9 dicembre forconi: 05/17/16

martedì 17 maggio 2016

Collasso, collasso, collasso!!!!

Gli scienziati del clima ed altri negli ultimi anni hanno pubblicato un flusso costante di analisi che mostrano che, senza azioni immediate per rimediare, abbiamo sul nostro cammino un futuro disastroso. Uno studio di 40 anni fa si dimostrerà preveggente?


Quello studio, pubblicato nel libro del 1972 “I limiti della crescita”, prevede che la produzione industriale avrebbe declinato all'inizio del XXI secolo, seguita in veloce successione da un aumento dei tassi di morte dovuti alla ridotta disponibilità di servizi e cibo che porterebbe ad un drammatico declino della popolazione mondiale. Ad essere precisi, la produzione industriale pro capite è stata prevista in declino “precipitoso” a partire circa dal 2015.

Bene, eccoci qua. Nonostante anni di stagnazione a seguito della peggiore crisi economica dalla Grande Depressione, le cose non sono andate così male. Perlomeno non ancora. Anche se gli autori originali de “I limiti della crescita”, condotti da Donella Meadows, mettono in guardia dall'attenersi in modo troppo stretto ad un anno specifico, le tendenze reali degli ultimi quattro decenni non sono troppo lontane da quanto era stato previsto dai modelli dello studio. Un recente articolo che esamina lo studio originale del 1972 si sbilancia tanto da dire che le previsioni dello studio sono perfettamente sulla strada della conferma.


L'articolo scientifico, preparato dallo scienziato dell'Università di Melbourne Graham Turner, é intitolato senza ambiguità “Il collasso globale è imminente?” Come potrete indovinare dal titolo, il dottor Turner non è terribilmente ottimista. E' solo l'ultimo ricercatore che suona l'allarme. Proprio il mese scorso, un articolo peer-reviewed di 19 scienziati condotti da James Hansen dimostra che le continue emissioni di gas serra porterà ad un aumento del livello del mare di diversi metri in soli 50 anni, tempeste sempre più potenti e un rapido raffreddamento in Europa. Due altri articoli recenti calcolano che l'umanità ha già prenotato sé stessa per un aumento del livello del mare di sei metri ed un gruppo separato di 18 scienziati ha dimostrato nel suo studio che la Terra sta attraversando molteplici punti di non ritorno. Nel frattempo, i governi si aggrappano all'idea che il “il capitalismo verde” tirerà fuori l'umanità dalla graticola.

Quattro decenni di ‘business as usual’

Perlomeno oggi il riscaldamento globale è riconosciuto, anche se le prescrizioni dei governi del mondo finora sono del tutto inadeguate. Nel 1972, il messaggio de “I limiti della crescita” è stata ben lontano dall'essere il benvenuto ed è stato ampiamente ridicolizzato. Regolando i parametri per verificare diverse possibilità, gli autori hanno provato una dozzina di scenari in un modello globale dell'ambiente e dell'economia ed hanno scoperto che “superamento e collasso” erano inevitabili con il perdurare del 'business as usual', cioè, senza cambiamenti significativi dell'attività economica. Non c'è bisogno di dire che tali cambiamenti non si sono verificati.

Nel modello 'business as usual', il capitale necessario per estrarre risorse più difficili da raggiungere diventa sufficientemente alto che altre necessità di investimento vengono fatte morire di fame nello stesso momento in cui le risorse cominciano ad esaurirsi. La produzione industriale avrebbe iniziato a declinare dal 2015, ma l'inquinamento avrebbe continuato ad aumentare e sarebbero stati disponibili minori input per l'agricoltura, cosa che porterebbe ad un declino della produzione di cibo. Insieme ai declini dei servizi come la sanità e l'educazione dovuti ad insufficienza di capitale, i tassi di morte cominciano ad aumentare nel 2020 e la popolazione mondiale comincerebbe a declinare ad un tasso di circa mezzo miliardo per decennio dal 2030. Secondo il dottor Turner:

Il modello World3 ha simulato una riserva di risorse non rinnovabili così come di risorse rinnovabili. La funzione delle risorse rinnovabili in World3, come il terreno agricolo e gli alberi, potevano erodersi in conseguenza dell'attività economica, ma potevano anche recuperare la loro funzione se veniva intrapresa deliberatamente un'azione o veniva ridotta l'attività dannosa. Il tasso di ripresa relativo ai tassi di degrado condiziona il momento in cui vengono superate soglie o limiti così come la dimensione di ogni potenziale collasso”. 

Il modello computerizzato World3 ha simulato le interazioni interne e fra in fattore e l'altro di popolazione, capitale industriale, inquinamento, sistemi agricoli e risorse non rinnovabili, impostate per catturare anelli di retroazione positivi e negativi. Il dottor Turner scrive che cambiare i parametri ritarda soltanto il collasso. L'attuale boom del fracking di gas naturale e l'estrazione di prodotti petroliferi dalle sabbie bituminose non sono stati previsti negli anni 70, ma l'espansione di nuove tecnologie per estrarre risorse posticipa il collasso di “un decennio o due”, ma “quando questo si verifica la velocità del declino è persino maggiore”.

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Quindi, in che misura dovremmo fidarci di uno studio che ha più di 40 anni? Il dottor Turner asserisce che le misurazioni reali ambientali, economiche e di popolazione degli anni successivi “si allineano fortemente” a ciò che prevedeva il modello de “I limiti della crescita” nella versione “business as usual'. Turner scrive:

“La produzione industriale pro capite osservata illustra un tasso di crescita in rallentamento che è coerente con [lo scenario business as usual] che raggiunge un picco. In questo scenario, la produzione industriale pro capite è ampiamente in linea con lo [scenario business as usual de I limiti della crescita], con la fornitura alimentare che aumenta solo marginalmente più velocemente della popolazione. I tassi di alfabetizzazione mostrano una tendenza alla crescita in saturazione, mentre la generazione di elettricità pro capite... cresce più rapidamente e in migliore accordo con il modello de [I limiti della crescita]". 

Picco del petrolio ed economia difficile

Aumentando i costi dell'energia, i picco globale del petrolio renderà gran parte della riserva rimanente non economica da estrarre. Si tratta di un punto di forza cruciale nello scenario del collasso. E man mano che serve più energia per estrarre risorse che sono più difficili da sfruttare, l'energia netta della produzione continua a cadere. John Michael Greer, una persona che scrive di picco del petrolio, osserva che proprio come serve più energia per produrre un manufatto d'acciaio di quanta ne servisse un secolo fa a causa della minore qualità del minerale di ferro di oggi, serve più energia per produrre l'energia di oggi. L'energia netta della produzione di petrolio sì è ampiamente contratta negli ultimi anni, scrive Greer:

Il tipo di pozzi poco profondi che hanno costituito l'industria petrolifera statunitense hanno un'energia netta di qualcosa come 200 a 1: in altre parole, meno di un quarto di gallone ogni barile da 42 galloni di petrolio va a pagare il costo energetico dell'estrazione e il resto è puro profitto. … Man mano che si scende di grado verso gli idrocarburi più viscosi, però, questa piacevole equazione viene sostituita da cifre considerevolmente meno geniali. Il vostro barile medio di petrolio da un giacimento petrolifero convenzionale statunitense oggi ha un'energia netta introno a 30 a 1. L'ondata di nuovo petrolio che ha colpito il mercato petrolifero appena in tempo per aiutare ad alimentare l'attuale crisi dei prezzi del petrolio, però, non è arrivata dai pozzi di petrolio a 30 a 1... ciò che ha prodotto l'ondata stavolta è stato un mix di sabbie bituminose e scisti fratturati diraulicamente, che sono molto, molto più in basso nella curva della viscosità...

“La vera difficoltà con la viscosità che si ha con le sabbie bituminose e gli scisti fratturati idraulicamente è che bisogna mettere molta più energia per tirare fuori ogni [barile di petrolio equivalente] di energia dal sottosuolo ed in una condizione utilizzabile di quanta se ne deve mettere col petrolio greggio convenzionale. Le cifre esatte sono oggetto di dibattito e tenere conto di ogni input energetico è un processo dannatamente difficile, ma è sicuramente molto meno di 30 a 1 – e le stime credibili pongono l'energia netta di sabbie bituminose e scisti fratturati idraulicamente ben al di sotto ed in cifra singola. Ora chiedetevi questo: da dove viene l'energia che deve essere messa nel processo di estrazione? La risposta, naturalmente, è che viene dalla stessa fornitura globale di energia alla quale le sabbie bituminose e gli scisti fratturati idraulicamente dovrebbero contribuire”.

Sono la disponibilità di energia in declino e la spesa maggiore il punto di non ritorno, sostiene il dottor Turner:

La ricerca contemporanea sull'energia necessaria per estrarre ed alimentare una unità di energia da petrolio, mostra che gli input sono aumentati di quasi un ordine di grandezza. Non importa quanto sia grande la riserva di risorsa se non può essere stratta abbastanza rapidamente o se altri input scarsi necessari altrove nell'economia vengono consumati nell'estrazione. Gli ottimisti del petrolio e del gas osservano che estrarre combustibili non convenzionali è economico solo al di sopra di un prezzo vicino ai 70 dollari al barile. Riconoscono tranquillamente che l'era del petrolio a buon mercato è finita, apparentemente senza rendersi conto che i combustibili costosi sono un segnale dei limiti dei tassi di estrazione e degli input necessari. Sono questi limiti che portano al collasso nel modello 'business as usual' de“I limiti dello sviluppo”.

Il nuovo petrolio è petrolio sporco

L'attuale crollo dei prezzi di petrolio e gas non saranno permanenti. La speculazione sul perché l'Arabia Saudita, di gran lunga il più grande esportatore di petrolio al mondo, continui a pompare furiosamente petrolio più che può nonostante il collasso dei prezzi spesso si concentra sulla speculazione secondo cui i costi di pompaggio dei sauditi sono più bassi che altrove e quindi possono sostenere i prezzi bassi tagliando fuori i concorrenti che devono lavorare in rosso a tali prezzi.
Se questo scenario si realizza, alla fine si materializzerà una carenza di petrolio che riporterà su di nuovo il prezzo. Ma l'economia difficile non sarà scomparsa. Tutte le fonti facili di petrolio è da molto che vengono sfruttate. E le fonti del recente boom – sabbie bituminose e fracking – sono dei pesanti contributi al riscaldamento globale, un altro pericolo incombente. La distruzione climatica catastrofica dovuta al riscaldamento globale oggi è compresa di gran lunga meglio che nel 1972 – e ne stiamo già sperimentando gli effetti.

Il dottor Turner, osservando con un eufemismo che questi enormi problemi globali “hanno incontrato una considerevole resistenza da parte di potenti forze sociali”, conclude:

Una lezione stimolante proveniente dagli scenari de I limiti della crescita è che i problemi ambientali globali sono tipicamente intrecciati e non dovrebbero essere trattati come problemi isolati. Un'altra lezione è l'importanza di intraprendere un'azione preventiva molto prima che i problemi si radichino. Purtroppo, l'allineamento delle tendenze dei dati con le dinamiche de I limiti della crescita indica che le prime fasi del collasso potrebbero verificarsi entro un decennio, o potrebbero già essere in corso. Questo suggerisce, da un punto di vista razionale basato sui rischi, che abbiamo sprecato i decenni passati e che prepararsi per un sistema globale che collassa potrebbe essere anche più importante di cercare di evitarlo”. 

Fa pensare. Ciò che rimane da dire (e, come sempre, non c'è intento di critica nell'osservare che un articolo scientifico non vada al di fuori dei suoi parametri) è perché sia stato fatto così poco per scongiurare una catastrofe globale incombente. Liberi da limitazioni, non è difficile quantificare quelle “potenti forze sociali” come i più grandi industriali e finanzieri del sistema capitalistico mondiale. Finché abbiamo un sistema economico che permette al capitale privato di essere accumulato senza limite in un pianeta finito, e di esternalizzare i costi, in un sistema che richiede crescita infinita, non c'è nessuna prospettiva reale di fare i cambiamenti drastici per scongiurare un futuro molto doloroso.

Solo perché è stato condotto uno studio 40 anni fa non significa che non possiamo imparare da questo, anche con una misura di scetticismo nei riguardi degli scenari di picco del petrolio e rapido collasso. Se andiamo ancora più indietro nel tempo, le parole di Rosa Luxemburg ci perseguitano ancora: socialismo o barbarie.

Da “Counterpunch”. Traduzione di MR

2 aprile 2016

Di Pete Dolack

Fonte: qui


P.S. è sempre possibile passare ad un sistema economico che utilizzi l'energie rinnovabili per funzionare e ricicli le risorse di base quasi integralmente.

TUTTO QUELLO CHE DOVRESTE SAPERE PRIMA DI COMPRARE UNA BOTTIGLIA D'OLIO EXTRAVERGINE

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L'OLIO BUONO COSTA. L'OLIO VECCHIO SI PUÒ USARE PER FRIGGERE. BUTTATE LE OLIERE DI VETRO TRASPARENTE

Mai lasciare la bottiglia aperta senza tappo, l'ossigeno e la luce sono i peggior nemici. L'olio assorbe gli odori come una spugna. La descrizione dei sapori in etichetta è spesso fantasia pura. Un olio eccellente si ottiene solo da olive sane spremute entro le 12 ore, max 24 se la temperatura è fresca e il raccolto eccellente

Troppe cose bisognerebbe insegnare agli italiani, così magari smettono di vergognarsi di esserlo. Non sarebbe male educarli a mangiare meglio, ad esempio, scegliere le materie prime di cui siamo riconosciuti produttori di punta in tutto il mondo. Corsi di palato, altro che pilates!
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OLIO EXTRAVERGINE
Americani, giapponesi, brasiliani e non solo, sono spesso ottimi conoscitori della nostra tradizione a tavola. Dal vino, all'olio, al pane, fino ai formaggi e alle ricette regionali e, invece, mangiamo quello che capita. L'importante è riempire la panza. Non sappiamo distinguere un ghiacciolo scongelato al microonde da un gambero rosso di Mazara del Vallo. Ci riempiamo la bocca di "lievito madre" e non distinguiamo una pasta per pizza surgelata da una Margherita dei fratelli Salvo.
Siamo pervasi da una malsana voglia di asparagi a luglio, pomodori a Natale e frutti esotici raccolti acerbi e stivati per un mese in una nave da carico prima di raggiungere il banco delle offerte al supermercato. In compenso non ci caghiamo le mele dell'Alto Adige che consideriamo un alimento per porci e forse non abbiamo nemmeno digerito il fatto che l'Alto Adige sia un pezzo d'Italia. Mangiamo quello che capita e siamo i primi a mancare di rispetto alla cucina regionale. Però pubblicizziamo in TV il nostro yogurt "alla greca": bell' idea!
Un tempo per inquadrare un ristorante come posto scadente si usava definirlo "locale per turisti". Oggi un ristorante frequentato da stranieri offre maggiori garanzie di qualità, proprio perché gli stranieri conoscono materie prime e cucina italiana molto meglio di noi. E poi pagano il conto senza spacciarsi per ambasciatori di qualche guida o blog di borgata che attribuisce punteggi diversamente utili per la reputazione futura dell'attività.
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OLIO EXTRAVERGINE D'OLIVA
Parliamo di olio, ad esempio, visto che lo produciamo sull'intera penisola con una varietà e un livello qualitativo unici al mondo. 
Il termine extravergine di oliva non significa granché, non chiarisce al consumatore cosa stia scegliendo e quel che consumerà. D'altronde anche la normativa europea sul biologico non brilla per precisione.
VADEMECUM DELL'OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA ITALIANO
- La dicitura extravergine si riferisce ai soli parametri chimici, ed è per questo che la grande industria non vuole il panel test che con molta probabilità ne boccerebbe parecchi.
  • Anche un olio extravergine può avere molti difetti. Ad esempio può sapere di rancido per eccessive ossidazioni causate dalla lavorazione o dalla conservazione, oppure dalla raccolta avvenuta in presenza di forte umidità o alte temperature. 
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OLIO D'OLIVA ALL'ESTERO
  • Gli stabilimenti industriali imbottigliano e rivendono spesso olii prodotti fuori dai confini italiani. Non sempre i paesi da cui provengono questi olii - soprattutto quelli fuori dalla UE - rispettano i nostri parametri agronomici e igienico-sanitari.
  • Un olio buono non può costare meno di 9 euro/lt. Fra pratiche agronomiche, potature, raccolta manuale, spremitura a freddo in un buon frantoio, imbottigliamento, etichettatura e distribuzione, non è possibile stare sotto a quella cifra. Un olio che costa meno di 9 euro/lt è molto probabile che non sia italiano
-  L'ossigeno è nemico dell'olio che, a differenza di alcuni vini, non migliora invecchiando.
  • L'olio è molto fotosensibile, la luce lo deteriora rapidamente
  • Conservatelo sempre in luogo fresco, asciutto, al buio e in bottiglia di vetro scura. Non tenetelo sulla finestra della cucina o vicino a fonti di calore.
-  Mai lasciare la bottiglia aperta senza tappo.
olio d oliva
OLIO D'OLIVA
- Vietate le latte di capacità superiore a 1 lt. Se non c'é un forte consumo la confezione resta aperta troppo tempo e si ossida. Se acquistate olio in latta da 5 lt, travasatelo sempre in bottiglie più piccole scure, ben pulite e verificare che non vi siano residui olfattivi di saponi o altro
- L'olio assorbe gli odori come una spugna.
- Se avete poco consumo di olio comprate bottiglie di piccolo formato. Non gli darete il tempo di alterarsi qualitativamente né sotto il profilo organolettico
- Fate sparire per sempre le oliere trasparenti dalle vostre tavole. Oppure utilizzatele come vasetti per le margherite
  • L'olio vecchio, ovvero a un anno circa dalla raccolta, si può utilizzare per friggere. Non è necessario buttarlo
-  Non comprate olio dal contadino senza assaggiarlo e mai in bottiglia di plastica trasparente                                                                                                                                   
OLIO
OLIO
- Un olio eccellente si ottiene solo da olive sane spremute entro le 12 ore, max 24 se la temperatura è fresca e il raccolto eccellente. Il frantoio deve essere vicino perché le olive ammassate e trasportate si deteriorano facilmente e sviluppano muffe e marciume
  • La denominazione olive italiane significa che sono state prodotte in Italia ma non offre garanzie su come arrivano allo stabilimento e sul loro stato di conservazione. Accertatevi, comunque, che in etichetta o nella retro etichetta sia riportata la provenienza, ovvero miscele di olii italiani, comunitari o extracomunitari. Per farlo munitevi di una lente di ingrandimento.
-  Nelle bottiglie di olii DOP sono indicati la provenienza delle olive, la cultivar e l'anno di raccolta. Negli extravergine solo la scadenza dopo 18 mesi che non partono dalla raccolta delle olive, ma dall'imbottigliamento
  • Le tabelle con i valori nutrizionali sono standard, pertanto non indicative della qualità dell'olio.
  • La  descrizione dei sapori dell'olio in etichetta è spesso fantasia pura . Queste caratteristiche sono labili e possono modificarsi nel tempo e a seconda di come l'olio viene conservato
-  Ricordatevi, in fine, che un olio buono è un ottimo antiossidante naturale, ricco di vitamine e proprietà nutritive.
Fonte: qui

UE SHOCK: TASSARE IL TURISMO. COME UCCIDERE DEFINITIVAMENTE L’ITALIA

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Nuova follia targata UE: La proposta di Bruxelles, una tassa di 50 euro per tutti coloro che entrano in Europa sia per lavoro che per turismo, per finanziare il “migration compact” ossia un piano per fermare i flussi migratori del costo di 15 mld di euro proposto dal governo Renzi con investimenti nei Paesi africani.

Intanto per l’Italia e Roma, città già invasa da centri d’accoglienza che ospita clandestini, più che “migration compact” si dovrebbero eseguire sgomberi ed espulsioni.

Ora, per la Capitale d’Italia, il turismo è una risorsa importantissima e già la tassa giornaliera applicata ai visitatori della Capitale non riscuote simpatia per coloro che la esigono. Inoltre, penalizza gli albergatori e i titolari delle strutture d’alloggio. E’ bene ricordare poi che l’euro non è certo un fattore che aiuta l’export italiano e quindi anche l’industria del turismo italiano ne risente, specie se in competizione con Paesi extra UE che godono di una moneta molto più flessibile di quella unica europea. Le sanzioni alla Russia e l’attacco speculativo-politico sul rublo hanno fatto crollare il flusso turistico russo in Italia fino al 35% dal 2015. Pertanto in questo quadro, una tassa da 50 euro per ogni turista che viene a Roma e/o in Italia, rappresenterebbe una mazzata all’economia di Roma e nazionale per quanto riguarda la voce turismo. Quindi per non diminuire i flussi turistici, penalizzati da questa tassa europea, gli stipendi del settore si ritroverebbero più leggeri per non perdere competitività, già penalizzata dalla moneta unica.
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Il costo del progetto per respingere il flusso di “profughi” sarebbe di 15 mld, a livello europeo, ma basti pensare che solo l’Italia ha speso 60 mld dal 2011 in fondi salva Stati per salvare banche tedesche e francesi in credito con quelle greche e spagnole.
In aggiunta, il governo tedesco avrebbe potuto contribuire a questo piano per arrestare i flussi migratori, attingendo dagli enormi surplus commerciali, superiori a quelli cinesi ed oltre la soglia consentita dall’UE, ottenuti grazie all’euro che difatti ha bloccato la rivalutazione di quello che sarebbe stato il Marco tedesco, cosa inimmaginabile per Berlino che si è rifiutata anche di finanziare questo progetto con l’emissione di bonds europei.
E in conclusione: è stato fatto forse qualche investimento su Roma e sul turismo?
Roma Capitale e il parlamento italiano si dovranno opporre a questa ingiusta tassa europea, altrimenti il turismo verrà duramente penalizzato in tutto il nostro Paese.