavolo di legno massiccio ed antico di grandi dimensioni, lungo almeno 3-4 metri».

Fonte: qui

Fabbriche, porti e yuan: l’amichevole conquista cinese dell’Africa

Il secolo cinese trova nell’Africa il laboratorio ideale per sperimentare insieme la sua visione globale e le sue tentazioni egemoniche, replicando con ciò i comportamenti che il ricco Occidente esercita laggiù da secoli. L’Africa, con la sua immensità ricca di risorse e uomini, rimane terra di conquista pure se nella forma assai più presentabile del soft power del quale i cinesi ormai sono diventati esperti manovratori. E’ noto da anni lo sforzo economico e finanziario che la Cina ha dedicato all’Africa, e finalmente, dopo quasi un decennio di politiche di investimenti esteri, il quadro comincia a diventare chiaro. La Cina molto silenziosamente ma con grande efficacia, sta conducendo una campagna “amichevole” di conquista dell’Africa.
L’ultima notizia, che aggiunge un dettaglio importante alla nostra rappresentazione, è arrivata a fine maggio dalla capitale dello Zimbawe, dove i rappresentanti delle banche centrali e del governo di 14 paesi africani si sono riuniti per discutere della possibilità di utilizzare lo yuan nelle riserve ufficiali. Il forum, ospitato nel seno del MENFI (Macroeconomic and Financial Management Institute of Eastern and Southern Africa) aveva come tema l’evoluzione dei trend nella gestione della riserve sovrane ed era di particolare interesse nel momento in cui molte nazione africane, che detengono riserve per lo più denominate in dollari, si trovano a dover gestire al tempo stesso debiti crescenti denominati in yuan, cumulati grazie alla “generosità” degli investitori cinesi. Per questi paesi avrebbe perfettamente senso iniziare a usare valuta cinese nelle riserve per ripagare direttamente i prestiti di Pechino, anche considerando la circostanza che la valuta cinese denomina molti scambi commerciali fra Africa e Cina.
Se a ciò si aggiunge che lo yuan è stato inserito ormai da anni all’interno del basket degli diritti speciali di prelievo (SDR), ossia l’unità di conto gestita dal Fmi, l’idea dei banchieri centrali africani è perfettamente coerente nei confronti di un mondo che sta cambiando tanto profondamente quanto velocemente e che ormai parla sempre più la lingua dei mandarini. Per la cronaca, il MENFI è un istituto al quale partecipano 14 paesi africani, e in particolare Angola, Botswana, Burundi, Kenya, Lesotho, Malawi, Mozambico, Namibia, Rwanda, Swaziland, Tanzania, Uganda, Zambia e Zimbabwe. Tutti paesi che, chi più chi meno, hanno stretto legami profondissimi con la Cina grazie a una politica molto pervasiva di prestiti portati avanti dai cinesi.
Il caso dell’Angola è forse il più rappresentativo. Qualche tempo fa un giornale angolano titolò sul fatto che ogni abitante del paese avesse un debito di 745 dollari con la Cina. L’Angola ha una lunga consuetudine con i prestiti cinesi, che dura da oltre trent’anni. Si calcola che da allora nel paese siano arrivati ameno 60 miliardi di dollari. L’Angola peraltro è il secondo produttore di petrolio in Africa, un grande esportatore di greggio verso la Cina e potrebbe persino essere uno dei primi paesi a vendere il proprio prodotto direttamente in yuan, approfittando del lancio, il 26 marzo scorso, del primo future in valuta cinese. Ciò specie considerando che sempre l’Angola ha firmato, nell’agosto 2015, un accordo con la Cina per consentire l’uso reciproco delle due valute nei loro scambi commerciali.
Più di recente, a marzo scorso la Nigeria ha firmato un accordo per scambiare valuta con la Cina per un ammontare da 2,4 miliardi di dollari, replicando quanto aveva fatto nel 2016 il Sudafrica, che aveva lanciato una piattaforma di scambio iniziale tra yuan e rand, per facilitare gli scambi tra le due valute. In precedenza, il Ghana, la Nigeria, le Mauritius e lo Zimbabwe avevano accettato lo yuan per i pagamenti e le riserve, e la banca centrale nigeriana avrebbe già più del 10% delle sue riserve estere in valuta cinese.
Anche il Kenya annovera la Cina fra i suoi grandi creditori esteri. Alcune fonti stimano che che circa il 55% del suo debito estero estero sia nei confronti di Pechino. E in situazioni analoga si trovano anche altri grandi paesi africani come l’Uganda, il Mozambico e la Tanzania. Tutti questi paesi hanno trovato nella capienza finanziaria cinese una fonte straordinaria che certo non è rimasta senza contropartita. In alcuni casi in cambio dei prestiti sono state fatte concessioni, ad esempio concessioni minerarie in Congo per lo sfruttamento di rame e cobalto. Altre volte i cinesi hanno assunto la proprietà delle infrastrutture che hanno contributo a costruire, ossia porti e ferrovie. Altre volte i cinesi hanno ottenuto di poter delocalizzare in Africa le loro fabbriche replicando laggiù quello che l’Occidente ha fatto in Cina. Tutto ciò ha consentito a Pechino non solo di poter fare leva su un’economia debole ma ricca di risorse, ma anche di costruire avamposti commerciali lungo un continente altamente strategico per le rotte marittime che la Cina deve percorrere per portare le sue merci in Occidente.
Per avere un’idea dell’ordine di grandezza economico con il quale è stata portata avanti la politica cinese, perfettamente coerente con la logica del colonialismo 2.0 che caratterizza il nostro tempo, è molto istruttivo leggere una ricerca pubblicata dal  Russian International Affairs Council (RIAC) secondo la quale il totale delle risorse investite dai cinesi in Africa aveva raggiunto la cifra di 220 miliardi di dollari alla fine del 2014, fra investimenti diretti e di portafoglio.
Nel 2017, sempre secondo la nostra ricerca, la Cina era diventata il massimo prestatore ai paesi africani con un ammontare di prestiti che sfiorava i 100 miliardi, e di conseguenza un grande partner per mezzo continente, dal Marocco, al Chad fino al Camerun. Gli investimenti cinesi hanno trasformato l’Africa in una grande fabbrica cinese che secondo alcuni osservatori, nel 2017, ha prodotto per la “madrepatria” 11 mila camion, 300 mila condizionatori, 540 mila frigoriferi, 390 mila televisioni e 1,6 milioni di tonnellate di cemento. E questi risultati sono il frutto degli appena 3,2 miliardi di investimenti del China-Africa Development Fund. Al tempo stesso la Cina negli ultimi dieci anni ha contribuito alla costruzione di oltre 100 zone industriali in Africa, il 40% delle quali sono divenute operative, alla costruzione di 5.756 km di ferrovie, 4.335 km di autostrade, nove porti (fra i quali spicca quello di Gibuti), 14 aeroporti, 34 centrali elettriche e circa 1.000 piccole centrale idroelettriche. E questo ci consente anche di capire perché l’Africa sia entrata pienamente nella visione della Belt and road initiave cinese sin dall’inizio.
E’ sicuramente vero, come scrivono i media cinesi, che “la cooperazione fra Cina e Africa è fra due fratelli”. Vero almeno quanto il fatto che esiste Babbo Natale. 
Fonte: qui

Hedge Fund CIO: "The Long Season Of Central Bankers Has Ended"

Change is magnificent, he thought, along the stream. Walking. Spring had become summer, lush, in what seemed an instant, little by little, then all at once. The barren banks were now covered in green, dense bramble, concealing.
Across the world change is taking hold. For the entirety of his career, with few exceptions, the study of markets had been an examination of central bank policy. On the Chicago floor in 1989, Fed Funds had been 9.00%, nearly inconceivable now.
The first Gulf War in 1990 had been something, but politicians and politics were of no real consequence when compared to the power of paper. Greenspan lowered rates to 3% by 1993, the Savings and Loan Crisis, the recession. As the economy recovered, he lifted rates to 6.00%, bonds crashed.
And after saving Asia from its 1997 catastrophe, when their governments proved impotent, Alan rescued the US financial system from the stupid geniuses at LTCM.  But this amplified the dotcom bubble, crash.
He cut rates to 1.00%, solving a problem of his own creation. Which fueled the housing fiasco. Politicians came and went throughout, wars too, they barely mattered to markets.
Greenspan had attempted to tame the wild, and 2008 was Nature’s response. Professor Bernanke cut rates to 0%, printed, bought, and guided our every expectation. Yellen was no different really.
And the repression they sought in market volatility led to the financialization of the global economy, profound income and wealth inequality. 
Which brought forth something not seen for ages, a demand by the people for real change. For a world no longer led by bankers. For politicians to solve their problems, to sooth their fears, to address their grievances.
In the UK, America, across Europe too, Italy its latest blossom.
The long season of central bankers has ended. And politics is again ascendant, in its lush, wild tangle.

Submitted by Eric Peters, CIO of One River Asset Management, as excerpted from his latest Weekend Notes letter.
Anecdote
Fonte: qui

Crescita economica, i rischi della guerra commerciale iniziano a farsi sentire


TRUMP

Il contrasto tra gli Stati Uniti e la Cina potrebbe nuocere alla crescita economica globale.

La crescita del prodotto interno lordo (PILglobale potrebbe subire un effetto negativo dell'1% se le minacce tariffarie si trasformeranno in una guerra commerciale vera e propria, riportano le ultime previsioni del capo economista di S & P Global.
Insomma, gli effetti potrebbero non condurre a una recessione globale, ma “si potrebbe immaginare uno scenario in cui anziché una crescita globale, abbiamo una situazione in cui Stati Uniti, Europa e Cina rallentano tutte allo stesso tempo” – ha dichiarato Paul Gruenwald, chief economist presso la società di analisi S & P Global.
Ricordiamo che la crescita globale nel 2017 è stata del 3,7 percento ed è prevista al 3,8 percento quest'anno e al 3,9 percento nel 2019, stando ai dati dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Si tratta di una velocità molto vicina a quella di “crociera” del 4 percento, raggiunta prima della crisi finanziaria, e che ha richiesto circa un decennio per essere ripresa.
Sia l'OCSE che il Fondo monetario internazionale hanno diffuso alcune previsioni che esprimono fiducia nella crescita globale, pur evidenziando come una guerra commerciale sia un grave rischio al ribasso per le loro prospettive generalmente positive. E S & P non è certo l’unico istituto a lanciare l’allarme: secondo le simulazioni della Banca centrale europea, infatti, la crescita globale potrebbe contrarsi fino all'1% nel primo anno post-cambiamenti tariffari e il commercio mondiale di merci potrebbe contrarsi fino al 3 percento.

Stati Uniti – Cina: da loro dipende il destino della crescita globale

Le tensioni tra le due maggiori economie del mondo sono aumentate in modo non irrilevante quando il presidente Donald Trump ha minacciato dazi doganali fino a 150 miliardi di dollari sulle merci cinesi, citando l’esistenza di pratiche commerciali scorrette da parte di Pechino e un ampio deficit commerciale degli Stati Uniti.
La Cina ha a sua volta minacciato di rispondere sollevando dazi su 50 miliardi di dollari di beni provenienti dagli Stati Uniti, e al momento le due parti sono in trattative che – però - finora non hanno raggiunto conclusioni importanti.
In particolare, la Cina sta lavorando per capire come restringere il suo surplus commerciale con gli Stati Uniti - che ha raggiunto il record di 375,2 miliardi di dollari nel 2017 - aumentando gli acquisti di beni americani, in particolare nei settori dell'energia e dell'agricoltura. Ma ogni tentativo di progresso è stato messo in pericolo martedì scorso, quando la Casa Bianca ha rinnovato la minaccia di imporre il 25% di dazi su prodotti high-tech cinesi per 50 miliardi di dollari rispetto a quella che ha definito come una pratica cinese di “rubare o copiare la tecnologia delle compagnie straniere”.
La Cina ha avvertito durante il fine settimana che qualsiasi accordo raggiunto durante questi incontri non sarebbe andato avanti e sarebbero state prese misure di ritorsione se Washington avesse proseguito nel suo percorso tariffario.

I mercati? Per il momento nessuna paura

È tuttavia piuttosto interessante notare come al momento i mercati non abbiano reagito in modo drammatico alle notizie del weekend e a quelle dei giorni precedenti. Tanto da far pensare che, in fondo, Wall Street si è abituata al “particolare” stile di negoziazione di Trump.
Gruenwald ha sottolineato che l’impatto commerciale potrebbe essere in realtà piuttosto piccolo, ma ammonito sugli effetti derivati di medio termine. Insomma, mentre le prospettive di S & P sono ancora positive e sostenute da solidi fondamentali di mercato, le crepe sembrano apparire un po’ più visibilmente di prima. La crescente minaccia di una guerra commerciale, che vedrebbe gli altri Paesi al di fuori degli Stati Uniti e della Cina sollevare barriere al commercio globale, potrebbe gettare qualche nube in un contesto di faticosa ripresa.
Fonte: qui

Traders Add To Record Bond Shorts As Treasury Yield Curve Collapse Continues

On a week that saw Italian bond yields spike by the most on record sparking one of the biggest safe-haven bids for US Treasury bonds in years, the massively one-side shipwreck of Treasury short positions became even more one-sided-er as speculators ignored the collapsing yield curve, tumbling global economic data, and rising risk, adding to their already record long-date duration shorts...
After spiking above the critical 3.00% level the previous week, to its highest level since June 2011 - spurred by what in hindsight appears to be major rate-lock buying amid huge IG issuance; 10Y Treasury yields plunged almost 40bps in 6 days as Italian risk sparked a safe-haven bid in bods - the most dramatic rally since Brexit (June 2016).
This plunge in yields was even larger than the one that occurred in February during the XIV collapse (albeit over a slightly longer period of time)...24bps in 2 days

However, while June 2016's bid for bonds sparked a major short squeeze in aggregate Treasury futures positioning, the last two weeks of massive yield compression have seen speculators adding to their already record net short positions - seemingly immune to such things as margin calls...
Levered investors (e.g. hedge funds) were the big drivers of the short as asset managers added to their net Treasury longs...

Interestingly, as the yield curve collapsed during the same two-week period to new 11-year flats...
Speculators added to their longest-duration shorts dramatically (both 30Y and the Ultras) while 2Y specs moved to a net bullish position (the most bullishly positioned since June 2016 - Brexit).

But as specs piled into long-dated duration shorts, they also unwound rate-hike bets dramatically - cutting sizes by almost half a trillion notional dollars in the last 3 weeks...

And furthermore, as futures speculators added sheep-like to their record shorts, Treasury ETFs saw a dramatic surge in inflows as investors sought safe harbor...
“It’s definitely a flight to safety,” said Aaron Clark, portfolio manager at Boston-based GW&K Investment Management. “Some memories are fresh with Greece and the issues that Europe was having in general, and the U.S. is always a sort of quality trade in scenarios like that.”
But it is not just "flight to quality" concerns that are likely to attract flows into US Treasuries. Relative to Bunds, 10Y UST notes have never been cheaper...
And as the global economy reverses course from "synchronous recovery' to 'synchronous disappointment', it appeasr the yield cuvr was right after all...

And finally, DoubleLine's Jeff Gundlach's favorite bond yield indicator is signaling more room to fall for 10Y still...

One wonders just what it will take to rattle the record Treasury Bond shorts?
03/06/2018

Fonte: qui

Salvini,migranti regolari sono benvenuti


(ANSA) - BRINDISI, 6 GIU - "Gli immigrati regolari e per bene che sono qua per costruirsi un futuro portando rispetto a una cultura che spalanca loro le porte sono i benvenuti. Non hanno niente da temere. Chi scappa dalla guerra ha in casa mia, casa sua". Lo ha detto il vicepresidente del consiglio e ministro dell'Interno, Matteo Salvini, a Brindisi per sostenere il candidato sindaco Massimo Ciullo. "Ricordo i numeri. In questi primi mesi del 2018 - ha rilevato - sono state esaminate 40mila domande di asilo politico. Di queste 40mila domande, coloro che sono stati riconosciuti in fuga dalla guerra sono stati 6 su 100".
    "Un Paese serio, ospitale, generoso e accogliente - ha sottolineato - a questi 6 su 100 spalanca le porte, agli altri che non scappano da nessuna guerra bisogna insegnare a tornare da dove sono partiti. Per costruirsi un futuro di libertà e speranza nella loro terra. Visto che in Italia non c'è casa e lavoro per tutti".