LA PATERNITÀ DI ZAMPETTI AVRÀ I SUOI RIFLESSI ANCHE NEL DISEGNARE LA TECNO-STRUTTURA CHE ACCOMPAGNERÀ IL GOVERNO E IN MOLTI CASI GOVERNERÀ NELL'OMBRA PIÙ DEI MINISTRI…
MATTARELLA CONTE ZAMPETTI
C'è un solo nome da fare per capire qualcosa dei roboanti tre mesi che hanno portato alla formazione del governo di Giuseppe Conte: Ugo Zampetti. Non ci fosse stato il segretario generale del Quirinale probabilmente quell' esecutivo non sarebbe mai nato, e di sicuro il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si sarebbe per carattere e per storia politica arreso assai prima. Zampetti che - come lo fu al suo tempo Gaetano Gifuni - è il più alto e potente funzionario pubblico, ha insistito fino all' ultimo, anche a costo di stravolgere ogni prassi istituzionale.
UGO ZAMPETTI
Probabilmente il dream team del Quirinale avrebbe fatto a meno volentieri di portare al governo Matteo Salvini, che spaventa assai più di Luigi Di Maio e del M5S, ma non c'era altra possibilità. E chi conosce bene Zampetti racconta come il suo principio fondamentale sia quello di cercare di ricondurre ogni tentazione estrema nell' alveo parlamentare.
Operazione che con i 5 stelle aveva già avuto tentativi riusciti la scorsa legislatura, fin dal primo giorno, quando Di Maio venne eletto vicepresidente della Camera e all'epoca Zampetti era ancora segretario generale della Camera (il secondo più longevo nella storia repubblicana, visto che iniziò nel 1999 con Luciano Violante).
ZAMPETTI MATTARELLA
Questa caparbietà nel domare il drago grillino ha portato più di una sbavatura istituzionale, come è accaduto prima delle elezioni quando fu Zampetti a ricevere la lista dei ministri del possibile governo a cinque stelle: lista che poi è stata sfrondata dalla necessaria alleanza con Salvini, ma che per qualche pedina si è tradotta in realtà, visto che nel vero governo sono effettivamente entrati (qualcuno in posizione diversa) lo stesso Di Maio, Conte, Adriano Bonafede, Riccardo Fraccaro, Elisabetta Trenta, Sergio Costa e Alberto Bonisoli.
ZAMPETTI UGO
La paternità di Zampetti avrà i suoi riflessi anche nel disegno della tecno-struttura che accompagnerà la squadra gialloverde e in molti casi governerà nell'ombra più dei titolari che non hanno esperienza ministeriale con pochissime eccezioni (Paolo Savona e Enzo Moavero).
Visto che si capiva da tempo che il M5S avrebbe fatto il salto dall'opposizione al potere, molti alti funzionari e grand commis si erano fatti sotto per tempo, collaborando in modo non sempre visibile con i grillini. Un ruolo di primo piano l'ha avuto in questa operazione l' uomo-ombra di Di Maio, quel Vincenzo Spadafora che aveva un' agenda fitta di numeri e relazioni importanti essendo saltato di volta in volta su diversi carri (da quello di Francesco Rutelli a quello di centrodestra all'epoca in cui Mara Carfagna era ministro e disegnò per lui il Garante dell'infanzia).
RIVOLUZIONE MA NON TROPPO
LUIGI DI MAIO E MATTEO SALVINI
La filosofia «rivoluzionaria» dei grillini non è mai stata tale all'interno delle istituzioni. Anzi. La prima cosa che li ha contraddistinti già nel 2013 è stato l'armistizio siglato con la tecnostruttura. Mai una polemica sul personale della Camera, mai un attacco a questo o quel dirigente. L'esatto contrario di quel che fece Matteo Renzi. Quella rete del potere reale del palazzo, il cuore del governo oggi non è affatto ostile ai grillini, e avrebbe avuto assai più problemi con il solo Salvini. I cinque stelle non sono temuti perché - a torto o a ragione - vengono ritenuti manovrabili, sensibili ai consigli di questi signori-ombra.
ROBERTO GAROFOLI, CONSIGLIERE DI STATO
Così in queste ore proprio gli uomini più potenti di questi lustri, che hanno fatto il bello e il cattivo tempo con governi di natura assai diversa, sono tornati in campo per ambire alle stanze dei bottoni del nuovo esecutivo. Uomini come Vincenzo Fortunato, il gran mandarino del ministero dell'Economia (ma anche buon conoscitore della Giustizia, degli Esteri e delle Infrastrutture), che è riuscito ad essere di stretta fiducia di personaggi diversissimi fra loro come Giulio Tremonti, Antonio Di Pietro e Mario Monti.
VINCENZO FORTUNATO SCUOLA ECONOMIA
O come Roberto Garofoli, che da anni fa la spola fra palazzo Chigi e il Tesoro. O ancora Vito Cozzoli, cresciuto nella squadra degli Zampetti boys, già fedelissimo di Federica Guidi e ora sembra dello stesso Di Maio.
Ma la lista di chi ha aperto il cuore ai 5 stelle è già lunghissima (da Francesco Sylos Labini del Cnr a Roberto Moneta dell' Enea, dall' ex capo ufficio analisi dei servizi Alfredo Mantici all' ex prefetto Adriano Soi) ed è destinata ad allungarsi molto: bastava osservare la lunga fila di stellette, carabinieri e funzionari che la sera del primo giugno aspettava nei giardini del Quirinale di presentarsi al giovane vicepresidente del Consiglio che aveva appena giurato. Anche loro pronti a giurare fedeltà.