9 dicembre forconi: 02/09/17

giovedì 9 febbraio 2017

Crisi in Grecia, i soldi sono finiti. La bomba è pronta ad esplodere

La morsa della crisi in Grecia non accenna a lasciare il paese e il momento peggiore deve ancora arrivare: si devono ripagare i debiti.

Ecco cosa succede nella nazione messa in ginocchio dall’Unione europea.

La crisi in Grecia arriva al punto di non ritorno, con un debito insostenibile e ancora una volta senza soldi per ripagare le vecchie trance di soldi prestati. Uno schema che si ripete ormai da anni e che non sembra essere cambiato per il 2017. 

La Grecia si trova così nella condizione di dover chiedere un prestito per poter ripagare i vecchi debiti.
Una situazione si ripropone uguale ogni anno che passa: la Grecia è indebitata, deve applicare delle nuove manovre di austerity, mentre il Fondo Monetario Internazionale riflette se concedere nuovi finanziamenti.
La Grecia non sembra intenzionata a prendere in mano la situazione e ad uscire dall’Euro.
Il punto di non ritorno è però arrivato ed è proprio in questo mese di febbraio 2017 che Tsipras potrebbe finalmente decidere di cambiare le carte in tavola. L’Euro e l’Unione europea hanno infatti soffocato la Grecia, che non può riprendersi senza pensare ad una ridenominazione del debito.

Uscendo dall’Euro e tornando alla moneta nazionale la Grecia potrebbe infatti operare una grossa svalutazione della moneta che a lungo raggio potrebbe portare dei giovamenti all’economia del paese.
Viene così lanciato l’allarme e si dovranno seriamente prendere in considerazione le richieste avanzate dalla Grecia e considerare un’alleggerimento del debito. Vediamo insieme qual è la situazione al momento e cosa potrebbe succedere il 20 febbraio 2017.

Crisi in Grecia: cosa sta succedendo e perché si parla di Grexit

A febbraio 2017 si torna così a parlare di Grexit e uscita del paese dalla moneta unica, dal momento che mancano i soldi per ripagare i debiti. Non solo questo però riporta in primo piano la crisi greca, ma anche il cambiamento degli scenari economici e politici del pianeta.
A mescolare le carte in tavola è il 45° Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.
In queste settimane si valuterà infatti se concedere una nuova trance di finanziamenti, in caso la risposta non fosse positiva la Grecia andrebbe in default prima dell’estate 2017. 
Per accedere agli aiuti però si devono applicare le nuove manovre di austerity e di pesanti tagli alla spesa pubblica.
La question è però complessa, dal momento che la Grecia è già in ginocchio e non ci sono delle aree della spesa pubblica che potrebbero essere tagliate. La sanità è ridotta allo stremo, le pensioni sono a dir poco ridicole e il tasso di disoccupazione non accenna a diminuire.

Bruxelles però continua a chiedere i tagli e a imporre nuove manovre che porterebbero al collasso finale la nazione.
L’Europa non guarda alla situazione economica greca, che sembra più quella di un paese appena uscito da un conflitto:
  • -30% degli investimenti rispetto al periodo precedente alla crisi (2008);
  • reddito pro capite tagliata del 20% rispetto a quello del 2008;
  • crescita stimata per il 2016 -0,3%.
Nonostante i gravissimi problemi economici la Grecia ha comunque raccolto il 2,3% del Pil, con il quale dovrà pagare il tasso di interesse del prestito richiesto. Un’operazione a quanto pare inutile dal momento che la scure di Bruxelles potrebbe ben presto tornare ad abbattersi sulla Grecia.

Crisi in Grecia: cosa vuole l’Europa?

Sebbene la Grecia si sia impegnata, abbia cercato di rispettare gli accordi presi con Bruxelles e applicato le misure di austerity dovute, tutto ciò no è bastato. Adesso i creditori (ossia gli stati membri dell’UE) chiedono di più: pretendono nuovi tagli!
Gli stessi esperti del FMI mettono in guardia dalle richieste di Bruxelles, che non sono al momento applicabili se non riducendo in povertà un’intera nazione. Le richieste sono infatti un disavanzo primario del 3,5% per il 2018 e per gli anni a venire. 
Una richiesta che Tsipras non potrà accontentare neanche imponendo pesantissimi tagli a tutti i settori.
Per ottenere tale risultati si chiedono infatti
  • tagli alle pensioni statali, già pesantemente oppresse dalle sforbiciate;
  • taglio al tetto minimo per non pagare le tasse (5.000 euro l’anno di entrate).
L’unica soluzione sarebbe far ripartire il paese e puntare su un alleggerimento del debito, in modo da invertire la rotta e provare a far ripartire l’economia. In settimana si deciderà inoltre un altro importante elemento: la partecipazione del FMI.
Nel caso in cui il Fondo si tirasse indietro definitivamente la questione potrebbe essere ben più complicata.
In questo caso infatti si passerebbe a proporre la questione al Bundestag tedesco, dove in un momento di campagna politica come questo è facile capire che le richieste della Grecia verrebbero respinte.
La questione potrebbe così diventare molto complessa e l’uscita della Grecia dall’Unione europea sempre più vicina.

Fonte: qui

IL 20% DEI COMUNI NON HA ANCORA UN PIANO DI EMERGENZA PER TERREMONI E ALLUVIONI

IN CASO DI CALAMITA’ NON CI SONO PROCEDURE DEFINITE NÉ PER LA MESSA IN SICUREZZA DEI CITTADINI NÉ PER PERMETTERE ALLA PROTEZIONE CIVILE DI INTERVENIRE - LA CAMPANIA, AD ALTO RISCHIO SISMICO E VULCANICO, E’ MESSA MALISSIMO


Anticipazione stampa di “OGGI” in edicola domani

Nonostante tutte le parole spese ogni volta che c'è un terremoto o un'alluvione, ben 1.577 Comuni su 7.954 (il 20%) non hanno ancora trasmesso alla Protezione civile un piano di emergenza comunale. In caso di calamità non avranno procedure definite né per mettere in salvo i propri abitanti, né per permettere alla Protezione civile e a chi deve intervenire di conoscere esattamente la situazione del luogo.

Lo rivela il settimanale OGGI in un articolo in edicola domani. Dalla mappa spicca la completa assenza di piani trasmessi alla Protezione civile da parte della provincia di Bolzano (sembrerebbe più una questione di rivendicazione dell’autonomia che una totale assenza di strategie salvavita). Spicca il fatto che le regioni ad alto rischio calamità sono quelle con meno piani di emergenza.
TERREMOTOTERREMOTO

La Campania, che ha il maggior numero dei Comuni d’Italia a rischio sismico e due zone ad alto rischio vulcanico, è il fanalino di coda: solo il 39% ha un piano. È inoltre  un dato basato sulla fiducia, visto che la regione è l’unica che si è limitata a trasmettere solo il numero, non i singoli piani.

La Sicilia è penultima, con il 49% dei Comuni dotati di piano d’emergenza. In Calabria, dove tutto il territorio ha il rischio sismico più alto (1 e 2), solo il 54% delle amministrazioni possiede un piano. Tra le sorprese negative emergono anche il Lazio, con il 66%, e la Lombardia, la meno adeguata dell’Italia settentrionale, ferma al 78%.

Fonte: qui
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Un mostro da mille miliardi Ecco la spesa dell'Ue in 7 anni

Italia tra i grandi finanziatori del bilancio 2014-2020. Ma per l'emergenza migranti ci sono soltanto spiccioli

Un «super Stato» che costa oltre mille miliardi di euro. 

Questa è l'Unione Europea del settennio 2014-2020, un mostro burocratico da oltre 150 miliardi l'anno.

Esaminando il bilancio pluriennale della Comunità, come aggiornato lo scorso dicembre dal voto dell'Europarlamento, si scopre infatti di avere a che fare con un vero e proprio Leviatano.

Gli impegni di competenza per i sette anni, infatti, ammontano a 1.087,2 miliardi (1.025,4 miliardi gli stanziamenti per cassa). Ma a che cosa serve tutto questo fiume di denaro che per la maggior parte proviene dai Paesi più grandi (Germania, Francia, Italia e Gran Bretagna fino a quando non uscirà definitivamente)? 

Il capitolo di spesa di maggiore entità è «Crescita intelligente e inclusiva» che vale circa 513,5
miliardi di euro, ossia poco meno della metà dell'intero bilancio. Ma è una voce molto composita: si va dal finanziamento del progetto Erasmus per gli studi all'estero al Fondo di solidarietà per i danni causati dalle catastrofi naturali fino ai fondi di coesione (quelli che le nostre regioni non riescono a spendere), a quello per gli investimenti strategici (ossia il meccanismo per applicare il piano Juncker) fino ai progetti aerospaziali e termonucleari.

Il secondo maggiore impegno di spesa è denominato «Crescita sostenibile: risorse naturali» e vale nel settennio 420 miliardi, cioè 60 miliardi all'anno dei quali oltre 40 miliardi sono impiegati nel Fondo di garanzia per l'agricoltura, cioè i sussidi che tutti gli agricoltori ricevono in base agli obiettivi definiti per ciascun settore. Oltre 11,5 miliardi all'anno sono destinati allo sviluppo rurale, cioè alle aree europee più svantaggiate, mentre mezzo miliardo annuo è destinato alla pesca e all'itticoltura.

Sull'ultimo gradino del podio si trova, invece, il capitolo «Amministrazione», ovvero il finanziamento diretto del carrozzone che si muove tra Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo (limitandosi solamente ai principali organi istituzionali). Sono 70 miliardi, cioè 10 miliardi all'anno. Diamo un occhiata al bilancio 2017, giusto per avere un ordine di grandezza. Il Parlamento europeo costa 2 miliardi circa, il Consiglio Ue 550 milioni, la Commissione 3,5 miliardi, la Corte di Giustizia 400 milioni e la Corte dei Conti Ue 140 milioni circa.

Il capitolo «Sicurezza», invece, è molto più indietro: 17,7 miliardi di euro nel periodo 2014-2020 con una spesa media annua di 2,5 miliardi. Una cifra inferiore a quella che l'Italia spende ogni anno per far fronte all'emergenza migranti che ammonta a circa 3,3 miliardi. Questo valore corrisponde al triplo di quanto Bruxelles ha stanziato per il 2017 per «Asilo e migrazioni» (1,1 miliardi). Anche se va detto che un'emergenza può sempre essere gestita con le risorse molto composite della voce «Crescita intelligente e inclusiva», resta il fatto che la stessa struttura del bilancio consideri secondario il flusso proveniente dal Nord Africa.

È chiaro, quindi, che un sentimento di esasperazione mista a scetticismo possa generarsi in Paesi come l'Italia che vedono la loro difficile situazione economica aggravata dagli ingestibili flussi migratori. Soprattutto se si osserva che nel 2015 (ultimo dato disponibile) il nostro Paese ha contribuito per oltre 15 miliardi al bilancio europeo ricevendone indietro 10, oltre la metà dei quali sotto forma di sussidi all'agricoltura e un altro 40% in fondi di coesione.

Ma c'è un altro problema: questo super Stato da mille miliardi non riesce a funzionare nemmeno come camera di compensazione dei diversi interessi in una fase ancora incerta della congiuntura globale. L'ortodossia rigorista imposta dallo strapotere tedesco in ognuna delle istituzioni fondanti (anche se l'Italia ha la presidenza del Parlamento Ue e della Bce) tende ad ammettere pochissime deroghe. E questo non contribuisce ad aumentare il clima di fiducia. 

Fonte: qui

IL COSTRUTTORE DELLA CASA DI SCAJOLA, ANEMONE, HA EVASO TASSE PER 166 MILIONI

UNA SUA AZIENDA HA SEGNATO 54,1 MILIONI DI ATTIVO A FRONTE DI 40 MILIONI DI PERDITE 

COMMISSARIATA DAL TRIBUNALE 

MALE ANCHE IL SALARIA VILLAGE: NEL 2015 HA PERSO 2,3 MILIONI

Andrea Giacobino per andreagiacobino.com

Angelo Balducci e Diego AnemoneANGELO BALDUCCI E DIEGO ANEMONE
Naufraga una delle imprese di Diego Anemone, l’immobiliarista della “cricca” dei Grandi Eventi del G8 del 2009, fra l’altro condannato a 9 mesi di reclusione con pena sospesa dal tribunale di Perugia assieme ad Angelo Balducci e noto per aver pagato in parte la casa ricevuta da Claudio Scajola “a sua insaputa”.

Qualche giorno fa, infatti, il tribunale di Roma attraverso i magistrati Antonino la Malfa, Giuseppe di Salvo e Marta Terzi ha nominato Francesco Rossi commissario giudiziale della Impresa Anemone Costruzioni e ha dato tempo alla società fino al prossimo 30 marzo per presentare una proposta di concordato o una domanda di omologa di accordi di ristrutturazione dei debiti.

Angelo BAlducci - Diego Anemone e Maudo della Giovampaola (Dal Giornale)ANGELO BALDUCCI - DIEGO ANEMONE E MAUDO DELLA GIOVAMPAOLA (DAL GIORNALE)
All’inizio dell’anno, infatti, a Roma davanti al notaio Silvia Teodora Meucci si era presentato Luciano Anemone, zio di Diego, per mettere a verbale che “la situazione patrimoniale della Impresa Anemone Costruzioni impone “la predisposizione di un piano di risanamento da attuarsi mediante il ricorso alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale o un accordo di ristrutturazione del debito”.

L’azienda ha chiuso il 2015, ultimo bilancio disponibile, con un attivo di 54,1 milioni a fronte di 40 milioni di debiti. A Impresa Anemone Costruzioni assieme ad altre società riconducibili all’imprenditore (Maddalena S.c.a.r.l., Arsenale S.c.a.r.l., Cogecal S.r.l. e Tecno-cos S.r.l.) la Guardia di Finanza ha contestato un’evasione di imposte di 166 milioni nel periodo 2005-2009, di cui 140 milioni sono relativi a imposte dirette e 26 milioni all’Iva, oltre a fatture false per 38 milioni.
SALARIA SPORT VILLAGESALARIA SPORT VILLAGE

Non meglio se la cava l’altra azienda di cui Anemone è titolare al 100%, la Società Sportiva Romana. Amministrata per via giudiziaria dal 2013 da Fabrizio Iapoce e Sergio Vitellozzi, è proprietaria del Salaria Sport Village, sequestrato dalla magistratura. I gestori sono riusciti lo scorso anno ad affittare alcuni attivi (a partire dal bar/ristorante dentro al centro) alla Kmi, ma la società nel 2015 ha perso oltre 2,3 milioni a fronte di un attivo di 42,4 milioni e di un patrimonio netto di 13,8 milioni.


Fonte: qui