9 dicembre forconi: 01/07/19

lunedì 7 gennaio 2019

Che sta succedendo tra la Chiesa e il governo?

L'obiezione di coscienza per contrastare il decreto Sicurezza salviniano, invocata dall’ex presidente della Cei Angelo Bagnasco, finora conosciuto per i suoi atteggiamenti non certo rivoluzionari. “Avvenire” che usa toni e contenuti molto simili, guidando il coro di quanti criticano il raddoppio dell’Ires sul Terzo Settore ed ora attendono che il governo mantenga l’impegno a rivedere la “tassa sulla bontà” (espressione usata anche da Sergio Mattarella). La “Civiltà Cattolica” che, in un lungo articolo del suo direttore, sembra auspicare il superamento della attuale fase politica. Il mondo cattolico è in fermento. Di più: pare aver cambiato radicalmente atteggiamento verso una maggioranza nata da poco più di sei mesi. Un record: con Silvio Berlusconi ci vollero degli anni, e fu solo per via dei suoi comportamenti privati.
Uno stato di cose che pare essere certificato dallo stesso Matteo Salvini, quando suggerisce l'esistenza di una frattura tra gerarchia ecclesiastica e popolo cristiano (quest'ultimo a suo dire molto vicino alle posizioni della Lega).  "La chiesa del territorio, la chiesa delle parrocchie, è quella che vive sulla propria pelle i problemi reali, che magari qualcuno in Vaticano vede da lontano", dice il ministro.

In principio fu un rosario, ed un Vangelo

Pare che la Chiesa di Papa Francesco, impegnata nel superare la dicotomia tra cattolici del sociale e cattolici della morale, non apprezzi identitarismi sfrenati, muri innalzati e porti chiusi esattamente come non apprezza l’equiparazione delle unioni omosessuali ai matrimoni.
Eppure a questa Chiesa Matteo Salvini si era rivolto, esplicitamente, al termine della campagna elettorale di un anno fa, esibendo un rosario in una mano ed il Vangelo nell’altra. Un segnale effettivamente raccolto da larga parte dell’elettorato abituato ad andare in chiesa la domenica.
Il primo segnale di insofferenza è arrivato con una discussa copertina di Famiglia Cristiana, all’epoca dei primi no agli sbarchi dei migranti nei porti italiani. “Vade retro Salvini”, titolò il settimanale dei paolini beccandosi anche più di un rimbrotto dalle stesse gerarchie, perché accostare il leader leghista a Satana era cosa ben poco cristiana.

Cattolici ed evangelici

Ma già allora la Civiltà Cattolica, pubblicazione degli influenti Gesuiti, aveva dato alle stampe in quei giorni una lunga analisi, in cui stigmatizzava una certa diffusione anche nella cultura della Penisola di un qual certo integralismo "neopentecostale  evangelico". Espressione forbita e colta per dire che certi atteggiamenti tutto sono men che cattolici, che sgorgano da una concezione rovesciata del rapporto tra uomo e Dio e che il sovranismo identitario cova al suo interno un male oscuro che può germinare gravi danni. Anche alle radici giudaico-cristiane dell’Europa, il cui progetto originario è positivo, al netto di alcune storture da rivedere (e questo lo sostiene anche l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini).

Chiusure e retromarce

Se la scorsa primavera i rapporti con il Movimento 5 Stelle avevano registrato quasi un’apertura di credito da parte cattolica, grazie anche all’impegno di Luigi Di Maio a ripristinare le chiusure dei negozi la domenica, i contenuti della manovra di bilancio hanno suscitato perplessità manifestate con una certa franchezza da parte della Conferenza Episcopale. Perplessità che prendono forma concreta quando si viene a sapere fuori tempo massimo che la manovra contiene di fatto il raddoppio dell’Ires per chi svolge attività di volontariato. Il governo rimedia promettendo che si troverà una soluzione alla prima occasione possibile, “Avvenire” prende atto della promessa parlando di “retromarcia”.

Un “partito dei vescovi”?

Contemporaneamente, poi, inizia a circolare sui media e non solo un’idea che provoca scalpore. Quella secondo cui addirittura da parte dei vescovi italiani si pensi a favorire la rinascita di un partito laico di ispirazione cristiana. Qualcuno lo chiama “partito dei vescovi”, una dizione emersa ai tempi dei primi scontri tra il Viminale e la gerarchia sui migranti. Salvini reagisce dal palco della manifestazione da lui organizzata a Roma nel giorno della Festa dell’Immacolata, in cui cita De Gasperi e Giovanni Paolo II, (e “facendone il punto di riferimento ideale” della sua azione, scrive Antonio Socci).
Qualcosa deve bollire in pentola, se è vero che della faccenda del partito si interessano i principali quotidiani. Le cronache, negli ultimi due mesi, non hanno registrato la nascita di nessun nuovo partito, tantomeno dei vescovi. I bene informati sostengono che però le cose non stiano più come un anno fa, con il laicato cattolico ridotto al ruolo di sparring partner politico degli altrui leader, e che qualcosa potrebbe saltar fuori.

Di nuovo popolari

Nelle ultime ore poi è tornata a farsi sentire La Civiltà Cattolica con una nuova analisi, anch’essa firmata dal direttore Antonio Spadaro. Il titolo è “Tornare a essere popolari”.
“Instillare la paura del caos è divenuta una strategia per il successo politico: si innalzano i toni della conflittualità, si esagera il disordine, si agitano gli animi della gente con la proiezione di scenari inquietanti”, nota Spadaro, che è molto ascoltato dentro e fuori le Mura vaticane. “I flussi migratori sia­no una delle priorità dell’Unione Europea dei prossimi anni, perché le migrazioni oggi rischiano di essere il grimaldello per far saltare l’Europa. Concretamente: è necessario lavorare all’integrazione”.
Ancora: “Per i populismi che sperimentiamo oggi, la forza di una democrazia dipende dall’esistenza di un popolo relativamente omogeneo con un’identità precisa e riconoscibile fondata sulla coesione etnica. Ma attenzione, perché quando la comunità etnica si pone al di sopra della persona, secondo Jacques Maritain, non vi è più alcun baluardo al totalitarismo politico”. E attenzione: “Emerge anche in Europa l’ossimoro di democrazie che possono morire per mani di leader eletti democraticamente”.
Infine: “Senza partecipazione la democrazia si atrofizza, diventa una formalità, perché lascia fuori il popolo nella costruzione del suo destino”.
Sembrano tanti punti da mettere insieme su un foglio, con una penna. Non a caso “Il Foglio”, nel riportare dell’articolo, chiosa: “È ora di scendere in campo”.
Fonte: qui