9 dicembre forconi: 11/23/17

giovedì 23 novembre 2017

UN GROSSO CRATERE SI E’ APERTO IERI A ROMA, IN ZONA MONTAGNOLA


ANCORA DA CHIARIRE LE CAUSE DEL CEDIMENTO DEL MANTO STRADALE

Da ansa.it

Una grossa voragine, ampia circa 5 metri per 3, si è aperta al centro della strada in via Ambrosini in zona Montagnola. Sul posto i vigili del fuoco e la polizia locale per la viabilità. L'area è stata transennata e deviato il il tratto. Ancora da chiarire le cause del cedimento del manto stradale. La voragine si è aperta nei pressi di un bar: per evitare incidenti e prima dell'intervento dei vigili i gestori dell'esercizio commerciale hanno posto a protezione delle sedie creando una sorta di transennamento.

ROMA - BUCA ALLA MONTAGNOLAROMA - BUCA ALLA MONTAGNOLA
Misura circa cinque metri per tre la voragine che si è aperta stamani alle 10 sul manto stradale di Via Ambrosini, in zona Montagnola, a Roma, per un totale di circa 30 metri cubi di materiale. A fornire le dimensioni del cratere è il personale della Protezione Civile presente sul posto.

L'ampio smottamento si è verificato nel mezzo di una intersezione, ma in una posizione che per fortuna ha un impatto limitato sul traffico. Sotto terra si nota la colonna di scarico di un pozzetto fognario costruita in mattoni, che giunge fino a dodici metri di profondità. Ancora da chiarire le cause dello smottamento. I tecnici presenti sul posto non escludono, a una prima e sommaria analisi, infiltrazioni di acqua. Si attendono adesso gli operai che, entro la sera, dovrebbero ricoprire l'ampia buca e riportare in sicurezza l'area che dovrebbe poi essere riaperta al traffico.

22 Novembre 2017

Fonte: qui

SCAGIONATO IL BULL TERRIER: NON E’ STATO LUI A UCCIDERE L'ADDESTRATORE A CHIVASSO: IL 26ENNE ERA GIÀ MORTO PER UN MALORE

IL CANE HA SOLO PROVATO A SCUOTERLO NEL TENTATIVO DI “SOCCORRERLO”
Daniela Mastromattei per “Libero quotidiano”

davide lobueDAVIDE LOBUE
Dopo aver messo il mostro in prima pagina, arriva il colpo di scena: Sid, il bull terrier di un anno e mezzo, accusato di aver sbranato il suo addestratore, è stato scagionato ieri dall' autopsia.
E dunque, il cane è innocente. Non è stato lui a uccidere Davide Lobue di Rivoli, 26 anni, professione educatore e istruttore cinofilo, trovato senza vita nella tarda serata di sabato scorso, a Chivasso. A stroncarlo, come già ipotizzato in un primo momento, sarebbe stato un malore (infarto o un aneurisma).

Forse Davide si è sentito male proprio mentre giocava con il cane in un campo recintato, quando ha avuto il mancamento ed è crollato a terra. Il bull terrier d' istinto deve aver provato a scuoterlo, nel tentativo di svegliarlo e «soccorrerlo». È in questa fase che l' animale avrebbe sfilato e strappato la felpa e la maglietta che il giovane indossava. Ma poi visto che l' uomo continuava a non dare alcun segno di vita, Sid deve esserci andato un tantino pesante avventandosi sul polpaccio e sul resto del corpo. Questo è il motivo delle lesioni trovate su Davide.

Una reazione abbastanza normale in un cane che all' improvviso vede il suo compagno di giochi privo di sensi. Forse, all' inizio potrà anche aver ipotizzato uno scherzo da parte dell' addestratore, ma poi il gioco stava durando troppo. E ha pensato di scuoterlo con modi più energici. Quando ha capito che non si sarebbe più mosso, ha iniziato ad abbaiare con insistenza. Sono stati proprio i suoi latrati a richiamare l' attenzione di un vicino di casa, che scendendo in giardino ha trovato il corpo ormai senza vita del giovane.

bull terrierBULL TERRIER
Ora si parla di lesioni «post mortem», così ha stabilito il medico legale Roberto Testi, che ha eseguito l' autopsia, fornendo una prima ricostruzione dei fatti alla procura di Ivrea, che ha aperto un fascicolo per omicidio colposo. Al momento non ci sono indagati. Nel giardino dove è stato trovato il corpo, i carabinieri della compagnia di Chivasso hanno recuperato qualche grammo di marijuana, appoggiata su un tavolino. Difficile, però, che il ritrovamento possa essere direttamente collegato con la morte del 26enne. Sarà necessario attendere almeno gli esiti dell' esame tossicologico per fare chiarezza. Quella di Davide Lobue per i cani era una passione sostenuta da una grande competenza, come testimonia anche un recente post sulla sua pagina Facebook: «Hanno sempre fatto parte della mia vita, dal giorno in cui sono nato...».

«Davide non si sarebbe mai messo in una situazione che non avrebbe potuto gestire. Io l' ho visto dopo la tragedia e non aveva segni al collo o sul viso di morsi letali, ma a prescindere da questo non era uno sprovveduto. È morto facendo quello che amava di più, ricordatelo per il professionista che era». Parole di Milena Cavagna, la fidanzata dell' addestratore Lobue, scritte sulla sua pagina di Facebook.
bull terrier ieriBULL TERRIER IERI

Sid non apparteneva a Davide Lobue, gli era stato affidato perché lo addestrasse dal proprietario Daniele Conte, di 28 anni, che quel sabato sera si trovava a Milano per un concerto. Il padrone Daniele ha già fatto visita un paio di volte a Sid, che però per il momento viene tenuto sotto osservazione nel canile rifugio di Settimo, dove era stato portato dopo la visita del veterinario dell' Asl To4. Intanto tutti quelli che lo avevano condannato devono fare un passo indietro.

È vero il muso del bull terrier non è dolce come quello di un barboncino. È vero Conte lo aveva affidato all' addestratore perché era poco ubbidiente. Ma non per questo deve essere definito un cane killer. C' è chi ha ribadito in questi giorni l' urgenza di stilare la lista delle razze pericolose, come fanno in Danimarca, che ci ha appena restituito Iceberg sano e salvo.
bull terrier oggiBULL TERRIER OGGI

Noi alle razze pericolose non ci crediamo. Crediamo invece che i cani possono subire le influenze negative di molti uomini violenti e pericolosi.

Fonte: qui

LA LEOPOLDA, TANTI SLOGAN E PROMESSE MA ZERO FATTI!

E ALL’ORIZZONTE SI PROFILA LA BATOSTA ALLE URNE 

L’EVOLUZIONE IN MILLE PAROLE DEL ROTTAMATORE CHE E RIUSCITO A ROTTAMARE SOLO SE STESSO

Marcello Mancini per la Verità

matteo renzi leopoldaMATTEO RENZI LEOPOLDA
Il discorso introduttivo volevano farlo fare a due ottantenni. «Così dimostreremo che non sono solo i giovani a chiedere il rinnovamento», pensavano Matteo Renzi e Pippo Civati. Insieme e convinti nel 2010. Salvo poi divorziare l' anno dopo, perché Civati si accorse subito che con Renzi accanto non ci sarebbe stato spazio per nessuno, né alla Leopolda né altrove, e che lui avrebbe sempre fatto solo di testa sua. Erano ragazzi, infatti all' interno della vecchia stazione granducale di Firenze, il clima era goliardico.

Sembrava un raduno di boy scout, o una discoteca con musica a palla e il disk jockey alla consolle. Trasgressiva anche nella scenografia, la prima Leopolda: un migliaio di seggiole, un grande palco, uno schermo e un microfono stile anni Sessanta. Si poteva parlare quattro minuti, non di più. Ritmi da talk show: ognuno diceva la sua. A chi ricordava le maestose tribune dei mitici congressi del Pci o della Dc, con gli interminabili discorsi «mai-un-sorriso» di Enrico Berlinguer, Achille Occhetto, Aldo Moro e Amintore Fanfani, a chi rimpiangeva le faraoniche guglie di Filippo Panseca per Bettino Craxi, la Leopolda rispondeva con un teatro d' essai che somigliava nei toni a uno show di Leonardo Pieraccioni. Lingua ufficiale: il fiorentino. Battute, risate, slogan, simboli.

RENZI LEOPOLDARENZI LEOPOLDA
Cominciò così, ma poi ci sarebbe stata l' evoluzione della specie rottamatoria. Da start up a industria di un nuovo modo di fare politica. Quello che molti italiani, forse, in quel momento cercavano. Tutto molto bello, entusiasmante e inedito. E tanta, tanta scena. Per dire: Renzi aveva fatto apparecchiare 100 tavoli e a ciascuno di questi aveva messo un politico a conversare con la gente comune su un tema, che poteva essere la giustizia, il lavoro, l' ambiente. Lui interveniva dal palco chiedendo: «Che si dice di Europa al tavolo 15?». Simbolismo vuoto, magari, ma all' epoca piacque.

davide faraoneDAVIDE FARAONE
Alla prima edizione era atteso il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ma non venne. Anzi, nello stesso giorno organizzò, a Roma, l' assemblea dei segretari di circolo, che ovviamente fu presa come un tentativo di boicottaggio, almeno mediatico. Anche perché a Firenze, bandiere del Pd non ce n' erano, il segretario avrebbe giocato fuori casa in tutti i sensi. Probabilmente fu un errore, un mancato riconoscimento. Vennero gli avventurosi che ci credevano: Matteo Richetti, Davide Faraone, Pietro Ichino, Roberto Giachetti, Ermete Realacci, Andrea Marcucci e, naturalmente, gli amici di sempre, il circolino fiorentino che sarebbe poi diventato il temuto e corteggiato Giglio magico.

LE SCARPE DI MARIA ELENA BOSCHILE SCARPE DI MARIA ELENA BOSCHI
Le intenzioni erano chiare già da uno striscione scritto con lo spray, che all' ingresso della stazione avvertiva: «Al passato grazie, al futuro sì», da una frase di Dag Hammarskjöld, premio Nobel per la pace. Di queste citazioni, la Leopolda è stata una fabbrica inesauribile: «E adesso il futuro» (2016); «Il futuro è solo l' inizio» (2014); «Diamo un nome al futuro» (2013).

Almeno nelle prime edizioni, l' appuntamento della Leopolda misurava il gradimento del capo verso alcuni componenti del Giglio magico: te ne accorgevi dal tempo di presenza sul palco e dal ruolo all' interno della macchina organizzativa della kermesse. Nella Leopolda del 2013, per esempio, Renzi decise di lanciare la rampante Maria Elena Boschi, a cui fu assegnato il compito di coordinare gli interventi. E siccome la Boschi non è una che passa inosservata (e infatti fu notata soprattutto per un paio di scarpe leopardate, che le fecero guadagnare l' appellativo di «giaguara») da perfetta sconosciuta divenne il volto della manifestazione e il petalo più appariscente e più potente del Giglio.
RENZI BOSCHI LOTTIRENZI BOSCHI LOTTI

Oscurando quella che comunque resta la prima amazzone del renzismo, cioè Simona Bonafè, che sarebbe stata poi tagliata dagli incarichi principali di partito e di governo ed esiliata in Europa. La Leopolda come una specie di X Factor del circo renziano. Unico giudice, naturalmente, Matteo, che diamine. Protagonista alla ribalta e nel backstage, dove tutti vivono ai suoi piedi e aspettano un cenno anche per respirare.

BONAFEBONAFE
Transitare da questa vecchia stazione dell' Ottocento ha significato, negli ultimi otto anni, strappare il biglietto per glorie e poltrone, incarichi politici e consigli di amministrazione. Illustri sconosciuti o aspiranti eccellenze, locali e nazionali, alcuni dei quali strada facendo si sono persi, un po' sinceramente delusi e un altro po' insoddisfatti per le grazie non ricevute.

I nomi sono noti. Giorgio Gori oggi è sindaco di Bergamo e candidato presidente della Lombardia; lo scrittore Alessandro Baricco, ispiratore letterario del movimento leopoldino; il «fenomeno» Oscar Farinetti, ristoratore ufficiale del mondo renziano; il regista Fausto Brizzi, oggi più noto per altre brutte storie; il fiorentino Guelfo Guelfi, che è diventato consigliere di amministrazione della Rai; il fondatore del fondo Algebris, Davide Serra, noto per aver finanziato la maggior parte delle campagne elettorali di Renzi.
giorgio goriGIORGIO GORI

Industriali e imprenditori di ogni tipo. Qualche precario ma nessuna traccia di disoccupati o, per esempio, risparmiatori traditi dalle banche (da Monte dei Paschi in giù). Credo che la Leopolda abbia sedotto e illuso molti, anche fra chi l' ha sempre vista da lontano. Era una risorsa, non so invece quanta credibilità possa avere questa edizione 2017, il cui titolo sembra una codifica tipografica: «L8-In/contro», in programma da venerdì 24 a domenica 26 novembre e promossa e animata da chi ora governa l' Italia e non ha più il comodo ruolo dello sfasciacarrozze.
davide serra alla leopoldaDAVIDE SERRA ALLA LEOPOLDA

Nel novembre 2010 Matteo Renzi annunciava: «La nostra scommessa è provare a cambiare non solo le facce di chi sta lì da 30 anni, ma anche le idee». Lì per lì sembrò un movimento con una spinta seduttiva straordinaria, lontano mille miglia dalle messe cantate dei partiti, dal linguaggio politichese, dalle mozioni che non portano a nulla. Innovativo, con questa forza rivoluzionaria che da quel giorno si chiamò «rottamatrice», perché in una intervista a Repubblica dell' agosto 2010, Renzi parlò di «rottamare senza incentivi» gran parte della classe dirigente del Pd.

boschi leopoldaBOSCHI LEOPOLDA
Sette anni dopo, all' ottava edizione che comincerà venerdì prossimo, uno slogan annunciato è «poca politica e molte idee». Siamo allo stesso punto(cioè si va avanti stancamente con solo slogan e fuffa!). La Leopolda si nutre di idee e di futuro. Parole. La sinistra è un cumulo di macerie, nel mezzo però ci sono stati mille giorni di governo, nei quali Renzi ha avuto il tempo di tradurre quelle meravigliose idee in fatti, quella voglia di spaccare il mondo in nuove regole di uno Stato democratico. Lui dice che s' è messo parecchio avanti, una parte del Paese sostiene il contrario, perché finché c' è da sfasciare è un conto, quando si tratta di costruire è tutta un' altra storia.

ANDREA GUERRA boschi leopoldaANDREA GUERRA BOSCHI LEOPOLDA
Cosa ne pensano veramente gli italiani lo sapremo fra pochi mesi, perché finora i cittadini, nonostante tappe amministrative e referendum, non si sono espressi mai compiutamente su Renzi e il renzismo. Per lo meno con numeri alla mano che non siano interpretabili, smentibili o tirati come un chewing gum dalla parte che fa più comodo. E a proposito di futuro, quello che indicavano con tanta enfasi gli slogan delle Leopolde di sette, sei, cinque anni fa, ecco: quel futuro ormai è oggi. Ma quanti di noi se ne sono davvero accorti?

Fonte: qui
RENZI E FARINETTI ALLA LEOPOLDARENZI E FARINETTI ALLA LEOPOLDA

IL COLOSSO DELLA CONSULENZA TRIBUTARIA “ERNST & YOUNG” CONTINUAVA A PAGARE UNA SUA EX DIPENDENTE DIVENTATA CONSULENTE TRIBUTARIA DEL GOVERNO: ARRIVATA CON MONTI, LO E’ TUTT’ORA CON PADOAN

SPIFFERAVA I SEGRETI FISCALI AGLI EX DATORI DI LAVORO. 

PER AGEVOLARLE IL LAVORO, PADOAN L’AVEVA MESSA ANCHE DENTRO EQUITALIA 

Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”

ERNST & YOUNGERNST & YOUNG
Dal 2013 a gennaio 2015 i contenuti riservati (e destinati in taluni casi a rimanere segreti) delle discussioni sulle normative fiscali in seno al governo e al Consiglio dei ministri sono state, in cambio di un compenso di almeno 220.000 euro, rivelati «in diretta» al colosso della consulenza legale tributaria Ernst & Young da una ex professionista del gruppo entrata a fine 2012 (governo Monti) nella segreteria tecnica del sottosegretario all' Economia Vieri Ceriani, e poi divenuta consigliere in materia fiscale sia (nel governo Letta) del ministro dell' Economia Fabrizio Saccomanni, sia (nel governo Renzi) dell' attuale ministro Pier Carlo Padoan, venendo nel giugno 2015 nominata tra i 5 consiglieri di amministrazione di Equitalia spa.
mario montiMARIO MONTI

Sulla scorta di mail sequestrate e di telefonate intercettate, a conclusione degli accertamenti i pm milanesi Paolo Filippini e Giovanni Polizzi ritengono quindi di accusare Ernst & Young (Italia) come società, e il suo senior partner e rappresentante italiano Marco Ragusa, di «corruzione» della consigliere ministeriale Susanna Masi, alla quale contestano anche l' ipotesi di «rivelazione di segreto d' ufficio» e il reato di «false attestazioni sulle qualità personali» per non aver dichiarato il proprio conflitto di interessi.
VIERI CERIANIVIERI CERIANI

Il flusso informativo, che i pm collegano ai soldi pagati alla consulente del ministro dell' Economia in normali bonifici quasi fossero la prosecuzione degli stipendi di quando lavorava nella società, sarebbe stato in due direzioni. Da un lato Masi avrebbe «fornito a Ernst & Young notizie riservate possedute grazie al suo ruolo istituzionale di membro della segreteria tecnica» o «consigliere del ministro», così consentendo alla società di poter offrire ai grossi clienti (specie banche) servizi di ottimizzazione fiscale già parametrati sulle norme in divenire.

saccomanniSACCOMANNI
Dall' altro lato sarebbe avvenuto anche il contrario, e cioè la consigliera ministeriale si sarebbe «resa disponibile a proporre modifiche, a vantaggio di Ernst & Young e dei suoi clienti, alla normativa fiscale interna in corso di predisposizione, nella materia di transazioni finanziarie nella quale era direttamente coinvolta quale membro della segreteria tecnica del ministero».

L' accusa di «rivelazione di segreto» appare legata al fatto che Masi - secondo la lettura che la Procura fa di mail del 30 maggio 2013 e di intercettazioni del 28 marzo 2014 - avrebbe «comunicato a Ernst & Young notizie riservate, ottenute per ragioni d' ufficio e che dovevano restare segrete, relative alla proposta di introduzione di una tassa europea sulle transazioni finanziarie», e «discusse tra i rappresentanti degli 11 Stati partecipanti ai lavori della cooperazione internazionale».
Marco Ragusa Ernst YoungMARCO RAGUSA ERNST YOUNG

Un oblò assai prezioso da sbirciare per la società, tanto da innescare un giro di mail tra il rappresentante italiano di Ernst & Young e i suoi colleghi di filiali di altri Paesi, tutti interessati a capire (dallo «spiffero» italiano) cosa bollisse in pentola. L' aver continuato a ricevere denaro da Ernst & Young, anche dopo l' incarico dall' 1 agosto 2013 di consigliere del ministro, comporta la terza accusa di «false dichiarazioni sulle qualità personali», per «aver attestato» nell' apposita dichiarazione «di non trovarsi in conflitto di interessi, neppure potenziale».

inchino padoan1INCHINO PADOAN
La società, a sua volta, in base alla legge 231/2001 sulla responsabilità degli enti per i reati commessi dai vertici nell' interesse aziendale, è indagata per «non aver adottato modelli organizzativi efficaci e idonei a evitare che il suo senior partner commettesse corruzione nell' interesse e a vantaggio dell' associazione professionale» Ernst & Young.

È la conclusione di una indagine inedita ma non nuova: nel senso che, sino all' attuale «avviso di conclusione» notificato agli indagati, non se ne era mai saputo alcunché, sebbene ora la si scopra avviata ben oltre 3 anni fa (nell' ultimo periodo milanese dell' ex procuratore aggiunto Alfredo Robledo) da un pm, Roberto Pellicano, a sua volta poi passato da Milano a Cremona.
ALFREDO ROBLEDO jpegALFREDO ROBLEDO 

I due attuali pm, eredi del fascicolo, hanno quindi tirato le conclusioni, insieme al procuratore aggiunto Giulia Perrotti, del materiale acquisito all' epoca da un terminale «periferico» della Guardia di finanza, e cioè dalle fiamme gialle di Busto Arsizio, in un filone dell' inchiesta sul consulente di maxievasori fiscali Filippo Dollfus: il barone italosvizzero che, arrestato nel 2015, a fine 2016 ha patteggiato 1 anno e 11 mesi per riciclaggio e associazione a delinquere.

Fonte: qui