DOPO LE BARRICATE E LE SASSAIOLE, I RESIDENTI SONO SFINITI E PROMETTONO DI FARSI ANCORA GIUSTIZIA DA SOLI - VIDEO
28 Settembre 2017
ZINGARI GUIDONIA
Goffredo Buccini per il Corriere della Sera
La nonnina dice soave: «Bruciamoli tutti». Tutti, tutti? «Sì, sì, anche i bambini, tanto dopo diventano come i grandi: zingari schifosi». Poi si segna devota davanti al tabernacolo della Madonna della pace, qui nel piazzale. Borsa della spesa sottobraccio e capelli a caschetto tinti di nero smodato, fila via a passettini spaventati, ingoiata tra i mattoni rossi delle case popolari di via Albuccione dove alle tre del pomeriggio cocaina e marijuana sono già padrone dei cortili. E ci lascia a chiederci perché: non perché sia successo che rom e residenti si siano quasi scannati l' altra notte per una bravata, no; la domanda giusta è come mai non succeda ogni notte.
Insomma: prendete una borgata venti chilometri a est di Roma, alla periferia di Guidonia, dove nel 1970 hanno tirato su casermoni di edilizia economica e trasferito gli ultimi di allora (e «dove la gente moriva per rincorrere l' autobus, arrotata dalle macchine sulla Tiburtina qui accanto, finché non hanno messo la rotonda»); aggiungeteci l' abbandono delle campagne, la chiusura dei cantieri edili, lo spaccio, zero servizi, zero circoli, zero attività sociali; metteteci poi i nomadi di quattro campi abusivi, di nazionalità diverse, che si detestano anche tra loro, ai quali è stato concesso di arrangiarsi qui, in mezzo ai vecchi orti, nei terreni che si dice siano paradossalmente proprietà della Asl e che sono diventati discariche, tra fumi e fiammate notturne e veleni e topi e cani randagi.
L' ultima molla a cui pensare è il razzismo. Tutte le altre motivazioni per farsi del male, in questa bolgia di uomini e no, sono ovviamente ben più plausibili. «Così l' altra notte è scesa tutta Albuccione pe' strada», dice Vale, tatuatissimo sotto la canotta: «C' era pure mi' madre: gli avemo tirato de tutto agli zingari, loro ci hanno pure sparato». Via Albuccione, col suo asfalto sgarrupato, che muore in un parco sottratto ai bambini prima dalle siringhe e poi dalla spazzatura incancrenita, reca ancora i segni della battaglia, i sacchi di pietre. Questa è la linea di confine.
Di là, dove i primi residenti coltivavano pomodori e lattuga quando c' era ancora il futuro d' una volta, un viottolo attraversa ora colline di lamiere, escrementi, plastica: e le comunità nomadi sbattute quaggiù da Tivoli o da Roma in eterna attesa di una sistemazione hanno recintato pezzetti di queste colline e si guardano in cagnesco. Ilma, montenegrina, tre figli piccoli attaccati alle gonne e intossicati dai miasmi, ce l' ha a morte «con quelli su all' incrocio, bosniaci. Sono loro che fanno casino». Rimpiange il centro d' accoglienza di Tor Cervara: «Ci stavamo benissimo. Poi ci hanno messo gli africani, mannaggia a loro, e noi ci hanno sbattuti qua!». All' inferno, si sa, ci sono sempre ultimi in arrivo che ti spingono più in basso. I bosniaci all' angolo stanno asserragliati dietro una reticolato verde da cui s' affaccia una donna: «I bambini so' scappati, lasciateci in pace», biascica.
Da questo recinto, martedì sera(26 settembre), sono partiti un furgone rosso e una Fiesta rubata che hanno cominciato un folle raid alcolico a zigzag tra la gente: poteva essere un massacro, è finita con un arresto, qualche ferito lieve, due baracche bruciate, una rabbia che cova e può riesplodere appena carabinieri e polizia spariranno di nuovo: «Abbiamo solo incominciato», ringhiano qui. Questa storia dura da sei o sette anni, è peggiorata quando hanno portato i nomadi di Tivoli Terme, sgomberati dal vecchio polverificio Stacchini.
Hanno fatto pure un corteo, un anno fa: poca gente. «Sai, se manifesti contro i rom devi manifestare pure contro gli spacciatori, ma quasi tutti hanno in casa uno spacciatore...», sussurra uno dei primi residenti, coscienza critica della borgata («metà degli amici miei so' morti d' eroina»). Qui vengono da Tivoli e Guidonia a comprare la roba, molti vecchietti arrotondano la pensione accettando di nasconderla in casa in cambio di 700, 800 euro al mese. I ragazzotti si accendono un cannone davanti ai cronisti, uno di loro ammette: «Fatti i conti co' gli zingari dobbiamo farli tra noi, c' è troppo spaccio».
Qui le divise sono invocate contro i nomadi ma maledette altrimenti. La subcultura sulle «guardie» è radicata, e sanguina ancora il ricordo di Lele Taormina, il giovane rapinatore ammazzato nel Parco degli Aromi da un poliziotto. «Lele era un fratello nostro e s' era arreso», ti ripetono tutti, credendoci a forza di ripeterlo. Una volta c' erano sezioni del Pci e del Psi proprio qui accanto, dove adesso hanno chiuso i negozi facendoci bassi abusivi peggio che nella Napoli dei peggiori stereotipi (« stamo a diventa' napoletani» è un insulto grave nei paraggi): l' idea che tutti fossero vittime, da una parte e dall' altra della strada, sarebbe apparsa meno assurda.
Oggi c' è un gruppo, «Orgoglio Albuccione», che prova a organizzare la borgata contro i rom. Conta molto sul nuovo sindaco di Guidonia, il grillino Michel Barbet, che ha promesso sgomberi. «Viene qui, cammina in mezzo a noi, prima il Pdl non ci rispondeva nemmeno», dicono gli attivisti di «Orgoglio» assai tiepidi quando è di recente riapparso Alemanno. La prima spedizione, oltre il confine, l' hanno fatta le mamme, quando uno dei loro ragazzi è stato rapinato «per due euro» davanti al tabaccaio. Era tre settimane fa, è finita con una tregua.
Ora la tregua è rotta. Mentre parliamo, la Volvo di un rom passa e sgomma. Lo inseguono strillando «al rogo, al rogo!». Gli ultimi delle nostre metropoli hanno capito che per costringere lo Stato a occuparsi di loro devono prendere a sassate gli ultimissimi: possibilmente in favore di telecamera.
Fonte: qui
Nessun commento:
Posta un commento