9 dicembre forconi: 12/27/17

mercoledì 27 dicembre 2017

IL GOVERNO VOTERA’ DOMANI L’INVIO DI 470 SOLDATI IN NIGER

L’OBIETTIVO È LA LOTTA AGLI SCHIAVISTI E AI FONDAMENTALISTI DELL'ISIS 

E’ UN IMPEGNO CONCORDATO CON IL PRESIDENTE FRANCESE MACRON CHE SI INSERISCE IN UNA NUOVA TATTICA EUROPEA: CONCENTRARSI IN QUELLE AREE RITENUTE DI "PRIORITARIO INTERESSE STRATEGICO

1 - IL GOVERNO INVIA I SOLDATI IN NIGER È L' ULTIMO LITIGIO CON LA SINISTRA
Claudia Voltattorni per il “Corriere della Sera”

Quello di domani sarà il Consiglio dei ministri numero 65 della XVII Legislatura.

Gentiloni e PinottiGENTILONI E PINOTTI
L' ultimo del governo Gentiloni. Servirà per decidere l' invio di 470 soldati italiani in Niger.
Una missione, ha detto il premier Paolo Gentiloni, «per sconfiggere il traffico di esseri umani e il terrorismo», perché «l' Italia ha l' obiettivo di costruire dialogo, amicizia e pace nel Mediterraneo e nel mondo».

Sarà l' ultimo atto del governo, ma rischia di trasformarsi anche nell' ennesimo scontro all'interno della sinistra, con Liberi e uguali che parla di «brutto regalo sotto l' albero» e accusa il ministro dell' Interno Marco Minniti di «non aver brillato per trasparenza».

Domani Gentiloni terrà anche la tradizionale conferenza stampa di fine anno e concluderà così il suo esecutivo. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si avvia a sciogliere le Camere già domani pomeriggio, il che prelude alla fine della legislatura e all'indizione di nuove elezioni. Il 4 marzo è la data più probabile visto che, per la Costituzione, «le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti».

Gentiloni sulla nave EtnaGENTILONI SULLA NAVE ETNA
Fino ad allora però, il governo Gentiloni dovrebbe restare in carica per gli affari correnti, tra cui anche il voto del Parlamento sulle truppe italiane in Niger. Una scelta dell' ultimo minuto che però non piace a molti. «Non serve» per il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli (Lega) che invita il governo a «usare quei soldi per pattugliare i nostri territori e mari».

Mentre Pippo Civati e Andrea Maestri di Liberi e uguali parlano di «brutto regalo sotto l'albero di Natale», senza «una discussione seria e approfondita su una questione così importante di politica estera». I 5 Stelle definiscono «priorità la lotta ai trafficanti» ma «senza sviluppo sarebbe azione sterile» e perciò «aspettiamo di conoscere le regole di ingaggio dei nostri militari».
civati col pandoro melegattiCIVATI COL PANDORO MELEGATTI

In tutto ciò si inserisce la questione sullo Ius soli, il cui esame al Senato è saltato il 23 dicembre per mancanza del numero legale. Il presidente Grasso lo ha calendarizzato il 9 gennaio, ma di fatto ne è stata decretata la morte, visto che le Camere si scioglieranno prima. E se Lega e Forza Italia esultano, Mdp accusa il Pd di «scelta politica: ha tenuto ferma la legge sulla cittadinanza per paura di perdere consensi». E Avvenire , quotidiano dei vescovi, sentenzia: «Scelta da ignavi».

2 - ENTRO MARZO I PRIMI 120
Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”

L'obiettivo è indicato nel decreto che sarà approvato dal Consiglio dei ministri: «Rafforzare le capacità di controllo del territorio delle autorità nigerine e dei Paesi del G5 Sahel (Niger, Mali, Mauritania, Ciad e Burkina Faso) e lo sviluppo delle Forze di sicurezza nigerine per l'incremento di capacità volte al contrasto del fenomeno dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza».

ROBERTO SPERANZA - PIERO GRASSO - PIPPO CIVATI - NICOLA FRATOIANNIROBERTO SPERANZA - PIERO GRASSO - PIPPO CIVATI - NICOLA FRATOIANNI
È dunque la lotta agli schiavisti e ai fondamentalisti dell'Isis lo scopo primario della missione militare annunciata alla vigilia di Natale dal premier Paolo Gentiloni e dalla ministra della Difesa Roberta Pinotti per l'invio di soldati in Niger. Un impegno concordato oltre un mese fa con il presidente francese Emmanuel Macron che si inserisce in una nuova tattica politica sul piano internazionale: concentrarsi in quelle aree ritenute di «prioritario interesse strategico» e dunque il cosiddetto Mediterraneo allargato, dunque Africa del Nord, Sahel, Medio Oriente, Corno d' Africa e Paesi del Golfo. E dunque rimanere in coalizione con Parigi e Berlino proprio per avere un ruolo attivo in Africa e dunque essere interlocutore privilegiato in sede europea.

SOLDATI ITALIANISOLDATI ITALIANI
Dopo il via libera del governo il decreto dovrà essere ratificato dal Parlamento. Negli anni scorsi è capitato che il voto sulle missioni slittasse tra febbraio e marzo, ma poiché la legislatura è ormai al termine in questo caso bisognerà procedere in fretta e dunque è possibile che venga calendarizzato già a metà gennaio. Si procederà in base all' articolo 61 della Costituzione sugli «atti urgenti e indifferibili».

Saranno prorogate le missioni già in corso e si aggiungerà quella per l' invio del contingente in Niger. I primi a partire saranno i militari del Genio che si occuperanno del quartier generale e delle altre necessità primarie. Sono 120 i soldati inseriti nel primo contingente che dovrebbe stabilirsi nel Sahel entro i primi di marzo, mentre per la fine dell'anno si arriverà «fino ad un massimo di 470 unità, per una media di impiego di circa 250 unità.

SOLDATI ITALIANI IN IRAQSOLDATI ITALIANI IN IRAQ
L'Esercito schiererà «addestratori, sanitari, genio militare, unità di supporto, unità di protezione». I mezzi terrestri a disposizione saranno 120 oltre a due aerei da ricognizione. Lo Stato maggiore sta analizzando ogni necessità in accordo con gli altri Stati che già si trovano nell'area, vale a dire Stati Uniti, Francia, Germania e i Paesi africani.

Le resistenze dei comandi militari hanno finora impedito che si decretasse il ritiro del contingente dall'Iraq, ma la questione rimane aperta. E infatti all' invio dei soldati in Niger si affiancherà il progressivo rientro di quelli che sono tuttora impegnati in Afghanistan e gli altri che si occupano della sorveglianza della diga di Mosul.

soldati italiani in LibanoSOLDATI ITALIANI IN LIBANO
Anche tenendo conto che quella zona può diventare rischiosa per lo scontro tra forze governative e peshmerga. Nei colloqui avuti con Francia e Germania è stato ribadito come la scelta di andare in Sahel entrando a far parte di quella coalizione si trasforma «nel primo sviluppo di una concreta strategia di difesa europea».

Fonte: qui

UN ATTENTATO ALL'OLEODOTTO LIBICO IN CIRENAICA FA IMPENNARE IL PREZZO DEL PETROLIO

DUE GRUPPI DI UOMINI ARMATI, FORSE VICINI ALL’ISIS, HANNO PIAZZATO E FATTO BRILLARE CARICHE ESPLOSIVE ACCANTO ALLE INFRASTRUTTURE 

I MERCATI SI SONO “INNERVOSITI” ANCHE A SEGUITO DELLE SOLITE MANOVRE SPECULATIVE…

Lorenzo Cremonesi per il “Corriere della Sera”

LIBIA 2LIBIA 
Cresce la tensione politica in Libia e inevitabilmente a farne le spese è anche la sua produzione petrolifera. L'attacco ieri mattina contro l'oleodotto che porta il greggio al terminale di Es Sider, posto un centinaio di chilometri sulla costa a est di Sirte e uno dei più importanti della Cirenaica, va inquadrato nel grave processo di tensione interna peggiorato dopo la fine formale degli accordi di Skhirat, il 17 dicembre scorso.

DESERTO LIBIADESERTO LIBIA
Ieri due gipponi carichi di uomini armati (fonti locali di sicurezza accusano l' Isis) si sono avvicinati all' oleodotto in pieno deserto, nella zona di Marada, e hanno piazzato alcune cariche esplosive. La deflagrazione pare abbia causato danni gravi, che vengono ora valutati dai tecnici della National Oil Company (Noc), la compagnia petrolifera nazionale libica. Prima conseguenza è stata la perdita netta di circa 90 mila barili nella produzione quotidiana libica. Un dato che rappresenta circa il 10 per cento dell' attuale produzione nazionale, che sfiora il milione di barili al giorno.

fayez al sarrajFAYEZ AL SARRAJ
Una delle conseguenze è stata la reazione nervosa dei mercati internazionali, influenzati anche da manovre speculative visto che le quote della produzione libica sono irrisorie e comunque di poco affidamento, che ieri hanno visto crescere il prezzo del greggio di 1,51 dollari, pari al 2,31 per cento, e raggiungere i 66,83 dollari al barile, la cifra più alta dal maggio 2015. Va però aggiunto che a causa della situazione di instabilità interna anche l' arrivo del greggio ai terminali sulla costa libica subisce costanti alti e bassi.

LIBIALIBIA
Prima della rivoluzione del 2011 la produzione di greggio libico superava il milione e 600 mila barili al giorno. Nel 2012 era crollata quasi a zero. Salvo poi risalire e scendere a fasi alterne dal 2013 in poi. Nel gennaio di quest' anno la produzione di oro nero libico era ferma a 610 mila barili al giorno, scesi a 550 mila in aprile, saliti a oltre un milione in agosto e attestati a 973 mila in novembre.

prezzo petrolio 6PREZZO PETROLIO 
Obiettivo del governo di Fayez Sarraj, il premier della coalizione di unità nazionale basato a Tripoli e sostenuto dall' Onu così come previsto dagli accordi di Skhirat firmati nel dicembre 2015, era di mantenerla al di sopra del milione. Ma quelle intese sono state dichiarate ormai nulle dal generale Khalifa Haftar, l'uomo forte della Cirenaica che mira a defenestrare Sarraj.
prezzo petrolio 5PREZZO PETROLIO 

Questi sostiene per contro che sino ad una nuova intesa, per esempio per la tenuta delle elezioni nazionali su cui sta lavorando l' inviato Onu Ghassan Salame, Skhirat resta valido.
In mancanza di un dialogo concreto torna intanto la violenza, come dimostra l' assassinio del sindaco moderato di Misurata, Mohammed Eshtewi, pochi giorni fa. In questo contesto, anche l' attacco ai pozzi torna ad essere parte della battaglia in corso senza esclusione di colpi.

Fonte: qui

LO STATO SEQUESTRA 75 MILIONI DI EURO A FRANCESCO CORALLO, IL RE DELLE SLOT CHE AVREBBE TRASFERITO ILLEGALMENTE 215 MILIONI DI EURO, STORNANDONE BEN 7 AI TULLIANI


PROPRIO QUEL DENARO SAREBBE STATO USATO PER LA COMPRAVENDITA DELLA CASA DI MONTECARLO, A BENEFICIO DEL COGNATO DI FINI

Fabio Amendolara per “la Verità”

FRANCESCO CORALLOFRANCESCO CORALLO
Le ricchezze di Francesco Corallo, re delle slot che su provvedimento della magistratura da qualche tempo ha obbligo di dimorare a Roma, messe da parte, secondo il sospetto degli inquirenti, anche grazie alle protezioni politiche dell' ex presidente della Camera, Gianfranco Fini, e al supporto della famiglia Tulliani, sono sotto sequestro.

Lo Stato si riprende ciò che gli era stato sottratto con il mancato versamento delle tasse sul gioco online legalizzato. Ieri mattina gli investigatori del Servizio centrale d' investigazione sulla criminalità organizzata della Guardia di finanza, prima che Corallo cedesse a terzi le quote societarie, hanno eseguito un provvedimento di sequestro preventivo di beni chiesto dalla Procura antimafia e firmato dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma.

E su 75 milioni di euro, riconducibili a tre aziende italiane della società concessionaria che grazie agli aiutini di alcuni esponenti di Alleanza nazionale era diventata leader del settore delle videolottery (Global starnet ltd, già B Plus giocolegale Ltd, società in liquidazione), sono stati messi i sigilli della magistratura.
FRANCESCO CORALLO TRA DUE AGENTI DI POLIZIA DI SINT MAARTENFRANCESCO CORALLO TRA DUE AGENTI DI POLIZIA DI SINT MAARTEN

Si tratta di tre imprese completamente partecipate dalla concessionaria: la Bingo plus giocolegale Srl e la Skill plus giocolegale Srl, nonché del complesso aziendale della stabile organizzazione italiana della società di diritto olandese Happy games club Bv, operante in Italia attraverso cinque sale giochi e interamente di proprietà della Global starnet.
L' inchiesta è quella che ha smantellato l'associazione transnazionale dedita a reati fiscali, al peculato e al riciclaggio, capeggiata, secondo l' accusa, proprio da Corallo.

FRANCESCO CORALLOFRANCESCO CORALLO
Il quale, secondo gli inquirenti, avrebbe trasferito illegalmente 215 milioni di euro, stornandone ben 7 ai Tulliani. L'attività di sequestro, che riguarda sale giochi e sale slot presenti a Roma, Viterbo e Treviso, «è finalizzata», sostengono gli investigatori, «al recupero di profitti illeciti sottratti al fisco da Corallo e reimpiegati, tra l' altro, nell' acquisto della casa di Montecarlo».

La famosa casa di Montecarlo: quell' appartamento in via Princesse Charlotte svenduto dal partito di Fini e fruttato ai Tulliani (grazie ai soldi di Corallo) 1 milione di euro. Un affare che, però, stando a quanto ha svelato l' inchiesta, era solo la punta dell' iceberg.

Perché la ricostruzione complessiva che fanno i magistrati suona come una censura pesantissima sull' attività politica dell' ex leader della destra non berlusconiana, «per l' estrema delicatezza degli interessi che hanno visto un collegamento di soggetti, i Tulliani, con una figura istituzionale di elevato rilievo, quale era, all' epoca dei fatti, l' onorevole Fini, e con il titolare di un' impresa eminentemente criminale, qual e Corallo».
Francesco CoralloFRANCESCO CORALLO

La relazione tra Corallo e Fini, nata con una vacanza a Sint Maartin nel 2004 e proseguita con gli investimenti sulla famiglia Tulliani, ha «condizionato», secondo la Procura, «la vita parlamentare». Corallo, insomma, ha piegato l' attività istituzionale ai suoi interessi grazie a quel rapporto con il leader di An. Un collegamento «che ha lasciato tracce del transito di somme di denaro in occasione dell' adozione di provvedimenti di legge di estremo favore per Corallo». Ossia gli aiutini, da sempre negati da Fini davanti ai magistrati, che hanno permesso a Corallo in quegli anni di diventare il magnate del poker online.

GIANCARLO ELISABETTA TULLIANI - LABOCCETTA - GIANFRANCO FINIGIANCARLO ELISABETTA TULLIANI - LABOCCETTA - GIANFRANCO FINI
Nell' indagine è subito emerso che le imprese di Corallo «erano qualificabili, in realtà, come strutture di sistematica violazione degli obblighi fiscali (non versavano il Preu, il prelievo erariale unico legato alla tassazione sul gioco d' azzardo legalizzato, ndr)». Insomma, evadevano le tasse. E infatti dopo le documentate pressioni sui vertici dei monopoli, che i giudici definiscono «gravissime interferenze», erano venute alla luce «sottrazioni, in tre anni, di somme inverosimili dalle casse dello Stato».

Grazie ai giri di denaro tra le società offshore create da Corallo, alcune delle quali gestite dai Tulliani, poi, sono spariti un bel po' di milioni.
Gli investigatori la definiscono «una sistematica strategia di riciclaggio mediante ripetuti trasferimenti di denaro». Con questo sistema anche Global starnet, le cui quote inglesi erano state sequestrate con un precedente provvedimento giudiziario, avrebbe accumulato enormi debiti nei confronti dello Stato.

GIANCARLO TULLIANI E FRANCESCA A DUBAIGIANCARLO TULLIANI E FRANCESCA A DUBAI
Il sequestro complessivo, compresi i beni fermati con l' ultimo provvedimento, ammonta a 187 milioni (112 milioni nella prima tranche dell' inchiesta e 75 ieri). Ma il totale del profitto, secondo i magistrati, supera i 215 milioni, fatti sparire con il contributo dei «fiduciari» di Corallo, che avrebbero operato principalmente in territori esteri, «creando e gestendo», sostiene l' accusa, una complessa architettura societaria, che nel tempo ha mutato fisionomia e che ha operato con il solo scopo di veicolare, estero su estero, i proventi illeciti dell' associazione, dissimulati attraverso apparenti ragioni economiche».
GIANCARLO TULLIANI A DUBAI DA CHIGIANCARLO TULLIANI A DUBAI DA CHI

Parte di quei beni, secondo le toghe romane, erano stati imboscati per conto di Corallo dai Tulliani, che sono indagati per riciclaggio (reato contestato anche a Fini). E mentre Giancarlo Tulliani, da qualche giorno, dopo aver pagato una cauzione, è tornato libero a Dubai, dove attende la decisione delle autorità locali sulla richiesta di estradizione avanzata dalla Procura italiana, l' inchiesta arriva alle battute finali.
Stando ai calcoli tecnici sui tempi delle indagini preliminari fatti dai difensori, la richiesta di rinvio a giudizio è attesa a giorni. Anche per Gianfranco Fini.

Fonte: qui

SULLA CARCASSA DELL’ILVA VA IN SCENA LO PSICODRAMMA TRA CALENDA E EMILIANO

IL MINISTRO ALZA LA VOCE: “SE LA REGIONE PUGLIA NON RITIRA IL RICORSO AL TAR CONTRO IL DECRETO SUL PIANO AMBIENTALE, IL 9 GENNAIO INIZIA LO SPEGNIMENTO” 

IL GOVERNATORE SE NE FREGA: “IL MINISTRO HA UNA CRISI ISTERICA”

Lorenzo Salvia per il “Corriere della Sera”

Era un braccio di ferro, è diventato uno scontro senza esclusione di colpi. Anche bassi. Da una parte il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, che chiede alla Regione di Puglia di ritirare il ricorso al Tar contro il decreto sul piano ambientale per l' Ilva di Taranto, altrimenti il «9 gennaio inizia il processo di spegnimento».

Dall' altra lo stesso governatore della Puglia, Michele Emiliano, che accusa Calenda di fare «allarmismo», lo definisce «ministro pro tempore», lo accusa di avere avuto una «crisi isterica», e aggiunge che «tanto non ha un voto». Tutto comincia con un sms che arriva sul cellulare di Calenda, mentre al ministero è in corso una riunione per fare il punto sul futuro dell' acciaieria più grande d' Europa, che sta per essere rilevata dalla multinazionale ArcelorMittal.

CALENDA MATTARELLACALENDA MATTARELLA
Il messaggino arriva proprio da Emiliano, anche lui in sala: «Dobbiamo chiedere formalmente di riaprire nelle sedi opportune il riesame Aia», cioè dell' Autorizzazione integrata ambientale che serve a contenere l' impatto dell' acciaieria. Calenda sbotta: «Emiliano vuole fare melina sulla pelle dei lavoratori», dirà più tardi. E lancia il suo ultimatum, sul rischio spegnimento a partire dal 9 gennaio, giorno in cui sarà discusso il ricorso al Tar. Qual è il punto?

ArcelorMittal è pronta a investire nell' impianto oltre 2 miliardi di euro ma, visto che c' è il ricorso pendente e non si sa come andrà a finire, chiede che quei soldi siano garantiti dallo Stato italiano. «Non posso far pagare quel ricorso a tutti gli italiani» dice Calenda che chiede a Emiliano di fare marcia indietro.
michele emilianoMICHELE EMILIANO

Il governatore un mezzo passo lo fa. Dà mandato all' Avvocatura regionale di non discutere la sospensiva sul decreto ambientale fissata al Tar per il 9 gennaio. Quindi quel giorno non dovrebbe succedere nulla e non c' è il rischio che il prossimo anno cominci con lo spegnimento degli impianti. Ma il ricorso rimane in piedi: «Ritirarlo sarebbe una grande imprudenza perché farebbe perdere alla Regione l' unico mezzo che le consente di esercitare le prerogative costituzionalmente garantite».
PAPA BERGOGLIO ALL ILVA DI GENOVAPAPA BERGOGLIO ALL'ILVA DI GENOVA

Lo scontro resta, dunque. E la battaglia finale è solo rinviata di qualche settimana, quando il Tar si dovrà pronunciare non sulla richiesta di sospensiva ma sul merito della questione. Tutti i sindacati si schierano di fatto con Calenda, chiedendo a Emiliano il ritiro del ricorso. Anche Maurizio Landini, l'ex leader della Fiom, oggi segretario confederale della Cgil: «Non si può giocare con chi rischia di perdere il posto di lavoro. Ci vuole un atto di responsabilità per ritirare il ricorso».

ILVAILVA
Calenda apprezza: «La pensiamo diversamente su tante cose ma è una persona seria che, a differenza di Emiliano, si confronta sul merito». In una giornata complicata sul fronte della commissione banche, Matteo Renzi interviene due volte. Prima dice che la «chiusura dell' Ilva sarebbe un tragico errore».

Poi usa il registro del sarcasmo: «Offro un piatto di orecchiette a te e a Carlo Calenda ma deposita le armi, Michele Emiliano». E ancora: «Basta coi ricorsi, mettiamoci a un tavolo e salviamo insieme il futuro di Taranto. Offro io che notoriamente ho il carattere peggiore (ed è una bella gara tra noi tre)». Frecciata a Emiliano, senza dubbio. Ma anche a Calenda.

Fonte: qui

IN PROVINCIA DI SALERNO, UN POVERO DISGRAZIATO PRIMA VIENE TRADITO DALLA MOGLIE CON UN PRETE E ORA È OBBLIGATO ANCHE A LASCIARE LA CASA


E’ LA CONSEGUENZA DI UN PROVVEDIMENTO DI ALLONTANAMENTO RICHIESTA DALLA SIGNORA E ESEGUITO DAI VIGILI URBANI


Aveva tradito il marito con un prete: dopo un anno è stato costretto ad abbandonare anche la casa dove viveva. L'episodio avvenuto nel comune di Scafati e già oggetto di un procedimento al tribunale di Salerno, si è arricchito ora di un altro particolare. La persona che fu vittima del tradimento ha abbandonato il nido dove aveva scelto di andare a vivere dopo il matrimonio. Una decisione conseguenza di un provvedimento di allontanamento richiesta proprio dalla ex moglie, eseguito dai vigili urbani.

PRETI SESSO DONNEPRETI SESSO DONNE
In realtà già da tempo l'uomo non abitava più in quella casa, ma il domicilio risultava essere ancora quello dove la coppia si era trasferita dopo il matrimonio. Marito e moglie erano in fase di separazione quando si consumò il tradimento. Eppure, quella presunta relazione tra il parroco e la donna pare avesse radici persino pregresse.

Della vicenda se ne occuparono anche le televisioni nazionali. Fu proprio l'uomo a raccontare di aver scoperto il tradimento dopo che il figlio della coppia aveva prestato il suo cellulare alla madre. I contenuti di quei messaggi che venivano scambiati con il prete erano a sfondo sessuale. Il parroco, tuttavia, ha sempre negato ogni tipo di coinvolgimento.

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MANOVRA 2018/ Tanti bonus e una brutta sorpresa per dopo le elezioni


La Legge di bilancio è stata approvata e contiene misure a favore di più categorie. L’impostazione della manovra non agevolerà il nuovo Parlamento. 

E adesso c’è da augurarsi soltanto che il Presidente della Repubblica sciolga al più presto le camere, perché ogni giorno che passa le cose si mettono peggio per le finanze pubbliche e, di conseguenza, per l’intera economia (con evidenti ricadute politiche). L’assalto alla diligenza, cioè alla Legge di bilancio, ha visto protagoniste lobby e le clientele più diverse. Le poche che non hanno ottenuto nulla sbraitano, ma si lamenta anche chi ha avuto la sua fetta di torta, perché ne avrebbe volentieri trangugiata una più grande. Il risultato di questo scambio ineguale tra risorse pubbliche e appropriazione privata è il debito dello Stato, che in Italia, per il suo ammontare in quantità, per il suo rapporto con il prodotto annuo lordo, per la sua dinamica, è un pericolo. Ma vediamo alcune cifre chiave della manovra varata dal parlamento.
È stato bloccato l’aumento dell’Iva da 15,7 miliardi di euro che sarebbe scattato a gennaio in applicazione della clausola di salvaguardia ereditata dagli anni precedenti. Da sola, questa misura assorbe più del 70% delle risorse della Legge di bilancio. Nonostante le promesse della vigilia, anche stavolta si tratta di un rinvio. Se l’anno prossimo non arriverà un intervento analogo, l’aliquota Iva al 10% salirà dell’1,5% dal gennaio 2019 e poi di ulteriori 1,5 punti dal 2020, mentre quella del 22% salirà del 2,2% dal 2019, poi di altri 0,7 punti dal 2020 e di un ulteriore 0,1% dal 2021. Dunque, il governo ha gettato nelle mani del suo successore la bomba a orologeria che da alcuni anni mina la politica fiscale.
Dal primo gennaio prossimo riparte la decontribuzione triennale per le imprese che assumono giovani. Il primo anno i contributi saranno dimezzati, con un tetto massimo di 3 mila euro, per le assunzioni di giovani al di sotto dei 35 anni di età. Dall’anno successivo, il 2019, l’età massima per accedere allo sgravio scenderà a 29 anni. La norma è permanente: significa che potranno beneficiarne anche gli under 30 dei prossimi anni. Arriva il bonus sud, cioè l’esenzione totale dei contributi per chi assume i residenti in una delle otto regioni meridionali (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna), sia sotto sia sopra i 35 anni, purché privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi.
Il bonus bebè scatta solo per il primo anno di vita del bambino e per i nati nel 2018. La commissione Bilancio della Camera ha eliminato gli stanziamenti previsti per il 2020, cancellando la stabilizzazione dell’intervento. Sale da 2.840 euro a 4.000 euro la soglia di reddito annuo che consente ai figli di restare a carico dei genitori. Dal 2019 non aumenterà a 67 anni l’età pensionabile per 14.600 lavoratori impegnati in 15 attività gravose. Per gli scatti futuri, inoltre, sarà modificato il meccanismo di adeguamento all’aspettativa di vita. Arriva una nuova disciplina per la previdenza complementare dei dipendenti pubblici. L’Ape social si estende a quattro categorie in più che svolgono lavori gravosi (braccianti, siderurgici, marittimi e pescatori), gli stessi per cui, oltre alle altre 11 categorie già comprese, non scatterà dal 2019 l’aumento dell’età pensionabile a 67 anni. Aumenta lo sconto contributivo per le mamme lavoratrici da sei mesi a un anno per figlio, fino a un massimo di due anni.
Confermato il super-ammortamento, che passa però dal 140% al 130% e viene esteso a parchi veicoli pubblici e privati. Prorogato anche l’iper-ammortamento, cioè la supervalutazione del 250% degli investimenti in beni materiali nuovi, dispositivi e tecnologie abilitanti la trasformazione in chiave 4.0 acquistati o in leasing. La manovra ha aumentato di 470 milioni i fondi per il reddito di inclusione. La misura prevede un progetto personalizzato per aiutare il nucleo familiare a uscire dallo stato di bisogno. L’assegno arriva fino a 187 euro al mese nel caso di componente unico della famiglia e a 485 euro al mese per le famiglie con almeno cinque persone.
C’è poi un lungo elenco di misure ritagliate sulle richieste di categorie e gruppi sociali a più o meno elevato valore elettorale. Verranno regolarizzati 18 mila insegnanti precari. Anche la Rai potrà assumere altro personale (ma non erano già troppi i dipendenti della tv di stato?). La polizia e i vigili del fuoco avranno 50 milioni subito e 250 milioni nei prossimi anni. Gli statali possono aumentare i loro stipendi e rinnovare i contratti. Gli ambulanti vedranno slittare al 2020 l’applicazione della direttiva Bolkenstein. Le risorse del fondo per i risparmiatori danneggiati dai dissesti bancari salgono da 50 a 100 milioni nel biennio 2019-2020. La web tax, ridimensionata nella sua portata, è una bandierina da sventolare a sinistra contro “il far west della rete”.
Secondo prime stime, l’assalto finale alla diligenza ha fatto sforare il budget previsto di 90 milioni di euro, in ogni caso il ministro Padoan sostiene di aver rispettato i parametri. Il giudizio di fondo, però, non può essere ragionieristico. Nel momento in cui l’economia ha preso lena, grazie soprattutto all’industria che cresce negli ultimi mesi con percentuali a due cifre, il governo e il parlamento hanno mancato l’occasione di imprimere una svolta alla politica fiscale. Anziché avviare la prossima legislatura verso il sentiero scosceso che porta a ridurre il debito in modo strutturale, sono state rinviate le scelte di fondo.
Nessuno è tanto ingenuo da non sapere che una seria riforma fiscale si fa all’inizio non alla fine del mandato politico, ma continuare con i bonus e gli sconti non manda certo un segnale incoraggiante. La prova del nove è il congelamento degli aumenti dell’Iva: su 15,7 miliardi, ben 11 sono coperti con un aumento del deficit. Insomma, il nuovo parlamento esordirà con un handicap non facile colmare: non è esattamente un augurio di buon lavoro.
STEFANO CINGOLANI
Fonte: qui

Yes, governments CAN go bankrupt. And no, it’s NOT impossible…

[Editor’s Note: As we’re coming up on the end of the year, we thought it would be appropriate to republish some of our most popular articles. Today’s was originally published on March 13, 2017]
In the year 1517, one of the most important innovations in financial history was invented in Amsterdam: the government bond.
It was a pretty revolutionary concept.
Governments had been borrowing money for thousands of years… quite often at the point of a sword.
Italian city-states like Venice and Florence had been famously demanding “forced loans” from their wealthy citizens for centuries.
But the Dutch figured out how to turn government loans into an “investment”.
It caught on slowly. But eventually government bonds became an extremely popular asset class.
Secondary markets developed where people who owned bonds could sell them to other investors.
Even simple coffee shops turned into financial exchanges where investors and traders would buy and sell bonds.
In time, the government realized that its creditworthiness was paramount, and the Dutch developed a reputation as being a rock-solid bet.
This practice caught on across the world. International markets developed.
English investors bought French bonds. French investors bought Dutch bonds. Dutch investors bought American bonds.
(By 1803, Dutch investors owned a full 25% of US federal debt. By comparison, the Chinese own about 5.5% of US debt today.)
Throughout it all, debt levels kept rising.
The Dutch government used government bonds to live beyond its means, borrowing money to fund everything imaginable– wars, infrastructure, and ballooning deficits.
But people kept buying the bonds, convinced that the Dutch government will never default.
Everyone was brainwashed; the mere suggestion that the Dutch government would default was tantamount to blasphemy.
It didn’t matter that the debt level was so high that by the early 1800s the Dutch government was spending 68% of tax revenue just to service the debt.
Well, in 1814 the impossible happened: the Dutch government defaulted.
And the effects were devastating.
In their excellent book The First Modern Economy, financial historians Jan De Vries and Ad Van der Woude estimate that the Dutch government default wiped out between 1/3 and 1/2 of the country’s wealth.
That, of course, is just one example.
History is full of events that people thought were impossible. And yet they happened.
Looking back, they always seem so obvious.
Duh. The Dutch were spending 68% of their tax revenue just to service the debt. Of course they were going to default.
But at the time, there was always some prevailing social influence… some wisdom from the “experts” that made otherwise rational people believe in ridiculous fantasies.
Today is no different; we have our own experts who peddle ridiculous (and dangerous) fantasies.
Case in point: this week, yet another debt ceiling debacle will unfold in the Land of the Free.
You may recall the major debt ceiling crisis in 2011; the US federal government almost shut down when the debt ceiling was nearly breached.
Then it happened again in 2013, at which point the government actually DID shut down.
Then it happened again in 2015, when Congress and President Obama agreed to temporarily suspend the debt ceiling, which at the time was $18.1 trillion.
That suspension ends this week, at which point a debt ceiling of $20.1 trillion will kick in.
There’s just one problem: the US government is already about to breach that new debt limit.
The national debt in the Land of the Free now stands at just a hair under $20 trillion.
In fact the government has been extremely careful to keep the debt below $20 trillion in anticipation of another debt ceiling fiasco.
One way they’ve done that is by burning through cash.
At the start of this calendar year in January, the federal government’s cash balance was nearly $400 billion.
On the day of Donald Trump’s inauguration, the government’s cash balance was $384 billion.
Today the US government’s cash balance is just $34.0 billion.
(Google has twice as much money, with cash reserves exceeding $75 billion.)
This isn’t about Trump. Or even Obama. Or any other individual.
It’s about the inevitability that goes hand in hand with decades of bad choices that have taken place within the institution of government itself.
Public spending is now so indulgent that the government’s net loss exceeded $1 trillion in fiscal year 2016, according to the Treasury Department’s own numbers.
That’s extraordinary, especially considering that there was no major war, recession, financial crisis, or even substantial infrastructure project.
Basically, business as usual means that the government will lose $1 trillion annually.
Moreover, the national debt increased by 8.2% in fiscal year 2016 ($1.4 trillion), while the US economy expanded by just 1.6%, according to the US Department of Commerce.
Now they have plans to borrow even more money to fund multi-trillion dollar infrastructure projects.
Then there’s the multi-trillion dollar bailouts of the various Social Security and Medicare trust funds.
And none of this takes into consideration the possibility of a recession, trade war, shooting war, or any other contingency.
This isn’t a political problem. It’s an arithmetic problem. And the math just doesn’t add up.
The only question is whether the government outright defaults on its creditors, defaults on promises to its citizens, or defaults on the solemn obligation to maintain a stable currency.
But of course, just like two centuries ago with the Dutch, the mere suggestion that the US government may default is tantamount to blasphemy.
Our modern “experts” tell us that the US government will always pay and that a debt default is impossible.
Well, we’re living in a world where the “impossible” keeps happening.
So it’s hard to imagine anyone will be worse off seeking a modicum of sanity… and safety.
Fonte: qui