9 dicembre forconi: 05/25/16

mercoledì 25 maggio 2016

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E’ IL PEGGIOR RISULTATO DAL 2013: PESA IL CROLLO DELLE ATTIVITA’ ESTRATTIVE (-39,5%) A CAUSA DELLA CRISI DELL’ILVA. MALE ANCHE TESSILE E ABBIGLIAMENTO (-9,8%)

Brusca frenata per l’industria italiana e questa volta vanno male anche le auto: primo calo dal dicembre 2013, -6,5% su base annuale.

La maggiore diminuzione colpisce la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-22,4%)

INDUSTRIA
INDUSTRIA
A marzo il fatturato dell’industria italiana è calato del 3,6% rispetto allo stesso mese del 2015, il peggiore calo su base annuale a partire dall’agosto 2013. A trascinarlo verso il basso sono stati il crollo delle attività estrattive (-39,5%) e della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati, insieme al tessile e abbigliamento (-9,8%) e alla metallurgia (-9,4%).
A sorpresa, ha però perso terreno anche quel settore auto che nel 2015 aveva invece trainato la debole ripresa del pil: il comparto, ha fatto sapere l’istituto durante il briefing con i giornalisti, ha fatto segnare un -6,5 per cento, primo cedimento dal dicembre del 2013. La fabbricazione di mezzi di trasporto nel suo complesso (nella voce sono comprese navi, locomotive e aerei) resta invece in progresso del 5,1%.
INDUSTRIA 2
INDUSTRIA
Risultato: l’indice destagionalizzato dei ricavi dell’industria tocca il minimo da due anni a questa parte. Fatto 100 il livello del 2010, a marzo 2016 si scende a quota 96. Non un segnale incoraggiante per la ripresa italiana, anche se l’andamento dell’industria a marzo è già inglobato nello stentato andamento del pil nel primo trimestre, quando ha segnato un aumento dello 0,3% contro il +0,5% medio dell’Eurozona.
industria hi tech
INDUSTRIA
A pesare è probabilmente lo stallo dell’Ilva e del suo indotto, mentre è da escludere l’effetto del sequestro del centro oli Eni di Viggiano, visto che risale al 31 marzo. La contrazione del fatturato è sintesi della flessione del 2,6% sul mercato interno e di un lieve incremento (+0,1%) su quello estero.
ILVA
ILVA
Ma il dato scende anche su base mensile, con una flessione rispetto a febbraio dell’1,6%. E ancora, si registra il segno meno anche considerando la variazione tra l’ultimo trimestre del 2015 e i primi tre mesi del 2016: in questo caso, la contrazione è dell’1,1%.
Risultano in contrazione mese su mese anche gli ordinativi (-3,3%), che invece, rispetto all’anno precedente, crescono dello 0,1%. Il calo su base mensile è verificato sia sul mercato interno (-1,5%), sia su quello estero (-5,8%).
A contribuire al crollo del fatturato dell’industria è stata anche la componente interna dell’energia e, in particolare, la maggiore diminuzione colpisce la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-22,4%).
IMPIANTO ILVA A TARANTO
IMPIANTO ILVA A TARANTO
Invece gli incrementi più rilevanti si registrano nella fabbricazione di computer e prodotti di elettronica (+6,5% sull’anno), i mezzi di trasporto (+5,1%, nonostante il calo degli autoveicoli del 6,5%) e i prodotti farmaceutici (+4,9%). Su base congiunturale, gli indici segnano incrementi per l’energia (+3,2% sul mese) e cali per i beni strumentali, i beni intermedi (-2,5% per entrambi) e i beni di consumo (-0,6%).

Fonte: qui

LA TURCHIA MINACCIA L’EUROPA: SENZA SOLDI E SENZA LA LIBERALIZZAZIONE DEI VISTI, ADDIO ACCORDO SUI MIGRANTI

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L' EUROPA HA CHIESTO UNA MODIFICA SULLE LEGGI ANTITERRORISMO, CHE ERDOGAN SI RIFIUTA DI ATTUARE

I turchi si sentono presi in giro e Erdogan si infuria: “Le promesse fatte non sono state mantenute. Se non ci saranno progressi sulla liberalizzazione dei visti, la Turchia non continuerà nell' attuazione dell' accordo sui migranti”

Monica Ricci Sargentini per il “Corriere della Sera
ERDOGAN
ERDOGAN
«Finora le promesse fatte non sono state mantenute. La Turchia non sta chiedendo favori ma onestà. Se non ci saranno progressi sulla liberalizzazione dei visti, la Turchia non continuerà nell' attuazione dell' accordo sui migranti».
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan punta i piedi con l' Unione Europea e lo fa in chiusura del Vertice umanitario globale che si è tenuto lunedì e martedì a Istanbul alla presenza del segretario generale dell' Onu Ban Ki-moon e di 55 capi di Stato e di governo.
erdogan juncker
Erdogan Juncker
Il punto di attrito non è solo la promessa liberalizzazione dei visti ma anche i soldi che non sono mai arrivati.
«I rappresentanti della Ue ci continuano a chiedere dove sono i progetti, come vogliamo investire questi soldi - racconta al Corriere una fonte vicina al presidente - ma noi abbiamo qui due milioni di siriani, abbiamo costruito campi, provveduto ai loro fabbisogni. Cosa dobbiamo dimostrare?».
Erdogan, insomma, si sente trattato con sufficienza, come uno che continua a stare fuori dalla porta. Ed è questo atteggiamento ad irritarlo. «Sui visti l' Ue ci chiede altri sforzi - ha aggiunto il presidente - ma l' esenzione è stata concessa ad altri Paesi più facilmente. Ieri (lunedì ndr ) alla cancelliera Merkel ho chiesto: perché invece volete tutto dalla Turchia?». Bruxelles ha posto come condizione per i visti la soddisfazione di 72 criteri tra i quali c' è la modifica della normativa antiterrorismo che Ankara si rifiuta di cambiare.
E se l' ex premier Ahmet Davutoglu aveva voluto fortissimamente l' accordo sui migranti siglato lo scorso marzo, ora sicuramente l' atteggiamento del governo turco cambierà. Ieri Erdogan è tornato ad Ankara per ricevere il neo primo ministro Binali Yildirim che gli ha portato i nomi dei nuovi ministri.
È stato confermato il responsabile degli Esteri Mevlut Cavusoglu che ha minacciato di «congelare l' accordo con Ue». Mentre è stato sostituito Volkan Bozkir, il responsabile degli Affari europei, diplomatico di lungo corso che ha tessuto insieme con Davutoglu la trattativa con Bruxelles. Al suo posto andrà un altro uomo fidatissimo del presidente, Omer Celik, portavoce dell' Akp, il partito filoislamico al governo.
TURCHIA PROFUGHI
TURCHIA PROFUGHI
Nel suo discorso di investitura in Parlamento Yildirim ha detto che «la Turchia continua ad aspirare a una piena adesione all' Unione Europea, ma è frustrata dai progressi fatti sinora». Il braccio di ferro è appena iniziato.
Fonte: qui

FIRENZE - SI APRE VORAGINE DI 200 METRI SUL LUNGARNO: INGHIOTTITE UNA VENTINA DI AUTO

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A PROVOCARE IL CEDIMENTO LA ROTTURA DI UN GROSSO TUBO DELL’ACQUA, A SECCO I RUBINETTI DI MIGLIAIA DI CASE

“LO SMOTTAMENTO PUO’ CONTINUARE”

Nessun ferito ma il Lungarno è stato chiuso al traffico: si teme che lo smottamento possa continuare

Il sindaco, piddino, Nardella ha anche invitato i cittadini a non usare l'auto per raggiungere la zona dell'Oltrarno in cui si è aperta la voragine

Ernesto Ferrara e Massimo Mugnaini per “www.repubblica.it”
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FIRENZE LUNGARNO
Una voragine di circa duecento metri per sette di larghezza si è aperta sul Lungarno Torrigiani, tra Ponte Vecchio e Ponte alle Grazie, in pieno centro di Firenze. Il cedimento è avvenuto attorno alle 6.30 ed ha coinvolto una ventina di auto che erano parcheggiate in sosta.
Non ci sono feriti. A provocare il cedimento, secondo quanto spiegato dai vigili del fuoco, la rottura di un grosso tubo dell'acqua. La rottura, oltre a provocare il crollo, ha causato l'allagamento della voragine sommergendo in parte le vetture cadute all'interno. Sul posto anche polizia di Stato e municipale. Il Lungarno è stato chiuso al traffico.
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FIRENZE LUNGARNO
Vigili del fuoco e genio civile non possono escludere che lo smottamento possa continuare: lo ha detto lo stesso sindaco Nardella che ha anche invitato i cittadini a non usare l'auto per raggiungere la zona dell'Oltrarno in cui si è verificata la voragine. Intanto i residenti vengono contattati per spostare le auto in prossimità della zona in cui si è aperta la voragine. Verifiche anche sulla spalletta del lungarno che ha retto ma che sarebbe danneggiata.
Senza acqua alcune abitazioni in città. "Problemi di approvvigionamento idrico che si stanno registrando in queste ore sono causate da due grossi guasti sulla rete idrica che hanno interessato questa notte via Guicciardini e nelle ore successive Lungarno Torrigiani - fanno sapere da Publiacqua, la società erogatrice -. Sono in corso manovre sull’impianto dell’Anconella che limiteranno l’approvvigionamento idrico in alcune zone della riva sinistra d’Arno. Problemi di abbassamenti di pressione e mancanze d’acqua potranno quindi interessare anche i comuni limitrofi della piana"...
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FIRENZE LUNGARNO
2. IL TWEET DI NARDELLA
Questa notte c'è stato un grave smottamento in lungarno Torrigiani a causa della rottura delle tubazioni principali dell'acqua sulla riva sinistra. Nessun danno a persone. Siamo sul posto con Municipale vigili del fuoco e tecnici. Chiusa la rete idrica tra Oltrarno e Campo di Marte. Chi ha la macchina parcheggiata nella zona vicina a quella smottata la rimuova con urgenza.
Fonte: qui

RENZI, IL DISTRIBUTORE AUTOMATICO DEL PILOTA AUTOMATICO DI DRAGHI





Il quotidiano inglese “The Telegraph” ha lanciato una sorta di appello al Presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, ad uscire dall’euro prima che la moneta unica affossi definitivamente l’Italia. La sortita del quotidiano britannico si inserisce nella campagna referendaria sulla eventuale scelta della “Brexit”, cioè l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. L’opinione anti-europeista nel Regno Unito sa di muoversi in margini ristretti e compressi dall’ingerenza della NATO, perciò cerca sponde internazionali e sembra pronta ad aggrapparsi persino ad uno come Renzi.

In realtà l’appello non andava rivolto a Renzi ma alle forze in grado di compiere quel colpo di Stato necessario a dare corpo ad una scelta come l’uscita dall’euro. Si tratterebbe in effetti di un contro-golpe, poiché anche l’euro, ed in generale il regime UE insediatosi nell’ultimo quarto di secolo, sono stati messi in atto con procedure golpiste. Il problema è che in Italia anche queste forze mancano, in quanto la sconfitta bellica ha condotto ad una dissoluzione delle forze armate ed a una loro ricostruzione sotto il controllo della NATOe porre la questione dell’uscita dall’euro senza affrontare anche quella dell’uscita dalla NATO è pura astrazione. Il Regno Unito ha basi NATO e americane sul proprio territorio, ma le forze armate britanniche vantano ancora una loro continuità con quelle precedenti alla ferrea alleanza con gli USA, cosa che non si può dire dell’Italia, Paese militarmente occupato tout-court.

Renzi non è un leader politico ma una macchinetta, perciò la sua ascesa va inquadrata nel contesto del totale esautoramento del governo italiano in seguito al provvedimento del presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, di sostenere con i propri acquisti il debito pubblico italiano. 
La famosa dichiarazione di Draghi del marzo 2013, quella secondo cui qualunque governo si fosse insediato in Italia, si sarebbe dovuto attenere all’agenda europea delle “riforme strutturali”, fu condensata dallo stesso Draghi nello slogan del “pilota automatico”. Ma Draghi dimenticò di aggiungere che al pilota automatico si sarebbe dovuto affiancare un distributore automatico di slogan e panzane ad uso di un’opinione pubblica passiva ed estenuata. Nel marzo del 2013 Renzi non era ancora pronto ad ereditare Palazzo Chigi, quindi si fece ricorso al breve interregno diEnrico Letta, il discepolo del pesce Nemo, l’uomo che avrebbe voluto morire per Maastricht, ma che aveva il torto di esibire una residuale somiglianza con uomo politico tradizionale. Letta aveva anche il grave torto di parlare correntemente l’inglese, cosa che gli consentiva di intrattenere colloqui riservati con leader stranieri. Renzi, col suo inglese turistico, è invece comunicativamente isolato e quindi più controllabile.

L’emergere di un leader o di un altro (oppure di un non-leader come Renzi) è strettamente condizionato dai rapporti di forza interni ed internazionali. Lo stile-Renzi in campo internazionale, cioè l’atteggiamento baldanzoso con le brache in mano, è l’effetto dell’attuale debolezza italiana, che è una debolezza crescente poiché ogni giorno che passa vede cadere i residuali tasselli di un minimo di potere contrattuale. Il mito degli USA come potenza in declino offusca la realtà di un dominio americano sull’Europa che non è mai stato così saldo, tanto che Obama ha potuto permettersi persino di ammonire il Regno Unito sui guai a cui andrebbe incontro se osasse uscire dalla UE, che è un’appendice politico-economica della NATO. Nella stessa America Latina le vicende del dissesto venezuelano e delcolpo di Stato pseudo-legalitario in Brasile hanno posto in evidenza il fatto che gli artigli imperialistici USA non mollano la presa.

Si obietta spesso alla UE di aver riprodotto un modello di unificazione analogo a quello dell’unità italiana, con il risultato di mettere insieme grandezze non omogenee. Il punto è che però gli ideali europeistici (ammesso che non siano stati solo propaganda) non hanno avuto niente a che vedere con il processo di unificazione europea, allo stesso modo in cui gli ideali risorgimentali sono stati al più marginali nel determinare l’unificazione italiana. La spedizione dei Mille nel 1860 fu una mera operazione di copertura per favorire una secessione della Sicilia, da trasformare in protettorato britannico. La fiaba dei “Picciotti” che avrebbero affiancato Garibaldi non spiega da dove questi avrebbero preso armi e addestramento militare. Si trattava in realtà di mercenari fatti sbarcare dalla flotta britannica in accordo con l’aristocrazia siciliana, massonica al cento per cento. Nello stesso periodo nell’Italia meridionale vi era una fibrillazione delle classi dirigenti che accarezzavano l’idea di sostituire i Borbone con un parente di Napoleone III. Nel confronto imperialistico tra Gran Bretagna e Francia si inserì la Prussia, che riteneva un’Italia unita più funzionale al progetto di Bismark di unificazione della Germania, poiché l’Italia unita avrebbe creato difficoltà all’Impero Austro-Ungarico, l’avversario principale del progetto di Bismark. Alla fine a conquistare il Sud non fu Garibaldi ma l’esercito piemontese, incomparabilmente più numeroso e armato di quello borbonico. D’altro canto la marina borbonica era molto più agguerrita e tecnologicamente avanzata di quella piemontese, ma ci pensò la potente marina britannica ad impedirle di uscire dai porti. 

Non è possibile leggere la realtà senza un filtro ideologico, che non è altro che il nostro modo di leggere la realtàMa l’ideologia diventa mistificazione quando si pretende di spiegare i comportamenti attraverso le motivazioni ideologiche. Oggi ci si viene a raccontare che Mao avrebbe ucciso quaranta milioni di cinesi solo per realizzare le sue utopie, dal che si può dedurre che i dieci anni di guerra col Giappone ed i successivi quattro anni di guerra civile colKuomintang non avrebbero avuto niente a che vedere con fame e carestie: i Cinesi erano poveri perché Mao li voleva poveri in nome del comunismoQuesta è la vulgata imposta oggi, ma negli anni ‘60 ci si volle convincere che la Cina era in conflitto con l’URSS perché voleva strapparle la leadership del socialismo mondiale. Sarebbe bastato un po’ di buonsenso per capire invece che il gruppo dirigente cinese stava mollando l’URSS per corteggiare gli USA. Per il gruppo dirigente cinese si trattava, allora come oggi, di schierarsi col più forte. Se la Cina non si decide a cambiare questo atteggiamento sostanzialmente filoamericano, sarà difficile che si verifichi un riequilibrio dei rapporti di forza internazionali. 

Ogni potere è abuso di potere, sono semmai i rapporti di forza a limitarlo. Se oggi Putin appare meno peggio dei suoi omologhi occidentali, non è per la sua superiorità morale ma perché non ne possiede quella potenza mediatica che gli consentirebbe la stessa ipocrisia e la stessa manipolazione delle notizie. La potenza ideologica degli USA è parte integrante dei rapporti di forza, e può costringere a vedere le cose come si vuole che si vedano. Impossibilitato dai suoi mezzi mediatici limitati a mentire più di tanto, Putin è costretto dai rapporti di forza a far ricorso, di tanto in tanto, all’unica arma a sua disposizione, cioè la verità, cosa che gli ha consentito di smascherare Erdogan e di demistificare l’ISIS. 

La cosiddetta “democrazia” è più pericolosa di altri regimi poiché è un sistema oligarchico che si avvale di un dispendioso apparato di pubbliche relazioni con cui creare realtà virtuali in grado di produrre a loro volta finte emergenze con le quali giustificare praticamente tutto

Non si può neanche dire che la “democrazia” sia meno sanguinaria delle dittature esplicite. In democrazia si può fare ampiamente ricorso all’assassinio politico perché tanto ci pensano i media a far passare il tutto come incidenti o suicidi, bollando di “complottismo” chi osi esprimere dubbi. In tal modo il governo tedesco ha potuto “suicidare” in carcere i membri della RAF, mentre Alexander Dubcek è stato “incidentato” nella Cecoslovacchiaappena pervenuta alla “democrazia”, dopo che per anni il cattivissimo KGB non aveva osato toccarlo.

Ci si sorprende del fatto che in Italia non vi siano aneliti di ribellione nonostante tutto quello che accade, ma le ribellioni si inseriscono sempre in qualche stallo tra i rapporti di forza tra i vari poteri. Come si è visto con le recenti manifestazioni contro il “Jobs Act” di Hollande, qualche stallo del genere ancora si verifica in Francia, mentre inItalia il rapporto di forza oggi sembra ancora esercitarsi a senso unico. 

La lotta operaia si modella nei rapporti di forza e sono le letture ideologiche e le mistificazioni a posteriori a creare confusione. Se si prende ad esempio la ribellione operaia diventata storicamente paradigmatica, quella dei Luddistidegli inizi dell’800, ci si rende conto che il mito storiografico secondo cui si sarebbe trattato di ex-artigiani che distruggevano le macchine in una specie di sogno passatista, non ha alcun riscontro nei documenti storici a disposizione, quelli dei processi che li riguardarono. Si trattava in realtà di operai che subivano l’iper-sfruttamento dello sviluppo industriale favorito dalle commesse statali necessarie per sostenere le guerre napoleoniche

La legislazione inglese di quel periodo puniva lo sciopero e l’associazionismo operaio con l’impiccagione, quindi distruggere le macchine costituiva per gli operai una forma di lotta più efficace e meno rischiosa, poiché non sempre si era identificati. Rivedremo perciò le lotte operaie nei tempi e nei modi in cui i rapporti di forza lo consentiranno.