9 dicembre forconi: 09/28/19

sabato 28 settembre 2019

USCIRE DALL’EURO PER SALVARE L’EUROPA. Cominciano a dirlo gli europeisti.

“E’ gran tempo che Macron dica ai francesi, ai tedeschi, e a  tutti gli  europei che il futuro del progetto europeo esige l’uscita dall’euro”.
Questo il punto centrale di un articolo dal titolo: “Zona euro: Macron ha bisogno del coraggio di De Gaulle”.
L’autore è Stefan  Kawalec, un economista  e  politico polacco che è stato vice-ministro delle Finanze a   Varsavia dal ’91  al ’94: il co-autore del “Piano Balcerowic”, la “terapia-d’urto” che ha fatto passare la Polonia dal sistema socialista a quello privatista  di  mercato  con tutte le conseguenze sociali immaginabili. E’ dunque un “super-europeista”, ideologicamente ferreo. Eppure adesso  sta implorando Macron, in quanto capo del secondo Stato più forte  e influente nella UE, di convincere la Germania di uscire per prima dall’euro, nel quadro di un ritorno ordinato alle monete nazionali.  Dopo aver rapidamente dimostrato che l’euro ormai rallenta  tutte le economie e penalizza senza speranza di ripresa le regioni più sfavorite(Germania Est e Italia del Sud),  Kawalec continua:
“Ci sono molti giustificati timori giustificati legati ad un’esplosione dell’euro, ma esiste una strategia”.  Elaborata da diversi economisti della UE, che  “hanno firmato  un Manifesto  per la Solidarietà Europea”,  che appunto  consiglia  “come prima  tappa l’uscita dei paesi più competitivi, anzitutto la Germania”; il che “scongiurerebbe il panico bancario nei paesi meno competitivi, se fossero  loro i primi a uscire.  La strategia di uscita ordinata e  non traumatica è  descritta, dice, nel saggio “The Economic Consequences of the Euro and the Safest Escape Plan”, scritto da lui stesso, S. Kawalec, E. Pytlarczyk, K. Kamiński.

In fondo quello che Kawalec scrive è meno stupefacente del “dove”  ha potuto dirlo: su L’Opinion,   periodico macroniano per eccellenza.  E non è  il solo segnale che di un ripensamento negli ambienti  europeisti per ideologia o perché  ne sono favoriti.
L’euro sta distruggendo  l’Europa, la nostra prosperità …  e le nostre banche”  –  E stavolta l’acuto è lanciato da due economisti tedeschi  che sono anche operatori sui mercati finanziari, Marc Friedrich e Mathias Weik.  “E’ giunto il momento di chiudere l’euro”, proclama il titolo del loro articolo su Focus.
Se la prendono ovviamente con le ultime decisioni di Draghi, i tassi d’interesse negativi e  l’ultimo quantitative easing inutile.  “La BCE manterrà bassi i tassi di interesse per molti anni”, scrivono: ” È il tentativo disperato di mantenere in vita l’euro  con denaro a basso prezzo. È ovvio che la valuta comune non funziona. È tempo di pensare alla fine prima che tutto peggiori”.
“Le conseguenze della politica della BCE sono serie”, strillano i due: “ Chi risparmia viene punito. Chiunque farà debiti sarà premiato. Se le persone in Germania iniziano effettivamente a consumare non solo i loro risparmi, ma anche per fare debiti e quindi non coprire più per la vecchiaia, allora ci verrà un’ondata di povertà, che supera ogni immaginazione. Chiunque accetti questo per mantenere in vita l’euro condannato non è solo inimmaginabilmente irresponsabile, ma anche altamente antisociale”.
Dopo questa prospettiva catastrofica per i risparmiatori tedeschi, i due  ammettono:
“L’euro separa l’Europa, piuttosto che unificarla. L’euro è troppo debole per la Germania e troppo forte per i paesi dell’Europa meridionale. Affinché i paesi dell’Europa meridionale possano riguadagnare  competitività, dovrebbero svalutare le proprie monete; impossibile nell’interesse dell’Eurozona. Di conseguenza, i paesi dell’Europa meridionale non saranno mai in grado di compiere progressi economici sotto l’euro,  qualunque massa di denaro  venga trasferita dal Nord al Sud Europa”.
Non è vero quello che dice la propaganda europeista, che l’euro  è una valuta stabile. “ Dalla sua introduzione, ha già perso il 30 percento del suo potere d’acquisto  a causa dei bassi tassi”.
“Le nostre previsioni:
Non appena la recessione nella zona euro avrà pieno effetto, i tassi di interesse continueranno a essere notevolmente ridotti
  • I programmi di acquisto sono aumentati drasticamente
  • le passività Target2 della Germania strapperanno il segno di un trilione di Euro
  • Sempre più banche in Europascompariranno dalla scena e le grandi banche europee perderanno completamente il collegamento con la cima del mondo
  • Le bolle del mercato finanziario continuano gonfiare: azioni, obbligazioni, ETF e proprietà immobiliari…
Conclusione (rullo di tamburi):

“Il Dexit è  meno costoso a lungo termine”

Comunque,  “L’euro non sopravviverà a una seconda recessione e la BCE non sarà in grado di assorbirla. Quando finalmente nei politici prevarrà la consapevolezza che un  Dexit dall’Eurozona sarà sicuramente la soluzione a lungo termine meno costosa? Ora è il momento di gestire l’euro in modo controllato, perché se l’euro collassa senza controllo, i costi, sia sociali che monetari, saranno molte volte più alti”.
Sembra quasi che i due  si siano consultai col polacco. Fatto sta che da vari segni, si ha l’impressione che gli economisti tedeschi preparino i media e l’opinione  pubblica alla fine dell’euro.
E  basta: chi vuole uscire  dalla UE deve poterlo fare”,  sbotta Hans Werner Sinn, l’ex presidente dell’IFO, spezzando la sua   influente lancia a favore della Brexit – e contro Bruxelles, che sta rendendo  l’uscita del  Regno Unito  un processo punitivo,  per dare una lezione ad altri tentati di uscire.
Thomas  Mayer,  fondatore del Flossbach von Storch Research Institute, spiega con perfetta onestà intellettuale  perché ll’Italia, non potendo né svalutare né fare debito, è condannata nell’euro all’estinzione  – o alla rivolta populista,
Un altro economista importante,  Achim Trueger, membro del Consiglio tedesco di esperti economici,  e sul Welt (mainstream), spara a zero sulla politica di “zero nero”  – il bilancio in pareggio –  del governo Merkel:   ” Il freno al debito  è una politica sbagliata e falsa, che poteva andare solo col bel tempo. Adesso arriva la recessione.  L’unione monetaria non è ben preparata per la prossima crisi, ed è proprio in questa situazione che abbiamo un paese con l’Italia in cui la situazione politica non è stabile.  Solo la politica di bilancio  – attraverso ulteriori spese statali o tagli alle tasse  – può sostenere l’economia. Se questo fallisce a causa del disaccordo politico, una crisi potrebbe  intensificarsi  –   e quindi la zona euro e quindi la stessa valuta comune sono in pericolo”.

“Il capitalismo rentier sta distruggendo la democrazia”  (e lo  scrive il Financial Times)

C’è di più. Anche in Usa e Regno Unito, ripensamenti  critici  del capitalismo terminale imperante stanno avendo luogo nei templi stessi dell’ideologia del mercato globale:  la scuola di Chicago, il Financial Times…

Martin Wolf: why rigged capitalism is damaging liberal democracy

Questo capitalismo truccato sta distruggendo la democrazia  liberale”, ha scritto proprio   sul Financial Times nientemeno che Martin Wolf,, il suo massimo guru del liberismo Globale.   Che cosa è il capitalismo col trucco? “E’ il capitalismo rentier”.  Quello dei Benetton in Italia, padroni delle autostrade  ex pubbliche. Quello delle mega-imprese che sono diventate monopoli privati, e perciò hanno eliminato ogni concorrenza, e “fanno il prezzo” dei servizi  che offrono, estraendo una “rendita” indebita, sempre più grande.
Negli ultimi quarant’anni, esordisce Wolf, proprio negli Stati Uniti  (avanguardia del liberismo) abbiamo visto verificarsi l’empia trinità:  grandi shock finanziari, aumento delle disuguaglianze e rallentamento della produttività”.
La gente  – gli elettori si alienano da questo capitalismo,  perché dà sempre   meno  alla gente comune.  “Fra il 1948  e il  1973, il reddito familiare reale mediano negli Stati Uniti è aumentato del 3% ogni anno.  A quel ritmo, c’era una probabilità del 96% che un  figlio avesse  un reddito più alto rispetto ai suoi genitori. Dal 1973, la famiglia mediana ha visto crescere il proprio reddito reale solo dello 0,4 per cento all’anno. . . Di conseguenza, il 28% dei bambini ha un reddito inferiore rispetto ai loro genitori “.
Quanto al  calo della produttività, i media  “europeisti” ci fanno  credere che è  un problema dell’Italia e degli italiani. Martin Wolf mostra invece che tutti i  paesi sviluppati, dalla Germania al Giappone, dal Regno Unito agli Usa, la  produttività  è calata: e in modo imponente dal  2010.  Le delocalizzazioni, e lì immigrazione che diminuisce i salari reali (a fa scadere la qualità del lavoro) c’entrano, ma fino a un certo punto.  E’  quasi stupefacente leggere  sul Financial Times   chi viene additato come   colpevole.  “La finanza ha un ruolo chiave. Il livello di sviluppo finanziario è buono solo fino a un certo punto, dopo di che diventa un freno alla crescita e che un settore finanziario in rapida crescita è dannoso per crescita aggregata della produttività ”.
Produttività cala in tutti i paesi sviluppati. Effetto imprevisto della finanza selvaggia.
Si legge questa inaudita espressione:
La  finanza tende  a metastatizzare come un cancro….la capacità del settore finanziario di  creare credito e denaro finisce  per finanziare le proprie attività, redditi e (spesso illusori) profitti”. La dittatura della finanza sull’economia reale produce  “una diversione di risorse umane di talento in  direzioni improduttive e inutili”.
Questo capitalismo globale,  finanziario, è truccato anche in un altro senso: elude ed evade le  tasse  nei paesi sviluppati,  ponendo la loro sede fittizia nei paradisi fiscali.  “Le società statunitensi dichiarano  un profitto sette volte maggiore nei piccoli paradisi fiscali (Bermuda, Caraibi britannici, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Singapore e Svizzera) rispetto a sei grandi economie (Cina, Francia, Germania , India, Italia e Giappone). Questo è ridicolo”.

Sei multinazionali  statunitensi dichiarano profitti sette volte maggiore nei piccoli paradisi fiscali (Bermuda, Caraibi britannici, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Singapore e Svizzera) rispetto a sei grandi economie (Cina, Francia, Germania , India, Italia e Giappone)
Dopo aver predicato per cinquant’anni la “deregulation” e il capitalismo senza confini, ora il Tempio comincia ad ammettere che il capitalismo va regolato,  che  – forse – occorre ritornare alla legislazione anti-trust che  negli anni ’30 obbligò le mega-corporations diventate monopoli privati, a spezzarsi in imprese  più  piccole.

E la Chicago School cambia dottrina

Abbiamo bisogno di un’economia capitalista dinamica che dia a tutti la convinzione giustificata di poter condividere i benefici. Ciò che sembriamo sempre più avere invece è un capitalismo instabile, un indebolimento della concorrenza, una debole crescita della produttività, un’elevata disuguaglianza e, non a caso, una democrazia sempre più degradata”, conclude Wolf.
Ma ancor  più stupefacente  è  quel che è avvenuto alla Università di Chicago: il supremo tempio  del dogma liberista assoluto, monetario e globale,  e  quindi “la  culla intellettuale del consenso anti-trust degli ultimi 4 decenni” –  come ha scritto il New York Times: la scuola  che  ha sempre difeso la libertà del capitale e la sua  “efficienza” , anche gettando l’anatema (della sua facoltà di legge) contro ogni pulsione a  criticare i monopoli privati, tipo  Google, Amazon, Facebook .
Ebbene: quale sensazione, durante la convocazione degli studenti nel giugno scorso, sentire  “uno  dei principali economisti della scuola”, incaricato  del  saluto,  lanciare “un grido di battaglia contro i monopoli tecnologici”,  i giganti digitali, che sono più potenti degli Stati, dei legislatori, e che dispongono di troppi dati su ciascuno di noi e se  li vendono…”Bisogna regolamentare”, bisogna  varare nuove leggi antitrust, ha detto sostanzialmente il professore.

“Ciò che ha reso sorprendente il discorso entusiasmante non è stato quello che ha detto, ma dove lo ha detto”, ha commentato elettrizzato il giornalista del  New  York Times: una violazione del dogma nel Vaticano del liberismo.
Luigi Zingales. Ha scandalizzato la Chicago School .
Ad aumentare il nostro stupore come italiani è apprendere che quell’economista “dei più importanti” che ha violato il dogma, altri non è che Luigi Zingales, padovano, 52 anni.   Colui che si mise con Oscar Giannino nel partito “Fare per fermare il Declino”  per sostenere Mario Monti   – attraverso il più assoluto liberismo imposto sulle nostre povere teste – e che poi sparò su Oscar Giannino  rivelando che  la  pretesa del giornalista di essere un laureato della Chicago Business School era una delle sue menzogne. Oggi, sarà bene che Giannino venga avvertito:  la Scuola di Chicago sta propiziando il “cambio di paradigma”  sul  capitalismo e la sua re-regolamentazione. Fra poco questo pensiero verrà di moda anche  da noi .  Il liberismo alla Giannino non si porta più.
Ed il nostro governo rischia di essere l’ultimo a difendere l’euro….
Fonte: qui

L’ARABIA SAUDITA E LA LOTTA AL TERRORISMO ISLAMICO!

Nel 2019 –  che non è ancora finito  – il regno saudita alleato dell’Occidente e di Sion, ha giustiziato già 134  persone.  Non solo con la tradizionale decapitazione alla scimitarra; ha anche usato la crocifissione. Ovviamente la tortura ha preceduto  le esecuzioni.  Sei degli uccisi erano minori al momento dell’arresto.
Lo dice un rapporto di “The Death Penalty Project” al  Consiglio del diritti Umani dell’ONU a Ginevra, il quale aggiunge che attualmente altre 24 persone sono in pericolo imminente di esecuzione capitale.
Particolari interessanti:  58 degli ammazzati erano stranieri:  21  pakistani, 15 yemeniti, 5 siriani e 4 egiziani;  due giordani, due nigeriani, un   somalo e due di nazioni non identificate.
I  famosi diritti delle minoranze da noi gelosamente pretesi  per i clandestini delle suddette etnie.
Nel solo  giorno del 22 aprile scorso,  sono state  giustiziate pubblicamente  37 persone,  nella capitale Ryadh, alla Mecca e nella provincia di Qassim dove abita la minoranza sciita.  Infatti 34 erano sciiti, colpevoli di professare la loro fede –  un delitto capitale nel regno wahabita.   Undici di questi erano accusati di spionaggio per l’Iran  in un processo farsa, secondo Amnesty International; altri 14 per aver partecipato a manifestazioni anti-governative, a volte violente, nelle aree popolate da sciiti fra il 2011 e il 2012.
In compenso pare fosse sunnita  il colpevole a cui, dopo  la decapitazione davanti ad una folla esultante, la testa è stata appiccata  in cima  ad un palo pour encourager le autres, come  si diceva in Francia.  Non è chiaro se è  lo stesso delinquente  il cui corpo, dopo la decapitazione è stato crocifisso  –  pena aggiuntiva di spregio, che si applica a quanto pare per reati particolarmente gravi secondo il wahabismo petroliero, ma probabilmente si tratta di due casi distinti.
Di  quello dalla testa posta sul palo si conosce il nome, Khaled bin Abdel Karim al-Tuwaijri colpevole  di  “adottare l’ideologia estremista terrorista, formare cellule terroristiche” e danneggiare la “pace e sicurezza della società”
Uno di quelli decapitati fu Abdulkareem al-Hawaj, che fu arrestato mentre partecipava a una protesta antigovernativa quando aveva solo 16 anni.   Aveva 17 anni  Mujtaba al-Sweikat, ed era iscritto alla Western Michigan University  negli Stati Uniti,  dove stava per volare,  quando è stato arrestato: la sua colpa, aver diffuso informazioni su una protesta anti-governativa.  E’ stato torturato con la classica battitura sulla pianta dei piedi, dopo di che ha confessato i suoi crimini  ed è stato consegnato al boia.
Non è nemmeno  il caso di ricordare che  l’esecuzione di minorenni è  condannata dal diritto internazionale. L’Arabia Saudita  – del resto, non ha un codice penale scritto (c’è il Corano, che bisogno ne ha?) combatte al nostro fianco, con le  bombe e gli aerei e i missili  Usa e francesi ed inglesi, e il valido appoggio dell’ISIS,  contro  il vero  ed unico stato-terrorista  islamico, colpito da sempre  più gravi sanzioni dall’Occidente civilissimo: l’Iran
Dei due giovanissimi decapitati, del resto,  si sanno i nomi perché, certamente, appartenevano a famiglie di rilievo, con agganci all’estero.  Degli stranieri,  per lo più  poveri  servitori emigrati in Arabia  per lavoro,  giustiziati in gran numero, è raro sapere  qualcosa: si sa solo che nel 2018, erano stranieri il 77% dei decapitati  in giustizia. Nell’ottobre,  si è saputo il nome di una cameriera indonesiana , Tuti Tursilawati,   solo perché  la  sua famiglia s’è rivolta alle autorità dell’Indonesia; le  quali, per via consolare, hanno scoperto che la donna era già stata ammazzata senza avvertire  l’ambasciata.  Del resto, la colpa non era dubbia:  nel 2011 aveva ucciso il suo datore di lavoro saudita, ma aveva affermato di aver agito per autodifesa dopo aver tentato di violentarla.
Non mancano le note pene alternative. Nel 2015 una  cameriera dello Sri Lanka, di 45 anni, colpevole di adulterio (in patria era sposata) con un altro immigrato cingalese, è stata uccisa per lapidazione.  Il suo partner ha subito per la stesa offesa  100 frustate.
Millle frustate invece (mille) sono state inferte a un blogger colpevole di un blog critico della monarchia, di nome Raif Badhawi, insieme alla pena di 10 anni di carcere. Lo sappiamo solo perché la moglie , fuggita in Canada nel 2013 con i figli della coppia, ha pubblicato il video, realizzato nel 2015, su Twitter.


Il blogger Badawi riceve le prime delle mille frustate.

Sul web circolano le foto di 5 corpi di decapitati che poi sono stati poi appesi ad  un palo orizzontale, sollevato da due gru;  le teste tagliate di ciascuno sono contenute in sacchetti  di plastica.  Sembra si trattasse di yemeniti. L’esposizione ha avuto luogo di fronte all’Università di Jizan,” dove gli studenti che stavano sostenendo gli esami si svolgono in una piazza pubblica per fungere da deterrente”.


corpi di cinque yemeniti decapitati sono lasciati appesi  vicino all’Università, ché gli studenti li vedessero.

Strano  che i nostri militanti per i diritti umani,  che vediamo ripetutamente  scendere in piazza contro le orrende discriminazioni che subiscono da noi i  compagni sodomiti, non dedichino mai un piccolissima  protesta ai diritti umani  violati in Arabia Saudita.  Mai una delle giornaliste che tante lacrime hanno sparso sui presunti ospedali  pediatrici di Aleppo,  gasati da  Assad  secondo le  veridiche testimonianze  degli Elmetti Bianchi,hanno mai alzato un gemito sui cinque appesi nelle foto.  Mai i media che seguono a Mosca ogni manifestazione di Navalny per riprendere in video come in Russia si  infrangono le libertà fondamentali politiche… mai mai niente sul regno wahabita.
Sarà perché in questi giorni, esponenti di Daesh sconfitti in Siria vengono  portati in volo da forze speciali USA verso le  regioni settentrionali delll’Afghanistan,  “per destabilizzare  le zone ai confini con la Federazione degli Stati Indipendenti”, come ha affermato  Sergei  Beseda, capo del dipartimento delle relazioni internazionali  della Comunità degli Stati Indipendenti, legati alla Russia? I talebani confermano  gli  arrivi.   Il wahabismo dimostra ancora una volta di essere necessario all’espansione della democrazia e dunque della civiltà. Come del maiale, non si butta via niente.


Si parte! Eliportati da USA, elementi di Daesh sono trasferiti in Afghanistan. Anche i talebani confermano.

Una decapitazione. ATTENZIONE immagini forti. Adatte ad un pubblico adulto. 
Fonte: qui

Bruxelles dà 1,8 miliardi a Soros (finanziando le sue ONG)

Con  426  voti a favore contro 152 contrari, il parlamento UE ha  creato un nuovo programma  europeo, dal titolo “Diritti e valori”,  il cui scopo è  “la protezione dei diritti democratici”.  Il programma sarà finanziato con 1,8 miliardi di euro, ciò che triplica lo stanziamento di 642 milioni inizialmente previsto dalla Commissione.  Ciò è avvenuto durante la sessione plenaria a Strasburgo nel 17 gennaio,  ma lo si sa solo adesso  – da un giornale ungherese, che era andato a spulciare le carte dei processi verbali. Nessun altro media ha ripreso la notizia. Del resto il mega-stanziamento comincerà dal 2020.
Si tratta di una grande vittoria di Georges Soros, della sua opera di lobby, diretta e indiretta attraverso i suoi lobbisti, e dei suoi “alleati fidati” nel Parlamento: è  praticamente  il  programma della sua Opens Society, che adesso viene finanziato e  coperto dai contribuenti UE.   I fondi andranno di fatto alle ONG che promuovono “la democrazia” all’europea, e i “valori” come l’immigrazione e il meticciato (esaltato da Bergoglio come valore).
Dalle carte spulciate, risulta che  Soros, oltre a mantenere lobbysti permanenti presso la UE, si è recato oltre venti volte di persona a colloquio  con  i capi della Commissione, da quando presidente di detta Commissione è stato scelto (dalla Merkel)  Juncker.
Lui, il miliardario, ha incontrato regolarmente Juncker e Frans Timmermans , il vice-presidente della Kommissija, dando loro consigli sulla direzione della UE, in tema di migrazioni e dell’atteggiamento da tenere verso l’Ungheria. Ovviamente mai Orban, né alcun altro governante, ha mai avuto un simile accesso aperto con i principali commissari.

Il giornale magiaro ha scoperto che altri 12  lobbisti  accreditati, riconducibili  a Soros, hanno incontrato 52 volte l’anno (a partire dal 2014) rappresentanti della Commissione europea, quindi quasi una volta la  settimana.
Il giornale  Magyar Idöka  ha trovato una lista delle riunioni tenuta, oltre che coi commissari, anche coi direttori generali. Per il personale di rango inferiore, la Commissione non è tenuta a rendere pubblici gli incontri che hanno con lobbisti.
All’inizio dell’ondata migratoria” innescata da Angela Merkel, i lobbisti di Soros “hanno innestato il turbo, e decine di loro  andavano all’europarlamento praticamente ogni giorno. Nel 2017, il team dei lobbisti è stato rimpolpato di altri due elementi, per il superlavoro. Hanno incontrato  i dirigenti della Commissione cinquanta volte. Le spese di lobby dichiarate (come d’obbligo) sono state quell’anno 2.499.999 : un ottimo investimento   –  a  cui del resto il grande speculatore ci ha abituato  – se ha reso 1,8 miliardi di fondi pubbliche per le sue ONG pseudo-umanitarie.
Del resto la decisione dell’europarlamento non è strana, se si ricorda (come ha scoperto e denunciato Nigel Farage nell’agosto 2018)  che è trapelata una base di dati interna alla Fondazione Open Society,  una lista di eurodeputati definiti “alleati affidabili” per i fini di Soros:  226 su  751
(qui potete rivedere la lista:
Così diventa più piegabile la solerzia on cui  la Commissione  aprì, nel luglio 2017, la procedura d’infrazione contro l’Ungheria perché aveva  emanato una legge che richiedeva obblighi aggiuntivi e stringenti a ONG “beneficianti di capitali stranieri” –  norma che prendeva di mira le organizzazioni di Soros per la “società aperta”.  “Siamo arrivati alla conclusione che questa legge non è conforme al diritto della UE”, perché  attentatrice  della libertà di associazione, della libera circolazione dei capitali e della protezione della vita privata”, spiegò  il vice-presidente della Commissione, che risponde al nome di Frans Timmermans, l’amicone la cui porta era, per il miliardario, sempre aperta. Ora che tra i commissari c’è Gentiloni, siamo sicuri che la porta sarà spalancata.
Il largo soddisfatto sorriso.
La forma di governo che la UE ha creato, e  che chiama “democrazia”, è dunque  l’oligarchia  dettata da Soros: dove lui  ha più voce in capitolo di ogni  governante  di paese membro “inferiore”, e che  viene gestita secondo  “i valori e  gli ideali” della “società aperta”  tipici di Soros, che come sappiamo si picca di filosofo. Come vediamo,  solo i governi che aderiscono ai valori della “Open Society”,  a cominciare da  immigrazione e meticciato, sono trattati come aventi piena legittimità; gli altri sono mal sopportati e sabotati, trattati con misure più severe e opprimenti rispetto ai “buoni” che aderiscono ai “valori e ideali”, e anche derisi.
Frans Timmermans non ha esitato  di  bollare  da “idioti”   i ministri britannici  che trattavano il Brexit.. Oggi Verhofstad ha rincarato: “Non  voglio sentire mai più Boris Johnson o qualsiasi altro Brexiteer dire di nuovo che l’Unione europea non è democratica”, ha twittato.
Al che Evans Pritchard del Telegraph ha risposto elencando, “senza pretesa di  essere completo”,  gli esempi di democrazia UE nell’ultimo decennio. “Il rovesciamento di leader eletti e l’installazione di juntas  in Grecia (2010) e in Italia (2011, il golpe Monti), il cesarismo monetario della Banca centrale europea (Italia e Spagna 2011, Grecia 2015 ), …  in Francia  i i gilet jaunes si sono scontrati violentemente con la polizia ogni sabato per 45 settimane consecutive, e  Emmanuel Macron ha dovuto arruolare l’esercito con l’autorizzazione a sparare  per contenere le rivolte. Lo scorso fine settimana sono stati arrestati altri 137 manifestanti. Una forza di sicurezza di 7.500 e le brigate di repressione non sono riuscite a impedire ai gilet jaunes e agli infiltrati  black bloc  di distruggere Parigi di nuovo.
“Due anni fa in Spagna la Guardia Civil fu mobilitata per cercare di prevenire il referendum catalano e schiacciare la secessione. Degli elettori  bastonati  picchiati mentre cercavano di entrare nelle cabine elettorali. La Generalitat catalana fu arrestata in massa (alcuni fuggirono in esilio).  I leader chiave di questo movimento non violento sono in prigione da allora, tra cui il vicepresidente catalano Oriol Junqueras e l’attivista della società civile Jordi Cuixart.  Stanno aspettando il processo e rischiano 14 anni di carcere. Un rapporto degli Stati Uniti quest’anno ha definito la loro detenzione “arbitraria” e ne ha chiesto il rilascio. C’è stato un sussurro di protesta da parte dell’UE?”.
No, perché l’Europa è la pace. L’Europa è la sola  democrazia, e  le altre idee di democrazia sono proibite. L’Europa è  la società aperta secondo Soros.  Dove l’intellettuale Alain Soral  viene sbattuto in galera per due anni per delitto d’opinione,
e in Italia  la dottoressa De Mari è  condannata per “razzismo” e secondo la legge Mancino per aver espresso critiche al movimento LGBT:  “La libertà di espressione ha i suoi limiti quando, ad esempio, inneggia al nazismo”,  obietta  il gruppo gay che ha raccolto le firme per  far radiare dall’Ordine dei Medici la dottoressa De Mari.  Il loro gioco è evidente:  noi sodomiti siamo le nuove Vittime dell’Olocausto, chiunque ci critica  infrange i divieti legali adottati per la santificazione del Nuovo Agnello, la Vittima Innocente, del popolo ebraico. Come in Europa si va in galera se si mette in dubbio il numero sacro dei Sei Milioni,  o “si inneggia al nazismo” , si vuole poter mettere in carcere come razzista chi prova a sostenere che  l’omosessualità  è un disturbo, da cui si può guarire.  Sostenuti in questa repressione  odiosa delle idee dalla magistratura, e dai media.
Così stiamo piombando nelll’oscurità della liberà  per alcuni – che possono esprimere odio ed  incitare alla  strage
“Eliminate fisicamente i sovranisti”…Lui non è stato bloccato da Facebook, Fusaro, Borgognone, sì. E’ la Società Aperta ….
E  alla galera per chi ricorda che la sodomia è un disordine e un peccato.  Dove diventa sempre meno tollerato  chi non crede a Greta e  non condivide l’allarme climatico, che ha raggiunto parossismi deliranti:
(Grazie Messora!) ….

I pubblici ministeri olandesi indagano sulle violazioni del "riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo" presso ABN Amro

Come gli avidi lettori di Zero Hedge sono probabilmente consapevoli, un'ondata di scandali di riciclaggio di denaro sporco ha attraversato il settore bancario europeo negli ultimi due anni, esponendo buchi vuoti nei sistemi di conformità delle singole banche e nel quadro normativo a livello dell'UE che, secondo i critici , viene regolarmente sfruttato dai criminali dell'ex Unione Sovietica e ... forse anche da alcuni capi di stato .
E l'ultima banca coinvolta nella controversia è il prestatore olandese ABN Amro, perennemente travagliato, che è ancora di proprietà dello Stato olandese dopo essere stato salvato durante la crisi finanziaria. Bloomberg riferisce che il creditore olandese ha rivelato un'indagine criminale su presunti fallimenti di AML e KYCIn particolare, la banca è sotto inchiesta per possibili violazioni di una legge olandese antiriciclaggio e di finanziamento del terrorismo.
La divulgazione ha provocato il più grande crollo (fino al 10,3%) delle azioni ABN in tre anni, quando il mercato di Amsterdam ha aperto giovedì. Anche le obbligazioni della banca sono diminuite.
E il selloff potrebbe facilmente intensificarsi nelle prossime settimane e mesi. L'analista bancario KBW Jean-Pierre Lambert ha affermato che l'incertezza sull'inchiesta potrebbe continuare a pesare sulle azioni di ABN Amro. Come la Danske Bank, vista come l'epicentro dell'onda d'urto europea antiriciclaggio, gli investigatori hanno portato alla luce transazioni sospette non segnalate, ma non è chiaro se siano state scoperte prove dell'effettivo riciclaggio di denaro o dell'evasione fiscale.
"Adesso c'è tanta incertezza per gli azionisti", ha detto l'analista KBW Jean-Pierre Lambert per telefono. "La grande domanda è se in questo caso vi sia un reale riciclaggio di denaro. Questo è probabilmente ciò che l'indagine del procuratore sta cercando di scoprire."
In effetti, i dettagli sulle indagini rimangono imprecisi:
Le indagini olandesi si aggiungono a una serie di casi di riciclaggio di denaro che hanno travolto i finanziatori, in particolare nel nord Europa, e ha messo in luce le debolezze degli sforzi della regione per combattere il flusso di fondi illeciti. Solo questa settimana, l'ex capo della Danske Bank in Estonia, l'unità al centro di uno scandalo del riciclaggio di denaro da 220 miliardi di dollari, è stato trovato morto dopo essere scomparso da casa sua lunedì. Martedì, la tedesca Deutsche Bank AG ha ricevuto una visita da parte delle forze dell'ordine per il suo ruolo nello scandalo.
ABN Amro è sotto inchiesta per non aver segnalato transazioni sospette e per non aver condotto controlli sufficienti sui propri clienti, ha affermato giovedì la procura olandese. La banca ha dichiarato separatamente di essere soggetta a un'indagine ai sensi della legge olandese antiriciclaggio e di finanziamento del terrorismo, senza fornire ulteriori dettagli.
E tutto ciò sta accadendo durante i giorni calanti della regola del CEO Kees van Dijhuizen: ha dichiarato a giugno che si dimetterà alla scadenza del suo contratto nell'aprile 2020. La banca è ancora alla ricerca di un successore.
Un altro problema: secondo Philip Richards, analista bancario della Bloomberg Intelligence, è impossibile anticipare l'entità della trasgressione di ABN Amro e - più pertinentemente - la dimensione di qualsiasi potenziale ammenda. L'unico indizio che abbiamo è che la banca ha preso una clausola di 114 milioni di euro (124,62 milioni di dollari) durante il secondo trimestre. Ciò è avvenuto dopo che la Banca centrale olandese ha chiesto ad ABN Amro di riesaminare tutti i clienti al dettaglio nazionali (il che suggerirebbe che gli anelli di riciclaggio di denaro internazionale e gli oscuri sindacati criminali moldovi non sono al centro dell'attenzione).
Al momento, ABN Amro ha avvertito che potrebbe essere sanzionata dalle autorità olandesi, ma ha affermato che sarebbe impossibile stimare l'entità di un'eventuale ammenda.
Ma c'è un fattore critico che lavora a favore di ABN Amro qui: un conflitto di interessi molto interessante. Se il prezzo delle azioni di ABN Amro crollasse, ciò potrebbe rendere più difficile per lo stato scaricare la sua quota del 56%, cosa che il governo ha promesso, quattro anni fa durante l'IPO 2015 della banca, di fare il più rapidamente possibile.
ABN Amro non è la prima banca olandese ad avere emissioni AML: ING Groep, un rivale più grande di ABN Amro, ha accettato di pagare 775 milioni di euro (900 milioni di dollari) per risolvere il caso l'anno scorso. Da allora, le banche olandesi si sono impegnate a spendere di più per la conformità e ABN Amro ha dichiarato che avrebbe speso altri 220 milioni di euro (240 milioni di dollari) per "rafforzare le proprie procedure nelle operazioni di credito al consumo, carte di credito e prestiti alle piccole imprese", secondo la FT.
Con lo svolgersi dello scandalo, i banchieri senior di ABN dovrebbero probabilmente guardarsi le spalle. I banchieri di ABN Amro hanno subito una serie di suicidi sospetti qualche anno fa a seguito del salvataggio. All'inizio di questa settimana, un dirigente della Danske Bank coinvolto nello scandalo del riciclaggio di denaro della banca è stato trovato morto. Fonte: qui

Il dirigente della Danske Bank, al centro di un enorme scandalo contro il riciclaggio di denaro, trovato morto

Un ex dirigente della Danske Bank al centro di uno scandalo di riciclaggio di denaro da 200 miliardi di euro (220 miliardi di dollari) in Estonia è stato trovato morto nel suo cortile in un apparente suicidio, secondo  Eesti Rahvusringhääling  (ERR).
Mercoledì ERR ha riferito che dopo diversi giorni di polizia locale alla ricerca di Aivar Rehe, che è stato responsabile della Danske Bank in Estonia dal 2006 al 2015, è stato trovato morto nella foresta vicino a casa sua alle 21:30 circa martedì, vicino al capitale di Tallinn.
La polizia estone ha iniziato a cercare Rehe lunedì dopo la sua scomparsa, i rapporti indicano che era mentalmente instabile e a rischio di suicidio.  
Martedì scorso, la polizia locale ha dichiarato a ERR di essere "una minaccia alla propria vita e al proprio benessere". 
Entro mercoledì, ERR ha confermato che tutti i segni indicavano il suicidio, beh, questo è almeno quanto riportato dai media locali. 
La filiale estone della Danske Bank è al centro di uno dei più grandi scandali di riciclaggio di denaro, con almeno 200 miliardi di dollari (220 miliardi di dollari) di fondi sospetti provenienti da Russia, Moldavia e Azerbaigian, per almeno un decennio. La quantità di denaro che è stata trasferita era equivalente a 10 volte il PIL dell'Estonia, principalmente proveniente dalla Russia. 
Lo scandalo ha portato a un'indagine criminale nella filiale estone della Danske Bank, insieme ai massimi dirigenti delle banche in Europa e negli Stati Uniti. I pubblici ministeri hanno riferito a ERR che Rehe non era un sospetto. 
Dieci ex dipendenti, la maggior parte di quelli di livello medio / basso, sono sospettati nelle indagini. I pubblici ministeri hanno già accusato l'ex amministratore delegato e direttore finanziario della banca, Thomas Borgen e Henrik Ramlau-Hansen.
Danske Bank detiene circa il 50% dei risparmi del popolo danese, ha visto almeno il 67% della sua capitalizzazione di mercato spazzata via negli ultimi 19 mesi da quando lo scandalo è emerso nel 2017/2018. 
All'inizio di quest'anno, Rehe ha dichiarato in un'intervista che erano stati messi in atto tutti gli strumenti di conformità necessari per scoraggiare il riciclaggio di denaro in banca. Ha detto al pubblico di attendere l'esito dell'indagine sulla banca prima di trarre conclusioni. Ha anche affermato che le leggi antiriciclaggio di allora erano "significativamente diverse" da quelle del 2019. 
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