lunedì 2 ottobre 2017
LA COMPAGNIA AEREA INGLESE, MONARCH, DICHIARA FALLIMENTO NELLA NOTTE
110MILA PERSONE A TERRA, E IL REGNO UNITO INIZIA ‘LA PIÙ GRANDE OPERAZIONE DI RIMPATRIO DEL DOPOGUERRA’, MOBILITANDO TRENTA AEREI
FONDATA 50 ANNI FA, VOLA ANCHE A FIUMICINO, NAPOLI, TORINO, VENEZIA E VERONA. OCCHIO AL BIGLIETTO: 300MILA PRENOTAZIONI CANCELLATE
Enrico Marro per http://www.ilsole24ore.com/
Dopo Alitalia e Air Berlin, un’altra compagnia aerea , stavolta inglese, ha gettato la spugna: nella notte la Civil Aviation Authority britannica ha annunciato che la low cost Monarch Airlines ha cessato le operazioni, lasciando a terra tutti i velivoli (trentacinque, quasi tutti Airbus) assieme a 110mila passeggeri, in buona parte ora bloccati all’estero. Oltre 300mila prenotazioni sono state cancellate.
Il Governo britannico ha subito iniziato la più grande operazione di rimpatrio del dopoguerra, mobilitando una trentina di aerei per poter riportare a casa i passeggeri Monarch rimasti bloccati all’estero.
Monarch, compagnia charter fondata cinquant’anni fa nel Regno Unito, aveva la sua base nell’aeroporto di Luton, non lontano da Londra. Il gruppo comprendeva anche un tour operator e una divisione ingegneristica. Dalle sue quattro principali basi britanniche trasportava circa sei milioni di passeggeri l’anno su oltre quaranta destinazioni, cinque delle quali in Italia (Roma Fiumicino, Napoli, Torino, Venezia e Verona).
L’ultima iniezione di capitale nella società risale a circa un anno fa, quando il socio di maggioranza Greybull Capital assicurò una nuova linea di credito da 165 milioni di sterline (oltre 187 milioni di euro). In difficoltà dal 2009 per l'avvento delle low cost, la compagnia charter britannica venne acquisita nell'ottobre 2014 proprio da Greybull Capital per pochi spiccioli appena qualche ora prima che la licenza commerciale con l'ente dell'aviazione civile inglese scadesse.
Il nuovo piano industriale prevedeva il ridimensionamento di rotte e flotta (da 42 a 34 aerei) e la conversione a modello low cost. Ma il crollo della domanda su tratte cruciali per la compagnia, come quelle per Egitto e Turchia, ha fatto sprofondare di nuovo il modello di business di Monarch nelle sabbie mobili.
Un anno fa il vettore era di nuovo a un passo dalla bancarotta, e solo grazie all’iniezione di denaro di Greybull ha ottenuto il rinnovo annuale della licenza a operare. Ma negli ultimi dodici mesi la situazione non è migliorata. Il maggior azionista della compagnia ha rifiutato di ricapitalizzare di nuovo, e a mezzanotte precisa di oggi l’ente dell’aviazione civile britannico ha deciso di non rinnovare la licenza al vettore. Lasciando a terra 100mila persone, parte delle quali anche in Italia.
Fonte: qui
LA SALVEZZA DEGLI ITALIANI? I NONNI! - SONO 12,5 MILIONI E GARANTISCONO SERVIZI CHE IL WELFARE NON OFFRE
HANNO SEMPRE PIÙ RESPONSABILITÀ, NON SOLTANTO VERSO I NIPOTI
IL PROBLEMA E’ CHE NEI PROSSIMI ANNI DIVENTERANNO NONNE DONNE ISTRUITE, CHE LAVORANO E ANDRANNO IN PENSIONE MOLTO TARDI (E AVRANNO MENO TEMPO DA DEDICARE ALLA FAMIGLIA)
Linda Laura Sabbadini per “La Stampa”
Auguri di cuore ai dodici milioni e mezzo di nonni del nostro Paese. Nonni e nonne, figure davvero splendide per i nipoti. Figure da festeggiare per il bellissimo rapporto che riescono a costruire con loro. Ho un ricordo intensissimo dei miei nonni, il senso di giustizia e di difesa degli ultimi di mio nonno, trasmessomi con i tanti racconti di battaglie per la libertà; la determinazione di mia nonna, maestra già nel 1915 e poi professoressa, e il suo insistere sull' investire in cultura.
«Nessuno potrà rubartela mai», mi dicevano tutti e due, preoccupati di allertarmi che essere ebrea avrebbe potuto significare essere perseguitata, come era successo a loro e nella storia. Ciascuno di noi sa il segno profondo che lasciano nel cuore i nonni. Perle di saggezza che si incidono nella nostra memoria e non scompaiono più. Parole e gesti d' amore che si scolpiscono nel cuore. Lezioni di vita che ti accompagnano anche da adulta. Affettuosi, complici, pazienti, sempre pronti a dare le coccole al momento giusto, a sostenerti con forza e a capirti, i nonni e le nonne. Ora la situazione è cambiata profondamente rispetto al passato, molto cambiata.
Prima c' erano pochi nonni e tanti nipoti, ora tanti nonni e pochi nipoti. Prima, la durata della vita era più breve, quindi i nonni non arrivavano ad età avanzate, non tutti riuscivano a conoscere 4 nonni. Oggi, la durata della vita si è allungata, ma il calo delle nascite e la permanente bassa fecondità si è accentuata e, a fronte di 4 nonni, si hanno sempre meno nipoti, in media 3.
Ma l' intensità dei rapporti non si riduce. Il ruolo attivo dei nonni cresce, l' affidamento dei nipoti fino a 13 anni li coinvolge nell' 86,9% dei casi, e coinvolge più le nonne. Si prendono cura dei nipoti, mentre i genitori lavorano, oppure durante impegni occasionali dei genitori, in situazioni di emergenza, quando il bambino è malato, e anche nei periodi di vacanza.
Sono facilitati dal fatto che fra i nonni il 43% vive a meno di un chilometro di distanza dal nipote più vicino, il 40% fra uno e 16 chilometri e solo il 17% a più di 16 chilometri dal nipote più vicino. Al Sud un po' meno, perché sono più distanti.
Dunque, sono una grande risorsa affettiva, sì, ma anche per la vita quotidiana delle famiglie, soprattutto laddove le mamme lavorano. E sono diventati sempre più un pilastro del sistema di welfare. Il contributo di ore di aiuto fornite dalle persone gratuitamente per l'assistenza ai bambini al di fuori del proprio nucleo familiare è stato di 1 miliardo 322 milioni di ore in un anno, secondo l' Istat, certo non tutti da parte dei nonni ma sicuramente una buona parte.
Una cosa enorme. La scarsa presenza di servizi sociali e la sperequata distribuzione sul territorio, accanto alla difficoltà di pagare una baby sitter per la maggior parte delle famiglie con bambini rendono indispensabile l'aiuto dei nonni, che suppliscono così, in Italia come in altri Paesi mediterranei, ad una funzione a cui dovrebbero assolvere i nostri sistemi di welfare.
E così i nonni, e soprattutto le nonne, si prendono cura dei nipoti, per aiutare figlie e nuore in una catena di solidarietà femminile che diventa sempre più difficile sorreggere. Sì, difficile perché stanno diventando nonne, donne più istruite che fin da giovani avevano cominciato a lavorare e non hanno lasciato il lavoro, ma la cui età pensionabile è diventata più alta di prima. Lavorano più a lungo e quindi hanno meno tempo da dedicare al lavoro di cura dei nipoti. A ciò si aggiunge che queste stesse donne hanno anche sempre di più genitori anziani non autosufficienti di cui prendersi cura.
Strette tra lavoro retribuito, assistenza ai nipoti e assistenza a genitori anziani non autosufficienti, le nonne hanno un problema di sovraccarico non indifferente e non riescono a godersi i nipoti quanto vorrebbero. Sono sempre più in affanno. Le nonne e i nonni sono assai diversi dal passato, come diversi sono i loro nipoti.
Più aperti che in passato a condividere e scambiare esperienze con una generazione di piccoli così diversa nelle abitudini ed anche nei saperi. Più aperti ad imparare da loro oltre che a trasmettere valori. Nonni pilastri del sistema di welfare, che non potranno più esserlo come prima, e che hanno bisogno anch' essi che i servizi pubblici ne possano alleviare il carico, permettendo loro di valorizzare il rapporto affettivo e formativo e crescere insieme ai loro nipoti.
Fonte: qui
Catalogna, ha votato il 42%. Nove su dieci hanno detto sì all’indipendenza
A Barcellona, la Generalitat è pronta a dichiarare, in modo unilaterale, l'indipendenza della Catalogna già nei prossimi giorni. «I cittadini catalani si sono guadagnati il diritto di vivere in uno Stato indipendente», ha detto davanti alla folla esultante il governatore della regione, Carles Puigdemont. Il governo spagnolo, da Madrid, ha condannato con fermezza nella notte «la sceneggiata» degli indipendentisti: «Il referendum che alcuni hanno voluto per spaccare il Paese e rendere indipendente una parte del Paese contro la volontà della maggioranza degli altri cittadini della comunità, semplicemente non c’è mai stato», ha detto il premier spagnolo Mariano Rajoy.
Il referendum di ieri e, ancora di più, le cariche della polizia spagnola che hanno ferito più di 700 elettori catalani davanti ai seggi, hanno mostrato che la rottura tra la Spagna e la Catalogna ormai definitiva . La disobbedienza dei Mossos d’Esquadra, gli agenti della polizia regionale, che si sono rifiutati di intervenire contro la gente e si sono schierati di fatto per il referendum, mostrano che la Catalogna è già altro rispetto alla Spagna: nella gestione del potere sul territorio, e non solo nelle rivendicazioni e nelle aspirazioni.
Il conteggio dei voti passa in secondo piano anche perché non può essere verificato da nessuno: ieri nei seggi le operazioni si sono svolte in modo improvvisato e chiunque avrebbe potuto votare, anche più volte. La Generalitat in ogni caso ha conteggiato 2,262 milioni di schede che rappresentano circa il 42% dei 5,3 milioni di catalani iscritti nelle liste elettorali. Il Sì all’indipendenza - come ampiamente previsto - ha ottenuto quasi il 90% dei consensi con 2,020 milioni di voti. Il No avrebbe incassato 176mila voti pari al 7,8 per cento. Secondo Barcellona tuttavia altri 770mila elettori erano iscritti nei 400 seggi chiusi dalla polizia e la partecipazione avrebbe potuto superare il 55 per cento.I leader secessionisti continuano a sfidare la legge spagnola, ignorando le sentenze della Corte Costituzionale e insistendo con una consultazione del tutto «illegale» che si è svolta senza le necessarie garanzie e la necessaria trasparenza. Ma Rajoy e le autorità spagnole si sono messi contro le manifestazioni pacifiche di milioni di catalani, la polizia si è resa responsabile davanti al mondo di azioni violente non degne di uno Stato democratico.
«Non so che cosa accadrà ora. Dopo quello che ho visto ieri, dopo che ho visto la polizia colpire senza motivo persone che manifestavano pacificamente la loro opinione, ho paura» dice Emilia Blanc, uno dei tanti cittadini catalani che hanno votato dopo ore di fila al seggio. «Ho visto le cariche nel mio seggio in Deputaciò - aggiunge - e mi sono spostata in questo seggio qui al Raval per potere finalmente votare».di più
A Madrid non basta più invocare la legalità e il rispetto della Costituzione. Per contenere la deriva secessionista servono risposte politiche. E Rajoy non sembra averne. Ma cosa succede ora? La Generalitat arriverà davvero alla dichiarazione unilaterale di indipendenza della Catalogna? Come reagirà il governo spagnolo? Tutto è possibile. A sentire Barcellona e Madrid, la battaglia è destinata a diventare ancora più dura.
Il vicepresidente catalano Oriol Junqueras ha spiegato che spetterà al Parlamento di Barcellona, nei prossimi giorni, dichiarare l’indipendenza, in base alla legge sul referendum: la decisione sembra a tutti ormai inevitabile e potrebbe essere presa a partire da mercoledì.
Rajoy, ringraziando le forze dell’ordine e indicando i leader catalani come gli «unici responsabili» delle violenze di ieri ha fatto capire che il governo di Madrid non intende fare passi indietro. È pronto quindi a commissariare le istituzioni catalane, sospendendo ogni forma di autonomia della regione, com previsto dall’articolo 155 della Costituzione.
“Cosa succede ora? La Generalitat arriverà davvero alla dichiarazione unilaterale di indipendenza della Catalogna? Come reagirà il governo spagnolo?”
La crisi istituzionale in Catalogna ha tuttavia superato, da ieri, i confini nazionali. E non potrà non mettere in imbarazzo l’Europa fino a qui schierata con la legalità e quindi con Madrid. Puigdemont, tra la folla esultante di Placa de Catalunya, ha lanciato un appello all’Europa perché cessi di «ignorare la crisi catalana e le violazioni dei diritti umani di cui si è resa responsabile la Spagna» dicendo che «la Ue non può continuare a guardare dall’altra parte perché abbiamo guadagnato il diritto di essere rispettati in Europa». In mattinata si è poi pronunciato a favore di una «mediazione internazionale» con il governo di Madrid.
Fonte: qui
Catalogna, Puigdemont chiede mediazione internazionale. Ue: Questione interna alla Spagna
Ansa - Il 90% dei voti è per l'indipendenza. Hanno partecipato 2,2 milioni di elettori, sui 5,3 chiamati alle urne. Il 'no' ha ottenuto il 7,8%. Chiusi dalla polizia 400 seggi
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Il presidente catalano Carles Puigdemont si è pronunciato per una "mediazione internazionale" con Madrid sulla crisi della Catlogna e annunciato la creazione di una commissione d'inchiesta sulle violenze di ieri contro la popolazione civile. Il Govern avvierà inoltre azioni legali "fino alle ultime conseguenze" contro i responsabili anche politici dell'intervento della polizia spagnola che ha fatto 893 feriti.
L'Alto commissario Onu per i diritti umani Zeid Ra'ad Al-Hussein si è detto oggi "molto turbato" dalle violenze in Catalogna ed ha esortato "le autorità spagnole a garantire indagini complete, indipendenti e imparziali su tutti gli atti di violenza". "Le risposte di polizia devono essere sempre proporzionate e necessarie", ha aggiunto Zeid in una beve dichiarazione resa nota a Ginevra. "L'attuale situazione dovrebbe essere risolta attraverso il dialogo politico, con il pieno rispetto delle libertà democratiche", ha osservato.
Il sindaco di Barcellona Ada Colau ha denunciato che ieri si sono prodotte aggressioni sessuali da parte della polizia spagnoladurante gli assalti ai seggi elettorali. Colau ha detto di aver ricevuto testimonianze di donne che hanno denunciato di avere subito tali aggressioni. Il sindaco di Barcellona ha annunciato denunce contro la polizia spagnola per le violenze di ieri.
Il Govern esige il ritiro delle migliaia di agenti inviati dalla Spagna in Catalogna per impedire il referendum. 'L'Ue - ha detto - deve favorire una mediazione fra Madrid e Barcellona sulla crisi della Catalogna. Non può continuare a guardare dall'altra parte: questa è una questione europea, non interna". Il portavoce della Commissione europea, Margaritis Schinas, però , ha sottolineato che "per la Costituzione spagnola, quel voto non è legale. Per la Commissione europea si tratta di una questione interna alla Spagna, che deve essere affrontata nel quadro dell'ordine costituzionale spagnolo e in linea con i diritti umani fondamentali. Questi - ha detto - sono tempi per l'unità e non per la divisione. Chiediamo ad entrambe le parti di muoversi velocemente da una situazione di conflitto al dialogo. La violenza non è lo strumento in politica per risolvere le questioni. Confidiamo in Mariano Rajoy per la gestione della situazione nel rispetto dei diritti umani previsti dalla Costituzioni".
All'indomani del referendum sull'indipendenza, il presidente catalano Carles Puigdemont ha convocato una riunione del governo per preparare le prossime mosse sulla strada dell'indipendenza. Il voto è stato dichiarato illegale da Madrid che ha cercato di farlo deragliare con l'intervento della polizia. A Madrid, intanto, il premier spagnolo Mariano Rajoy vede oggi i leader di Psoe e Ciudadanos Pedro Sanchez e Albert Rivera, i due grandi partiti spagnoli che appoggiano dall'opposizione la sua strategia in Catalogna. I tre devono concordare nuove misure. Rivera ha chiesto a Rajoy di attivare l'articolo 155 della costituzione per sospendere l'autonomia catalana prima di una possibile dichiarazione di indipendenza. L'Unione europea - ha detto il portavoce del governo spagnolo, Inigo Mendez de Vigo - non riconoscerà un'eventuale dichiarazione unilaterale di indipendenza della Catalogna, perché "per l'Europa significherebbe un pasticcio" di enormi proporzioni. Lo ribadendo che una simile dichiarazione "non avrebbe nessun effetto politico né giuridico".
Al referendum sull'indipendenza catalano il 'si' ha ottenuto il 90% dei voti, secondo i dati resi pubblici dal portavoce del governo catalano Jordi Turull. Al voto hanno partecipato 2,2 milioni di elettori, sui 5,3 chiamati alle urne. Il 'no' ha ottenuto il 7,8%. Migliaia di sostenitori dell'indipendenza, radunati in Plaza Catalunya, hanno esultato all'annuncio dei risultati mentre sulla centralissima pizza di Barcellona sventolavano un mare di bandiere 'stellate' dell'indipendenza catalana.
La partecipazione dei chiamati al voto catalani - ha spiegato il portavoce - avrebbe potuto raggiungere "almeno il 55%" in "condizioni diverse", cioè senza l'intervento nei seggi della polizia spagnola. Le schede conteggiate, 2,262 milioni, rappresentano circa il 42,2% dei 5,3 milioni di aventi diritto. Ma secondo Turull altri 770mila elettori erano iscritti nei 400 seggi chiusi dalla polizia. La maggior parte delle persone contrarie all'indipendenza si ritiene non abbiano votato.
Trull ha aggiunto che 400 seggi, corrispondenti a 770 mila elettori, sono stati chiusi dalla polizia spagnola nel giorno del voto, e che in molti casi gli agenti hanno sequestrato le urne. Il presidente Carles Puigdemont ha annunciato che trasmetterà i risultati del voto al parlamento nei prossimi giorni perchè prenda decisioni in base alla legge del referendum. La normativa approvata in agosto, e sospesa dalla corte costituzionale spagnola, prevede fra l'altro che l'assemblea possa dichiarare l'indipendenza della Catalogna dopo 48 ore.
E oggi il capo del governo spagnolo Mariano Rajoy presiederà la direzione del partito popolare per analizzare le iniziative degli indipendentisti in Catalogna e le ultime dichiarazioni del presidente catalano Carles Puigdemont.
BARCELLONA - UNA DONNA, TRASCINATA FUORI DAL SEGGIO, HA URLATO: “STAVO SOLO DIFENDENDO LA GENTE PIÙ ANZIANA, PERCHÉ COLPIVANO BAMBINI ED ANZIANI. MI HANNO ROTTO LE DITA, UNA AD UNA. SULLE SCALE AVEVO IL VESTITO TIRATO SU, MI HANNO TOCCATO IL SENO MENTRE RIDEVANO E MI COLPIVANO’’
VIDEO ‘LA POLIZIA ROMPE LE DITA A MARTA TORRECILLAS’
La donna che è stata trascinata fuori dal seggio a Barcellona, è scoppiata a piangere perché gli agenti della polizia le hanno rotto le dita ‘una ad una’ e l’hanno aggredita sessualmente mentre ridevano.
Il video ripreso alla Paul Claris School di Eixample, mostra Marta Torrecillas mentre viene violentemente portata via dalla polizia, la trascinano per le scale verso l’uscita, il vestito le sale fino alla pancia, lasciandola esposta ed umiliata.
Ha descritto l’accaduto in una registrazione WhatsApp passata ad un’amica per farla arrivare alla stampa: «Stavo solo difendendo la gente più anziana, perché colpivano bambini ed anziani. Mi hanno rotto le dita, una ad una. Sulle scale avevo il vestito tirato su, mi hanno toccato il seno mentre ridevano e mi colpivano. Diglielo Laura, digli cosa stanno facendo. Voglio che tutti lo sappiano. Mi hanno rotto le dita deliberatamente. Questa è cattiveria pura».
Fonte: qui
MARTA TORRECILLAS PORTATA VIA DAGLI AGENTI |
COME UN UOMO DI 64 ANNI SI È AFFACCIATO DA UN CASINÒ DI LAS VEGAS E HA COMPIUTO LA STRAGE DA ARMA DA FUOCO PIÙ SANGUINOSA DELLA STORIA DEGLI STATI UNITI
ALMENO 50 MORTI E 200 FERITI
‘MORIRETE TUTTI!’ AVEVA URLATO UNA DONNA PRIMA DELLA SPARATORIA, ALLONTANATA DAL CONCERTO
FERMATA LA COMPAGNA DEL KILLER, MA NON SAREBBE LEGATA ALL’ATTENTATO
La strage di Las Vegas
LAS VEGAS: TRUMP, SPARATORIA TERRIBILE
(ANSA) - Una ''sparatoria terribile. Le mie piu' calde condoglianze alle famiglie delle vittime''. Lo twitta il presidente Donald Trump.
'MORIRETE TUTTI', L'AVVERTIMENTO PRIMA SPARATORIA
(ANSA) - ''Morirete tutti'': sono le parole di una donna allontanata dal concerto di Las Vegas poco prima della sparatoria. Lo riferisce una testimone oculare citata dai media americani. La donna e' stata allontanata, insieme a un uomo con il quale era al concerto, perche' stava infastidendo i vicini. ''E' stata portata via in modo che la smettesse di infastidire tutti, ma nessuno pensava che le sue parole fossero serie'' afferma la testimone, una ragazza di 21 anni che preferisce non rivelare il proprio nome. La coppia era di origini ispaniche: ''sembravano persone normali''.
SPARATORIA PIU' SANGUINOSA IN STORIA USA
(ANSA) - La strage di Las Vegas e' la ''sparatoria più sanguinosa della storia americana'', con un bilancio provvisorio di 50 morti e 200 feriti. Lo riporta la Cnn.
E' di almeno 50 morti e 200 feriti il bilancio aggiornato della sparatoria nella zona dei casinò di Las Vegas: il killer avrebbe aperto il fuoco dal 32mo piano dell'hotel Mandalay Bay verso la folla che assisteva a un concerto per il festival country "Route 91 Harvest", nelle immediate adiacenze. Testimoni affermano di aver visto i bagliori degli spari. Un uomo sospettato di aver aperto il fuoco è stato ucciso. ''A questo punto non consideriamo la sparatoria un atto di terrorismo - afferma la polizia di Las Vegas - Sembra più un'azione di un lupo solitario''. Fra i morti ci sono due agenti di polizia fuori servizio: erano tra il pubblico ad assistere al concerto.
La polizia ha rintracciato Mary Lou Dandley, ma non è chiaro se sia sotto custodia della polizia. La donna, asiatica, avrebbe legami con il killer. Nata il 12 dicembre 1954, è considerata una ''persona di interesse'' e viveva con l'aggressore. La polizia sta cercando anche due auto, una Hyunday e una Chrysler Pacific, registrate a nome dell'autore della sparatoria. Lo sceriffo chiede di consegnare i video della sparatoria perché potrebbe aiutare le indagini.
''Sembrava il rumore di fuochi di artificio''. Cosi' alcuni testimoni descrivono i secondi iniziali della sparatoria. La musica e' inizialmente andata avanti con la band del cantante Jason Aldean che si esibiva che, probabilmente come il pubblico, non aveva capito quanto stava avvenendo. ''E' stato al di la' di ogni possibile immaginazione: e' stato orribile'' commenta Jason Aldean, il quale ha continuato a cantare per circa 45 secondi prima di lasciare il palco.
"Abbiamo sentito decine di colpi di armi automatiche", riferisce uno dei testimoni. Nei video pubblicati online si sentono quelle che sembrano centinaia di raffiche di mitra.
Anche gli agenti delle Swat intervenuti sono stati presi di mira da colpi di arma da fuoco, riferisce il New York Times. Gli hotel Mandalay Bay, Luxor e l'Excalibur Vegas, tutti nei pressi della sparatoria, sono ancora isolati dalla polizia, e i clienti bloccati all'interno. E' stato bloccato il traffico aereo all'aeroporto McCarran di Las Vegas.
Fonte: qui
COSA HA SPINTO IL MITE STEPHEN PADDOCK, PENSIONATO DI 64 ANNI, A COMPIERE A LAS VEGAS LA STRAGE PIÙ SANGUINOSA NELLA STORIA AMERICANA, CON 59 MORTI E 527 FERITI?
EX CONTABILE, ERA BENESTANTE, GIOCAVA D'AZZARDO, AMAVA LA MUSICA COUNTRY, VIVEVA IN MODO MOLTO RISERVATO MA PER ALCUNI AVEVA ACCUMULATO PARECCHI DEBITI DI GIOCO
AVEVA PRESO UNA STANZA AL MANDALAY HOTEL GIOVEDÌ 28 SETTEMBRE, MA NESSUNO HA NOTATO CHE, GIORNO DOPO GIORNO, HA PORTATO CON SE' UN ARSENALE (19 FUCILI DA GUERRA)
IL PADRE BENJAMIN HOSKINS PADDOCK ERA UN RAPINATORE ED È STATO NELLA LISTA DEI “MOST WANTED” DALL'FBI: ERA CONSIDERATO "PSICOPATICO" CON "TENDENZE SUICIDE" - VIDEO
1 - AL CONCERTO COUNTRY DI LAS VEGAS IL TERRORE ARRIVA DAL GRATTACIELO
Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
La «Strip» di Las Vegas è diventata un campo di battaglia domenica sera, con almeno 59 caduti e 527 feriti. Ma perché? Cosa ha spinto Stephen Paddock, un pensionato di 64 anni, a compiere la strage più sanguinosa nella storia Usa nel cuore della capitale mondiale della trasgressione? Domenica era l'ultima giornata del «Route 91 Harvest Festival», kermesse di musica country, e Jason Aldean era appena salito sul palco all' aperto per chiudere il concerto.
Alle dieci e otto minuti i 22.000 spettatori hanno sentito alcune esplosioni: «Ho capito subito - ha raccontato la testimone Tenaja Floyd - che non si trattava di fuochi d' artificio». Erano proiettili, piovevano da una finestra al 32° piano del Mandalay Bay Resort, l' albergo sul lato opposto della «Strip». Nove secondi di spari a raffica, poi trentasette secondi di pausa, e poi ancora scariche di colpi. Almeno 58 persone sono morte, e oltre 500 sono rimaste ferite. Prima dello show, secondo un'altra testimone, una donna aveva minacciato gli spettatori: «Morirete tutti».
Sapeva qualcosa? La polizia ha individuato in fretta la stanza da dove venivano gli spari, ma quando ha forzato la porta tutto era già finito. Dentro ha trovato Paddock, che si era suicidato, e diciannove fucili da guerra. Il killer era un pensionato benestante, secondo il fratello miliardario, che viveva in una bella casa di Mesquite, poco a Nord di Las Vegas, con la fidanzata di 62 anni Marilou Danley. Aveva preso una stanza al Mandalay giovedì 28, ma nessuno aveva notato nulla di strano. Giorno dopo giorno però aveva portato dentro il suo arsenale, e un martello per rompere la finestra da cui sparare. Dunque un piano premeditato nei dettagli, che esclude un' esplosione improvvisa di rabbia, e accresce il mistero sulle motivazioni.
L'Isis, che a giugno con un video aveva sollecitato i militanti a colpire Las Vegas, ha rivendicato l'attentato: «Paddock era un soldato convertito di recente all'Islam». L' Fbi però ha smentito: non ha trovato tracce nell' albergo, e nulla di inusuale nella casa. Ha parlato con Marilou, che era nelle Filippine e ha detto di non sapere nulla. Eric, il fratello di Paddock che vive in Florida, ha descritto così la sua sorpresa: «È come se ci fosse caduto un meteorite in testa. Stephen non aveva alcuna affiliazione politica o religiosa, che io sappia. Possedeva armi, ma non era un maniaco. Al massimo aveva beccato un paio di multe».
Il presidente Trump, in assenza di dettagli, si è limitato a fare un appello all'unità: «Questo è un atto di pura malvagità». Quando gli investigatori scopriranno il motivo, però, i toni cambieranno. Se Paddock ha agito davvero ispirandosi all' Isis non sarebbe una notizia positiva per l' amministrazione, ma almeno giustificherebbe la durezza con cui il capo della Casa Bianca vuole combatterla, anche se il bando degli immigrati islamici non avrebbe evitato la strage.
Se era affiliato a qualche gruppo terroristico interno, l'attacco acuirebbe la spaccatura politica e razziale, che Trump è accusato di fomentare. Se era un «sociopatico», come ha detto lo sceriffo di Las Vegas Joe Lombardo, o uno «psicopatico», come suo padre che rapinava banche, si scateneranno due polemiche. La prima sulla scarsa attenzione per la cura delle malattie mentali, che è la versione preferita dai conservatori per spiegare queste tragedie; la seconda sulla diffusione delle armi, che invece è un tema centrale per i democratici, ma molto imbarazzante per Trump. Negli Usa infatti ci sono più fucili che abitanti.
La loro diffusione è garantita dal Secondo emendamento della costituzione, un paragrafo ormai anacronistico, che era stato inserito dai padri fondatori per consentire ai cittadini di riprendere le armi se gli inglesi fossero tornati ad invadere l'ex colonia. La lobby dei produttori Nra è però brava ad usare la tradizione culturale americana per difendere i suoi interessi: Obama non era riuscito a piegarla dopo la strage nella scuola di Sandy Hook, e Trump nemmeno ci proverà adesso, perché altrimenti perderebbe i voti della sua base. Secondo le prime informazioni raccolte dagli investigatori, Paddock aveva comprato legalmente le sue armi. Se fosse così, dunque, la polizia non avrebbe potuto fargli neppure una multa, mentre andava a compiere il suo massacro.
2 - UN CONTABILE COL VIZIO DELL' AZZARDO L'INSOSPETTABILE PENSIONATO-KILLER
Francesco Semprini per “la Stampa”
Contabile di professione, giocatore d'azzardo incallito, con la passione per la musica country, e una condotta di vita decisamente riservata. È questo il profilo che emerge dal passato di Stephen Craig Paddock, il pensionato di 64 anni autore di quello che passerà alla storia come il massacro dello Strip, la via di Las Vegas dove era in corso un festival di musica country. Se questa sia una coincidenza o meno lo stanno stabilendo gli inquirenti, così come i contatti con la «jihadisfera».
Le cannoniere social dello Stato islamico non hanno perso tempo nel rivendicare la mattanza di almeno 58 innocenti, per mano del soldato Paddock «da poco convertito all' Islam col nome di Samir Al-Hajib».
Per ora ciò che emerge è che lo «stragista della Strip» non amava mettersi in mostra, e sul casellario giudiziario il suo nome era comparso solo una volta per un vecchio contenzioso con un albergo di Las Vegas in seguito a un infortunio. Il padre invece era noto alle forze dell' ordine, «rapinatore seriale» di banche: Benjamin Hoskins Paddock è stato per anni nella lista dei «most wanted» dall' Fbi dopo essere fuggito da un carcere federale del Texas dove stava scontando una condanna a vent' anni. L' uomo era stato diagnosticato come uno «psicopatico» con «tendenze suicide».
Ma Stephen di tutto questo sembrava non aver ereditato nulla, aveva un regolare porto d' armi, la licenza di caccia e la licenza di volo. Cosa lo abbia fatto sentire titolare anche della licenza di uccidere è da appurare. «Come un asteroide caduto dal cielo», dice Eric Paddock, fratello del killer, sconvolto.
«Non aveva alcuna affiliazione politica o religiosa e non c' era alcuna indicazione che potesse fare una cosa del genere. Era normale - prosegue -. Qualcosa deve essere successo, ha perso la testa». Alcuni azzardano l' ipotesi dei debiti di gioco, perché il vizio di scommettere Stephen lo aveva. «Giocava forte a video poker - dice il fratello -, una volta mi ha mandato un messaggio dicendo di aver vinto 250 mila dollari».
Il killer, prima della pensione, aveva lavorato come contabile e poi nel settore immobiliare, in particolare nell' area di Orlando, in Florida, dove vive la sua famiglia. Di recente spariva per periodi prolungati, secondo il fratello per dedicarsi a «full-immersion» di gioco d' azzardo, una passione, o meglio un vizio, che condivideva con Marilou Danley, la donna di origini asiatiche, con cui ha vissuto per diversi anni a Reno, in Nevada.
I due però avevano anche una casa a Mesquite, fuori Las Vegas, dove Stephen si era trasferito da Melbourne, Florida, dopo aver vissuto in California e Texas. I vicini raccontano di aver avuto contatti con la donna - l'unica che potrebbe dare spiegazioni ulteriori -, ma non con l'uomo, a conferma della sua riservatezza. L'ultima a sentire il killer è stata la madre 90enne che vive in Florida: circa due settimana fa, era stata contattata dal figlio, sempre con un messaggino, dopo il passaggio dell' uragano Irma.
Poi più nulla. Un nuovo periodo di «apnea», l'ultimo, prima della mattanza. Ed è proprio in quell' apnea che si concentrano gli inquirenti, per capire se stavolta la sua condotta riservata, celasse un seme di follia, un laico intento omicida o la conversione al jihadismo. E dare un movente alla peggiore strage della storia americana.
Fonte: qui
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