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mercoledì 15 novembre 2017

Si spartivano coi rom il bottino dei furti in Centrale: ridotta la pena ai due poliziotti


Milano,14 novembre 2017 - Pena ridotta in appello per i due poliziotti accusati di aver taglieggiato alcune borseggiatrici rom che derubavano i passeggeri all'interno della stazione Centrale
La Corte d'Appello di Milano ha condannato i due agenti della Squadra Mobile a 6 anni di carcere ciascuno, contro i 7 anni decisi per loro nel febbraio scorso al termine del processo di primo grado.
Un ritocco al ribasso della pena dovuto alla riqualificazione del reato contestato agli imputati: non più concussione ma induzione indebita, così come previsto dalle modifiche introdotte dalla riforma Severino. Confermate invece le pene accessorie già stabilite nel primo grado di giudizio, compresa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e l'estinzione del loro rapporto di lavoro con l'amministrazione dello Stato. Il che, sul piano pratico, significa che se la condanna diventerà definitiva, i due agenti non potranno più lavorare in Polizia. Per i due agenti in servizio al Dipartimento Crimini Diffusi della Squadra Mobile di Milano, gli arresti domiciliari erano scattati nel dicembre 2015.
I due, stando a quanto emerso nell'inchiesta condotta dal pm Antonio D'Alessio (nel frattempo trasferito alla Procura di Napoli) soprattutto sulla base dei filmati delle telecamere di sicurezza dello scalo ferroviario milanese, tra l'ottobre 2014 e il dicembre 2015 avrebbero chiesto il pizzo ad alcune rom sorprese a derubare turisti stranieri, soprattutto giapponesi e americani, per "non denunciarle". Altrimenti, sempre secondo l'accusa, sarebbe scattata la minaccia di far "portare via" i loro bambini dal Tribunale dei Minori. Le borseggiatrici avrebbero così agito indisturbate, riuscendo a incassare dai furti commessi in stazione Centrale una somma compresa tra i 5 e i 20mila euro a settimana. Parte del bottino sarebbe poi finito nelle tasche dei due poliziotti.
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Nell’era della grande crisi boom di tasse locali e prelievo sugli immobili

Qualsiasi imprenditore, lavoratore e professionista italiano potrebbe dirvi che le imposte sono alte. 
E i dati dell’Istat e della nota di aggiornamento al Def certificano che nel 2017 la pressione fiscale sul Pil rimarrà più elevata rispetto ai livelli pre-crisi: 42,6% (al lordo del bonus 80 euro, altrimenti sarebbe 42%) contro il 41,3% del 2008. Ma nell’arco di dieci anni ci sono tributi che hanno visto crescere – e di molto – il proprio peso, e altri che invece sono diventati più leggeri.
Molti dei rincari maggiori riguardano i tributi locali, a partire da Imu e Tasi, ma anche le addizionali comunale e regionale all’Irpef. In calo, invece, il gettito di Ires e Irap su società, imprese e autonomi. Mentre i due tributi più importanti per le casse pubbliche – l’Irpef e l’Iva – non sembrano aver subito variazioni sostanziali rispetto al 2008, anche se gli incassi derivanti dall’imposta sul valore aggiunto hanno visto nel corso degli anni una riduzione più marcata e poi una ripresa, legata tra l’altro al rincaro di due punti percentuali dell’aliquota ordinaria (dal 20 al 22%) e al meccansimo dello split payment (si veda anche l’articolo sotto).
D’altra parte, proprio per scongiurare l’aumento dell’Iva (e delle accise) dal prossimo 1° gennaio, se ne va il grosso delle risorse stanziate con la manovra di Bilancio 2018: circa 15,7 miliardi tra collegato fiscale e disegno di legge, cui se ne aggiungono altri 6,4 per il 2019. Il tutto mentre si apre già la lunga volata della campagna elettorale, con candidati e partiti intenti a rilanciare l’eterna promessa di taglio delle tasse in cima alle proprie agende. Senza dimenticare gli allerta in arrivo dalla Commissione europea, che sul finire della scorsa settimana è tornata a far filtrare qualche perplessità sulla tenuta dei conti pubblici.
Ecco perché guardare come si è mosso il gettito dei principali tributi nel periodo più buio della crisi economica può aiutare a capire quale potrebbe essere il trend dei prossimi anni.
La corsa (e lo stop) dell’Imu 
Paradossalmente, il maggior incremento di gettito è una buona notizia per i contribuenti, perché riguarda la cedolare secca, regime opzionale che riduce l’incidenza dell’Irpef sui redditi delle locazioni abitative e – secondo gli stessi documenti governativi – contribuisce ad arginare il fenomeno degli affitti in nero. Secondo la proiezione a fine 2017 basata sul preconsuntivo dei primi nove mesi dell’anno, la tassa piatta sfiorerà i 2,5 miliardi (+248% rispetto al 2011, in cui peraltro il debutto avvenne in corsa e tra mille incertezze).
Fatta questa eccezione, agli altri aumenti di gettito corrisponde un incremento del tax rate vero e proprio. Rispetto al 2008, l’aumento maggiore è ancora quello di Imu e Tasi, che pure vivono una stagione di “tregua” dopo il blocco dei rincari dettato dalla legge di Stabilità 2016 (e riconfermato per l’anno prossimo): compreso il saldo del 16 dicembre, quest’anno i due tributi immobiliari porteranno nelle casse dei Comuni e dell’Erario un gettito quasi doppio rispetto all’Ici del 2008: circa 20,8 miliardi contro 10,9 (dato, quest’ultimo, attualizzato per rendere possibile il confronto a parità di potere d’acquisto).
Anche le addizionali comunale e regionale all’Irpef vedono un andamento analogo e si sono stabilizzate nel 2016 dopo essere state usate per “scaricare” sulla tassazione locale almeno una parte della stretta tributaria seguita all’emergenza-spread di fine 2011.

I primi sgravi su utili e lavoro 
Guardando anche i tributi erariali, nell’attuale “mix delle tasse” si intravedono, di fatto, due componenti. Da un lato, negli anni peggiori della crisi si è cercato di recuperare gettito dove era possibile senza colpire ulteriormente i redditi di lavoro e di pensione su cui gravano già le ritenute Irpef (dagli immobili, ma anche dalla benzina, dai giochi e dai bolli), e gran parte di questi rincari pesano ancora oggi sulle tasche dei contribuenti. Dall’altro, dal 2014 si è iniziato ad alleggerire la pressione fiscale in alcuni settori, nel tentativo di far ripartire i consumi o, a seconda dei casi, la produttività. Categoria in cui ricadono il bonus degli 80 euro o il al taglio dell’Irap sulla componente lavoro o ancora, dall’anno d’imposta 2017, alla riduzione dell’Ires al 24 per cento.
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Torino, bimbo sta male in metrò: la sindaca Appendino passa per caso e lo assiste per 40 minuti

Un bambino si sente male nella stazione della metropolitana e ad assisterlo, con gli addetti alla clientela di Gtt, l'azienda del trasporto pubblico locale di Torino, si ferma una signora. "Ci ha chiesto se dovesse chiamare una ambulanza ed è stata con noi fino a quando il piccolo si è ripreso", racconta l'addetto Gtt a Diario di Torino, sito web di informazione locale. "E' stata gentilissima e molto disponibile", aggiunge l'addetto, che soltanto in un secondo momento si è accorto che quella signora era la sindaca di Torino, Chiara Appendino.
L'episodio è avvenuto sabato sera, alla stazione Principi d'Acaja della metropolitana. La prima cittadina era col marito e con la figlia. "All'inizio non abbiamo fatto caso a chi fosse", dice l'addetto Gtt. La stessa prima cittadina non ha reso noto il fatto, limitandosi a confermare quanto accaduto - arrossendo, come sottolinea l'agenzia Ansa - quando il suo staff le ha chiesto di quell'articolo che riportava la notizia. Secondo la ricostruzione, i bambini, fratello e sorella di 8 e 11 anni, camminavano mano nella mano, ma senza genitori, nella stazione del metrò, e la cosa non è sfuggita ai dipendenti Gtt.
"Li abbiamo fermati", ha raccontato uno dei quattro addetti - avevamo già notato la ragazzina da sola in un’altra stazione e così volevamo sincerarci che fosse tutto a posto e cosa ci facessero da soli". Ma quando i due bambini vengono fermati il ragazzino di 8 anni accusa un malore, diventa pallido e si accascia al suolo. Poco dopo, l'intervento della sindaca Appendino.
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