9 dicembre forconi: 09/06/16

martedì 6 settembre 2016

Un altro mondo è possibile

Oltre ad un'Europa in declino economico e una società americana avviata verso l'implosione sociale, sono le molteplici convergenze di nazioni non al servizio degli interessi di Washington, a determinare un ruolo non più centrale per gli Stati Uniti e il vecchio continente


di Federico Pieraccini
 

Il G20 in Cina è l'ennesimo tassello di una realtà globale che si trasforma passando da un ordine mondiale unipolare, il cui vertice era indiscutibilmente rappresentato dagli Stati Uniti, ad uno multipolare in cui Washington è uno dei protagonisti, non di certo l'unico e sicuramente non il più influente. 

Significa che Washington e i suoi partner Europei siano divenuti improvvisamente secondari ? Non proprio, più che altro il grosso cambiamento è avvenuto nell'ambito riguardante i paesi non allineati, unendo i loro sforzi di cooperazione ed elevandoli sul piano economico, politico e persino militare.

Oltre ad un'Europa in declino economico e una società americana avviata verso l'implosione sociale, sono le molteplici convergenze di nazioni non al servizio degli interessi di Washington, a determinare un ruolo non più centrale per gli Stati Uniti e il vecchio continente.

Il mondo unipolare e multipolare si trovano in una fase di co-esistenza. 

Siamo in un momento storico ove, per ora, nessuno dei due ha la volontà, la capacità o l'interesse di prevalere sull'altro, visto che si richiederebbe  l'uso della forza. (Ipotesi irreale con il 'MAD').


Da qui, tolta la malafede, le tante errate disamine e interpretazioni sul comportamento, per alcuni ambiguo, di nazioni pilastro del movimento multipolare, India su tutte ad esempio.

Allo stesso modo, in maniera simmetrica, l'assurda interpretazione di nazioni storicamente allineate e dipendenti dall'ordine unipolare, come la Turchia, che sarebbero divenute improvvisamente partner multipolari affidabili.

Escludendo i tre paesi cardine su cui poggia l'attuale sistema globale (Stati Uniti, Russia e Cina), l'atteggiamento di collaborazione con entrambi gli ordini mondiali di altre nazioni, interpretato come ambiguo da alcuni, si accentuerà in futuro. È ciò che si chiama fase di transizione, evitare di precludersi eventuali opportunità a prescindere che siano di stampo unipolare o multipolare. 

Si tratta di scelte libere, da ponderare con attenzione, ma comprensibili per paesi che non hanno la forza economica, politica o militare di resistere a Washington come fanno con successo Mosca e Pechino.

Per questo motivo il G20 è la perfetta rappresentazione di un mondo che cambia, le nazioni invitate invocano un paracadute multipolare, un'alternativa al sistema precedente, che valorizzi le loro scelte strategiche non necessariamente più allineate a Washington, con il pieno sostegno degli unici in grado di opporsi all'atlantismo predatorio: Federazione Russa e Repubblica Popolare Cinese.

Un altro tassello che trasformerà il mondo che ci circonda in meglio, Clinton e follia individuale permettendo.

Notizia del: 
Fonte: qui

AL G-20 CINESE OBAMA E PUTIN E' GUERRA FREDDA SU SIRIA E UCRAINA

VENTI MINUTI DI COLLOQUI "FRANCHI E DIRETTI" 

"NON C'E' FIDUCIA", HA DETTO BARACK OBAMA

TOCCA AI MINISTRI DEGLI ESTERI PROVARE A METTERCI UNA PEZZA


(Ansa) - "Mancanza di fiducia": cosi' Barack Obama, dopo l'incontro con Vladimir Putin, ha spiegato il mancato accordo tra Stati Uniti e Russia su un reale cessate il fuoco in Siria.
Obama - parlando nel corso della conferenza stampa tenuta alla fine del G20 - ha quindi descritto come "franco e diretto" i circa venti minuti di faccia a faccia con il leader del Cremlino, sia sul tema Siria sia sul capitolo Ucraina.

PUTIN E OBAMAPUTIN E OBAMA

PUTIN E OBAMAPUTIN E OBAMA
A proposito della Siria il presidente americano ha comunque definito lo scambio "produttivo" al fine di individuare il modo per una reale cessazione delle ostilità e per concentrare l'attenzione sui "nemici comuni" di Usa e Russia, spiegando però come al momento le distanze dovute alla mancanza di fiducia tra i due governi nel corso dei negoziati hanno impedito un'intesa.

PUTIN E JOHN KERRYPUTIN E JOHN KERRYjohn kerry con lavrov ministro degli esteri russoJOHN KERRY CON LAVROV MINISTRO DEGLI ESTERI RUSSO
Obama ha quindi esortato il segretario di stato Usa John Kerry e il ministro degli esteri russo Lavrov a proseguire nei prossimi giorni gli sforzi per il raggiungimento di un accordo.

Prodi, l'uomo che ci ha condotti al disastro

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Ogni tanto Romano Prodi si rivede: forse è immortale. Comunque gli auguriamo lunga vita. Qualche merito ce l’ha. Per ben due volte ha battuto alle elezioni Silvio Berlusconi, il quale a propria volta, con altri avversari, ha vinto in tre circostanze le consultazioni politiche. La storia di Prodi è zeppa di episodi curiosi: in carriera egli è stato e ha fatto di tutto: il ministro, il premier, il professore universitario, il giornalista (editorialista per il Corriere della Sera), il presidente della Commissione europea, il capo dell’Iri. E siamo certi di esserci dimenticati qualcosa. Oggi ha 77 anni e talora si appalesa in televisione per dispensare balbettante saggezza. Il suo modo di fare è quello di un parroco mite e dolce, il suo agire spesso è spietato.
D’altronde il potere o si esercita con cinismo o non si esercita. Martedì sera ho incrociato Romano a Ballarò, noto programma di Rai 3, condotto da Giannini, ex vicedirettore de La Repubblica. Entrambi, lui ed io, eravamo in collegamento, il che impediva un dialogo diretto, ma non di discutere, anzi di litigare.

La mia tesi riguardo a Brexit è la seguente: non è una catastrofe, bensì una decisione rispettabile, non imposta dall’alto, ma assunta dal popolo inglese interpellato mediante referendum, la più alta espressione democratica. Motivo per il quale auspico che anche l’Italia vi ricorra per tastare il polso ai cittadini. Non siano quattro finti esperti, professoroni presuntuosi e saccenti, a decidere le sorti del Paese ovvero se questo debba o no rimanere immerso nel minestrone europeo.
Prodi, pur comprendendo la scontentezza della gente, alle prese con una crisi interminabile, è dell’idea che un referendum sia improponibile. Ma non ha spiegato perché sia stato possibile svolgerlo in Gran Bretagna, mentre da noi sarebbe illecito.

Per sfottermi è arrivato a dire che se la mia ipotesi fosse valida, qualcuno si azzarderebbe a suggerire un plebiscito allo scopo di scegliere tra Monarchia e Repubblica. Una spiritosaggine vacua visto che simile consultazione avvenne oltre 70 anni orsono e registrò la vittoria – a suon di brogli – della Repubblica.
Le insensatezze sono la specialità di Prodi. Fu lui a regalare l’Alfa Romeo alla Fiat, così, per simpatia o per altro (non è stata mai chiarita la questione). Un particolare: l’azienda torinese pare che non abbia sborsato manco un centesimo. Un altro suo capolavoro: abolì la riforma pensionistica elaborata da Maroni (finestre, finestroni, scale e scaloni) e ripristinò il vecchio sistema previdenziale, che faceva rima con esiziale. Sempre Prodi si impegnò per consentire all’Italia di entrare di straforo nell’euro, con una quotazione da sballo: 1936 lire. Pareva che senza euro saremmo finiti nelle fogne a far compagnia alle pantegane. Viceversa fu una fregatura, come i nostri connazionali ben sanno avendoci smenato oltre 2000 euro a testa ogni anno, statistiche alla mano.
Un dettaglio. Il professor Romano per farci ottenere il privilegio di tagliarci i testicoli, ingiunse agli italiani la famigerata tassa europea, pari allo stipendio mensile di ciascuno di noi, con la promessa che tale somma ce l’avrebbe poi restituita. Frottola. Egli si inventò un’altra tassa che assorbì il rimborso che era nei patti. Questo è l’uomo. Non è antipatico. Assolutamente no. Ma il fatto di averci trascinato nella disavventura europea, non depone certo a suo favore. Diciamo che non merita il Nobel.
Dal momento in cui abbiamo mandato in solaio la gloriosa liretta, sarà una sfortunata coincidenza, la nostra economia è andata a puttane e la società al disastro.

I prezzi sono saliti vertiginosamente e i salari hanno iniziato ad arrancare, dando la stura alla miseria che si è diffusa a macchia d’olio (non d’oliva, perché è troppo caro).

Aggiungo soltanto che una classe politica così cialtrona e sbracata non ha alcun titolo per insegnare alla gente come ci si comporta in democrazia.

Qualsiasi persona di medio e addirittura basso livello è in grado di tenere testa ai responsabili della res publica. I quali pertanto abbiano la decenza di non sottovalutare il voto di un referendum, consultivo o no che sia. A proposito, è necessario precisare che il nostro Paese sghembo pur avendo organizzato vari plebisciti abrogativi, non è mai stato capace di tenerne conto, salvo rare eccezioni. Il referendum sulla abolizione del finanziamento ai partiti restò lettera morta; quello sulla abolizione del ministero dell’Agricoltura, idem (sostituirono solo le insegne del palazzo che ospita il dicastero); quello sulla privatizzazione della Rai, gettato nella pattumiera. Solo il divorzio e l’aborto passarono lisci.
In definitiva, la classe dirigente si fa un baffo del nostro suffragio e a sentirlo nominare va in bambola, lo rifiuta come abbiamo verificato in questi giorni. L’Inghilterra è andata alle urne per consultare il popolo, alla cui volontà si è attenuta anche se poteva farne a meno.

Dalle nostre parti, viceversa, basta che Libero raccolga le firme per aprire le urne e fare la stessa cosa fatta in Gran Bretagna, e si alzano voci di protesta negli ambiti degli intellettuali ovvero coloro che disprezzano la gente, considerandola carne di porco.

Quelli che gridano di più sono gli stessi che si sciacquano la bocca ogni due per tre con la democrazia, l’uguaglianza, e si esprimono solo con frasi politicamente corrette nella forma, in realtà dense di razzismo malcelato.
Noi insistiamo. Chiediamo a tutti di reclamare il diritto al voto sull’euro e sull’Europa, da cui dipendono tanti guai.

Sia il popolo e non i suoi stolti tribuni a dire se stare di qua o di là.

30 Giugno 2016, Vittorio Feltri