9 dicembre forconi: agosto 2016

mercoledì 31 agosto 2016

Parlamento illegittimo - Referendum: parla Annibale Marini, Presidente della Corte Costituzionale

"Il dibattito in corso sul referendum trascura un "piccolo" particolare e cioè che questa riforma costituzionale nasce senza una legittimazione parlamentare; non ci dimentichiamo che la Consulta ha dichiarato incostituzionale le leggi elettorali della Camera e del Senato! 

Di fronte ad un parlamento dichiarato illegittimo bisognava sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni, questo dice la sentenza!

Invece come se la sentenza non fosse stata mai pubblicata il presidente della repubblica dell'epoca non trova niente di meglio che fare riforme. E questo è molto grave. Il Presidente della Repubblica avrebbe dovuto sciogliere le Camere: è un tipico caso di scuola. Tutto invece si poteva fare tranne che fare riforme e per giunta riforme costituzionali".

"Nel merito è una riforma pessima. Non si è mai visto un presidente del Consiglio (peraltro nemmeno parlamentare) che propaganda e sponsorizza una riforma costituzionale. Bisognerebbe invece garantire imparzialità tra le parti senza tentare di influenzare la volontà popolare".

E i risparmi del senato di cui si parla?


Ma quali risparmi: il Senato come struttura burocratico/amministrativa avrà gli stessi oneri economici di prima, per cui dov'è il risparmio?

Ma almeno si accelera il procedimento legislativo?


In Italia non abbiamo certo bisogno di accelerare il processo legislativo, semmai abbiamo bisogno di una seria delegificazione (e fare delle serie leggi di sistema) con tutte le leggi che ci sono. Tra l'altro anche oggi quando il governo vuole le leggi vengono approvate in brevissimo tempo.


A chi dice che le riforme le chiede il mercato, cosa risponde?

Il mercato chiede cose completamente diverse, non chiede queste riforme. Il mercato vuole una effettiva diminuzione dei tempi della giustizia civile, ad esempio. 

Il mercato chiede una seria riforma fiscale che non strozzi il paese di tasse, il mercato chiede che se una persona viene assolta dallo Stato poi lo Stato non possa di nuovo ricorrere contro l'assoluzione emanata dallo stesso Stato. 

Queste sono le cose che vuole il mercato non le riforme della Costituzione. 

Se l'economia italiana è ferma non è certo colpa della Costituzione....

Martedì, 23 agosto 2016 - 15:52:00

Fonte: qui

Major Bank Official: Banks Are “Preparing For An Economic Nuclear Winter”





After years of giveaways to megabanks, marketed to the taxpayers as ‘quantitative easing,’ the crutches shoved under the banker-controlled global stock trade are about to snap. Bankers now say they are preparing for the collapse.


In June of 2015, former Congressman Ron Paul predicted that these crutches would fail, and the financial bubbles created by them would send the stock market into a free fall.

“The consequences will not be minor. Surprises will be many, since we are in uncertain waters and the world has never faced the gross misallocation of capital that exists today. The process is self-limiting. It will come to an end, and it’s not going to be far into the future.”

Now, as chaos in the EU and weak corporate earnings create a tornado of uncertainty, banks are preparing for the worst.

According to CNBC quoting a major lender, banks are “preparing for an economic nuclear winter situation.”

The chaos in the market has major bank officials running for the hills. According to CNBC, European banks, in particular, have had a very tough six months as the shock and volatility around Brexit sent banking stocks south. Major European banks like Deutsche Bank and Credit Suisse saw their shares in free-fall after the referendum’s results were announced. In the U.K., RBS was the worst-hit, with its shares plunging by more than 30 percent since June 24.

On Sunday, speaking on the condition of anonymity due to the fact that revealing this information can get bankers killed, a source from a major investment bank told CNBC “that financial services firms have put together a strategy in place that takes into account the worst-case scenario that could happen by the end of this year.”
“This could mean triggering Article 50, referendum in other European nations leading to a break-up of the euro or sterling hitting below $1.20 or lower. The banks are ready for anything now,” the source said.

This grim warning comes after the Royal Bank of Scotland has warned its investors of a “cataclysmic year.” In an eerily ominous note to its clients early this year, the megabank predicted another worst-case scenario.

“Sell everything except high quality bonds. This is about return of capital, not return on capital. In a crowded hall, exit doors are small.”

In the note, RBS’s credit chief Andrew Roberts told investors how Quantitative Easing has failed and was expected to fail.

We have been told for 7 years now since the credit crunch, under QE, to borrow money and invest it in one of 3 things:

 1) EM

 2) credit

 3) global equities.

This is a big picture, multi-year bet that has been taken, which has worked fine, and stopped working 10 months ago, (this is NOT NEW).

As the Guardian’s Larry Elliott points out:
Markets have been supported for some time by low-interest rates, stimulus measures from central banks including quantitative easing, and hopes of economic recovery. But with the Federal Reserve raising rates and the Bank of England expected to follow suit, that prop is being removed.

Those who pay attention to the effects of central bankers looting their respective countries have long pointed out the mathematical certainty that is an economic collapse.

The collapse of global markets is inevitable, as it is a natural correction to the wholesale fleecing of the citizens through the unscrupulous actions of central banks.

Ron Paul sums up the situation perfectly:


The credit and new money, when created by a central bank, is delivered to the market in a political fashion for which the one percent receive special benefits. It allows the pyramiding of debt to fractional reserve banking, which compounds the long-term problems.

It may be fun while it lasts, but it always ends with a crash.

Matt Agorist is an honorably discharged veteran of the USMC and former intelligence operator directly tasked by the NSA. This prior experience gives him unique insight into the world of government corruption and the American police state. Agorist has been an independent journalist for over a decade and has been featured on mainstream networks around the world.  and now on Steemit.
Courtesy of The Free Thought Project

Fonte: dcclothesline.com

Cosa sta succedendo in Siria?

Con le notizie del terremoto in Abruzzo, è passata in secondo piano la notizia di una parziale invasione del territorio siriano da parte dei carri armati turchi.
La situazione è talmente complicata che bisogna leggere fonti diverse per riuscire a farsi almeno un quadro generale di ciò che sta succedendo. Questa è la sintesi di quello che sono riuscito a capire:

Ufficialmente, i turchi sono penetrati nel territorio siriano nell'ambito di un'operazione chiamata "Scudo dell'Eufrate" (linee verdi, sulla cartina). Lo scopo dichiarato era quello di cacciare da Jarablus gli uomini dell'ISIS, ma nel frattempo i turchi ne hanno approfittato per bombardare le forze del partito curdo miliziano YPG, che avanzavano verso la città di Manbij.

I curdi avanzavano a loro volta per liberare la città di Manbij dagli uomini dell'ISIS, ma i Turchi non vogliono che i curdi si rafforzino troppo in quella zona (vicina al loro confine), e quindi li hanno bombardati.

Contemporaneamente Joe Biden, in visita ad Ankara, minacciava i curdi di togliergli tutti gli aiuti economici e militari, se non si fossero ritirati al più presto a est dell'Eufrate. Joe Biden ha poi fornito rassicurazioni a Erdogan che i curdi si sarebbero ritirati. Altre fonti però dicono che i curdi non hanno nessuna intenzione di tornare indietro, perché il loro interesse è proprio quello di formare un'enclave su base etnica a sud del confine con la Turchia.


Ma gli americani hanno fatto capire chiaramente che a questo punto preferiscono stare con la Turchia, al punto che la loro aviazione avrebbe in qualche modo "assistito" l'invasione dei carri armati turchi in territorio siriano.

Damasco a sua volta ha protestato per questa plateale invasione, cercando di ricordare al mondo che loro sono ancora una nazione sovrana, ma a quanto pare nessuno in questo momento gli sta dando retta.

In altre parole, sembra di capire che ci si stia avviando verso un ridimensionamento dell'appoggio americano ai curdi, che fino ad oggi sono stati un'arma vincente nella lotta contro l'ISIS.

In tutto questo, per adesso sembra che il vincitore sia Erdogan, anche se sta chiaramente giocando una partita molto ambigua, cercando di sorridere a Putin mentre rimane comunque amico degli americani.

Molto probabilmente andrà a finire che le due superpotenze si accorderanno per lasciare al potere Bashar al Assad, e che a farne le spese - per far contento Erdogan - sarà proprio il popolo curdo, che da lunghissimo tempo ormai lotta per avere un territorio tutto proprio. 

Insomma, quelli che hanno dato di più nella lotta contro l'ISIS, saranno proprio quelli destinati a restare con un pugno di mosche in mano.

Massimo Mazzucco

L’Invasione turca della Siria dimostra che Erdogan non è amico della Russia

Russia e Turchia: fine del riavvicinamento?
Alexander Mercouris, The Duran 26/8/2016

L’incursione turca in Siria non rovina il recente riavvicinamento russo-turco perché era solo un riavvicinamento limitato, non un riallineamento. Nel frattempo la Russia lavora sodo per conciliare il governo siriano coi curdi.

putin-erdogan-meeting-in-st-petersburg-1470746183-5833L’incursione turca in Siria e la cattura di Jarablus sono state interpretate da alcuni per definere il riavvicinamento russo – turco una farsa. Secondo questo punto di vista, Erdogan, dopo aver ottenuto concessioni da Putin al vertice di San Pietroburgo, non ha perso tempo a far cadere la maschera, ancora una volta, tradendo l'”amico” russo invadendo la Siria. A mio parere ciò è il prodotto delle alte aspettative di molti sul riavvicinamento russo-turco. Come ho detto in molte occasioni, era un riavvicinamento non un riallineamento. 
La Turchia sarebbe stata arrabbiata con gli Stati Uniti per il colpo di Stato, fatto reso chiaro dalla decisione di Erdogan d’inviare solo il vicesindaco di Ankara ad accogliere il vicepresidente Biden all’arrivo ad Ankara, ma non ha cessato di essere alleata di Stati Uniti e NATO. Né vi è alcun motivo di pensare che i russi ritengano l’incursione turca in Siria un “tradimento”. Affinché ci fosse un “tradimento”, Erdogan avrebbe dovuto ingannare i russi sulle sue intenzioni in Siria. Al contrario Erdogan non ha mai, in alcun momento, detto che le sue politiche o intenzioni in Siria erano cambiate. Invece ha sempre detto, e ha continuato a dirlo fino alla vigilia del vertice di San Pietroburgo, che la sua politica in Siria è invariata. Esige ancora che il presidente Assad se ne vada e vuole ancora il cambio di regime in Siria. Ha anche detto che non considera Jabhat al-Nusra, affiliata ad al-Qaida, un’organizzazione terroristica. Vedasi la mia discussione dettagliata qui.

Ripeto: ciò che è successo a San Pietroburgo è stato rattoppare le relazioni tra Russia e Turchia, portandole più o meno a dove erano prima dell’abbattimento del Su-24 nel novembre dello scorso anno (Mercouris qui è ottimista, fin troppo NdT). 
Un certo numero di accordi economici furono concordati a grandi linee, ma niente mutamenti geostrategici, nulla è stato promesso o richiesto o previsto (dai russi), ed era irragionevole aspettarselo. Come spesso accade, i turchi dicono di aver informato i russi dell’intenzione di occupare Jarablus, e che i russi gli hanno dato il via libera. È plausibile. I russi sanno che per la Turchia l’istituzione di una zona autonoma controllata delle YPG curde al confine con la Siria è inaccettabile, e che agiranno con decisione per impedirlo
A meno di andare in guerra con la Turchia, la Russia non può impedirlo e non ha alcun motivo di offendere i turchi, cercando di farlo. Il punto chiave da capire dell’incursione turca è che non si tratta di aree della Siria controllate dal governo siriano. Tutta la zona è controllata da YPG o SIIL. Né questa area è fondamentale per la sopravvivenza del governo siriano. 
Il governo siriano dipende dalla presa su Damasco e Aleppo, sulle città centrali di Hama e Homs, sulla regione chiave di Lataqia e, infine, dalla riconquista delle città e provincia di Idlib. Se il governo siriano realizza tutto questo, allora avrà assicurata l’esistenza, obiettivo deciso dai russi quando intervennero in Siria lo scorso anno. Nel frattempo i russi senza dubbio calcolano, come fanno i siriani, che il nord-est della Siria può essere lasciato a se stesso, e che ciò che i turchi vi combineranno, lontano dai campi di battaglia chiave nelle province di Damasco, Aleppo ed Idlib, alla fine in termini militari e strategici semplicemente non importa. Anche se può sembrare spietato, è il tipo di calcolo spietato che a volte va fatto in guerra. Ciò non significa che i russi si disinteressano completamente di ciò che accade nel nord-est della Siria. Tuttavia il centro della loro preoccupazione non sarà l’incursione turca. 

Piuttosto è la recente rottura delle relazioni tra il governo siriano e la milizia curda YPG.

Mentre le YPG non hanno un ruolo decisivo nei combattimenti in Siria occidentale, erano un utile alleato dell’Esercito arabo siriano nei combattimenti ad Aleppo e ad est, contro lo SIIL. L’Esercito arabo siriano già gravemente sovraesteso non ha bisogno di altri nemici, e i russi vorranno evitare che le attuali tensioni tra Esercito arabo siriano e YPG degenerino in combattimenti aperti. 
Che ciò sia per i russi la questione chiave nel nord-est della Siria, oggi, è stato appena confermato dalla conferenza al Ministero degli Esteri russo di Maria Zakharova, l’efficace portavoce del ministero degli Esteri della Russia, “Per quanto riguarda la situazione ad Hasaqah in Siria, siamo estremamente preoccupati per l’escalation nella città tra truppe governative e milizie curde. La Russia ha adottato misure attive su diversi canali con l’obiettivo d’impedire scontri fratricidi. Sollecitiamo le parti a mostrare moderazione, saggezza, coscienza politica, responsabilità e a sviluppare la consapevolezza che tutti i patrioti hanno un solo nemico comune, i terroristi. E’ ovvio che il terrorismo sia una minaccia per tutti i siriani che condividono un unico obiettivo, salvare la Siria, in cui tutti i cittadini indipendentemente da etnia o religione vivano tranquilli

I russi hanno agito su tali motivi (come dice Zakharova) adottando azioni positive sul terreno, cercando di mediare tregue tra governo siriano e YPG ad al-Hasaqah e ad Aleppo, finora va detto solo con risultati alterni. I russi hanno leve su entrambe le parti. 

Il governo siriano è ora completamente dipendente dalla Russia, mentre la Russia è l’unica potenza che continua a mostrare una certa simpatia per le richieste di autonomia delle YPG. 

Non più tardi di aprile, in un momento in cui i rapporti tra Russia e Turchia erano ancora pessimi, i russi chiedevano che i curdi fossero rappresentati separatamente ai colloqui di pace di Ginevra. I russi non hanno ceduto su questa posizione. Senza dubbio ricorderanno alle YPG che se vogliono un ruolo nei negoziati, e quindi un ruolo nel decidere il futuro della Siria, in una regione ostile, avranno bisogno del sostegno russo. In una situazione così gravida non è irragionevole che i russi accettino tranquillamente un’incursione turca che (come potrebbero vedere) concentra l’attenzione delle YPG, mostrando chi sono i loro veri amici e veri nemici, e perché gli Stati Uniti non possono essere invocati come alleato serio.

Il mio collega Alex Christoforou ha recentemente sottolineato come in questa regione i russi sono sempre più gli operatori per la pace, anche se gli Stati Uniti agiscono costantemente per diffondere la guerra. La mediazione russa tra governo siriano e YPG, a prescindere se abbia successo, avviene subito dopo l’incitamento degli Stati Uniti alle YPG di aggredire il governo siriano, ne è solo un altro esempio.Turkey's President Tayyip Erdogan inspects honour guard during visit to Northern Cyprus

L’Invasione turca della Siria dimostra che Erdogan non è amico della Russia

L’avanzata turca in Siria svela il riavvicinamento turco-russo quale farsa
Adam Garrie, The Duran 26/8/2016
Barack+Obama+Recep+Tayyip+Erdogan+Pesident+o8vajy4YkYLlUltimamente avvertivo che la Russia e chi supporta la giusta causa della Russia aiutando la Siria a liberarsi da fanatici assassini e terroristi, che sotto il presidente Erdogan, la Turchia non è un alleato affidabile, né coerente. Naturalmente è giusto che Russia e Turchia riducano le tensioni, ma c’è una grande differenza tra rimarginare una ferita e stipulare un’alleanza. Sembra che poche settimane dopo l’avvicinamento, la Turchia abbia tradito la Russia, violato il diritto internazionale e contribuito a destabilizzare ulteriormente la Siria. 

Carri armati turchi, col supporto degli aerei della forza aerea degli Stati Uniti, invadevano il territorio siriano, in particolare Jarabulus. 

Turchi e statunitensi giustificano tale incursione affermando che combattono lo SIIL che controllava Jarablus.
La vera ragione è che i combattenti curdi erano sul punto di prendere Jarablus e la Turchia temeva l’istituzione di una roccaforte curda al confine. 

È interessante notare che, mentre gli Stati coinvolti in Siria non sono a favore della creazione di uno Stato curdo, gli USA erano tra i sostenitori più tenaci dei curdi, supponendo che la fedeltà agli Stati Uniti dei combattenti curdi fosse pari quella della Turchia verso la Russia. Eppure l’invasione turca è molto più di uno schiaffo alla Russia. La Turchia è ai ferri corti strategici con la Russia, combattendo per una causa contraria a quella per cui Russia e Siria combattono, svelando l’unica coerenza del regime turco: l’ipocrisia continua. 

Dal 24 agosto Jarabulus era rivendicata dal cosiddetto esercito libero siriano con una dichiarazione che va controllata bene. L”esercito libero siriano’ è un nome che raggruppa vari combattenti dalle molteplici e mutevoli alleanze che lottano per un unico obiettivo comune, il rovesciamento del governo legittimo della Siria. Infatti, i combattenti etichettati ‘ELS’ nel 2011 iniziarono le azioni che destabilizzarono il Paese, permettendo a SIIL, al-Qaida e gruppi simili d’infiltrarsi dalle roccaforti nel nord dell’Iraq. Una volta che lo SIIL cominciò ad occupare gran parte della Siria, l’esercito libero siriano scomparve con i suoi ex-membri che aderivano allo SIIL, a cloni come al-Nursa o semplicemente scappando. Il nome esercito libero siriano fu resuscitato quest’anno, soprattutto dai commentatori stranieri che citavano un miscuglio di combattenti disposti a prendere ordini dalla NATO in un dato momento e in un dato luogo.

Se i terroristi dello SIIL di tanto in tanto cambiano nome per adeguarsi al concetto di ‘estremisti islamici moderati’, l’ELS fa il contrario, è un non-gruppo il cui nome inoffensivo appare di tanto in tanto sulla stampa per far sembrare che le forze antigovernative estere abbiano legittimazione in Siria. 

In sintesi, la Turchia ha sostituito un gruppo che si fa chiamare SIIL con uno sconosciuto di occupanti che comprende ex-membri e membri dello SIIL che operano temporaneamente sotto una bandiera diversa. 

In alcun modo ciò è nell’interesse del popolo siriano né della stabilità politica nella regione. L’interesse della Russia è chiaro, farà ciò che è richiesto dal governo siriano lottando contro ogni forma di terrorismo. 

Solo i Paesi invitati dal governo ad intervenire in Siria sono conformi al diritto internazionale. Le Nazioni Unite non hanno approvato l’invasione turco-statunitense, né del resto hanno approvato gli attacchi di qualsiasi altro Paese della NATO sulla Siria. La Siria rimane uno Stato sovrano e mentre lo SIIL si pretende uno ‘Stato islamico’, nessuno al mondo lo riconosce come tale.

Ironia della sorte, invadendo le parti occupate dallo SIIL di ciò che è legalmente territorio siriano, si riconosce indirettamente lo Stato islamico. 

Dicendo che si dichiara guerra allo ‘Stato islamico’, s’indica che si tratta di uno Stato. In realtà, l’unico Stato legittimo nella zona in questione è la Siria e, pertanto, è stata invasa. In un mondo governato da logica o giustizia, tutti i Paesi dovrebbero aderire alla lotta della Siria contro i terroristi. 

L’imposizione di una no-fly-zone su Jarablus è un affronto totale alla nazionalità siriana ed è una provocazione verso la Russia, che ha la sola forza aerea straniera legalmente presente sul territorio siriano. In tutto ciò, l’ipocrisia è stupefacente. L’anno scorso la Turchia abbatté un aviogetto russo con l’accusa di entrare nello spazio aereo turco per pochi istanti (una bugia dato che l’aereo rimase nello spazio aereo siriano sempre). Ora carri armati ed aerei turchi entrano in Siria con totale impunità. Si tratta dello stesso Erdogan che rimproverò la Siria nel 2012, quando un aereo turco in realtà entrò nello spazio aereo siriano e venne abbattuto dalle forze siriane.

L’incoerenza di Erdogan l’avrebbe reso inaffidabile, ed abbastanza sicuramente, entro poche settimane, avrebbe pugnalato la Russia alla schiena dopo esser strisciato da Putin e criticato gli USA per aver rifiutato di consegnargli il dissidente turco Fethullah Gülen. Ora Erdogan è di nuovo al centro della NATO, minacciando di abbattere aerei russi che volano nelle regioni della Siria che la Turchia ha invaso. Chiunque in Russia pensi che Erdogan sia un amico deve ripensarci ed essere realista.

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L’accordo Stati Uniti-Turchia mira a creare de facto una ‘zona di sicurezza’ nel nord-ovest della Siria
Karen DeYoung e Liz Sly, Washington Post 26 luglio 2015
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Turchia e Stati Uniti hanno concordato i contorni di una “zona di sicurezza” di fatto, lungo il confine Turchia-Siria, secondo i termini di un accordo che prevede di aumentare in modo significativo portata e ritmo della guerra aerea degli Stati Uniti contro lo Stato islamico nel nord della Siria, secondo i funzionari turchi e statunitensi. L’accordo prevede un piano per cacciare lo Stato islamico da una zona di 68 miglia ad ovest del fiume Eufrate, fino alla provincia di Aleppo, che finirebbe sotto il controllo dell’opposizione siriana. Se pienamente attuato, porterebbe gli aerei statunitensi ad operare in prossimità delle basi aeree e delle difese aeree del governo siriano, aiutando direttamente i ribelli dell’opposizione che combattono il regime del Presidente Bashar al-Assad. Le operazioni nell’area non soddisfano le vecchie richieste turche per una no-fly zone pienamente dichiarata, ma la zona potrebbe diventare un santuario per parte dei circa 2 milioni di civili siriani fuggiti in Turchia. 

Dell’accordo se n’è saputo la scorsa settimana, quando la Turchia dichiarava di aver accettato di consentire ad aerei armati degli Stati Uniti di decollare dalla base di Incirlik. Aviogetti turchi iniziavano le missioni sulla Siria settentrionale. Ulteriori dettagli, tra cui la composizione delle forze dell’opposizione siriana da inviare ad occupare l’area protetta, sono ancora in fase di elaborazione secondo i funzionari, che sotto anonimato hanno parlato delle operazioni in evoluzione. “Quando le zone nel nord della Siria vengono liberate dalla minaccia (dello Stato islamico), zone di sicurezza verranno ovviamente formate“, aveva detto il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu. “Gli sfollati possono essere collocati in quelle zone sicure“. 


I funzionari degli Stati Uniti non hanno contestato la descrizione turca e hanno detto che la copertura aerea della coalizione degli Stati Uniti avrebbe operato tutto il giorno designando gli obiettivi dello Stato islamico.
Ma hanno detto che gli Stati Uniti non designano ufficialmente la zona, circa 40 miglia di profondità per 68 miglia lungo il confine, come protetta. 

Un alto funzionario dell’amministrazione ha detto in un comunicato che “tutti gli sforzi militari congiunti” con la Turchia “non includono l’imposizione di una no-fly zone“. “Quello di cui parliamo con la Turchia è cooperare per supportare i partner sul terreno nel nord della Siria che contrastano lo SIIL“, dice la nota. “L’obiettivo è creare una zona liberata dallo ISIL e garantire maggiore sicurezza e stabilità al confine della Turchia con la Siria“. SIIL è un altro termine per Stato islamico.

Il segretario generale della NATO ha detto che l’Alleanza terrà consultazioni a Bruxelles in risposta alla richiesta turca dopo un attentato suicida in Turchia nella settimana precedente. Le consultazioni sono a norma dell’articolo 4 della NATO, consentendo ad ogni membro di convocare una riunione quando ritiene che la propria integrità territoriale o sicurezza è minacciata.
La NATO ha schierato batterie antimissile Patriot in Turchia all’inizio del 2013, dopo che la Turchia ricorse all’articolo 4 quando suoi cittadini furono uccisi da razzi sparati dal governo siriano oltre confine ed aerei siriani avevano violato il suo spazio aereo. 

L’amministrazione Obama ha resistito a lungo alla creazione di zone di sicurezza in Siria protette dalle forze aeree della coalizione degli Stati Uniti, affermando che le operazioni aeree dovrebbero essere volte solo contro lo Stato islamico. 

Il Pentagono ha sostenuto che se colpisse le regioni della Siria occidentale, vicino a dove il governo combatte i numerosi gruppi di ribelli e militanti, potrebbe provocare uno scontro con le difese aeree siriane concentrate nella zona. La Turchia in precedenza aveva rifiutato l’uso di Incirlik per gli attacchi aerei degli Stati Uniti, a meno che non decidevano d’istituire una zona protetta lungo il confine. 

Ma diversi aspetti del conflitto sono cambiati da quando i governi ne discussero la prima volta alla fine del 2014. Le forze di Assad hanno perso molto terreno nel nord-ovest, anche presso Aleppo, seconda città della Siria, verso la coalizione di forze militanti moderate negli ultimi mesi. Allo stesso tempo, lo Stato islamico ha scacciato le forze curde da molte roccaforti, da nord ed est dell’Eufrate al confine iracheno, avanzando poi verso ovest. I militanti ora controllano il confine della Siria dal fiume ad Azaz, a nord di Aleppo. 

Il cambiamento di posizione della Turchia iniziò sei settimane prima, dopo l’avanzata dello Stato islamico di maggio per catturare Azaz, il valico più vitale per i ribelli moderati sostenuti dagli Stati Uniti. L’offensiva fu bloccata con l’aiuto tardivo di limitati attacchi aerei degli Stati Uniti. I ribelli siriani, che chiesero con urgenza il supporto aereo, si lamentarono che i convogli dello Stato islamico erano confluiti verso le loro posizioni senza alcun intervento degli aerei da guerra della coalizione. I funzionari degli Stati Uniti in seguito notarono che gli attacchi richiesti dai turchi sarebbero stati più efficaci se gli aerei volavano da Incirlik, a 250 miglia di distanza, piuttosto che da una base nel Bahrayn. La zona ora aperta agli Stati Uniti va da Azaz a Jarablus sull’Eufrate. 

Secondo i resoconti dei media turchi, si estenderà verso sud fino ad al-Bab, alla periferia di Aleppo, ma non includerà Aleppo. Non è chiaro se l’amministrazione abbia informato il governo siriano delle nuove operazioni nel nord-ovest. 

Il governo degli Stati Uniti aveva indirettamente avvertito Assad di non interferire negli attacchi aerei degli Stati Uniti contro lo Stato islamico iniziati nel settembre 2014 in Siria settentrionale, centrale e orientale. 

Ma tali attacchi non furono visti come un problema, dato che il governo siriano aveva praticamente ceduto quelle zone ai militanti, conducendovi operazioni minime. Una volta che l’area viene liberata, il piano è concederne il controllo a ribelli moderati non ancora identificati. Stati Uniti e Turchia hanno interpretazioni differenti su quali gruppi possano essere definiti “moderati”. Sarà quindi possibile per i civili sfollati trovare rifugio nella zona, cosa che porterebbe alla realizzazione delle ambizioni turche per alleviare il problema dei profughi in Turchia.

Eliminare lo Stato islamico dalla zona sotto controllo sarebbe un duro colpo strategico per il gruppo, privandolo degli ultimi accessi al mondo. Dopo aver perso il controllo dell’importante valico di frontiera di Tal Abyad verso le forze curde, a giugno, lo Stato Islamico controlla solo due piccoli valichi, a Jarablus e al-Rai, attraverso cui passa il contrabbando di combattenti stranieri. Tali città di confine sono la prossima priorità nella lotta contro lo Stato Islamico, secondo funzionari turchi e statunitensi. La velocità con cui i militanti si sono sbriciolati a Tal Abyad, sotto fulminanti attacchi aerei degli Stati Uniti e qualche combattimento a terra, ha dimostrato che la forza aerea può operare contro il gruppo, secondo funzionari curdi e statunitensi. Tal Abyad si trova ad est dell’Eufrate e di Kobane, dove le forze curde scacciarono, con l’aiuto degli attacchi aerei degli Stati Uniti e dei rifornimenti turchi, lo Stato Islamico, all’inizio del 2015. 

L’accordo, inoltre, muta le dinamiche in altre regioni del nord della Siria a vantaggio della Turchia, che vede con allarme come i curdi siriani si avvantaggino degli attacchi degli Stati Uniti ad est dell’Eufrate. “Dopo la cattura di Tal Abyad con la significativa assistenza degli Stati Uniti, il passo successivo sarebbe l’avanzata dei curdi ad ovest dell’Eufrate occupando molti territori“, aveva detto Soner Cagaptay dell’Istituto di Washington per la Politica del Vicino Oriente. “Ciò ha contribuito ad accelerare l’accordo. Ora si vedranno massicci bombardamenti aerei nella regione, che non finirà solo nelle mani dei curdi.

Il capo del gruppo curdo avvantaggiatosi dagli attacchi degli Stati Uniti esprimeva la preoccupazione che il piano per la zona porti all’ingresso di truppe turche. Salah Muslim leader del Partito dell’Unione Democratica della Siria (PYD), ha spesso accusato la Turchia di sostenere lo Stato islamico per contrastare l’influenza curda e ha detto che tutte le forze turche che entrassero in Siria saranno considerate “invasori”. Il PYD e la sua ala militare, le YPG, sono alleati del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), le cui basi in Iraq furono colpite da attacchi aerei turchi poco prima. Il PKK vuole stabilire uno Stato curdo nella regione che comprende parti di Turchia, Iraq, Siria ed Iran. Stati Uniti e Turchia l’hanno etichettato organizzazione terroristica.

TURKEY-SYRIA-ISTraduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

La Germania e la Francia non vogliono il Ttip

Per la Germania il TTIP è definitivamente "fallito"

Secondo il ministro dell'Economia, Gabriel, i colloqui con gli Stati Uniti per l'accordo di libero scambio, TTIP, Ue-Usa sono falliti: "Gli europei non possono capitolare alle richieste americane"

Sigmar Gabriel 

MILANO - Negli ultimi tempi si erano sollevate molte voci scettiche sul maxi accordo commerciale tra Italia e Stati Uniti, il Ttip. Per gli addetti ai lavori era ormai nell'aria da tempo la chiusura (almeno per ora) del sipario sulla vicenda, impantanata tra posizioni troppo diverse tra le due sponde dell'Atlantico e tra esigenze elettorali che consigliano la messa tra parentesi di una tematica così spinosa, capace di sollevare forti opposizioni tra diversi strati della società civile.

Il De profundis del trattato transoceanico arriva direttamente dal vice cancelliere e ministro dell'Economia tedesco, Sigmar Gabriel che, in un'intervista alla rete televisiva pubblica Zdf, ha rilevato che "i colloqui con gli Stati Uniti sono di fatto falliti perché noi europei, naturalmente, non dobbiamo soccombere alle richieste americane: nulla si sta muovendo in avanti".

La Transatlantic trade and investment partnership (nota appunto come il Ttip) era nato per creare la più grande zona di libero scambio al mondo. Ma le trattative si sono impantanate sui termini dell'accordo, così come sullo shock seguito al voto della Gran Bretagna per lasciare l'Ue e per la crescente opposizione a un'intesa in Francia e Germania. Fattori, questi ultimi che fanno sollevare seri dubbi sulla possibilità di raggiungere un'intesa entro la fine dell'anno, come sperato.

L'inchiesta. Il trattato globale che fa paura al mondo

Gli attivisti che si sono opposti al Ttip sin dall'inizio dei negoziati nel 2013 sostengono che l'affare potrebbe beneficiare solo le multinazionali e danneggiare i consumatori. Il primo ministro francese, Manuel Valls, ha detto che sarebbe "impossibile" per le due parti concludere i negoziati per un accordo commerciale per la fine del 2016. Dietro le quinte, alti diplomatici hanno detto ad Afp che i colloqui possono essere sospesi fino a dopo le elezioni presidenziali degli Stati Uniti nel mese di novembre, così come dopo le elezioni in Francia e in Germania del prossimo anno.

Nell'intervista Gabriel si è mostrato più ottimista su un accordo di libero scambio Canada-Ue, che ha definito "un grande passo avanti", aggiungendo che avrebbe combattuto per la sua ratifica. L'accordo noto come Ceta è stato formalmente concluso nel 2014 e richiede l'approvazione di 28 stati membri dell'Ue e del Parlamento europeo.

Dopo la Germania anche la Francia non vuole il Ttip

"E' inutile alimentare l'illusione" di un accordo sul libero scambio commerciale tra Ue e Usa "prima della fine del mandato" del presidente Obama, ha detto Hollande.

La Francia chiede la fine delle trattative e ufficializzerà la sua richiesta al prossimo summit Ue a Bratislava.

L'Ue ribatte: i negoziati non sono falliti

di Francesca Gerosa

Dopo la Germania anche la Francia mette la parola fine ai negoziati sull'accordo di libero scambio commerciale Ttip tra l'Ue e gli Usa. "E' inutile alimentare l'illusione" di un accordo "prima della fine del mandato" del presidente americano, Barack Obama (20 gennaio 2017), ha dichiarato quest'oggi il presidente francese, Francois Hollande, facendo eco al vice-cancelliere tedesco, il socialdemocratico Sigmar Gabriel, in parte solo formalmente corretto dal portavoce del cancelliere Angela Merkel, Steffen Seibert.

"Il sostegno della Francia ai negoziati non c'è più", ha rincarato la dose il segretario di Stato francese al Commercio estero, Matthias Fekl. "La Francia chiede la fine delle trattative". Lo scorso 28 agosto il ministro dell'Economia tedesco, Sigmar Gabriel, ha definito le trattative "fallite de facto". Un fallimento che dipende dalle esose richieste statunitensi respinte dall'Europa. Opinione condivisa oggi da Fekl.

"Gli americani non concedono nulla se non le briciole", ha constatato il segretario di stato francese al Commercio con l'estero, "ma non è così che si negozia tra alleati". I rapporti tra Europa e Stati Uniti devono riprendere su buone basi. "Abbiamo bisogno di una battuta d'arresto chiara e definitiva su questi negoziati per riprenderli su buone basi", ha concluso.
La Francia ufficializzerà la sua richiesta al prossimo summit europeo il 22 settembre a Bratislava tra i ministri del Commercio estero. Ma per l'export italiano questo accordo "è essenziale", come ha spiegato il ministro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda, convinto che il trattato di libero scambio tra Ue e Usa si chiuderà, "è inevitabile. Gli Stati Uniti sono i nostri principali partner economici e politici. Se non negoziamo con loro con chi altro dovremmo farlo?".
Calenda ha detto di conoscere i dubbi di Sigmar Gabriel ma sono solo in parte condivisibili. "E' vero che le offerte americane sono ancora insoddisfacenti ed è difficile chiudere l'accordo entro la presidenza Obama, come avevo peraltro detto due mesi fa; del resto per un'intesa commerciale di queste dimensioni due anni e mezzo di trattative non sono molti", ha precisato Calenda.
Il negoziato sta entrando in una fase cruciale perché sul tavolo ci sono proposte per ogni capitolo. Dopo anni di trattative tra Ue e Usa rimangono ancora molte divergenze, in particolare sulla sicurezza ambientale e alimentare, con i critici che sostengono come il patto sia troppo sbilanciato a favore delle multinazionali a spese di consumatori e lavoratori. Invece i sostenitori del Ttip, come l'Italia, ritengono che l'accordo porterebbe vantaggi all'economia per tutti.
Peraltro quest'oggi la portavoce della Commissione europea, Margaritis Schinas, ha chiarito che in assenza di comunicazioni del Consiglio dell'Ue, fa fede il mandato ricevuto dagli Stati membri. "Quando si negozia, si negozia con l'obiettivo di chiudere un accordo, e la Commissione continuerà a lavorare secondo il mandato che in modo unanime è stato dato" dagli Stati membri. La stessa commissaria Ue al Commercio, la svedese Cecilia Malmstroem, considera ancora in vita il Ttip. "Non intendo analizzare la mente e le intenzioni del presidente Hollande. Ed è chiaro che al momento non si potrà concludere entro la fine dell'anno, tuttavia c'è l'intenzione e potremmo finalizzare la trattativa entro la fine della presidenza Obama. Questa è la nostra intenzione", ha detto.
Fonte: qui

martedì 30 agosto 2016

Iran, schierato sistema russo S-300


Due nuove centrali nucleari sorgeranno in Iran, grazie all’accordo Bushehr Phase II, siglato due anni fa con i russi. 


I due impianti sorgeranno nella città portuale di Bushehr, nel sud dell’Iran, per un investimento complessivo di dieci miliardi di dollari, su ordine diretto del presidente iraniano Hassan Rouhani


L’accordo, siglato tra Teheran e Mosca nel 2014, prevede la costruzione di otto reattori. Poche ore fa, i media iraniani hanno annunciato che il più importante impianto nucleare del paese, quello di Fordo, è protetto da un sistema missilistico a lungo raggio di fabbricazione russa recentemente consegnato. Nel video diffuso dalle tv di stato, è stato immortalato un S-300 operativo, nella struttura a sud della capitale iraniana. Le immagini del sistema S-300 a Fordo, nella Regione di Qom, sono state svelate dopo il discorso del leader supremo Ayatollah Ali Khamenei. Quest’ultimo ha sottolineato la natura difensiva dell’asset schierato a Fordo, paventando ritorsioni contro qualsiasi aggressione.


Il sito nucleare di Fordo, destinato all’arricchimento dell’uranio, ha cessato ogni attività in base all’accordo siglato lo scorso gennaio tra l’Iran e le sei potenze mondiali: Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia, Cina, Germania e Russia. In base all’accordo, l’Iran avrebbe smantellato 19 centrifughe in cambio delle riduzioni delle sanzioni. Teheran manterrà soltanto cinquemila centrifughe attive per fini di ricerca. Sarebbe opportuno rilevare che l’accordo raggiunto non prevede la chiusura degli impianti iraniani, nonostante le precise richieste del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
Fino al 2009, Fordo era una struttura segreta gestita dalla Guardia Rivoluzionaria iraniana. L’arricchimento dell’uranio poco sotto la gradazione per le armi iniziò nel 2011. Le centrifughe possono essere utilizzate per arricchire l’uranio a livelli più bassi per l’impiego civile in campo energetico, medico e scientifico. L’Iran si è impegnato a non arricchire uranio negli impianti di Fordo per almeno 15 anni e di ridurre le sue riserve di uranio arricchito da cinque tonnellate a 300 kg.
Sabato scorso, da Bandar Abbas, il comandante della Marina della Guardia Rivoluzionaria iraniana, l’ammiraglio Ali Fadavi, ha sottolineato la potenza della sua flotta e la debolezza della flotta statunitense.
“97 unità della Marina della Guardia Rivoluzionaria iraniana, pattugliano costantemente il Golfo Persico e mantengono a bada le navi da guerra  degli Stati Uniti. Washington cerca di indebolire i paesi che prendono a modello la rivoluzione iraniana. Questo disegno è destinato a fallire, mentre è proprio la loro presenza nella regione a provocare insicurezza”.

Fonte: piovegovernoladro.info/

lunedì 29 agosto 2016

Il "bivio" che avvicina la resa dei conti

È sempre più netta in Italia la differenza tra chi parla e chi fa. 


Fatto reso ancor più evidente dalla tragedia del terremoto, nella quale l'Ue si dimostra inutile


Dunque, giovedì sera a Porta a porta, si celebrava il terremoto come motore per il Pil. Non mi stupisce, le logiche romane sono quelle. Ovvio, certe cose occorre dissimularle, quindi si faceva riferimento alla necessità di ottimismo, alla voglia di fare: ma di chi? In un Paese normale, il Parlamento sarebbe stato riaperto, i 41 giorni di ferie di deputati e senatori fatti finire in anticipo e si sarebbe fatto il punto della situazione, attivando le Commissioni competenti. 

Qui no, qui si va a dire idiozie in tv. 

O a farsi i selfie con le macerie come sfondo. 

Dicono che le disgrazie fanno uscire allo scoperto l'Italia migliore, a me pare che le disgrazie servano solo a fiaccare ancora di più lo spirito della brava gente che abita in stragrande maggioranza questo Paese, ma che è governata, da anni ormai, da incapaci assoluti. E in malafede. 

Basta guardare le dirette dai luoghi del terremoto: per un intero giorno ci hanno trapanato il cervello con il fatto che 20 migranti ospitati ad Ascoli avevano voluto unirsi ai soccorritori(video peraltro costruito ad arte!), spacciandoci questo nulla come vittoria dell'integrazione. Venti persone: quanti sono i clandestini ospitati a nostre spese nel solo Centro Italia? Penso un pochino più di 20, soltanto al vecchio centro Baobab di Roma si parla di centinaia. Sono andati volontari in 20, oltretutto perfettamente a favore di telecamera e uno di loro stava diligentemente spostando erbacce con un rastrello. Ci avete preso tutti per imbecilli, per caso? 

Matteo Renzi ha fatto la sua bella comparsata di 20 minuti e poi arrivederci e grazie, un bel selfie con i vigili del fuoco e passa la paura. In compenso, ha stanziato 50 milioni per i primi interventi: 50 milioni, mentre il suo aereo di Stato ne è costai 175. Ma va bene così, l'Italia ormai è questo, un Paese stanco e moribondo retto da inetti. 

C'è però un problema: la gente non è stupida e basta andare al bar a bere il caffè o al supermarket a fare la spesa per rendersene conto. Le parole sono sempre meno misurate, i concetti sempre più duri, la rabbia sempre più palpabile: ho la netta impressione che il punto di non ritorno stia avvicinandosi a tappe forzate. 


Alcune formazioni di estrema destra, su tutte Casapound e LealtàAzione, hanno immediatamente dato vita a raccolte di generi alimentari e abbigliamento per i terremotati: fino a un paio d'anni fa, avrebbero avuto successo, ma ci sarebbero voluti giorni prima di far partire il primo camion. Oggi sono già alla decima spedizione di generi di conforto, partono nel cuore della notte e arrivano all'alba, stracarichi di ogni bene necessario. La gente compra e porta ai punti di raccolta, fregandosene se sono "fascisti": sanno che sono gli unici a mettere le mani nel fango, sanno che sono gli unici a fare qualcosa di concreto, sanno che sono gli unici ancora così stupidi da non farci la cresta. 

Sta cadendo anche il discrime ideologico, stanno crollando i pregiudizi, stanno liquefacendosi tutte le barriere: il discrimine è tra chi fa e chi parla. 


Dove sono i No Borders? Dove sono i centri sociali? Dove sono i No Tav? Aiutare connazionali che hanno perso tutto non è abbastanza esotico, forse? Questo terremoto, per la politica, è una manna: come farà l'Europa a non garantirci maggiore flessibilità, di fronte a quasi 300 morti e tre paesi rasi al suolo? E non datemi del cinico, perché questo è lo stesso Paese che ha sentito le intercettazioni di chi festeggiava al telefono per il terremoto de L'Aquila e per il business della ricostruzione, la verginità l'abbiamo persa da tempo. 

C'è poco da fare, la realtà è testarda e viene sempre a chiedere il conto, prima o poi: il Paese è a un punto di svolta, la ricreazione è finita, la gente è esasperata. E non capirlo, non vederlo, è quanto di più pericoloso possa compiere un politico: lentamente, lo scollamento tra popolo e suoi rappresentanti sta toccando vertici mai toccati. Non servono politologi dai titoli accademici roboanti per rendersi conto che il supporto al Movimento 5 Stelle è frutto solo di questo, dell'esasperazione: finora, la rabbia e la delusione si sono incanalati in percorsi democratici, nel voto di protesta, ma ci vuole davvero poco per arrivare ad altro. Non si può massacrare una nazione per mera volontà di potere, non si può rendere la vita di chi lavora sempre più dura soltanto perché ce lo chiede l'Europa: quale Europa? 

Ha detto nulla l'Europa sul terremoto? 

Ci ha messo cinque ore prima di alzare il telefono, Putin ci ha messo 5 minuti. 

Scrivo queste parole per il semplice fatto che sono certo che, stante la situazione economica del Paese, quest'anno dovremo fare i conti con le clausole di salvaguardia, quindi con un ulteriore aumento di accise e tasse: se non mandiamo Bruxelles a quel paese, l'Italia muore. E qui non serve fare discorsi su euro o non euro, la questione è che gli interessi dell'Ue non sono i nostri: punto. 


E per evitare che demagoghi da quattro soldi tipo Salvini (a proposito, non vedo pletore di camicie verdi ad aiutare negli scavi, né tantomeno il nostro eroe sui luoghi della disgrazia a portare conforto) capitalizzino da questa situazione, occorre avere il coraggio di reagire anche in maniera drastica: ma non accadrà, perché quel Forza Renzi sulla prima pagina de Il Giornale tre giorni fa, ci fa capire che questo dramma sarà il balsamo per rivitalizzare l'inciucio del Nazareno. Si andrà avanti a geometrie variabili, un Verdini di qua, un Verdini di là e il governo in qualche modo sta in piedi, soprattutto ora che Berlusconi ha bisogno della sponda dell'esecutivo dopo la fregatura rifilata a Mediaset da Vivendi. Il bene del popolo? Zero, chissenefrega. 

Vi faccio un esempio. Mentre il Comitato olimpico nazionale italiano (Coni) raccomanda di osservare un minuto di silenzio negli stadi per commemorare le vittime del sisma, gli ultras di tutte le squadre d'Italia si sono mobilitati per raccogliere beni di conforto e portarli nei luoghi del dramma: la differenza tra palazzi del potere e Paese reale è questa, c'è chi parla e c'è chi fa. Ma a SkyTg24 o su RaiNews non lo dicono, perché gli ultras vanno bene solo quando succede qualcosa di brutto allo stadio, la priorità attuale è quella dei 20 migranti in gita ad Amatrice a far finta di dare una mano. Lo so che sono parole dure le mie, ma guardatevi attorno e ditemi se riconoscete il Paese in cui vivete, se avete almeno 40 anni: siamo sull'orlo di un precipizio valoriale e morale prima ancora che economico, siamo in un limbo di indifferenza mista a opportunismo che rappresenta il cocktail peggiore che un popolo possa bere. 

Come vedete, non ho nemmeno sfiorato la polemica sui terremotati in tenda e clandestini in hotel, per il semplice fatto che è un non-sense: ormai sono qui, il problema era avere un governo serio che i soldi li usasse per respingimenti ed espulsioni e non per far mangiare cooperative amiche, visto che l'80% abbondante di chi è qui a lamentarsi per il wi-fi lento non scappa da nessuna guerra e quindi va rispedito a casa sua. 

La corda sta per spezzarsi, tutti avvisati. 

Dopo non lamentiamoci delle derive populiste o dell'estremizzazione dello scontro, perché quando si poteva intervenire si è preferito voltarsi dall'altra parte, certi che l'elemosina degli 80 euro sarebbe stata sufficiente a rabbonire la gente. La sciarada è finita e quando a ottobre i primi nodi verranno al pettine, non basteranno tutti i selfie del mondo per evitare il redde rationem


MAURO BOTTARELLI
Fonte: qui