C’E’ LUI DIETRO LA CAMPAGNA ANTICORRUZIONE CHE HA PORTATO ALL’ARRESTO DI DECINE DI PRINCIPI, FUNZIONARI E UOMINI D’AFFARI
SALMAN
La libertà in cambio di molto denaro. È quello che si starebbe negoziando in queste ore in quella prigione dorata che è diventato il lussuoso hotel Ritz-Carlton di Riad. Le autorità dell' Arabia Saudita starebbero infatti scendendo a patti con le decine di principi, funzionari e soprattutto uomini d' affari accusati di corruzione e arrestati il 4 novembre in una inedita e vasta ondata di detenzioni, passata alla storia come la notte dei lunghi coltelli.
Secondo fonti del «Financial Times», i vertici sauditi starebbero «cercando accordi con tutti quelli del Ritz: tirate fuori i soldi e andrete a casa».
Tra i detenuti d' eccellenza, ci sono uomini d' affari dalle vastissime fortune, come il nipote di re Salman, il principe Alwaleed bin Talal, un sessantenne con una rete d' affari da circa 19 miliardi secondo il Bloomberg Billionaires Index; Bakr bin Laden, del Saudi Binladin Group, specializzato in costruzioni edili; il magnate Waleed al-Ibrahim a capo di Mbc, quel Middle East Broadcasting Center che possiede l' emittente satellitare al-Arabiya.
Alcuni tra i sospetti, scrive il «Financial Times», sarebbero disposti a trovare un accordo e in alcuni casi a cedere fino al 70 per cento dei loro beni e dei loro asset.
RE SALMAN E MOHAMMED BIN SALMAN
Dietro alla campagna anti-corruzione c' è il giovane e ambizioso principe ereditario Mohammed bin Salman. Per molti, la sua nuova spinta legalista non è altro che un modo per consolidare il proprio potere a corte. Il principe è anche all' origine di quel piano Vision 2030 che vorrebbe smarcare l' Arabia Saudita dalla dipendenza del petrolio, con la creazione tra le altre cose di un gigantesco fondo di investimenti.
Per lui, queste nuove entrare rappresentano una garanzia per il futuro. Sono infatti sempre più insistenti le voci che vorrebbero estremamente vicino il giorno dell' abdicazione del padre, l' anziano sovrano Salman, in suo favore. In quel caso, il 32enne Mohammed bin Salman si troverebbe alla testa di un regno che, anche a causa del crollo dei prezzi del greggio su scala globale, ha raggiungo l' anno scorso un deficit di bilancio pari a 79 miliardi di dollari.
Negli ultimi anni, l' Arabia Saudita ha introdotto misure di austerità senza precedenti.
MOHAMMED BIN SALMAN
Si tratta di una trasformazione epocale in un Paese che per decenni ha vissuto comodamente sulla rendita petrolifera: alcuni sussidi statali sono stati cancellati e le autorità valutano l' introduzione di tasse. Il procuratore generale saudita stima che il giro di corruzione degli arrestati sia costato allo Stato 100 miliardi di dollari: tale somma finirebbe nelle casse vuote dello Stato.
I segnali che la campagna anti-corruzione avesse obiettivi di raccolta fondi sono arrivati subito dopo gli arresti, quando l' apposita Commissione ha fatto sapere di avere il potere, tramite decreto reale, di congelare asset e beni dei detenuti anche senza aspettare i risultati dell' inchiesta. La Banca centrale dei vicini e alleati Emirati Arabi, scrive Reuters, avrebbe già girato agli istituti di credito locali la richiesta di fornire informazioni su 19 conti di cittadini sauditi, e 1700 conti bancari nazionali in Arabia Saudita sarebbero stati già congelati.
ARABIA SAUDITA, LA LOTTA ALLA CORRUZIONE LANCIATA DALL’EREDE AL TRONO SAUDITA SPAVENTA GLI INVESTITORI STRANIERI
DOPO L'ONDATA DI "ESPROPRI PRINCIPESCHI" A RISCHIO GLI AFFARI NEL GOLFO - UN IMPRENDITORE: "NON SAPPIAMO PIÙ CON CHI FARE BUSINESS"
RE SALMAN E MOHAMMED BIN SALMAN
Ora gli «espropri principeschi» spaventano il mondo degli affari e gli investitori in Arabia Saudita.
Anche se la lotta alla corruzione lanciata dall' erede al trono Mohammed bin Salman è vista come un cambiamento positivo, che sul lungo termine porterà a un' economia di mercato più efficiente, sul breve periodo la preoccupazione è che possa innescare una fuga di capitali e bloccare gli investimenti necessari alla realizzazione delle riforme.
L' obiettivo è giusto, i metodi lasciano perplessi.
Soprattutto il blocco dei conti correnti dei sospettati, compresi alcuni fra i più importanti uomini d' affari sauditi, e il rilascio di alcuni in cambio del versamento nelle casse dello Stato di ingenti somme di denaro, come è emerso nei giorni scorsi. Principi e businessmen rinchiusi nel sontuoso Ritz Carlton sono un' immagine che piace alla popolazione, e portano consensi al futuro re e alla sua lotta contro le «élite corrotte».
Ma sono quelle stesse élite ad avere i più stretti rapporti con il mondo degli affari in Occidente e nella regione.
MOHAMMED BIN SALMAN
Un importante investitore libanese, che preferisce rimanere anonimo, sintetizza così: «Hanno tutti paura di essere il prossimo». Il giro di vite non guarda in faccia nessuno, ha coinvolto l' uomo più ricco dell' Arabia Saudita, Alwaleed bin Talal, ma anche il potentissimo ex capo dei servizi Bandar bin Sultan al-Saud. E adesso nessuno si sente al sicuro. «Il programma di riforme Vision 2030 - continua il businessman libanese - necessita di centinaia di miliardi di investimenti: liberarsi della corruzione è la precondizione perché possa funzionare, ma con il blocco dei conti, l' esproprio di intere aziende, spaventa più che incentivare, chi si metterebbe in affari con qualcuno che può perdere tutto da un giorno all' altro?».
La Vision 2030 punta a diversificare l' economia e a ridurre la dipendenza dal settore petrolifero, che fornisce il 95 per cento degli introiti per lo Stato. Ma l' arresto di personaggi come Alwaleed bin Talal, ha sottolineato per esempio il Financial Times, «può affossare l' interesse degli investitori internazionali». Le autorità saudite hanno cercato di minimizzare.
SALMAN
La lotta alla corruzione, ha sottolineato il governatore della Saudi Arabian General Investment Authority, Ibrahim al-Omar, serve proprio a proteggere gli investitori «dalle pratiche contrarie alla legalità». Come i contratti vinti solo in base alle «buone connessioni» con gli ambienti politici, pratica diffusa nella regione. Ma la spiegazione non convince fino in fondo. Soprattutto se il crackdown viene abbinato al ritardo nella privatizzazione parziale, il 5%, della mega compagnia petrolifera di Stato, la Saudi Aramco.
Rumours sempre più insistenti legano gli «espropri principeschi», che potrebbero fruttare oltre 100 miliardi di dollari, alla mancata cessione di quote dell' azienda. Il 5 per cento dell' Aramco, secondo le stime più diffuse, equivale proprio a 100 miliardi di dollari. L' anno scorso il deficit pubblico ha toccato i 110 miliardi, pari a un astronomico 17 per cento del Pil. Mohammed bin Salam deve colmare il buco nei conti pubblici e trovare le risorse per le riforme. Dopo una dura austerity, con il taglio degli innumerevoli sussidi ai cittadini - per la casa, l' elettricità, la benzina - è tornato in parte sui suoi passi per non rischiare di perdere l' appoggio popolare. La lotta alle «élite corrotte» necessita anche di un pizzico di populismo. Ma spaventa gli investitori. La strada è davvero stretta per l' ambizioso principe ereditario.
MOHAMMED BIN SALMAN