9 dicembre forconi: 01/02/18

martedì 2 gennaio 2018

INFERNO DI FUOCO IN AUTOSTRADA, SI INCENDIA CISTERNA VICINO BRESCIA, 6 MORTI TRA CUI 2 BIMBI

UN CAMION HA VIOLENTEMENTE TAMPONATO UN’AUTO CHE HA URTATO UN ALTRO MEZZO CHE TRASPORTAVA LIQUIDI INFIAMMABILI E CHE SI E’ INCENDIATO – VIDEO



autostrada A-21 cisterna a fuocoAUTOSTRADA A-21 CISTERNA A FUOCO
Sei persone, tra cui due bambini, sono morte in un incidente stradale sull’autostrada A21, alle porte di Brescia. Secondo la ricostruzione, un camion ha violentemente tamponato un’auto con targa francese ferma in coda per un precedente incidente, che a sua volta ha urtato un altro mezzo che trasportava liquidi infiammabili e che si è incendiato. Hanno perso la vita in sei: le due persone che viaggiavano sulla vettura con i loro bambini, e i conducenti dei tir.
autostrada A-21 cisterna a fuocoAUTOSTRADA A-21 CISTERNA A FUOCO





In cinque sono rimasti carbonizzati. Il mezzo pesante ha preso fuoco e la colonna di fumo si è vista da chilometri di distanza. Quando i vigili del fuoco sono riusciti a spegnere le fiamme il dramma è apparso in tutta la sua gravità. Sul posto anche gli agenti della polizia stradale di Brescia e di Cremona. L’autostrada è stata chiusa con conseguente caos per la viabilità.

Fonte: qui

LA CRESCITA DELL’ITALIA? NON ESISTE, ANZI ABBIAMO UN RECORD DI IMPOVERIMENTO.



Cari amici
oggi il quotidiano “La Verità” propone un’interessantissima infografica che presenta in modo corretto ed immediato ciò che su Scenari Economici affermiamo da molto tempo, con il supporto di informazioni e dati, ma che passa sempre inosservato sui media mainstream, tranne qualche lodevole eccezione.
Abbiamo spesso parlato dell’andamento negativo del PIL Pro Capite Italiano dall’entrata nell’euro.
La Verità parte a questo dato e fa un’elaborazione in cui calcola la differenza fra il PIL pro capite medio dei paesi dell’Unione Europea a 15 e quello Italiano, e questo calcolo ci dice molto sull’effetto dell’Euro sulla nostra ricchezza e sul nostro benessere.
Fin dagli anni ’60 l’Italia ha inseguito il reddito medio degli altri paesi, con alti e bassi, riuscendo a raggiungerlo ed a superarlo a partire dal 1990. Poi, con l’unione monetaria dal 1996-97 siamo tornati ad avere una differenza negativa fortissima, che è esplosa a livelli mai riscontrati in passato perfino negli anni ’60.
Insomma l’Unione monetaria e la perdita di potestà in materia ci ha fortemente impoverito, nonostante le promesse di Prodi e dei suoi accoliti per cui “Avremmo lavorato un giorno in meno guadagnando per un giorno in più” si sono rivelate completamente false.
Un altro tema che poi abbiamo spesso affrontato è quello della remunerazione del lavoro dipendente. Anche in questo caso i dati , come sappiamo, sono pessimi, e questa negatività viene ben presentata dall’infografica de La Verità
Come si vede le remunerazione crescono con forza in tutta l’area euro ed ancora di più nell’Unione , al contrario la crescita è asfittica o inesistente in Italia, se non addirittura negativa. Insomma i nostri lavoratori diventano sempre più poveri, mentre gli altri europei si arricchiscono, evidentemente , alle nostre spalle.
Io spero che tutti gli italiani se ne ricordino quando andranno a votare in un prossimo futuro e che si ricordino chi li ha impoveriti.
Fonte: qui

IL PRESIDENTE DELLA BNL (FRANCESE), LUIGI ABETE, QUADRA I CONTI DELLA SUA AGENZIA DI STAMPA ASKANEWS GRAZIE AI FINANZIAMENTI PUBBLICI (5,5 MILIONI SU 11 DI FATTURATO)

CON IL CAPPELLO DEL BANCHIERE TAGLIA I RIFORNIMENTI ALL'ECONOMIA REALE, CON LA SUA ITALIAN ENTERTAINMENT GROUP SI INDEBITA PER QUASI 300 MILIONI, DIECI VOLTE IL FATTURATO

Fabio Pavesi per la Verità

luigi abeteLUIGI ABETE
Nella vita è stato e ha fatto di tutto. Il cavaliere del Lavoro Luigi Abete, classe 1947, si è seduto sullo scranno più alto di Confindustria dal 1992 al 1996. È presidente della Bnl da quasi un ventennio ed è stato presidente di Cinecittà. Imprese, cinema, banche, editoria con l' agenzia di stampa Askanews e come consigliere del Sole 24 Ore, e ora cultura (Civita cultura) e intrattenimento. Curriculum fittissimo. Non ha la potenza economica di un Diego Della Valle, amico di lunga data, o di un Aurelio De Laurentiis, ma il suo peso politico compensa tutto ciò.

diego della valle luigi abeteDIEGO DELLA VALLE LUIGI ABETE
Dei tre è l' uomo delle istituzioni. Imprenditore e banchiere contemporaneamente, un Giano Bifronte. E mentre con il cappello da industriale chiede soldi alle banche, con l' altro cappello stringe i cordoni della borsa. La sua Bnl non ha patito più di tanto la crisi bancaria: ha crediti malati al 9%, tutto sommato sotto controllo, e ha chiuso un solo bilancio in rosso nel decennio della crisi bancaria. Ma (come tutte le banche) ha stretto la cinghia. Dal 2011 in poi i prestiti di Bnl sono stati tagliati di quasi il 25%.

Con il cappello del banchiere taglia i rifornimenti all' economia reale, con la sua Italian entertainment group si indebita per quasi 300 milioni, dieci volte il fatturato. La poliedricità del cambio di casacca. Quanto ai suoi affari diretti, scorrono su due linee. L' editoria appunto con la tipografica che porta il cognome di famiglia e governa su Askanews e con quel decennio, il più disastroso, come uomo forte di Confindustria, nel cda del Sole 24 Ore sbarcato sul mercato.

ASKANEWSASKANEWS
Askanews poggia su 11 milioni di fatturato, chiude di fatto in pareggio i conti. Ma metà del giro d' affari, 5,5 milioni, sono garantiti dal governo, tramite la convenzione annuale con la presidenza del Consiglio. Senza il più grosso cliente (pubblico come per la gran parte delle agenzie di stampa, va detto), Askanews sarebbe sprofondata. E Abete avrebbe rischiato di «fare la fine» di Spelacchio, il malandato albero di Natale della giunta Raggi.

Nonostante chiuda i conti tutto sommato in pareggio Abete ha usato la mano dura. Contratti di solidarietà imposti per risparmiare sul costo del lavoro. Una parte del costo dell' ammortizzatore sociale ricade sulla collettività. Askanews vanta però dei crediti verso le controllanti (quindi lo stesso Abete) per 3 milioni. Basterebbe saldare il conto a monte per risolvere i problemi.

FINANZIAMENTI PUBBLICIFINANZIAMENTI PUBBLICI
L' altro filone che dà più di un grattacapo è appunto il comparto divertimento e cultura con Ieg. Resta sullo sfondo il grande trauma del Sole 24 Ore. Sarà stato solo un consigliere tra i tanti, ma di fatto era ed è l' uomo forte di Confindustria nel giornale degli industriali italiani. L' aver visto colare quasi a picco sotto 340 milioni di perdite il più autorevole giornale economico del Paese, senza muovere un dito per lunghi anni, quando la crisi era più che conclamata, non depone a favore della lungimiranza imprenditoriale.

IL SOLE 24 OREIL SOLE 24 ORE
Quei 30 milioni messi faticosamente sul piatto dalla Confindustria per evitare il crac sono meno dei 40 milioni incassati da viale dell' Astronomia sotto forma di dividendi straordinari a cavallo della quotazione. Quotazione che ha azzerato il valore per decine di migliaia di piccoli soci.

Il banchiere-imprenditore, l' uomo di lungo corso della Confindustria nel cda del Sole 24 Ore, non ha battuto un colpo nel decennio più amaro della testata economica più autorevole del Paese. In fondo, i soldi bruciati non erano suoi.

Fonte: qui

LA COCA COLA FA UN ACCORDO CON L'AMARO LUCANO, IL DISTILLATO DI ERBE PRODOTTO A PISTICCI, MATERA

È LA PRIMA VOLTA, ALMENO IN ITALIA CHE IL GRUPPO COCA COLA ALLARGA IL SUO SPETTRO DI ATTIVITÀ AGLI ALCOLICI 

NON SI PARLA DI ACQUISIZIONE. 

L' ACCORDO RIGUARDA SOLO LA DISTRIBUZIONE E DIFFICILMENTE SI ANDRÀ PIÙ AVANTI

NINO SUNSERI per “Libero Quotidiano

La Coca Cola sposa l' Amaro Lucano. Dal primo febbraio nei bar e nei ristoranti la lattina bianco rossa camminerà mano nella mano con la bottiglia di distillato di erbe che la famiglia Vena produce a Pisticci (Matera) dal 1894.

amaro lucanoAMARO LUCANO
L' alleanza riguarda tutto il portafoglio dell' azienda lucana: Limoncello, Sambuca e Caffè. Ma anche la Linea F.lli Vena (Mirto, Nocino e Liquirizia), oltre ai distillati Grappa Barocca e Grappa Passione Bianca.

È la prima volta, almeno in Italia che il gruppo Coca Cola allarga il suo spettro di attività agli alcolici. Non si parla di acquisizione. L' accordo riguarda solo la distribuzione e difficilmente si andrà più avanti.

Resta ovviamente da capire che cosa ci fanno insieme due aziende tanto diverse.

Da una parte la multinazionale che rappresenta il marchio più famoso del mondo dall' altra una piccola realtà di provincia a conduzione familiare: Pasquale Vena, nipote del fondatore, insieme alla moglie Rosistella e i figli Leonardo, Francesco e Letizia.

Un gruppo mondiale con un fatturato di 41,86 miliardi di dollari e un produttore di distillati di erbe con un giro d' affari di 25 milioni di euro, cinque milioni di bottiglie prodotte e 50 dipendenti.

cuba libreCUBA LIBRE
L' alleanza è certamente importante per il gruppo italiano che potrà risparmiare sulle spese di distribuzione e magari limare quelle di comunicazione che assorbono circa il 20% del fatturato. Ma la Coca Cola? La spiegazione che circola fra gli esperti rimanda al successo del Cuba libre nato dalla miscelazione delle bollicine di Atlanta con il rum di Cuba. Quando la bevanda nasce Stati Uniti e Cuba non erano ancora storici rivali. Anzi erano alleati contro la Spagna. Un' epopea che risale a più di un secolo fa. Ma già allora Washington apprezzava la presenza di una grande potenza mondiale in un' isola che si trova a un braccio di mare dalla Florida.

Le leggende sull' origine del drink sono innumerevoli e molto diverse. Secondo la più diffusa ribelli cubani e soldati americani presero a miscelare il famoso rum isolano con le inedite bollicine che proprio in quegli anni muovevano i primi passi (la Coca-Cola fu inventata dal farmacista statunitense John Stith Pemberton l' 8 maggio 1886 ad Atlanta). Nacque così il Cuba libre, che significa proprio Cuba libera. Un cocktail diventato leggendario e che è arrivato di fatto in tutto il mondo.
cuba libre 3CUBA LIBRE 

Attraverso la partnership Coca-Cola e Lucano, il marchio italiano vorrebbe spingere la diffusione fra le bevande che nascono dalla combinazione con i prodotti della multinazionale di Atlanta. Ma l' operazione ovviamente rientra nei piani della Coca-Cola alla ricerca di nuove formule per dare sprint alle bollicine più famose del mondo.

Il fidanzamento è stato accompagnato dai sorrisi di rito. «Questa partnership segna per Coca-Cola Italia un momento storico all' interno della sua strategia di Total Beverage Company» ha spiegato Vitaliy Novikov General Manager Coca-Cola Italia.

Risponde Pasquale Vena: «Per l' azienda Lucano e per la mia famiglia, che la guida da quattro generazioni è motivo d' orgoglio aver stretto un accordo con una delle più grandi multinazionali al mondo che ha apprezzato proprio la nostra lunga storia imprenditoriale e il forte legame con il territorio e la cultura italiana, che rimangono imprescindibili».

Fonte: qui

Il coraggio di dire che saremo più poveri

Prima o poi bisognerà che qualcuno trovi il coraggio di dire agli italiani che saranno più poveri, anche se penso che la gente nella sua saggezza già lo sappia. 

Solo non saprei chi dovrebbe dare l’annuncio, non i politici, che continuano a promettere nuove pensioni, nuovi bonus e nuovo deficit, insomma, che la cicala continui a cantare, fino a che non finirà l’estate. Non una classe di burocrati e dirigenti pubblici, complici dei politici nello sfasciare lo Stato e neppure la società civile, dove regna la divisione tra chi, grazie alla globalizzazione, si ingrassa e chi s’ incazza perché perde ruolo e potere d’acquisto.

Forse ce lo dirà il tempo, che come il generale inverno, è lento, ma non perde mai una battaglia. Di certo alcune cose le sappiamo: l’Europa è stata fino a pochi decenni fa la padrona del mondo, dividendo questo potere con gli Usa, dopo la seconda guerra mondiale. Nascere bianchi ed europei era un vero colpo di culo, ancora oggi il 50% del welfare mondiale è in Europa, solo che il centro del mondo si va spostando, dopo tanto tempo, verso l’Asia. 

Là c’è la fabbrica del mondo, là i grandi mercati, là la tecnologia e con il riarmo del Giappone, là la forza militare. L’impero russo sarà un impero locale e solo gli Usa e i loro alleati asiatici lotteranno con la Cina per la supremazia mondiale. 

Mentre la vecchia, cara Europa, piena di Capitali imperiali, Londra, Parigi, Madrid, Vienna, Mosca, non riesce a far altro che quello che ha sempre fatto: dividersi, visto che non è più conveniente fare guerre. Mentre occorrerebbe più Europa, sono sempre più forti le forze che vogliono la frammentazione, prima gli iugoslavi, poi cechi e slovacchi, poi valloni e fiamminghi, infine scozzesi, irlandesi e catalani e non è finita, abbiamo due Macedonie, due Albanie e via dividendo. 

Un po’ ci si divide per diversità etniche e religiose, molto per denaro, se questo cala, ognuno ne reclama di più. Eppure i nostri concorrenti, in quanto a diversità, non scherzano: pensiamo all’India e agli stessi Usa, ma ragionano in termini planetari, sanno che il vecchio ordine coloniale è saltato. 

Oltretutto l’Asia è un continente dalle culture millenarie, antecedenti alle nostre, inglesi e francesi lo trasformarono nella periferia del mondo e ora quelli stanno confinando noi alla periferia. 

L’Europa è vecchia, forte nella manifattura, ma inesistente nelle nuove imprese originate da internet, negli studi genetici e nelle intelligenze artificiali. Nella finanza, nelle banche e nel farmaceutico, teniamo il passo grazie alla forza della Svizzera che è in Europa, ma con un solo piede. 

E l’Italia? E’ la periferia della periferia, perdiamo forze giovani e qualificate e importiamo africani, competiamo ormai solo sul costo del lavoro, con la lodevole eccezione degli esportatori, che innovano processi e prodotti, ma si tratta sempre di scarpe e stoffa, come nel passato remoto e remotissimo. 

Chi lo dice a chi è giovane adesso, che il suo orizzonte è buio, a meno di non emigrare, agli anziani che il welfare è una bella favola, che però per usufruirne bisogna pagare?

Chi lo dice agli italiani che stiamo tornando indietro ad anni dimenticati e che si sta formando una nuova leva di rentier, una volta erano i nobili proprietari di terre, oggi sono i proprietari del denaro, che serve solo a produrne altro, non investimenti, non lavoro, solo reddito? 

Che i ricchi diventano ricchi e sempre meno numerosi e soprattutto più vecchi. 

Si può chiedere a dei vecchi di progettare il futuro? Insomma, lì si ritorna, alla vecchia Europa, formata da paesi vecchi, pieni di vecchi, con pochi ricchi e sempre più poveri, che fanno parlare la politica solo al presente:: pensioni, pensioni, pensioni, ma anche i vecchi vivono male, senza che ci sia un futuro.

Forte: qui

P.S. stando così le cose è un destino segnato, il nostro inesorabile declino.

Ma in realtà affrontando e risolvendo i problemi ultra decennali che abbiamo, possiamo crearne un altro completamente diverso, qui

THE U.S. SHALE OIL INDUSTRY: Swindling & Stealing Energy To Stay Alive

While the U.S. Shale Energy Industry continues to borrow money to produce uneconomical oil and gas, there is another important phenomenon that is not understood by the analyst community.  The critical factor overlooked by the media is the fact that the U.S. shale industry is swindling and stealing energy from other areas to stay alive.  Let me explain.
First, let's take a look at some interesting graphs done by the Bloomberg Gadfly.  The first chart below shows how the U.S. shale industry continues to burn through investor cash regardless of $100 or $50 oil prices:
The chart above shows the negative free cash flow for 33 shale-weighted E&P companies.  Even at $100 oil prices in 2012 and 2013, these companies spent more money producing shale energy in the top four U.S. shale fields than they made from operations.  While costs to produce shale oil and gas came down in 2015 and 2016 (due to lower energy input prices), these companies still spent more money than they made.  As we can see, the Permian basin (in black) gets the first place award for losing the most money in the group.
Now, burning through investor money to produce low-quality, subpar oil is only part of the story.  The shale energy companies utilized another tactic to bring in additional funds from the POOR SLOBS in the retail investment community... it's called equity issuance.  This next chart reveals the annual equity issuance by the U.S. E&P companies:
According to the information in the chart, the U.S. E&P companies will have raised over $100 billion between 2012 and 2017 by issuing new stock to investors.  If we add up the funds borrowed by the U.S. E&P companies (negative free cash flow), plus the stock issuance, we have the following chart:
Good question.  If we assume that the U.S. shale oil companies will be able to produce another 10 billion barrels of oil, they would need to make $21 a barrel profit to pay back that $212 billion.  However, they haven't made any profits in at least the past six years, so why would they make any profits in the next six years?
Okay, now that we understand that the U.S. shale industry has been burning through cash and issuing stock to continue an unprofitable business model, let's take it a step further.  If we understand that the U.S. shale energy industry is not making enough money from producing the oil and gas, then it also means that it takes more energy to produce it then we are getting from it.  Sounds strange... but true.
We must remember, investors, furnishing U.S. shale energy companies with funds are another way of providing ENERGY.  These U.S. shale energy companies are taking that extra $212 billion (2012-2017) and burning the energy equivalent to produce their oil and gas.  For example, it takes a lot more water to frack oil and gas wells.  To transport the water, we either do it by truck or by pipeline.  While this extra water usage is a Dollar Cost to the shale energy industry, it is really an ENERGY COST.  Think about all the energy it took to either transport the water by truck, or the energy it took to make the pipelines, install them and the energy to pump the water.
Moreover, if we add up all of the additional costs to produce U.S. shale oil and gas, the majority of it comes from burning energy, in one form or another.  Again, investor funds translate to burning energy.  Thus, the U.S. shale industry needs more energy to produce the oil and gas than we get from it in the first place.
Unfortunately, investors don't see it this way because they do not realize they will never receive their investment back.  It was spent and burned years ago to continue the Great U.S. Shale Energy Ponzi Scheme.
Let me put it in another way.  The U.S. and world economies are based on burning energy.  When we burn energy, we create economic activity and hopefully growth.  If the U.S. shale energy industry needed $212 billion more to produce the oil than they made from operations, then it means it burned more energy than it sent to the market.  Do you see that now??
So, the U.S. shale energy industry is STEALING & SWINDLING energy wherever it can to stay alive.  This is the perfect example of the Falling EROI (Energy Returned On Investment) forcing an industry to CANNABLIZE itself (and the public) to keep from going bankrupt.
Lastly, as time goes by the U.S. shale energy industry will behave like a BLACK HOLE, by sucking more and more energy in to produce even lower and lower quality oil and gas.  At some point, the shale energy industry will collapse upon itself leaving one hell of a mess behind.  While it's hard to predict the timing of the event, it will likely occur within the next 2-5 years.
Fonte: qui

LA NUOVA LEGGE SULLE INTERCETTAZIONI FA INFURIARE TUTTI: MAGISTRATI, AVVOCATI E GIORNALISTI

DIVENTA REATO LA “DIFFUSIONE DI RIPRESE E REGISTRAZIONI DI COMUNICAZIONI FRAUDOLENTE”, FATTO SALVO IL DIRITTO DI REGISTRARE UNA PROPRIA CONVERSAZIONE A FINI PROCESSUALI, E IL DIRITTO DI CRONACA 

NON SARÀ REATO L'INTERVISTA “RUBATA” ALLA MANIERA DE “LE IENE”

Francesco Grignetti per “la Stampa”

INTERCETTAZIONI CARABINIERIINTERCETTAZIONI CARABINIERI
Con l'ultimo passaggio nel consiglio dei ministri di ieri, è legge la nuova disciplina sulle intercettazioni «non penalmente rilevanti». S'intendono così quelle intercettazioni che il giudice ritiene inutili ai fini del processo. Obiettivo della legge è tutelare tre interessi costituzionalmente riconosciuti, ma tra loro in conflitto: il diritto alla privacy (dei cittadini), il diritto all'informazione (tramite i media), il dovere di indagare (della magistratura). Diciamo subito che probabilmente l'obiettivo era irraggiungibile, infatti sono tutti arrabbiati: magistrati, avvocati e giornalisti.

«Ora - commenta invece il ministro della Giustizia, Andrea Orlando - abbiamo un quadro più chiaro delle conversazioni che vanno tolte dai fascicoli perché non hanno rilevanza penale e vanno distrutte». In estrema sintesi, secondo Orlando, le intercettazioni devono servire «per contrastare la criminalità» e non come «strumento per alimentare i pettegolezzi».

UN NUOVO REATO
INTERCETTAZIONIINTERCETTAZIONI
Diventa reato la «diffusione di riprese e registrazioni di comunicazioni fraudolente», fatto salvo il diritto all' autodifesa, cioè registrare una propria conversazione a fini processuali, e il diritto di cronaca. Non sarà reato l' intervista «rubata» alla maniera delle Iene.

VIETATO DIVULGARE
Qualora un' intercettazione sia ritenuta «non penalmente rilevante» non dovrà mai vedere la luce. Complesso il sistema per garantirne la segretezza: innanzitutto se ne vieta perfino la trascrizione, anche sommaria, onde non ci sia nessun documento in circolazione.

La polizia deve informare il pm e indicare solo la data, l'ora e il dispositivo. È prevista una procedura in due fasi: dapprima ci sarà il deposito delle conversazioni e delle comunicazioni (con possibilità per gli avvocati di ascoltare il materiale entro 10 giorni, senza possibilità di averne copia), successivamente l'acquisizione di quelle rilevanti e utilizzabili. Le altre, quelle irrilevanti e inutilizzabili, finiranno in un archivio riservato di cui sarà responsabile il pubblico ministero, e da dove potranno essere recuperate in un secondo momento qualora le si ritenessero utili al processo.
INTERCETTAZIONIINTERCETTAZIONI

LE POLEMICHE
Il nuovo sistema in pratica scontenta tutti. I magistrati, perché ritengono impossibile che un singolo magistrato possa ascoltare migliaia di registrazioni e quindi, alla fine, il vero potere di vita e di morte su un'intercettazione lo avrà la polizia. «Si poteva fare di meglio», dice il presidente dell' Anm, Eugenio Albamonte. I penalisti, in quanto «non dare copie agli avvocati di tutto il materiale intercettato è un vulnus. Per tutelare privacy e riservatezza, si è scelto di limitare fortemente il diritto di difesa».

Infine i giornalisti: «Non tutto ciò che è rilevante per soddisfare il diritto dei cittadini ad essere informati - sostiene il sindacato Fnsi - ha necessariamente rilevanza penale, ma i giornalisti hanno il dovere di pubblicare tutte le notizie di interesse pubblico».

IL VERO NODO
ANDREA ORLANDOANDREA ORLANDO
Delle centinaia di migliaia di intercettazioni che si effettuano ogni anno, solo una minima parte finisce nei processi. Il resto sono «irrilevanti» e quindi, da ora in poi, saranno trattate come «segrete». Potrebbero magari avere un rilievo politico, anche se non penale. Di qui l'ira dei grillini: «Si impediranno le trascrizioni (e la pubblicazione, ndr) delle conversazioni intercettate anche quando le stesse hanno rilevanza politica di un certo peso ».

30 Dicembre 2017

Fonte: qui


DAI MILITARI FACTOTUM AL MAGISTRATO “VEGGENTE” 

LUCI ED OMBRE SULLA RIFORMA DELLE INTERCETTAZIONI 

LA POLIZIA GIUDIZIARIA DOVRA’ FARE I RIASSUNTI DELLE SPIATE ED IL PM DOVRA’ INTUIRE QUALI SONO “RILEVANTI” PER L’INCHIESTA 

I DIFENSORI POTRANNO SOLO ASCOLTARLE SENZA TRASCRIVERLE 

INSOMMA, UN BEL CASINO…

Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”

INTERCETTAZIONI FINANZA 1INTERCETTAZIONI FINANZA 1
Su 7.730 cronache giudiziarie di 6 mesi, nel 2016 gli avvocati penalisti rilevarono che solo il 7,3% riportava intercettazioni, a loro volta riguardanti estranei alle indagini solo nel 7,5% dei casi: eppure l' asserita «gogna mediatica» sui «terzi» ha carburato la nuova legge sulle intercettazioni, di cui solo l'esperienza potrà saggiare le farraginosità già segnalate da avvocati e procuratori.

INTERCETTAZIONIINTERCETTAZIONI
Già al momento dell'ascolto la polizia giudiziaria possiederà l'iniziativa di scremare in un archivio riservato le intercettazioni che riterrà irrilevanti, senza trascriverle in brogliacci ma avvisando il pm, che da «veggente» cercherà di intuire se invece tra esse ve ne siano di rilevanti da salvare: poi toccherà al difensore fare l'«esploratore» in cerca di quelle utili all' indagato, ma in molto meno tempo (10 giorni in generale) e molto più alla cieca (potendo il legale solo ascoltare gli audio ma non farne copia, e avendo per orientarsi solo giorno-ora-apparecchio).

INTERCETTAZIONI CARABINIERIINTERCETTAZIONI CARABINIERI
Il legislatore, sbilanciato sulla carsica idea che vorrebbe schiacciare le cronache sulla sola rilevanza giudiziaria (anziché anche sull'interesse pubblico di notizie vere e proposte con essenzialità e continenza), cerca però di riposizionarsi facendo cadere il segreto dopo l'ordinanza con cui il gip, al termine del contradittorio tra accusa e difesa sullo stralcio delle intercettazioni irrilevanti, acquisisce al fascicolo quelle rilevanti; e prevedendo che dal 2019 l'ordinanza di custodia cautelare sia pubblicabile subito e interamente, non più solo nel contenuto fino all'udienza preliminare (come oggi per tutti gli atti non coperti da segreto).

INTERCETTAZIONIINTERCETTAZIONI
Sfugge il senso del perché sì l'ordinanza d' arresto e non anche i singoli atti (pure non più segreti) su cui si basa; e del perché sì solo l'arresto (che per definizione all' inizio è una foto solo dell' accusa) e non anche le ordinanze successive magari favorevoli alla difesa (come un Riesame che annulli l'arresto).

Si è dunque ancora ben lungi da un accesso diretto e trasparente del giornalista agli atti non più segreti, dal 2006 qui più volte proposto come antidoto al Far West del (finto) proibizionismo e come anzi miglior garanzia proprio per le persone al centro di cronache giudiziarie di interesse pubblico.
magistratiMAGISTRATI

Tuttavia l'embrione di norma responsabilizza e alza gli standard deontologici dei giornalisti. E alla lunga può forse approdare all'accesso diretto se renderà insostenibile l'attuale diniego degli uffici giudiziari a riconoscere ai giornalisti l'«interesse» richiesto dall' art. 116 c.p.p., in base al quale «durante il procedimento chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio a proprie spese di copie di singoli atti». Tanto più se di un atto di cui la legge esplicita la piena pubblicabilità.

29 Dicembre 2017

Fonte: qui