9 dicembre forconi: 02/21/18

mercoledì 21 febbraio 2018

SIRIA - SI INASPRISCE LO SCONTRO TRA LE TRUPPE GOVERNATIVE DI DAMASCO, CHE SI SONO AVVICINATE ALL’ENCLAVE CURDA DI AFRIN, E LE FORZE TURCHE CHE HANNO RISPOSTO CON UN BOMBARDAMENTO AEREO

SE IL NEMICO COMUNE ISIS E’ SCATTATO IL TUTTI CONTRO TUTTI

1 - SIRIA, SI INFIAMMA IL CONFLITTO: LA TURCHIA BOMBARDA LE TRUPPE DI ASSAD

ERDOGAN ASSADERDOGAN ASSAD
Si va inasprendo di ora in ora il conflitto tra le varie parti in causa in Turchia. Nelle prime ore del pomeriggio truppe fedeli al Governo di Assad si sono avvicinate ad Afrin, l’enclave curda in territorio siriano sulla quale da giorni stanno premendo anche le forze della Turchia, che vedono nei curdi il loro principale avversario. In tutta risposta i caccia turchi hanno bombardato la strada che conduce ad Afrin, l’enclave curda nel nord della Siria.

L’arteria è percorsa dalle unità militari filo-siriane venute in aiuto ai curdi assediati dai soldati di Ankara. Lo ha riferito la tv di Stato di Damasco. Obiettivo delle forze fedeli al governo, secondo quanto reso noto da un comunicato ufficiale, è quello di schierarsi lungo il confine con la Turchia a difesa della popolazioni civili.

ERDOGAN ASSADERDOGAN ASSAD
Da quando è venuta meno l’esigenza di fronteggiare l’Isis che ormai controlla minime porzioni di territorio a cavallo tra Siria e Irak, sono esplosi i contrasti tra tutte le altri parti rimaste in campo: le truppe fedeli ad Assad da un lato (a loro volta sostenute dai russi) e la Turchia dall’altro. Con in mezzo i curdi che dopo aver fatto da scudo all’avanzata dell’Isis rischiano di finire presi tra due fuochi.

LE OPPOSTE VERSIONI
Da parte curda le Unita’ di protezione del popolo (Ypg) confermano l’ingresso di forze filogovernative siriane nella regione di Afrin. Secondo Nuri Mahmud, portavoce delle Ypg, «il governo siriano ha risposto alla chiamata del dovere e ha inviato oggi delle unita’ militari» che verranno dispiegate «lungo la frontiera» tra Siria e Turchia.

ERDOGAN ASSADERDOGAN ASSAD
I reparti che sostengono il presidente Bashar al Assad «parteciperanno alla difesa dell’unita’ dei confini e del territorio siriano». La notizia è però smentita dalla turchia che sostiene di aver costretto le unità di Damasco ad arretrare. Il 20 gennaio scorso Ankara ha lanciato nella regione l’operazione «Ramo d’ulivo» volta ad annullare la presenza curda ad Afrin e aveva intimato a Damasco a non interferire nell’operazione.

COMBATTIMENTI ANCHE A DAMASCO
Ma la zona curda non è l’unica parte della Siria interessata a combattimenti. Cinque civili sono stati uccisi e altri 20 feriti in bombardamenti compiuti su Damasco e zone rurali vicine alla capitale sotto il controllo governativo da parte di gruppi ribelli che controllano la regione della Ghuta orientale. Lo riferisce l’agenzia governativa Sana.
ERDOGAN ASSADERDOGAN ASSAD

Una fonte del comando della polizia ha detto che diversi razzi e obici di mortaio si sono abbattuti nelle vicinanze della Piazza Tahrir e della Piazza degli Abbasidi. Bombardamenti con mortai sono avvenuti anche nell’area agricola di Jaramana, fuori dalla città, provocando solo danni materiali. La Ghuta orientale, sotto assedio delle forze governative, ospita circa 400.000 civili ridotti allo stremo. Tra domenica e lunedì quasi cento persone, di cui 20 minori, sono state uccise da bombardamenti governativi, secondo un bilancio dell’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria.

2 - LA TURCHIA BLOCCA ANCORA LA NAVE ENI «ALTRI DIECI GIORNI DI STOP»

Saipem 12000SAIPEM 12000
La marina militare turca ha esteso fino al 10 marzo l’avviso relativo alle sue attività militari (Navtex) al largo di Cipro nel Mediterraneo orientale, che da 10 giorni impediscono di fatto alla nave da perforazione noleggiata dall’Eni Saipem 12000 di raggiungere l’area prevista per le sue esplorazioni su licenza di Nicosia. Il precedente avviso sarebbe scaduto dopodomani.

Lo riportano media ciprioti. La nave della compagnia italiana deve avviare una campagna per la ricerca di idrocarburi in una zona che il governo di Ankara rivendica sotto il suo controllo in quanto al largo della zona di Cipro controllata dalla Turchia. la comunità internazionale però non ha mai riconosciuto legittimità alla repubblica turca di Cipro. Pochi giorni prima del blocco della nave italiana, il presidente turco Erdogan in visita a Roma aveva avvertito il governo italiano che non avrebbe consentito ricerche petrolifere nell’area marina contesa.

Fonte: qui

L’OFFENSIVA TURCA PUO’ SCATENARE L’ARMAGEDDON IN MEDIO ORIENTE E COINVOLGERE ANCHE ISRAELE E IRAN 

SOLO PUTIN PUÒ MEDIARE CON ERDOGAN 

L’INQUIETUDINE DEGLI AMERICANI E LE MOSSE DI TEHERAN ALLEATO DI MOSCA E DAMASCO

Marco Ventura per il Messaggero

In Siria la guerra civile rischia di trasformarsi in vera e propria guerra fra Stati. Con le potenze regionali diversamente affiancate da Russia, Stati Uniti ed europei. Raramente si è stati così vicini a un conflitto generale in Medio Oriente, che potrebbe coinvolgere Israele e Iran.

Questo lo scenario che emerge, lungamente annunciato, nelle ultime ore di battaglia sulla strada di Afrin, caposaldo curdo-siriano a ridosso della frontiera con la Turchia. Sia le milizie curde Ypg, sia i rinforzi da Damasco sono sotto attacco dei turchi che martellano valichi e strade nel tentativo di spezzare la resistenza curda e circondare Afrin, eliminare le Ypg e bonificare la fascia frontaliera rompendo il cordone con i curdi turchi del Pkk, il partito di Ocalan fuorilegge dal 1984. 
AFRINAFRIN

LE POSIZIONI

L'offensiva turca Ramo d'ulivo, scattata il 20 gennaio, è considerata da Damasco e dalla Russia un attentato ai confini della Siria. Le parole più pesanti quelle pronunciate dal ministro degli Esteri francese, Jean Yves Le Drian, ieri all'Assemblea di Parigi prima di partire «nei prossimi giorni» per Teheran e Mosca, alleate sul fronte siriano: «Il peggio in Siria è davanti a noi, andiamo verso una catastrofe umanitaria». Monito nel quale riecheggiano le battaglie nelle aree contese. Le forze leali a Damasco e Assad, militarmente appoggiate dai russi a terra e dal cielo, bombardano l'enclave ribelle di Goutha, a est di Damasco, mietendo vittime fra i civili. Ma la situazione più esplosiva, miccia potenziale di un conflitto non più da guerra civile ma fra nazioni, è quella di Afrin e Manbij, nord della Siria. Qui si scontrano plasticamente gli interessi di Usa, Russia e Turchia, mentre sul terreno si combattono turchi, curdi, lealisti e ribelli siriani, jihadisti, sotto gli occhi dei consiglieri militari russi e americani. 

STOP ERDOGANSTOP ERDOGAN
L'attacco, ordinato dal presidente turco Recep Tayyp Erdogan, mira a tutelare quello che Ankara considera un interesse vitale e strategico di difesa nazionale, stroncare la minaccia curda. Ma russi e americani sostengono i curdi, non foss'altro perché decisivi nella vittoriosa guerra al Califfato. A riprova della gravità della situazione, il presidente russo Putin ha fatto sapere tramite il suo portavoce, Dmitrij Peskov, di avere affrontato la crisi di Afrin presiedendo il Consiglio di sicurezza nazionale. Addirittura come primo argomento all'ordine del giorno rispetto all'Ucraina. E fra Putin e Erdogan sono in corso colloqui telefonici per tenere sotto controllo la situazione. 
LE BOMBE TURCHE SU AFRINLE BOMBE TURCHE SU AFRIN

IL MESSAGGIO
Il leader turco ha voluto comunicare a Putin di non accettare, ha poi detto in pubblico, «altri passi sbagliati» come l'invio ieri da Damasco di colonne militari di rinforzo alle Ypg curde, pena «un prezzo alto». Afrin - dice Erdogan - sarà assediata dall'esercito turco «per non permettere ai curdi di negoziare alcuna alleanza».

A sua volta il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, avverte che lo scontro «dev'essere risolto nel quadro dell'integrità territoriale dello Stato, in questo caso la Repubblica araba di Siria». Si può comprendere, per Mosca, la preoccupazione dei turchi, ma vanno anche riconosciute le «legittime aspettative dei curdi», evitando che qualcuno soffi sul fuoco per «estendere il caos nella regione». Per Lavrov l'unica via resta quella politica: «dialogo diretto con il governo siriano». No alla soluzione militare. 
ERDOGAN ASSADERDOGAN ASSAD

L'ALLEATO
Sullo sfondo, l'ansia degli americani e degli europei per i quali la Turchia è prima di tutto un pilastro della Nato (di qui il braccio di ferro perché Ankara si armi con sistemi europei e non russi) e l'attrito sul terreno con gli americani pro-curdi a Manbij non è solo fonte d'imbarazzo ma di inquietudine. Sullo sfondo, ancora, l'azione costante, capillare dell'Iran alleato in questa fase di Mosca e Damasco, e sempre più considerato una minaccia da Israele. Infine, la stonatura della resiliente rete di Al Qaeda il cui portavoce, Ayman al-Zawahiri, fa appello all'unità dei combattenti jihadisti e ai musulmani perché si preparino a una guerra «lunga decenni». 

Fonte: qui

ERDOGAN BLOCCA DI NUOVO LA NAVE SAIPEM(AL COSTO DI 600MILA $ AL GIORNO) CHE ENI HA AFFITTATO PER ESPLORARE I GIACIMENTI DI GAS VICINO CIPRO. CON LA SCUSA DI PROLUNGARE FARLOCCHE ESERCITAZIONI MILITARI, SARÀ TUTTO FERMO FINO AL 10 MARZO, PER UN TOTALE DI 18 MILIONI BUTTATI

CIPRO: NICOSIA, 'BASTA VIOLAZIONI, ANKARA TORNI A NEGOZIARE'
(ANSA) - "Desidero invitare pubblicamente ancora una volta la Turchia e la parte turco-cipriota a rispondere immediatamente al mio appello per un ritorno al tavolo dei negoziati, a condizione che pongano fine alla violazione dei diritti sovrani della Repubblica di Cipro nella Zona economica esclusiva". Lo ha detto il presidente cipriota Nikos Anastasiadis, in una nota diffusa stamani dopo che ieri le autorità turche hanno deciso di prolungare fino al prossimo 10 marzo il divieto di navigazione nell'area marittima a largo della costa sudorientale di Cipro, designata da Nicosia per le attività di trivellazione della nave Saipem 12000 noleggiata dall'Eni.


ERDOGAN RIBLOCCA LA NAVE DELL' ENI A CIPRO
Mirko Molteni per Libero Quotidiano
Saipem 12000SAIPEM 12000

Rischia di costare salato all' Eni e al governo cipriota il blocco navale imposto dalla Marina turca ormai da dieci giorni alla nave Saipem 12000 con cui l' azienda italiana in accordo col governo di Nicosia intende effettuare perforazioni per prospezioni sui giacimenti gasiferi sottomarini al largo dell' isola di Cipro, nella sua Zona Economica Esclusiva che la vicina Turchia non riconosce. Ufficialmente i turchi del presidente Recep Tayyp Erdogan, che per l' ennesima volta mostra i muscoli emulando i sultani ottomani, accampano il pretesto di «esercitazioni militari» nell' area, iniziate dal 9 febbraio, ma che ieri Ankara ha comunicato di voler prolungare oltre l' originaria scadenza del 22 febbraio, fino al 10 marzo.

SEI MILIONI DI DANNI
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Poiché è stato calcolato che il blocco della nave costa 600.000 dollari al giorno, si può dire che fino ad oggi il danno totale sia asceso a 6 milioni di dollari. Con la nuova estensione delle esercitazioni turche, che porterebbe a 30 giorni il «muro contro muro», può assommare a 18 milioni di dollari. Perciò nelle ultime ore si sono diffuse voci secondo cui Eni sarebbe pronta a ordinare alla nave Saipem 12000 di invertire la rotta. L' azienda, però, non conferma, né smentisce. Almeno per il momento, quindi, l' atteggiamento ufficiale di Eni è di tenere la Saipem 12000 «in posizione in attesa di un' evoluzione della situazione», come dicono i comunicati dell' azienda.

La nave resta ferma a 50 km dal tratto di mare, per la precisione l' area Cuttlefish nel «Blocco 3» della ZEE e lo stesso governo di Cipro, appoggiato storicamente dalla Grecia, è preoccupato. Dalla Farnesina fanno sapere di «voler ricercare ogni soluzione diplomatica» in una vicenda che riguarda non solo i rapporti bilaterali Roma-Ankara ma tutta la delicata situazione cipriota.
GENTILONI ERDOGANGENTILONI ERDOGAN

Il presidente cipriota Nicos Anastasiades si è consultato ieri per telefono col premier greco Alexis Tsipras, che gli assicura sostegno, e ha poi convocato una riunione d' emergenza del suo esecutivo. Fino a pochi giorni fa, Anastasiades cercava di minimizzare, dicendo di voler «evitare un' escalation», ma ora anche il nervosismo del suo governo cresce.
L' appoggio greco è per Cipro basilare, data la perenne tensione fra Atene ed Ankara, nonostante entrambi membri della Nato. Un divario approfonditosi fin dal 20 luglio 1974 con l' invasione turca della parte nord di Cipro, dove ancor oggi Ankara disloca 35mila soldati.

ciproCIPRO
DIPLOMAZIA INUTILE
Poche settimane fa, peraltro, motovedette greche e turche si erano confrontate per isolette contese nel Mar Egeo.
L' Unione Europea non sa difendere abbastanza uno Stato membro da un altro Stato che vorrebbe accedere all' Unione, ma non ha le carte in regola. Da Bruxelles si dice semplicemente ai turchi di «astenersi da qualsiasi azione che possa danneggiare i legami di buon vicinato», mentre il presidente della Commissione Europea Juncker, incontrando il premier turco Yildrim ha glissato facendo capire che gli preme non rovinare il clima con Ankara in vista del vertice internazionale di Varna.
SAIPEM ESPLORAZIONESAIPEM ESPLORAZIONE

Non è da meno l' Italia: Paolo Gentiloni già sapeva fin dal 5 febbraio, dalla visita di Erdogan a Roma, che i turchi minacciavano colpi di testa, ma evoca una «soluzione condivisa». Che però non si vede all' orizzonte.

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L'EMBRIONE IBRIDO PECORA-UOMO POTREBBE RAPPRESENTARE UNA SVOLTA SUL FUTURO DEI TRAPIANTI: L’IDEA E’ “PRODURRE” ORGANI COMPATIBILI

TRA UNA GRANDE SCOPERTA SCIENTIFICA E LA SUA APPLICAZIONE PRATICA NON PASSANO MAI MENO DI VENT'ANNI. 

Edoardo Boncinelli per “il Corriere della Sera”

EMBRIONE UOMO PECORAEMBRIONE UOMO PECORA
Un embrione con una parte rossa, ben individuabile, corrispondente alla componente cellulare umana, ci fa vedere in concreto di cosa siamo capaci. Un animale chimerico composto di cellule umane e non umane. L'ultima volta era stato creato un embrione di maiale, quello della foto. Ora gli scienziati dell'Università della California sono riusciti dopo un anno a fare la stessa cosa con una pecora. Gli embrioni sono stati distrutti dopo quattro settimane - il limite massimo consentito per legge - ma il risultato rappresenta un passo avanti verso la possibilità di far crescere organi umani negli animali.

Le cellule umane sono colorate in rosso in modo da poterle seguire, sia per individuare la parte totalmente umana sia per visualizzare quelle sparse nell'embrione. Questo fa capire quante sono, nonostante tutto. Nel caso del maiale erano una su centomila, in quello della pecora si parla di una cellula umana su diecimila.
TRAPIANTO DI RENETRAPIANTO DI RENE

Siamo cioè stati capaci di produrre una chimera che ha un numero abbastanza alto di cellule umane che devono poi servire a ridurre il rigetto dell' organo da parte della persona trapiantata. Perché queste strane chimere sono state prodotte proprio per costruire organi in abbondanza che possano attecchire nell' organismo che li riceve.

Di queste cose la fantascienza ha parlato spesso. Ora però ci troviamo davanti alla realtà. Il secolo scorso è stato, tra le altre cose, anche il secolo dei trapianti. Le tecniche hanno fatto progressivamente spettacolari passi avanti, ma c'è sempre un problema di numeri: gli organi da trapiantare non sono mai abbastanza per le nostre esigenze.

trapianto cuoreTRAPIANTO CUORE
Da qui la necessità di aggirare l'ostacolo, creando nuovi organi in laboratorio. Questi devono essere di un organismo comparabile all'uomo per dimensioni e per fisiologia. Se poi si vuole che un trapianto attecchisca, deve avere anche qualcosa di umano o, per lo meno, niente di scandalosamente diverso. Si è pensato quindi subito agli xenotrapianti, organi di animali compatibili con la loro utilizzazione pratica. In prima battuta ci si rivolse ai maiali che per varie ragioni presentano dei vantaggi, ma occorreva ottemperare a due requisiti: abbondanza di organi da poter utilizzare e tolleranza da parte dell' ospite umano.

Si pensò allora alla formazione di ibridi genetici uomo-animale, un obiettivo non difficile da raggiungere dopo la pecora Dolly e gli esperimenti consimili. Si mescolano cellule di una specie e dell' altra e si fa partire lo sviluppo dell' embrione corrispondente, salvo interromperne la gestazione quando potrebbe andare troppo avanti. Enormi investimenti sono stati fatti su tali tecnologie soprattutto negli Usa, ma non si è mai passati alla fase operativa.
embrioneEMBRIONE

Ora si è arrivati alla pecora, che presenta diversi vantaggi teorici e pratici sul maiale: occorrono meno embrioni per ottenere una gravidanza e anche meno tempo per costruire gli organi da trapiantare. Un primo esperimento è andato in porto all' Università della California. Tra una grande scoperta scientifica e la sua applicazione pratica non passano mai meno di vent'anni. Ed è facile prevedere che in questo caso ce ne vorranno anche di più.

Sarà vera gloria? Difficile dirlo e possiamo solo metterci nella diposizione d' animo di attendere e seguire con interesse. Le prospettive sono indubbiamente eccitanti, anche per il concomitante progresso in tutte le tecniche genetiche e cellulari.

EMBRIONEEMBRIONE
Se proprio l' obiettivo pratico non fosse facile da raggiungere, avremmo sempre imparato qualcosa di biologia e della biologia più profonda e viva. In fondo questo è il vero ruolo della scienza: imparare, diffondere e imparare ancora. Se poi c' è anche un vantaggio pratico, meglio. Di solito le applicazioni pratiche non mancano mai, anche se spesso vengono dalla direzione da cui non ci si aspettava che venissero.

Fonte: qui

GREMBIULINI A 5 STELLE - IL GRAN MAESTRO PILLONI: ’34 MASSONI NELLE LISTE DEL MOVIMENTO’.


E REPLICA A DI MAIO: ‘VIETARE LA CANDIDATURA A CHI APPARTIENE ALLE LOGGE È CONTRO LA COSTITUZIONE. A PARTE 3 O 4, I RESTANTI CANDIDATI APPARTENGONO TUTTI A LOGGE SPURIE, OSSIA ALLA MASSONERIA IRREGOLARE, QUELLA NON RICONOSCIUTA’

Chiara Giannini per www.ilgiornale.it
LUIGI DI MAIOLUIGI DI MAIO

«Mi è giunta notizia che i massoni (la maggior parte di essi tutti delle logge irregolari) candidati nelle liste dei 5 stelle siano 34»: Gian Franco Pilloni, serenissimo Gran maestro della Loggia d'Italia Umsoi (Unione massonica stretta osservanza iniziatica) di Cagliari e decretato ad agosto 2016, a Chicago, anche Gran maestro onorario ad vitam delle Grandi logge americane, non tarda a replicare a Luigi Di Maio, che nei giorni scorsi aveva attaccato la massoneria annunciando che avrebbe denunciato tre candidati che hanno omesso di dire di esservi iscritti.

«Una decisione - aveva detto il leader dei pentastellati - presa affinché tutti i cittadini possano votare serenamente il Movimento». Dichiarazioni che hanno scatenato le ire dei grembiuli.
gian franco pilloniGIAN FRANCO PILLONI

«Come fa una persona che dice cose del genere - si chiede Pilloni - a proporsi per guidare il Paese? Non basta professarsi onesti per avere questo ruolo». In nome dell'obbedienza il Gran maestro dice di non poter rivelare di più. «Chiedetevi - spiega al Giornale - perché nessuno si è permesso di dare smentite su questo dato. Nell'ambiente, però, è ovvio che sappiamo chi siano. Dei 34 che ho citato posso rivelare che, a parte 3 o 4, i restanti appartengono tutti a logge spurie, ossia alla massoneria irregolare, quella non riconosciuta». Di questi, secondo fonti accreditate, sei proverrebbero dalla Calabria. Per chiarire cosa siano le logge irregolari basta rifarsi alla storia.

A spiegarlo proprio Pilloni: «Le potenze massoniche al mondo sono tre: la Gran Loggia d'Inghilterra, la Grandi logge americane e il Grande oriente di Francia. Dopo lo scandalo della P2 il riconoscimento al Goi da parte di inglesi e americani venne revocato. Oggi obbedienze riconosciute sono la Gran loggia regolare d'Italia, che ha l'assenso della Gran loggia d'Inghilterra, la Gran loggia degli alam (obbedienza mista uomini e donne e riconosciuta dal Grande oriente di Francia) e poi la Gran loggia d'Italia Umsoi avallata da quelle americane. Tutto il resto è massoneria fai da te».

Pilloni prosegue: «Ovvio che sul mio territorio io sappia chi è un massone di obbedienza condominiale e chi, invece, non lo è, anche perché la regola, tra massoni, è quella di dichiararsi». Gli appartenenti alle varie logge, pertanto, conoscono sia chi fa parte di realtà regolari, sia chi fa parte di quelle irregolari.
DI MAIO LONDRADI MAIO LONDRA

«Posso dire - racconta il Gran Maestro - che se un fratello si fosse candidato coi 5 stelle gli avrei fatto un provvedimento disciplinare perché noi garantiamo l'assoluto rispetto dell'io, dell'individuo, ma tu non puoi andare a sposare una causa di una persona che dice che i massoni non sono candidabili. Noi per principio non sponsorizziamo partiti politici, ma portiamo avanti gli uomini che sono degni di rappresentare il popolo nelle istituzioni». E tiene a dire: «Mai nessun partito politico si è espresso in questa direzione. È la prima volta e questo atteggiamento va contro ciò che dice la Costituzione».

Chi vorrebbe la massoneria alla guida del Paese? «Posso solo esprimere un'opinione personale - conclude Pilloni - Penso in questo momento sarebbe utile una persona super partes, un grosso manager alla Marchionne, per intenderci. Che penso di Silvio Berlusconi? Che sia un uomo di cui bisogna avere massimo rispetto perché chi dà lavoro a decine di migliaia di persone, senza mai averne licenziata una e paga fiumi di tasse allo Stato può solo avere la mia ammirazione».

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IL PRESIDENTE MADURO LANCIA IL ‘PETRO’, VALUTA DIGITALE GARANTITA DAL PETROLIO PER AGGIRARE LE SANZIONI OCCIDENTALI AL VENEZUELA

OGNI PETRO-TOKEN È GARANTITO DA UN BARILE DI GREGGIO, PER UN VALORE TOTALE DI 6 MILIARDI DI DOLLARI - ANCHE LA RUSSIA PENSA A UN CRIPTORUBLO, MA PER MOLTI NON SI TRATTA NEANCHE DI UN SIMIL-BITCOIN: ‘È UNA VENDITA FORWARD DI PETROLIO’

Pierangelo Soldavini per www.ilsole24ore.com
NICOLAS MADURONICOLAS MADURO

Nicolas Maduro l’aveva preannunciato e ora passa dalle parole ai fatti: il Venezuela lancia oggi la sua criptovaluta, il Petro, una moneta digitale garantita dal petrolio che nei fatti è uno strumento del regime chavista per cercare di aggirare le sanzioni occidentali. L’operazione prevede l’emissione di cento milioni di petro-token, ciascuno garantito da un barile di greggio, per un valore totale che nelle stime del Governo di Caracas sarà pari a 6 miliardi di dollari.

Ma i dubbi sull’operazione non mancano, a partire dalla reale copertura di greggio, che non sarebbe sufficiente e garantire l’emissione del Petro: si tratterebbe infatti di petrolio non ancora estratto dal pozzo Ayacucho 1 nell’Orinoco e per di più non nella completa disponibilità di Caracas, essendo estratto da una joint venture. L’opposizione ha contestato duramente l’utilizzo del petrolio per coprire il debito del Paese. Il Tesoro americano ha inoltre già messo in chiaro che qualsiasi acquisto di Petro sarà considerato alla stregua di una violazione delle sanzioni imposte da Stati Uniti ed Europa.

L’operazione nei dettagli
Il Petro sarà collocato da oggi al valore del barile di greggio, pari a 60,40 dollari sulla base della media delle quotazioni della scorsa settimana per un totale di poco superiore ai sei miliardi. L’emissione dovrebbe essere effettuata in due tranche, stando ai documenti di presentazione: un private placement di 38,4 milioni di unità dal valore facciale di 2,3 miliardi di dollari che saranno collocate con uno sconto fino al 60% e altri 44 milioni di monete offerte al pubblico. La restante quota rimarrà in mano al Governo.
maduroMADURO

Il valore totale sarà quindi inferiore ai sei miliardi auspicati da Caracas, dal momento che gli stesso consulenti del Governo per l’operazione si sono dimostrati scettici sul valore facciale della valuta.

Manovra contro le sanzioni
Nelle intenzioni le valute dovrebbero essere utilizzate per aggirare le sanzioni permettendo alle aziende di non utilizzare valuta estera e potranno essere usate per il pagamento delle imposte. Non potranno essere acquistate in bolivar, la valuta venezuelana il cui valore continua a deteriorarsi sotto i colpi dell’iperinflazione a tripla cifra e della crisi economica che sta attraversando il Paese sudamericano.
l ex presidente chavez e maduroL EX PRESIDENTE CHAVEZ E MADURO

In realtà l’emissione sarà utilizzata per raccogliere valuta forte e coprire il debito venezuelano: l’isolamento economico che ha fatto seguito alla deriva autoritaria del Governo Maduro, erede di Hugo Chavez, blocca infatti la possibilità di finanziamento sui mercati internazionali e frena le vendite di petrolio, la vera ricchezza nazionale. Si tratterebbe quindi di una mossa della disperazione da parte di Caracas.

Per questo già un mese fa il Tesoro Usa ha messo in chiaro che l’investimento in Petro rappresenterebbe «un’estensione del credito» al Paese, andando quindi a violare le sanzioni occidentali ed esponendo «gli autori a rischi legali».
la blockchainLA BLOCKCHAIN

Anche Mosca ci pensa
Esistono anche dubbi che si tratti in effetti di una criptovaluta. Il deputato venezuelano Jorge Millan l’ha definita «una vendita forward di petrolio nazionale». Stando ai documenti di presentazione, la valuta sarà un token che utilizzerà la blockchain di Ethereum, la seconda criptovaluta per capitalizzazione. A differenza dei Bitcoin, i Petro non saranno creati nel corso del tempo, ma sono emessi tutti in una volta, facendoli assomigliare a un’altra criptovaluta, il Ripple.

BLOCKCHAIN1BLOCKCHAIN
L’esempio venezuelano potrebbe essere seguito a breve da Mosca, che ha annunciato di avere allo studio un progetto di criptovaluta, un criptorublo da utilizzare per aggirare le sanzioni occidentali. Ma Vladimir Putin non ha ancora indicato una tempistica.

Fonte: qui