9 dicembre forconi: 10/19/18

venerdì 19 ottobre 2018

''ECCO COME LAVORANO LE AGENZIE DI RATING QUANDO DEVONO DARE UN GIUDIZIO A UNA BANCA ....''


''MANDANO UN PAIO DI ANALISTI GIOVANISSIMI. CONVENEVOLI E PRANZO NEL RISTORANTE PIÙ COSTOSO. POI, LA FATIDICA DOMANDA: 'CI DATE L'ULTIMO RAPPORTO ISPETTIVO DI BANKITALIA?' 

E SU QUELLO SCRIVEVANO IL REPORT. 

FINE. 

ORA SCOPIAZZERANNO IL LORO 'GIUDIZIO' DALLA LETTERINA INVIATA DA MOSCOVICI AL GOVERNO. E PENSARE CHE DRAGHI...'' (FABIO DRAGONI)


MA NON CI SONO SOLO I SOVRANISTI: LEGGETE L'EDITORIALE DURISSIMO DEL VICEDIRETTORE DEL ''SOLE'' SUI PATTEGGIAMENTI DEL ''CLAN DEL RATING'' E I LORO GIUDIZI FARLOCCHI


Fabio Dragoni, imprenditore e manager, su Twitter
Ora vi racconto come ragionano le agenzie di rating. Anche se in parte lo sapete già. Ma lo faccio portandovi la mia esperienza. Fra il 1999 ed il 2010 ho infatti svolto l’attività di rating advisor
agenzie di rating le proprietaAGENZIE DI RATING LE PROPRIETA'
Il Rating Advisor in pratica assiste il cliente ( nel mio caso quasi sempre una banca) che chiede e quindi desidera avere un rating.
Il desiderio di avere un rating è giustificato dal fatto che il giudizio di un’agenzia (soprattutto se lusinghiero) apriva alle banche (specie le più piccole) la possibilità di piazzare obbligazioni presso investitori istituzionali o esteri altrimenti irraggiungibili.
Questo fino al 2009-2010. Da allora il mercato dei capitali si è nel settore dei private placement molto ridimensionato. E per le banche esisteva un canale di finanziamento molto più comodo con tanti saluti al mercato e al rating. La BCE coi suoi rifinanziamenti.
Ma torniamo a noi. I clienti volevano il rating. Quel giudizio era una vetrina. Non avevi bisogno di presentarti o “improfumarti” più di tanto. Il rating parlava per te. E tu potevi arrivare ad investitori irraggiungibili purché avessi un giudizio superiore almeno a BBB-.

rating jpegRATING
Le agenzie di rating -che come giustamente dice @Rinaldi_euro è improprio chiamarle tali perché l’appellativo le fa apparire organismi sovranazionali mentre invece sono società pagate da chi riceve il giudizio- arrivavano alla visita con 2-3 giovanissimi analisti
Molta scena tanto convenevoli. Solite check list. Dopodiché a pranzo nel ristorante migliore. Ma il momento topico della visita in cui veniva deciso il giudizio era uno ed uno solo. Anche se loro non potevano ammetterlo. Pena banalizzare il loro intervento
L’agenzia di rating chiedeva: “fateci vedere l’ultimo verbale relativo al rapporto ispettivo di #Bankitalia. Non preoccupatevi. Siamo uomini di mondo. Conosciamo i toni che usa. Non ci faremo influenzare”

agenzie di rating le proprietaAGENZIE DI RATING LE PROPRIETA'
Dovete infatti sapere che una banca viene ispezionata da capo a piedi da #Bankitalia almeno una volta ogni 3-4 anni ammesso che tu non abbia problemi. Nel qual caso ritorna almeno una volta ogni 12-18 mesi.
#Bankitalia rovescia la banca come un calzino. Occupa gli mesi e mesi con gli ispettori che vengono da lontano (per evitare connivenze) e che incassano gustosi rimborsi spese. Apre la corrispondenza. I cassetti etc...
L’ispezione termina col duello rusticano sulle valutazioni dei crediti. Più alte sono le svalutazioni rispetto al bilancio maggiori le perdite inattese.
ratingRATING
Gli ispettori se ne vanno e tornano dopo poche settimane col rapporto ispettivo. Toni molto duri anche se l’ispezione è andata bene. La lunghezza ti faceva capire tutto. Pochi rilievi (una pagina e mezzo) eccellente. 3-4 pagine insomma. Oltre 5 qualche problemino.
agenzie ratingAGENZIE RATING
Le sanzioni agli amministratori (come ben sa chi ha fatto l’amministratore ad esempio @borghi_claudio) sono all’ordine del giorno
Bene torniamo a noi. Gli analisti dell’agenzia si prendono copia del rapporto et voilà il gioco è fatto. Useranno quelle valutazioni le riscriveranno a modo loro con un meccanismo di conversione/traduzione che ero arrivato a padroneggiare ed il rating quello era in pratica se gli mandavamo il rapporto per email ci risparmiavamo tempo e costo del pranzo. Ecco ora che sapete come funzionano le agenzie immaginatevi quello che faranno con questa lettera quando dovranno confermare o meno il rating all’Italia.
MOODYS RATINGMOODYS RATING
L’impatto delle agenzie nella vita degli investitori è enorme. Un voto in meno rispetto a BBB- e tantissimi investitori istituzionali per regolamento interno non possono investire in obbligazioni con rating più basso alla BBB-
Le stesse banche centrali uniformano i propri criteri di valutazione al fatto che i soggetti vigilati acquistino o meno asset con valutazioni superiori o inferiori alla BBB- (soglia minima di investment grade)
LETTERA DI DOMBROVSKIS E MOSCOVICI SULLA MANOVRALETTERA DI DOMBROVSKIS E MOSCOVICI SULLA MANOVRA
Non sto a spiegarvi che quando ho iniziato a fare questo lavoro l’Italia aveva AA (due gradini sotto il massimo dei voti) e ci scandalizzavamo che non avesse il massimo AAA
Vi era poi una regola esplicita che gli analisti non scritta. Nessun cliente (per quanto figo fosse) poteva avere un rating superiore al rating sovrano (SOVRANO) di riferimento. Cioè GENERALI poteva pure avere numeri da AAA ma non poteva valere più dell’Italia
Oggi Generali ha una A- e su altri BBB+ con l’Italia che da BBB verrà retrocessa a BBB- grazie a questa lettera
Dimenticavo. All’inizio del suo mandato Draghi aveva provato a ridimensionare il ruolo delle agenzie di rating senza riuscirci. Del resto sul tema era stato chiarissimo
DRAGHI CONTRO LE AGENZIE DI RATINGDRAGHI CONTRO LE AGENZIE DI RATING
Spero che questi miei tweet vi aiutino a capire meglio. Grazie


BOND, IL CLAN DEI RATING COLPISCE ANCORA: TITOLI TOSSICI CLASSIFICATI TRIPLA A
Alessandro Plateroti per ''Il Sole 24 Ore''
Domanda da un miliardo e mezzo di dollari: è possibile dare un rating senza accorgersi che il bond è di una mucca e non di un banchiere? È quanto si è chiesta la Sec dopo la scoperta nei server di Standard & Poor’s di un messaggio un po’ strano: «I nostri modelli di analisi non riescono a catturare la metà dei rischi di un derivato sui mutui: se ci chiedessero di valutare un bond strutturato da una mucca, daremmo un rating anche a quello».
Ecco com’è finita: dopo tre anni di infruttuosa battaglia giudiziaria, quel messaggio ha convinto il colosso dei rating a chiudere in gran fretta e con un patteggiamento record da 1,3 miliardi di dollari l’inchiesta federale sulle manipolazioni dei rating nella crisi dei mutui. E questo, dopo aver già patteggiato poco prima un’altra sanzione da 150 milioni di dollari per chiudere un altro filone di inchiesta sulle “valutazioni allegre” dei derivati immobiliari.
Guan Jianzhong presidente DagongGUAN JIANZHONG PRESIDENTE DAGONG
In totale, dopo aver rifiutato qualunque ipotesi di accordo per oltre tre anni, la prima agenzia di rating del mondo ha saldato quindi con un assegno da un miliardo e mezzo di dollari buona parte delle battaglie legali sul decennio degli scandali e non solo negli Stati Uniti. In India, per esempio, il governo è stato appena costretto a nazionalizzare la IF&LS (si veda articolo in basso), una «banca ombra» che le agenzie di rating consideravano «tripla A», cioè il massimo della sicurezza: in realtà, annaspava tra i debiti da più di un anno.
Solo il 7 agosto, quando il default è diventato chiaro a tutti, l’agenzia di rating Icra l’ha declassata a doppia A, appena al di sotto del voto più alto della scala. A fine ottobre, la bancarotta è stata ufficializzata, ma il rating non era cambiato. Casi analoghi in Cina e in Russia: alla Dagong, la più grande agenzia di rating cinese, è stato vietato dal governo di prendere nuovi clienti per almeno un anno, oltre al divieto di emettere valutazioni sui derivati fino a nuovo ordine.
dagong RATINGDAGONG RATING
E solo lunedì 15 ottobre, è scoppiato il caso della Xinjiang Production and Construction Corps, una banca ombra cinese arrivata al con un rating (da poco tagliato) doppia A dell’agenzia Shanghai Brilliance Credit Rating & Investors Service Co: anche in questo caso sono scattate le contromisure del governo. E questi sono due esempi tra i tanti. Dall’America all’Europa, dalla Russia alla Cina, una miriade di sanzioni, risarcimenti e nuove inchieste hanno riportato alla luce gli stessi problemi di dieci anni fa: governance inconsistente, controlli interni inadeguati, conflitti di interesse e modelli di analisi dei derivati di cui nessuno riesce a capire logica e funzionamento. Compreso chi fa i rating: come Moody’s, per esempio.
FITCHFITCH
La seconda agenzia del mondo per quota di mercato è stata costretta a patteggiare 60 giorni fa una multa di oltre 15 milioni di dollari per violazioni sulle procedure di calcolo che applica regolarmente su alcune classi di bond: in 54 casi non è neppure riuscita a spiegare per quale motivo i rating assegnati fossero materialmente diversi dai risultati impliciti previsti dai modelli di valutazione utilizzati per i derivati. Se si pensa che solo in Europa circolano derivati che hanno un valore nozionale di oltre 660mila miliardi di euro, il problema non è di poco conto.
E tenerlo presente è importante anche in vista del probabile scontro in arrivo tra il governo italiano e le agenzie di rating: Moody’s deciderà infatti entro il 26 ottobre se declassare il debito sovrano, aprendo la strada alle altre due grandi concorrenti. Anche per questa ragione - e non certo per vendetta - Il Sole 24 Ore ha messo sotto osservazione il divario tra gli impegni presi formalmente dalle «Big Three» nei loro patteggiamenti con la realtà dei fatti e l’opinione del mercato. Il risultato è preoccupante.
Obama firma legge Dodd FrankOBAMA FIRMA LEGGE DODD FRANK
Riforme e risultati
Sulla carta, gli Stati Uniti hanno risposto nel 2010 all’ondata di scandali con la legge «Dodd–Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act», mentre l’Europa ha affidato nel 2011 all’Esma, l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, la vigilanza e la stretta regolatoria contro gli abusi delle agenzie di rating. Ebbene,i cambiamenti su cui si puntava di più - come l’apertura a nuove agenzie, l’introduzione di nuovi strumenti di vigilanza, la trasparenza sulle metodologie d’analisi e il potenziamento dei controlli interni - non sono mai arrivati.
Le Big Three continuano a spartirsi il 95% del mercato mondiale e un solo concorrente, Dbrs, sfiora a malapena il 2%: gli altri operatori hanno quote di mercato inferiori all’1%. Nel caso dell’Europa a difendere l’oligopolio sono le stesse regole pensate per romperlo: i requisiti imposti dall’Esma per ottenere la licenza di agenzia riconosciuta sono talmente elevati e costosi da scoraggiare nuovi ingressi sul mercato.
Ma è davanti alla giustizia che il «Clan dei rating» sembra davvero intoccabile: mentre le prime dieci banche internazionali hanno pagato multe che viaggiano oltre i 400 miliardi di dollari, le sanzioni contro le agenzie di rating superano di poco i due miliardi . Non solo. I patteggiamenti più importanti sono stati inspiegabilmente secretati nella primavera del 2013, quando Moody’s e Standard & Poor’s chiusero con dei settlement due grandi cause che si trascinavano dal 2008.
STANDARD AND POOR'SSTANDARD AND POOR'S
In quei dossier, si dice, ci sarebbero tutti gli elementi per far luce sulle manipolazioni dei rating e sull’intero sistema di complicità alla base dello scandalo: il giudice archiviò le denunce con la clausola del «prejudice», una formula che impedisce a chiunque di riavviare cause basate sulle stesse ipotesi di reato. Non è un caso, insomma, se dieci anni di inchieste abbiano all’attivo solo cinque patteggiamenti e pochi spiccioli in risarcimenti. Ecco come e perché.
Differenza tra rating e opinioni
Da quarant’anni, i rating diffusi pubblicamente godono della protezione del Primo Emendamento della Costituzione americana, perché equiparati alle opinioni o ai normali pareri. Così, grazie allo scudo della libertà di espressione, le agenzie si sono sottratte da ogni responsabilità civile per i loro errori, tranne che per le frodi. Per rivalersi delle perdite subite a causa dei rating sbagliati, gli investitori sono costretti a provare l’esistenza di comportamento doloso, o come si dice in inglese «malevolo»,dimostrando che l’agenzia era consapevole dell’inattendibilità dei rating.
STANDARD POORSTANDARD POOR
Con la riforma Dodd Frank la situazione sarebbe dovuta cambiare radicalmente. La legge prevedeva infatti in modo esplicito che i rating non sono opinioni e che quindi, in caso di errore serio, gli investitori danneggiati hanno il diritto di ricorrere al giudice contro le agenzie come avviene per tutti gli intermediari finanziari. La reazione è stata violenta: all’abrogazione del privilegio (la cosiddetta Rule 436) le agenzie hanno risposto rifiutandosi di emettere rating per alcuni nuovi prodotti finanziari, potenzialmente soffocando l’accesso del sistema alle fonti di valutazione del merito creditizio.
Invece di punirle, la Sec ha fatto il contrario: in una lettera di non intervento ha intimato alle procure federali e statali di non avviare azioni legali contro le agenzie se i prodotti finanziari richiedono obbligatoriamente un rating. L’ingiunzione sarebbe dovuta scadere il 24 gennaio 2011, ma è stata poi prorogata indefinitamente, ristabilendo lo scudo normativo. Se non cambia il sistema, ci sarà sempre il rischio che qualcuno confonda mucche e banchieri.
Fonte: qui
RATING TRIPLA A STANDARD E POORRATING TRIPLA A STANDARD E POOR

SALLUSTI: “COMINCIAMO A PENSARE CHE DI MAIO NON SIA SOLO UN DILETTANTE MA PURE UN IMBECILLE. O HA AVUTO LE TRAVEGGOLE O SI E’ INVENTATO TUTTO PER GIUSTIFICARE IL FATTO CHE HA FIRMATO UNA LEGGE SENZA CAPIRLA”


FELTRI: “AL DI LÀ DEL GIALLO DEL DECRETO FISCALE, CHE FORSE È UNA BARZELLETTA, RIMANE UN PROBLEMA DI DIFFICILE SOLUZIONE: CHI È IL PIÙ CRETINO DEL REAME? UN SOSPETTO LO AVREI…”

PEGGIO CHE BUFFONI
Alessandro Sallusti per “il Giornale”

SALLUSTISALLUSTI
Questi giocano a fare i ministri e inesorabile la Borsa cala, bruciando risparmi ormai in modo irrecuperabile almeno sul breve-medio, e lo spread sale accumulando debito pubblico e privato. Pensavamo che Di Maio fosse soltanto un dilettante, dopo quello che è successo l'altra sera con la denuncia del «decreto legge sul condono manomesso» cominciamo a pensare che sia pure imbecille. A memoria non si è mai visto un vicepremier che in diretta tv annuncia di voler portare a giudizio qualche suo collega per «manomissione di decreto legge».
LUIGI DI MAIOLUIGI DI MAIO

Ed è incredibile che lo stesso venga smentito e spernacchiato poco dopo addirittura dal presidente della Repubblica, che quel testo non l' ha mai visto e tantomeno ricevuto - né integro né taroccato - per la controfirma. Quindi i casi sono due. O Di Maio ha avuto le traveggole oppure si è inventato tutto per giustificare il fatto che ha firmato una legge senza leggerla o capirla. In ogni caso siamo di fronte a un suo reato, sicuramente politico e probabilmente penale, quello di procurato allarme sui conti pubblici.
luigi di maioLUIGI DI MAIO

Non sarà un caso che ieri mattina i mercati l' abbiano presa male e che la più potente organizzazione di Confindustria, l' Assolombarda, per bocca del suo presidente Carlo Bonomi (non certo un incendiario) ha lanciato un deciso «allarme governo».

Pensateci: come fa un imprenditore a programmare i suoi investimenti quando non sa se, quando e come, le tasse caleranno; se non ha chiaro se, quando e come, potrà pensionare i suoi dipendenti; se non può capire se, quando e come, ci sarà un condono; se è all' oscuro di se, quando e come, le grandi opere pubbliche partiranno; se non ha certezze sul fatto che l' Italia ha intenzione di rimanere nella Comunità europea, eccetera eccetera. Con i «se» i politici, soprattutto questi del nuovo corso, campano alla grande, ma con i «se» un imprenditore rischia il fallimento.

luigi di maio con la repubblicaLUIGI DI MAIO CON LA REPUBBLICA
Quando c' è qualche cosa che gli va storto Di Maio se la prende sempre e solo con (...
) (...) gli altri. Dal presidente della Repubblica (richiesta di impeachment) ai tecnici del ministero (minaccia di andarli a prendere con i coltelli), dallo spread che sale alla retromarcia rispetto alle promesse elettorali su Ilva, Tap, ponte di Genova, vaccini, università a numero aperto e ora condono, vigliacco che una volta dica: scusate, sono stato un buffone. No, è sempre colpa di qualcun altro: dell' Europa cattiva, dei predecessori ladri, dell' alleato infido. Sospetto che più che a un buffone siamo di fronte a uno la cui definizione finisce sempre per «...one» ma non inizia per «buff...». E che si è convinto di poter prendere tutti noi per poveri «...oni».
vittorio feltri (3)VITTORIO FELTRI

NESSUN ALLARME PARLANO TANTO MA COMBINANO POCO
Vittorio Feltri per “Libero Quotidiano”

Un po' di sano realismo per capire la situazione politica. Premessa. La Borsa regge, lo spread tutto sommato si mantiene a livelli accettabili e altri indicatori economici e finanziari non sono negativi. Cosa vuol dire? I mercati e gli stessi cittadini, nonostante le sparate del governo (specialmente della massiccia parte grillina), non tremano di paura davanti a certe follie imbarazzanti, per esempio quella relativa al reddito di cittadinanza, troppo oneroso per le vuote casse dello Stato. 

In altre umili parole, pochi di coloro che contano nel Paese credono nella realizzazione dei programmi onirici di Di Maio.

MICHELE EMILIANO LUIGI DI MAIOMICHELE EMILIANO LUIGI DI MAIO
In effetti, il ministro del Lavoro, dopo aver promesso al proprio elettorato mari e monti, ha dovuto rinunciare sia alle spiagge sia alle vette, rimanendo nella più piatta pianura. Voleva chiudere l' Ilva e l' ha obbligatoriamente tenuta aperta; si era impegnato a ostacolare il gasdotto pugliese che, invece, si farà perché indispensabile. Infine si è accorto che il reddito di cittadinanza non si può elargire per mancanza di fondi e ora sta cercando il modo per ridimensionare le somme da distribuire a chi non sgobba. Meglio così.

MICHELE EMILIANO LUIGI DI MAIOMICHELE EMILIANO LUIGI DI MAIO
Restano in piedi alcuni interrogativi inquietanti, per esempio il livellamento verso l'alto delle tariffe relative alla responsabilità civile delle assicurazioni. Il quale danneggerebbe gli automobilisti del Nord e agevolerebbe quelli del Sud, dediti all' imbroglio, cioè coloro che simulano incidenti e si fanno rimborsare le spese dalle Compagnie, costrette a pagare danni inesistenti.

Per togliere le penalizzazioni ai meridionali, sarebbe necessario aumentare gli oneri a carico dei settentrionali. Se passasse simile assurdo provvedimento, Salvini verrebbe schiacciato dalle proteste dei suoi supporter, e addio primato alle urne europee. Pare evidente che tale schifezza sarà cancellata per mano leghista.

luigi di maio 3LUIGI DI MAIO 
Un'ultima questione, le provvidenze ai giornali, quattro soldi in favore della stampa non speculativa, per esempio il quotidiano dei vescovi, l'Avvenire e Libero. Giggino pretende di depennarle forse perché odia la libertà di pensiero, ritenendo il proprio l' unico accettabile. Ignora che in quasi tutte le Nazioni del continente usa sostenere in modesta misura le pubblicazioni che contribuiscono al dibattito politico. Ma non è il punto.

È un fatto che l'abolizione delle prebende editoriali non è contemplata nel cosiddetto contratto tra pentastellati e leghisti, per cui ci appelliamo a Salvini affinché si opponga al taglio insensato. Per quanto riguarda la mannaia pronta a colpire le pensioni destinate a chi ha versato i contributi per una vita, occorre affidarsi alla Corte costituzionale.
luigi di maio 1LUIGI DI MAIO 

Le leggi retroattive sono illegali. Nonostante ciò, gli italiani, quelli che hanno un peso, non si stracciano le vesti, essendo persuasi che Di Maio e soci, pur essendo sprovveduti, non lo siano completamente. Pertanto si rassegneranno a comportarsi bene, evitando di sfasciare l' esecutivo. Tanto è vero che, almeno finora, non si è registrata la temuta catastrofe. Sperèm.

P.s. Per ciò che concerne il decreto fiscale che, secondo Giggino, sarebbe stato truccato da una manina misteriosa, la quale avrebbe introdotto nel testo elementi non concordati dalla maggioranza, non siamo in grado di capire cosa sia successo nelle austere stanze del governo. Due sono le ipotesi: o il ministro del Lavoro è stato imbrogliato o è stato lui a imbrogliare le carte. La seconda mi sembra la più probabile. Ma al di là di questo giallo, che forse è una barzelletta, rimane un problema di difficile soluzione: chi è il più cretino del reame? Un sospetto lo avrei, però non lo svelo perché penso ce l' abbia anche il lettore. In ogni caso il documento in questione, taroccato o no, non è mai arrivato al Quirinale. La comica continua.

Fonte: qui

The End Is Now In Sight: Rising Interest Rates Start Popping Bubbles

After a year of gradual interest rate increases, rates are finally high enough to start popping bubbles. Here are just two examples…
Towards the end of economic expansions, interest rates usually start to rise as strong loan demand bumps up against central bank tightening.
At first the effect on the broader economy is minimal, so consumers, companies and governments don’t let a slight uptick in financing costs interfere with their borrowing and spending. But eventually rising rates begin to bite and borrowers get skittish, throwing the leverage machine into reverse and producing an equities bear market and Main Street recession.
We are there. After a year of gradual increases, interest rates are finally high enough to start popping bubbles. Consider housing and autos:
Mortgage Rates Up, Affordability Down, Housing Party Over
The past few years’ housing boom has been relatively quiet, but a boom nonetheless. Mortgage rates in the 3% – 4% range made houses widely affordable, so demand exceeded supply and prices rose, eventually surpassing 2006 bubble levels in hot markets like Denver and Seattle.
But this week mortgages hit 5% …
… and people have begun to notice. Here’s an example of the resulting media coverage:

Mortgage rates top 5 percent, signaling more home price cuts

Some of us out there still remember when the average rate on the 30-year fixed mortgage hit 9 percent, but we are not the bulk of today’s buyers. Millennials, now in their prime homebuying years, may be in for the rude awakening that credit isn’t always cheap.
The average rate on the 30-year fixed loan sat just below 4 percent a year ago, after dropping below 3.5 percent in 2016. It just crossed the 5 percent mark, according to Mortgage News Daily. That is the first time in 8 years, and it is poised to move higher. Five percent may still be historically cheap, but higher rates, combined with other challenges facing today’s housing market could cause potential buyers to pull back.
“Five percent is definitely an emotional level inasmuch as it scares prospective buyers about how high rates may continue to go,” said Matthew Graham, chief operating officer of MND.
Home sales have been sliding for much of this year, and total annual sales are expected to come in lower than last year. Affordability is the clear culprit. With rates now more than a full percentage point higher than a year ago, that adds at least $200 more to a monthly mortgage payment for a $300,000 loan. It also knocks some borrowers out of qualification because lenders are strict on how much debt a borrower can carry in relation to his or her income.
Some recent headlines illustrate the sudden shift in housing sentiment:
Auto Sales Run Out Of Gas
For autos, it’s the same general story, as low interest rates – in the form of 0% financing and too-good-to-be-true lease terms – produced the highest sales ever in 2016.

But lately a couple of things have happened: Everyone who could possibly qualify for a 7-year car mortgage has done so, depleting the pool of potential buyers. And interest rates have risen enough to make it uneconomic for car companies to keep offering yesterday’s crazy-low rates. From today’s Wall Street Journal:

Zero-Percent Financing Deals Fade From the New-Car Lot as Interest Rates Rise

Car buyers on the hunt for a 0% financing deal are going to have to look harder.
Auto lenders are pulling back on the no-interest financing offers that had become widespread in new-car ads and dealer showrooms for much of this decade. Cheap financing reinvigorated the U.S. auto industry’s sales following the recession, helping to keep monthly payments affordable and draw buyers from the used-car market, where lending rates are usually higher.
But as interest rates rose, the cost of such deals has increased, pinching profits for car makers that finance vehicles through their lending arms and must pay the difference to keep the rate at zero for the customer. With U.S. auto industry sales slowing, car companies are turning to other types of sale incentives, such as cash rebates and discount lease rates, to lure buyers to showrooms, dealers and industry analysts say.
“For a long time, everything was 0%,” said Adam Lee, chairman of Lee Auto Malls, a dealership chain in Maine. At first, buyers could find 0% finance deals on 48-month car loans, and then auto lenders started extending those deals to 60-month loans and eventually 72-month loans, he said. “There are fewer and fewer of those deals now,” Mr. Lee added.
In September, the percentage of new cars financed with an interest rate of 1% or less fell to 5.3% for the month, down from 8.2% in September 2017 and 11.7% in September 2016, the year U.S. auto sales peaked, according to market research firm J.D. Power.
No-interest loans have become even scarcer, accounting for 3.4% of all new-car financing in September, down from 9.1% two years ago, J.D. Power said.
The average financing rate for a new-car purchase was 5.75% in the second quarter, up from 4.82% two years ago when auto sales were at their strongest, according to Experian Automotive.
“You’re definitely seeing the entire industry pulling back,” said Jack Hollis, general manager of Toyota North America, of the scaling back of interest-free auto loans. “Obviously, interest rates rising is a reality in the marketplace, and we’re going to react.”
As this post was being written, Ford announced an 11% drop in monthly sales.
To sum this up, millions of Americans who were happily signing on the dotted line because of irresistibly cheap financing are done with that kind of thing. The companies selling cars and houses to these people are now desperately trying to cut their expenses to fit their much lower year-ahead sales projections. Those companies’ suppliers are scaling back in response, and so on down the line as two major industries go from boom to bust.
Housing and autos aren’t the only ones hitting a brick wall of higher interest rates. Lots of other businesses depend on their customers’ ability and willingness to borrow. They’ll be the subject of future posts in this series.

JPMorgan Expert: Illinois Bankruptcy Option Needed - True Debt, Pension, Health Costs Would Consume Half Of Revenue

His report released yesterday, The ARC and the Covenants, updates his earlier research comparing the percentage of state revenues needed to pay interest on general obligation debt, and meet all future pension and retiree healthcare obligations.[The link to the report appears to be working sporadically: https://www.jpmorgan.com/directdoc/ARC4_ES.pdf ]
Most states, he concludes, have manageable burdens (which he defines as 15% or less).
Not Illinois, which is far worst among the states. By his calculations, 51% of state revenue would have to go towards debt, pensions and retiree healthcare to reach full funding, and that would take 30 years. He assumes all pensions will earn 6% per year on invested assets. His comparison chart is below.
For the worst off states, particularly Illinois and New Jersey, Cembalest says a solution based on tax increases or higher employee contributions is probably neither economically or politically viable.
Hence, the bankruptcy option:
I participated in a seminar at Harvard’s Kennedy School last year, and there was a sense that the US should use the Promesa legislation for Puerto Rico as a dry run for creating  state-level bankruptcy rules, just in case. I think the expansion of Chapter 9 legislation for states makes sense, and I’m not the only one.
He cites former FDIC Chairman William M. Isaac, who earlier wrote:
The city of Chicago and the state of Illinois should act now to restructure their liabilities and put the fiscal mess behind them. This can be accomplished by utilizing Chapter 9 and other tools Congress just gave Puerto Rico. The process would entail about two years of unpleasant headlines, but the city and the state will rebound far sooner and less painfully than if t hey stay on their current paths. (Our article on those comments by Isaac is linked here.)
The analysis states that it represents the views and estimates of the author, Michael Cembalest, only, and should not be treated as J.P. Morgan Research. Note, however, that the chart above showing the 51% and comparison to other states is from J.P. Morgan Asset Management.
Cembalest concludes with this:
Public sector workers form a critical part of our civil society. They risk their lives to protect us when we’re in danger; they make our lives safer, cleaner and more efficient; they educate our children; they enforce the rule of law and provide remedies when laws are broken; they ensure access to clean air, water and food; and they heal us when we’re sick. The legal, medical, environmental and educational problems sometimes found in other countries are a reminder of what life might be like without them. They have earned the benefits they accrued and which were granted by state legislatures, and have the right to expect them to be paid.
Michael Cembalest is Chairman of Market and Investment Strategy at J.P. Morgan Asset Management.