9 dicembre forconi: 09/18/19

mercoledì 18 settembre 2019

LA FED INIETTA 75 MILIARDI DI LIQUIDITÀ, COME NON ACCADEVA DALLA CRISI FINANZIARIA DEL 2008. IL TUTTO IN UN MERCATO CHE VIENE CHIAMATO DEI "REPURCHASE AGREEMENTS" (REPO) CIOÈ PRESTITI A BREVISSIMO TERMINE CON PROMESSA DI RIACQUISTO, CHE ASSICURANO IL FUNZIONAMENTO DEL MERCATO INTERBANCARIO

COSA HA CAUSATO QUESTO IMPROVVISO BISOGNO?
UNA SEMPLICE ANOMALIA TECNICA O C'E' ALTRO? 
OGGI SCOPRIREMO SE ABBASSA I TASSI

FED: NUOVA MAXI-ASTA LIQUIDITÀ DA 75 MLD DOLLARI
 (ANSA) - La Federal Reserve ha effettuato una nuova asta pronti contro termine immettendo 75 miliardi di dollari di liquidità in cambio di obbligazioni. Lo si legge sul sito della banca centrale, che stasera dovrebbe tagliare i tassi di un quarto di punto percentuale. Gli operatori avevano chiesto 8,1 miliardi di fondi in asta. Si tratta della seconda operazione consecutiva dopo quella di ieri. La Fed è tornata a intervenire sul 'repo market' per la prima volta dalla crisi finanziaria del 2008.
DONALD TRUMP JEROME POWELLDONALD TRUMP JEROME POWELL

MOSSA A SORPRESA DELLA FED INIETTA NEL MERCATO 75 MILIARDI
Federico Rampini per “la Repubblica

Non è il bazooka di Mario Draghi, anche se a prima vista poteva assomigliargli. La Federal Reserve di New York ieri ha sorpreso i mercati con una massiccia iniezione di liquidità, come non accadeva dal 2008. Il braccio operativo della banca centrale americana (la filiale di New York è quella che interviene direttamente sui mercati) ha aumentato di colpo la liquidità del sistema bancario con 75 miliardi di dollari di fondi in due giorni.

L' operazione di emergenza è nata dal timore della Fed di perdere il controllo sui tassi di mercato. I rendimenti dei cosiddetti "fed funds" erano schizzati fino a punte massime del 5%, il doppio del livello fissato dalla stessa banca centrale che si situa in una forchetta tra il 2% e il 2,25% (e oggi dovrebbe scendere di un quarto di punto).

JEROME POWELLJEROME POWELL
L' intervento della Fed è avvenuto in un mercato che viene chiamato dei "repurchase agreements" - abbreviato in repo - cioè prestiti a brevissimo termine con promessa di riacquisto, che assicurano il funzionamento del mercato interbancario. Si era verificata un' improvvisa mancanza di liquidità, in settore piccolo ma cruciale del sistema creditizio americano. Quali le cause? Gli stessi dirigenti della banca centrale non sembrano averne chiare le spiegazioni. Tra le possibili ragioni vengono citati l' aumento del deficit pubblico - quello federale ha raggiunto il trilione, mille miliardi di dollari, pari al 4,5% del Pil - ed anche la fine del "quantitative easing", cioè l' acquisto di bond in funzione anti-crisi.

L' anomalia è stata momentanea, l' intervento sostanzioso della Fed ha riportato tranquillità sui mercati e gli indici azionari di Wall Street hanno chiuso la giornata in positivo. Però il mistero sulla crisi di liquidità rimane e aleggia come un' ombra sui mercati. Si sono dileguate presto le primissime dietrologie: qualcuno aveva voluto vedere in quei 75 miliardi di liquidità una risposta all' ultima mossa della Bce, l' annuncio di Draghi di una ripresa del quantitative easing (acquisti di bond che creano liquidità). Se fosse stata vera quell' interpretazione, saremmo entrati in un nuovo capitolo della guerra delle monete, le svalutazioni striscianti iniziate da Eurozona e Cina che hanno proiettato il dollaro ai massimi.

ario Draghi e Christine Lagardee cf fc e df c a dARIO DRAGHI E CHRISTINE LAGARDEE CF FC E DF C A D
Inoltre si dava adito alle illazioni sul presunto cedimento di Jerome Powell, numero uno della Fed, alle pressioni di Trump. Ma quelle teorie sono durate pochi minuti, di fronte alla natura tecnica di un intervento che non è uguale al quantitative easing. Resta il mistero del perché la Fed di New York abbia dovuto rispolverare uno strumento d' emergenza che aveva usato nel 2008. A quell' epoca il mercato repo si era praticamente paralizzato: nel momento più buio della crisi (cioè dopo il crac di Lehman Brothers) le banche avevano perso fiducia nel sistema, ogni istituto di credito esitava a prestare soldi al suo dirimpettaio per paura che fosse sull' orlo del fallimento. Si rischiava un collasso generale, un panico foriero di depressione nell' economia reale.

Oggi non sembra sussistere nessuna delle premesse catastrofiche del 2008, perciò è sconcertante che un mercato interbancario sia finito nello stallo, richiedendo la terapia-shock della banca centrale. La cura della Fed di New York ha funzionato ed ora prevale la speranza che si sia trattato di un "glitch", una sorta di intoppo temporaneo nel sistema. Solo il futuro dirà se il fremito sia stato accidentale o se sia stato il segnale precursore di qualcosa di più grave. Intanto oggi l' attenzione dei mercati si sposta sulla riunione della Fed che decide sui tassi. È quasi scontato un nuovo taglio dello 0,25%. Se non ci saranno sorprese sull' entità del taglio l' attenzione si concentrerà sull' analisi di Jerome Powell relativa allo stato dell' economia reale, le prospettive della crescita, i riflessi del protezionismo Usa-Cina, il rallentamento globale.

Fonte: qui


L'IRAN SULL'ATTACCO AL PETROLIO SAUDITA: ''È UN AVVERTIMENTO, FATELA FINITA CON LA GUERRA IN YEMEN. NON HANNO COLPITO UN OSPEDALE, MA SOLO UN CENTRO INDUSTRIALE PER METTERVI IN GUARDIA. TRAETENE LA LEZIONE''


DA CHE DOVEVANO STRINGERSI LA MANO ALL'ASSEMBLEA ONU, TRUMP AVREBBE NEGATO IL VISTO A ROHANI 

TUTTE LE BUGIE SUGLI ATTACCHI, DA DOVE SONO PARTITI FINO ALLE ARMI USATE: AI SAUDITI FA COMODO DOVER RIDURRE LA PRODUZIONE, FAR RISALIRE IL GREGGIO E RIDARE VALORE ALL'ARAMCO, LA CUI QUOTAZIONE STENTAVA A DECOLLARE

IRAN:ATTACCO A PETROLIO AVVERTIMENTO FINE GUERRA YEMEN
HASSAN ROUHANIHASSAN ROUHANI
(ANSA-AP) - L'Arabia Saudita dovrebbe vedere l'attacco alle strutture petrolifere della società nazionale petrolifera Aramco come un avvertimento per porre fine alla sua guerra nello Yemen: lo ha detto oggi il presidente iraniano Hassan Rohani durante una riunione di Gabinetto a Tehran. Lo riporta la Tv di Stato. "Non hanno colpito un ospedale, non hanno colpito una scuola, non hanno colpito il bazar di Sanaa. Hanno colpito semplicemente un centro industriale per mettervi in guardia. Traetene la lezione", ha detto Rohani.

IRAN: NIENTE VISTO USA, ROHANI PRONTO A NON ANDARE
 (ANSA) - Gli Stati Uniti non hanno ancora emesso i visti per permettere al presidente iraniano Hassan Rohani, al ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif e al resto della delegazione della Repubblica islamica di partecipare nei prossimi giorni all'Assemblea generale dell'Onu a New York. Lo riferisce l'Irna, secondo cui il governo di Teheran sarebbe pronto ad annullare la sua presenza al vertice se i visti non arriveranno nelle prossime ore.

Hassan RohaniHASSAN ROHANI
Un eventuale annullamento della partecipazione di Rohani al summit delle Nazioni Unite risulterebbe clamoroso, anche tenendo conto delle aperture più volte manifestate dal presidente americano Donald Trump a un possibile faccia a faccia con il suo omologo iraniano proprio in quella sede. Nei giorni scorsi, il ministero degli Esteri di Teheran aveva ipotizzato ostacoli solo alla presenza di Zarif, colpito questa estate dalle sanzioni Usa. Durante la sua ultima visita a New York a luglio per il forum Economico e Sociale (Ecosoc), gli spostamenti del capo della diplomazia iraniana erano già stati limitati dalle autorità Usa alle sedi Onu e alle residenze diplomatiche del suo Paese.

TRUMP ROHANITRUMP ROHANI
IRAN: ROHANI, STOP AL DOLLARO NEGLI SCAMBI CON LA RUSSIA
 (ANSA) - L'Iran ha avviato relazioni bancarie con la Russia e prossimamente lo farà anche con altri Paesi, inclusi alcuni euroasiatici come Turchia e Iraq, per eliminare il dollaro Usa dai suoi scambi internazionali e sostituirlo con le valute locali, in modo da contrastare le sanzioni bancarie americane contro Teheran. Lo ha detto il presidente iraniano Hassan Rohani parlando in una riunione del suo gabinetto. "Il mondo sta iniziando una seria lotta contro il dollaro, che porterà alla fine del dominio degli Stati Uniti sui mercati finanziari e monetari mondiali. Oggi le nostre relazioni bancarie con alcuni Paesi vengono condotte senza cambi di valuta", ha aggiunto Rohani, citato dall'Irna.



LA GRANDE UMILIAZIONE - PERCHÉ L’IRAN HA DECISO PROPRIO ORA DI COLPIRE IL CUORE PETROLIFERO DELL’ARABIA SAUDITA? 

DUE SPIEGAZIONI: O NON VUOLE INCONTRARE TRUMP O VUOLE INCONTRARLO DA UNA POSIZIONE DI FORZA

Daniele Raineri per www.ilfoglio.it

LA FOTO CHE FA PENSARE A UN MISSILE QUDS 1LA FOTO CHE FA PENSARE A UN MISSILE QUDS 1
Il Pentagono ha diffuso le foto satellitari dell’attacco alle raffinerie che sabato prima dell’alba ha dimezzato la produzione saudita di greggio e fanno sorridere – per quanto non combaciano con le ricostruzioni fatte finora. La milizia houthi – che controlla una parte dello Yemen e ha un rapporto di vassallaggio con l’Iran – ha rivendicato l’attacco e dice di avere usato “dieci droni”, ma nelle foto si contano diciassette punti di impatto.

E sono tutti punti d’impatto che guardano verso nord-ovest, ma lo Yemen si trova dalla parte opposta, a sud. Inoltre c’è un video girato nelle stesse ore che mostra quattro oggetti non identificati sorvolare la città saudita di Hafar al Batin, settantacinque chilometri a sud del confine iracheno, all’altro capo del paese rispetto allo Yemen. Per capire meglio cosa è successo: è come se la Tunisia dichiarasse di avere compiuto un attacco “con dieci droni” contro la città di Roma, ma nelle stesse ore si fossero visti oggetti non identificati nel cielo di Milano diretti verso sud e alla fine i crateri a Roma fossero diciassette. Qualche dubbio sul fatto che la rivendicazione potrebbe essere una copertura diplomatica offerta all’Iran dagli Houthi viene.

ATTACCHI ALLE RAFFINERIE SAUDITEATTACCHI ALLE RAFFINERIE SAUDITE
Le raffinerie colpite sono della Aramco, il gigante saudita del settore petrolifero, e la milizia houthi aveva già attaccato un oleodotto della Aramco a ovest della capitale Riad il 14 maggio. A fine giugno un articolo molto importante del Wall Street Journal aveva rivelato che gli americani avevano inviato un report confidenziale al governo iracheno in cui scrivevano che quell’attacco del 14 maggio contro l’Aramco non era partito dallo Yemen, come tutti credevano, ma era partito dal sud dell’Iraq che è infestato da milizie filoiraniane.

Lo schema funziona così: quando l’Iran decide di attaccare le infrastrutture petrolifere dell’Arabia Saudita per ragioni di opportunità militare può scegliere di farlo dall’Iraq – perché è più vicino e quindi gli attacchi hanno molte più probabilità di successo – grazie alla presenza di milizie che sono irachene ma obbediscono agli ordini dell’Iran. Oppure può attaccare dall’Iran stesso. Ma siccome sarebbe molto grave ammettere che gli attacchi contro i sauditi arrivano dall’Iraq o dall’Iran, perché potrebbe cominciare una guerra, allora la milizia houthi offre copertura diplomatica e li rivendica. Del resto negli ultimi due anni gli houthi hanno lanciato più di 250 attacchi con droni e missili balistici contro il territorio dell’Arabia Saudita (fonte Long War Journal), quello che dicono viene preso per buono.

GLI ATTACCHI VENIVANO DA NORD O NORD OVEST OVVERO IRAN E IRAQGLI ATTACCHI VENIVANO DA NORD O NORD OVEST OVVERO IRAN E IRAQ
Ieri una fonte dell’Amministrazione Trump ha detto alla rete Abc che gli iraniani hanno attaccato con missili cruise dal territorio dell’Iran e anche il segretario di stato, Mike Pompeo, sabato aveva accusato l’Iran e aveva detto che non ci sono elementi per dire che l’attacco fosse partito dallo Yemen. Ieri Pompeo ha aggiunto che ci sono invece elementi che escludono l’Iraq come base di lancio e questo fa pensare che l’attacco sia partito dall’Iran. In un video girato da terra durante l’attacco si sentono colpi d’arma da fuoco, sono le guardie delle raffinerie che tentano di abbattere i droni che volano a bassa quota e questo potrebbe voler dire che si è trattato di un attacco misto, con missili cruise e con droni carichi di esplosivo.

È stata un’operazione non banale, che ha colpito l’installazione petrolifera che tutti gli analisti considerano il cuore del sistema Aramco e che tutti indicavano come il bersaglio che dev’essere protetto il più possibile. Considerato che ora la produzione è diminuita di cinque milioni di barili di greggio al giorno e che i sauditi hanno riserve per 188 milioni di barili, ci sono 37 giorni di tempo per rimettere le cose a posto oppure fra poco ci sarà meno greggio sul mercato mondiale – e il fatto che il prezzo si sia alzato indica che è un’ipotesi realistica. L’America ha già detto che se sarà il caso interverrà anche con le proprie riserve per supplire al greggio saudita mancante e per mantenere calmo il mercato.

C’è un altro particolare tecnico non ancora verificato che contraddice la versione “è il solito attacco della milizia houthi”. Da sabato circolano foto di pezzi di missile caduti in territorio saudita. Non è possibile verificare l’autenticità delle foto, ma Fabian Hinz – un analista militare molto esperto in questo campo – scrive che un pezzo è identificabile con chiarezza come un motore jet modello TJ-100. Quel modello di motore jet è usato in un nuovo tipo di missile che si chiama “Quds 1” ed è stato utilizzato quest’anno in almeno un altro attacco dalla milizia houthi.
MISSILE QUDSMISSILE QUDS

 Il nome del missile, Quds in arabo vuol dire Gerusalemme, non deve stupire: gli houthi sono fanatici e hanno per motto “Morte a Israele e morte all’America, vittoria all’islam”, ma non è questo il punto. Il missile Quds è un ordigno imparentato con i missili iraniani ma a suo modo nuovo e quindi è come se gli houthi avessero un loro programma missilistico sperimentale – cosa che è ovviamente falsa, perché fino al 2014 erano una tribù di montagna confinata nel nord del paese più arretrato del mondo arabo e poi di colpo hanno cominciato a rivendicare attacchi con missili balistici e droni contro bersagli anche a mille chilometri di distanza che si trovano in Arabia Saudita (che ha speso quasi settanta miliardi di dollari nel 2018 per potenziare le sue difese).

Il conflitto tra houthi e sauditi potrebbe essere usato dagli iraniani per testare armamenti di nuova produzione. Ed ecco il particolare tecnico fondamentale: quel motore TJ-100 ha un’autonomia che è inferiore alla distanza tra il confine yemenita e le raffinerie saudite colpite alle quattro di mattina di sabato scorso.

Quindi se chi ha lanciato quell’attacco ha usato i missili Quds 1 il punto di lancio non poteva essere in Yemen (più di mille chilometri a sud) ma è compatibile con l’Iran (seicento chilometri a nord-ovest).
arabia saudita droniARABIA SAUDITA DRONI
Tutte queste informazioni però valgono poco, perché l’aggressione alla capitale del sistema petrolifero saudita per adesso rientra in quella categoria mediorientale di attacchi conosciuta come “tutti sanno chi è stato, ma si farà finta di non saperlo”. L’Iran ha negato con sdegno le accuse di Pompeo e ha detto che dalla strategia della “massima pressione” l’America è passata alla strategia “del massimo inganno”.

Eppure basterebbe mettere in fila le dichiarazioni iraniane. Nel luglio 2018 il presidente iraniano Hassan Rohani aveva detto che se l’America avesse fermato le esportazioni di greggio iraniano allora anche le esportazioni di greggio dei paesi vicini avrebbero subito contraccolpi. È una dichiarazione di cui tutti si sono ricordati a maggio, quando una mano misteriosa ha cominciato a sabotare le superpetroliere che passavano nello Stretto di Hormuz. A novembre 2018 un ayatollah molto vicino a Khamenei, Ahmad Alamalhoda, disse in pubblico che l’Iran aveva già trasferito alla milizia houthi in Yemen la tecnologia necessaria a colpire i siti della Aramco in Arabia Saudita se l’Iran avesse dato l’ordine.

arabia saudita droniARABIA SAUDITA DRONI
Che sia stato un attacco misto degli houthi e dell’Iran, oppure soltanto dagli houthi o soltanto dall’Iran, il succo è lo stesso: è stata un’operazione molto più grande e organizzata del solito che ha avuto conseguenze molto serie. Quindi viene da chiedersi perché il regime iraniano ha deciso di autorizzarla proprio adesso che si parla molto di un possibile incontro tra il presidente americano Donald Trump e il presidente iraniano Rohani.

Questa settimana comincia come ogni anno l’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York. È l’unica occasione di Rohani per andare in America e da settimane ci si chiede se Trump sfrutterà questi giorni per ottenere finalmente un incontro storico e spettacolare con il leader iraniano, nello stesso stile di quello organizzato con successo mediatico (ma zero risultati concreti) con il dittatore Kim Jong-un della Corea del nord. Gli iraniani hanno compreso da tempo che Trump desidera molto questo evento, perché gli permetterebbe di dire che è un negoziatore più abile del predecessore Obama.

attacco con i droni al petrolio sauditaATTACCO CON I DRONI AL PETROLIO SAUDITA
Trump brama strette di mano senza precedenti con gli iraniani davanti alle telecamere di tutto il mondo e ha già dato molti segnali. A giugno ha bloccato un raid aereo americano contro l’Iran mentre gli aerei erano già in volo e ha rinunciato alla rappresaglia per l’abbattimento di un aereo spia – e nelle stesse ore attraverso canali diplomatici ha chiesto agli iraniani un incontro. Due giorni dopo ha ringraziato gli iraniani per non avere abbattuto anche un aereo militare americano che volava vicino a quello colpito.

La settimana scorsa ha cacciato il suo consigliere per la Sicurezza nazionale, John Bolton, perché Trump voleva assecondare la richiesta iraniana di togliere le sanzioni e Bolton invece si opponeva. Trump ha un debole per i negoziati scenografici – dieci giorni fa ha annullato all’ultimo momento un meeting con i talebani a Camp David – e gli iraniani stanno sfruttando questa sua debolezza. L’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad, considerato un falco, è arrivato a blandire Trump in pubblico e ha detto che è un uomo d’affari abile con il quale è possibile intendersi.

Ieri il presidente americano ha realizzato che questa sua voglia di incontrare i nemici senza chiedere loro in cambio nessuna condizione è troppo palese e tradisce debolezza e quindi ha scritto in un tweet che è un’invenzione della solita stampa. Fake News. Eppure a giugno aveva detto in tv di essere pronto a incontrare gli iraniani “senza condizioni”. E poi lo aveva detto anche a luglio. E poi la stessa cosa è stata ripetuta il dieci settembre da Pompeo e anche dal segretario al Tesoro, Steve Mnuchin, e dal portavoce del dipartimento di stato.

donald trump e mohammed bin salman al g20 di osakaDONALD TRUMP E MOHAMMED BIN SALMAN AL G20 DI OSAKA
A questo punto, le interpretazioni del raid iraniano in Arabia Saudita sono due. O il regime ha deciso di sbattere la porta in faccia a Trump e di chiudere a qualsiasi negoziato oppure ha deciso di arrivare all’eventuale incontro da una posizione di vantaggio. Shaping, dicono gli inglesi, dare la forma agli eventi. Se Rohani stringerà la mano a Trump a New York (ed è da vedere se succederà davvero) non lo farà da leader di una nazione messa in ginocchio da sanzioni economiche quasi intollerabili, ma da responsabile del bombardamento contro il sito petrolifero più strategico dell’Arabia Saudita, che come tutti sanno è alleata di Trump. Abbiamo la capacità di colpire la produzione di greggio pure noi, è il messaggio implicito, abbiamo mezzi che vanificano tutte le spese militari che avete fatto per proteggervi dagli attacchi, incluse le costose batterie di missili Patriot acquistate dai produttori americani.

Gli attacchi con i droni e con i missili contro i siti petroliferi sauditi, i raid israeliani in Siria e in Iraq, le minacce di Hezbollah dal Libano, la guerra in Yemen, la presenza di soldati americani in Iraq, Siria e Arabia Saudita, la crisi di sicurezza nello Stretto di Hormuz e l’ascesa delle milizie schierate con Teheran fanno parte di un solo grande schema che vede il blocco iraniano contrapposto agli altri. L’America in questo schema è diventata l’elemento debole.

Fonte: qui


“SPERAVO DI MORIRE, VOLEVO RAGGIUNGERE IL PARADISO DI ALLAH”, ALLA STAZIONE DI MILANO UN 23ENNE YEMENITA CLANDESTINO COLPISCE AL COLLO E ALLA SCHIENA CON UNA FORBICE UN CAPORALE DELL' ESERCITO E POI GRIDA “ALLAH E’ GRANDE”


I PM INDAGANO PER TERRORISMO 

LORENZO GOTTARDO per Libero QUotidiano

aggressione stazione milanoAGGRESSIONE STAZIONE MILANO
Lo ha aggredito alle spalle approfittando della confusione all' esterno della stazione Centrale di Milano. Il militare ha fatto appena in tempo a sentirsi bloccare da dietro, poi in rapida successione i due fendenti sferrati con un paio di forbici affilate mirando alla gola della vittima. Uno ha effettivamente raggiunto il bersaglio, fortunatamente non provocando lesioni gravi, l' altro si è fermato sulla spalla. Poi, quando carabinieri e commilitoni del soldato ferito sono riusciti a bloccare l' aggressore, quel grido arrivato a gelare il sangue.

«Allah akbar», ripetuto pare più di una volta. Una rivendicazione, come a testimoniare che dietro quell' aggressione non c' era l' azione di un singolo squilibrato, ma un disegno più grande ispirato dall' odio religioso.
Questi i momenti salienti dell' attentato terroristico compiuto ieri nel cuore di Milano, tra turisti e passanti, puntando un obiettivo non casuale. Un soldato dell' Esercito italiano, ma anche un simbolo che in sé rappresenta lo Stato italiano tutto.

L' aggressore, catturato dai militari dei carabinieri e subito condotto in caserma per un lungo interrogatorio, si è scoperto essere un 23enne yemenita di nome Mahamad Fathe.
L' uomo è in stato di arresto con l' accusa di attentato per finalità terroristiche o eversione, tentato omicidio e violenza. «Speravo di morire dopo l' aggressione, volevo raggiungere il paradiso di Allah», ha detto l' uomo agli inquirenti.

aggressione stazione milanoAGGRESSIONE STAZIONE MILANO
VITA DA SBANDATO 
L' attentatore era giunto in Italia dalla Libia nel 2017 come richiedente protezione internazionale. L' iter, però, non era mai stato completato perché l' uomo si era allontanato dal Paese verso la Germania. Salvo fare poi ritorno lo scorso luglio dopo essere stato espulso in base al trattato di Dublino. Il 23 agosto la questura di Mantova gli aveva anche riconosciuto un permesso di soggiorno provvisorio e l' ospitalità presso l' ex hotel California di Ortiglia.
Ma da lì Fathe aveva raggiunto Milano per vivere come uno sbandato senzatetto. Fino alla giornata di ieri.

Ieri, verso le 10,45 circa, Mahamad Fathe si è incamminato verso la stazione Centrale e, giunto in piazza Duca d' Aosta con in tasca un paio di forbici, ha individuato la vittima "perfetta" per il suo folle gesto terroristico. Un caporal maggiore 34enne dell' Esercito italiano che stava risalendo a bordo del mezzo blindato in dotazione.

Fathe lo ha aggredito alle spalle colpendolo due volte alla gola e alla schiena. Per bloccare l' aggressore è stato necessario l' intervento non solo dei commilitoni di pattuglia, ma anche dei carabinieri in servizio presso la piazza. Nell' azione le Forze dell' ordine sono state assistite anche da un cittadino senegalese di 52 anni intervenuto in loro aiuto.

In quel momento, Mahamad Fathe, circondato e ormai immobilizzato, ha urlato la rivendicazione «Allah akbar». Il 23enne è stato arrestato con le accuse di lesioni e violenza a pubblico ufficiale, ma ulteriori indagini sono in atto per verificare la "radicalizzazione" dell' attentatore ad opera del pool antiterrorismo di Milano guidato dal pm Alberto Nobili.

beppe sala luciana lamorgese matteo salvini attilio fontanaBEPPE SALA LUCIANA LAMORGESE MATTEO SALVINI ATTILIO FONTANA
Il caporal maggiore è stato ricoverato all' ospedale Fatenebefratelli in codice verde e successivamente dimesso con una prognosi di 12 giorni.

Ovviamente, nel corso della giornata, sono arrivate numerose le attestazioni di solidarietà nei confronti del militare ferito provenienti da esponenti di diversi partiti politici che si sono poi anche fermati ad analizzare la vicenda.

«GUARDIA RESTI ALTA» 
«Possiamo dire che questa volta è andata bene!», ha spiegato il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana.

«Si tratta dell' ennesimo episodio di violenza che ci induce a non abbassare la guardia. Un segnale che deve giungere forte e chiaro, soprattutto al nuovo governo». Su Facebook Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d' Italia, ha puntato il dito contro le pene troppo «leggere» per chi commette simili reati. «Continuiamo a chiedere condanne più severe per i farabutti che aggrediscono i nostri uomini e donne in divisa. Difendiamo chi ci difende».

Il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Mariastella Gelmini, ha invece parlato di «massima attenzione perché il degrado non diventi uno strumento del pericoloso radicalismo religioso». Fonte: qui

LA GRANDE AVANZATA DEI ROTHSCHILD IN CINA

Esiste una relazione complessa fra gli “spontanei disordini”  filo-britannici ad Hong Kong; la  tentata scalata aggressiva della Borsa di Hong Kong a quella inglese, London Stock Exchange;  la proposta  del governatore della Banca d’Inghilterra  Max Carney,  avanzata il 26 agosto scorso ai banchieri centrali  riuniti a Jackson Hole, di lanciare “una  valuta egemone sintetica”  (ossia un paniere di varie valute digitali sostenute dalle banche centrali) in sostituzione del dollaro  ormai al tramonto come  valuta globale, preferibile ai rischi di transizione   “verso un’altra valuta egemonica come il Renminbi”   –  c’è una relazione fra tutti questi eventi, e l’intensa, organizzata e  costante “campagna-simpatia” che la famiglia Rothschild sta conducendo in Cina, per inserirsi e  cavalcare la potenza egemone prossima ventura dopo l’impero britannico prosciugato e l’impero americano esaurito.
I Rothschild si sono mossi per tempo, se il loro sito  destinato ai clienti cinesi  vanta di poter far risalire “i primi contatti  al 1830” (tacendo pudicamente del  Business dell’Oppio) e di aver ristabilito le  relazioni “dopo il 1953”:  il che testimonierebbe di una capacità di preveggenza preternaturale, visto che quello fu l’anno della collettivizzazione totale  maoista, e l’utilità dei servizi della Casa, specializzata nella gestione di patrimoni privati  non era  minimamente immaginabile.Veniamo a  tempi più vicini.   Il 6 giugno 2011, nella Nationak School of Development (università privata  di Pechino)  si sono presentai agli studenti e al pubblico Sir Evelyn Rothschild, presidente della NM Rothschild & Sons, consulente finanziario della regina ed ex governatore della London School of Economics nonché  proprietario dell’influentissimo Economist,  e la di lui consorte, Lady Lynn Forester de  Rothschild .

L’incontro del 2011
Sir Evelyn Rothschild, Lady Lynn Forester de Rothschild, il Professor Deming Huo, e Sitao Xu, Chief Representative del Gruppo Economist
Il tema era: le imprese a conduzione familiare (sic). Sir Evelyn, settimo   discendente  della famiglia, ha ricordato come il capostipite, nella Francoforte del 18 mo secolo, spedì i quattro fratelli a Vienna, Londra, Napoli e Parigi, onde costituire la potente rete che tutti conosciamo.  Tale prodigiosa durata di una azienda familiare (non quotata) è dovuta, ha spiegato, al fatto  che “gli affari di famiglia erano quelli di una comunità o una confraternita, dove le persone si dedicano alla cura e all’aiuto reciproco. Gli individui devono sempre essere consapevoli della propria identità come parte di un gruppo”.  Come del resto iscritto nel motto della famiglia, che Sir Evelyn s’è degnato di condividere coi cinesi: “Concordia, Integritas, Industria” (in latino)
Lady Rothschild ha raccontato che “ quando ha ottenuto il suo primo lavoro, il suo obiettivo era quello di guadagnare quaranta milioni di dollari. Ma il suo datore di lavoro (tale Bill Gates) le ha dato il  migliore dei consigli: “Comincia con un sogno, una visione, e perseguila ogni giorno. I 40 milioni di dollari  prenderanno cura di sé stessi”  – come infatti  è avvenuto”.
Gli astanti erano rapiti. Cinesi ricchi e  figli di ricchi, assetati di apprendere i segreti di tanto mitica ricchezza, erano informati ed entusiasti delle innovazioni finanziarie e speculative che i Rothschild hanno portato in Cina: nel  2008, la Compagnie Financiere Edmond de Rothschild, il ramo francese, era sul punto di assicurarsi investimenti della Banca della Cina per 2,3 miliardi di yuan (336 milioni di dollari USA),    ma non ha ottenuto l’approvazione dal governo cinese. Nel 2011, la filiale britannica Rothschild  Partners ha istituito uno dei primi fondi di private equity in Cina per raccogliere renminbi nel paese e investirlo all’estero, con l’obiettivo di accumulare 750 milioni di dollari nel suo primo anno.
Quasi  tutti del resto  avevano letto un best-seller sulle  imprese, astuzie e  invenzioni finanziarie dei Rothschild, “Currency Wars” (2007), di cui è autore Song Hongbing, un cino-americano (vive negli USA dal 1994)  che fra l’altro attribuisce alla dinastia cinque miliardi di dollari:  600 mila copie vendute i poche settimane. Letto dagli arricchiti ed anche dai membri del Comitato Centrale.
Quando uscì il libro (molto romanzato) John Benjamin, esponente della comunità britannica, dichiarò al Financial Times che temeva che l’opera diffondesse “la teoria del complotto antisemita nell’economia emergente più  importante del mondo”.
Non poteva sbagliarsi di più: i nuovi milionari cinesi vogliono imparare dai successi dei Rothschild, e in generale degli ebrei nella finanza, che ammirano perdutamente. A tal punto  che Song Hongbing, cavalcando l’onda del  best-seller, ha pubblicato altri cinque libri, intitolati: “Come vincono gli ebrei?”, “Bibbia del Business Ebraico”,  “Insegnamenti ebraici nel commercio”;   “La saggezza degli uomini d’affari ebrei”. L’autore  ha quasi due milioni di followers sul SINA Web
Libri cinesi sulle pratiche commerciali ebraiche, in alto a sinistra, in senso orario: come vincono gli ebrei ?; Jewish Business Bible; La saggezza degli uomini d’affari ebrei; Insegnamenti commerciali ebraici. / Immagini dal China Daily, Douban
Numerosi imitatori   hanno prodotto volumi  con titoli come  “The Legend of Jewish Wealth”, “Jewish Family Education” e “The Illustrated Jewish Wisdom Book” .  Un tale Han Bing, ha scritto un manuale  di auto-aiuto  psicologico, che  ha titolato “Crack the Talmud”:  ebrei e cinesi, ha dichiarato a Newsweek, sono molto simili –  ammettendo subito dopo di non aver mai visto un ebreo in vita sua.
La  passione dei neo-ricchi cinesi per i Rothschild ha  dato il destro a un britannico che si faceva chiamare Oliver Rothschild di farsi  ricevere dall’Università Tsinghua nel  2016, e  tenervi conferenze  retribuite, facendo credere al decano di essere “uno dei successori” nonché  ex capo dell’UNICEF.  La vera famiglia Rothschild  ha dovuto smentire ufficialmente che l’individuo fosse un parente.
Il falso Rothschild che ha ingannato la prima università cinese.
Ancor più  significativa la vera infatuazione  dei nuovi ricchi per il Chateau Lafite,   che va a ruba  – anche al costo di 10 mila dollari la bottiglia  – per il  solo fatto che ha scritto sull’etichetta: “Barons de Rothschild”. Secondo  l’agenzia Xinhua,   le bottiglie   vendute in Cina con quel nome  sono in massima parte false, perché i dati  delle vendite nel 2011 nella sola provincia dello Zhejiang superavano  la produzione totale di quell’anno.
Che dire?  Resta da lumeggiare la figura di Lady Lynn Forester de Rothschild, che è attivissima –  vera punta avanzata – nella  campagna  di inserimento dei Rothschild in Cina.  E’ anche l’amica più  intima dei Clinton  – al punto che quando sposò Evelyn la coppia fu invitata a passare la luna di miele alla Casa Bianca –   massima finanziatrice e raccoglitrice di fondi per la campagna  di Hillary, nonché ospite frequente del Lolita Express ed intima del (forse) defunto Epstein.  Ma questo richiede un articolo a  parte.
Fonte: qui

Definì Mattarella "usurpatore", generale a riposo Pappalardo a processo


Il generale di brigata in congedo dall’Arma dei carabinieri, Antonio Pappalardoè stato rinviato a giudizio per vilipendio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Lo ha deciso il gup del tribunale di Roma accogliendo la richiesta del pm Sergio Colaiocco. Era il 21 dicembre 2017 quando nella veste di presidente del Movimento 'Liberazione Italia' si presentò al Quirinale per notificare "un 'verbale d'arresto a carico di Sergio Mattarella per il delitto di usurpazione di potere politico, definendolo, in presenza di più persone, un usurpatore".

"Ho chiesto io stesso al giudice di andare a processo – ha detto Pappalardo fuori dall'aula - Voglio capire se ci sarà un giudice che mi spiegherà se quello che ho fatto è un qualcosa di illegale o meno. Oppure è lo stesso Mattarella ad esser stato votato da un parlamento illegittimo? Questa domanda merita o meno risposta? Sono tutti incompetenti?".

Pappalardo potrebbe rischiare un processo anche per aver istigato diversi appartenenti alle forze dell’ordine ad arrestare i membri del Governo e del Parlamento "perché da lui ritenuti privi di legittimazione" sulla base di una sua interpretazione della sentenza della Corte Costituzionale  sull'illegittimità del ‘Porcellum’. Pappalardo in questo caso è accusato di ‘istigazione a commettere un arresto illegale’, "mediante la diffusione di video pubblicati su social network ed una intervista rilasciata ad un quotidiano il 22 ottobre 2017". Fonte: qui

È EMERGENZA SICUREZZA NELLA CITY DOVE GLI ATTACCHI IN STRADA HANNO LASCIATO A TERRA 100 MORTI

È EMERGENZA SICUREZZA NELLA CITY DOVE GLI ATTACCHI IN STRADA HANNO LASCIATO A TERRA 100 MORTI 
SEMPRE PIÙ RAGAZZINI GIRANO CON LAME IN TASCA E LE TELECAMERE E LA POLIZIA NON BASTANO 
UN FALLIMENTO DEL MODELLO DEL SINDACO SADIQ KHAN CHE HA SEMPRE SOSTENUTO L’INTEGRAZIONE TRA STRANIERI E RESIDENTI, MA CHE HA OTTENUTO L’EFFETTO CONTRARIO FINENDO PER CREARE GHETTI…(VIDEO)

Federico Giuliani per it.insideover.com”

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Uno dei nuovi soprannomi che i media americani hanno dato a Londra è quello di “Stub-City”, ovvero la città delle pugnalate. E se perfino negli Stati Uniti, un Paese dove circolano più armi da fuoco che persone, si sono accorti che Londra è diventata un Far West, vuol dire che la situazione è più grave del previsto.

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 I numeri ufficiali sono quelli di un massacro. Dall’inizio del 2019 a settembre sono state uccise oltre 100 persone in seguito ad attacchi violenti, molti dei quali portati a compimento usando le lame affilate dei coltelli. Ma mentre starete leggendo questo pezzo, altre vittime avranno già allungato una lista infinita.
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I numeri della strage
Lo spargimento di sangue nella Londra amministrata dal sindaco Sadiq Khan non mostra alcun segno di cedimento. Anzi, ogni giorno i tabloid riportano nuovi attacchi mortali in cui perdono la vita persone di ogni tipo: da studenti a padri e madri di famiglia, da bambini a lavoratori, da criminali a ragazzini.
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Il 2018 è stato l’annus horribilis, con 132 omicidi e ben 14840 crimini con coltelli, e le probabilità che il 2019 sia ancora peggiore sono elevatissime. Già, le lame dicevamo, una delle piaghe che affligge la City; quest’anno hanno già perso la vita 20 adolescenti, 18 dei quali pugnalati a morte. Accanto al numero di omicidi complessivi troviamo infatti l’altrettanto altissima statistica sui morti per accoltellamento. E da gennaio 2019 a al 29 giugno scorso, per questo motivo, a Londra, sono già morte 33 persone.
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Coltelli e violenza
Dando un’occhiata ai dati della Metropolitan Police, cioè la polizia di Londra – intesa come area metropolitana a esclusione della City of London – vediamo come i crimini con i coltelli abbiano subito un’impennata negli ultimi cinque anni.

Tra il 2015 e il 2016 i casi erano 9740, quasi 5100 in meno rispetto a oggi. La situazione peggiora se consideriamo il numero totale di omicidi, e quindi non solo quelli causati dai coltelli. Nel 2018 ci sono stati 134 casi, con una media di tre a settimana (dato peggiore degli ultimi dieci anni); per il momento, come si può vedere dall’infografica, abbiamo superato i 100.
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Certo, le statistiche londinesi non sono peggiori rispetto a quelle americane, ma sentire Sadiq Khan affermare che “Londra rimane tra le città più sicure al mondo” appare quanto mai fuori luogo.

La sorveglianza non basta
Nella classifica del sito Comparitech sulle capitali più sorvegliate al mondo, Londra occupa la sesta posizione con oltre 620mila telecamere a circuito chiuso per quasi 9,2 milioni di abitanti. Eppure gli omicidi continuano a sporcare di sangue le strade della capitale inglese.

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Il tasso di omicidi è aumentato del 38% rispetto al 2014, e l’anno scorso Londra ha superato New York nel numero di omicidi per la prima volta nella storia. Alcuni sostengono che rimarcare la crescente pericolosità di Londra sia un’esagerazione, in quanto la sua situazione sarebbe simile a quella di altre grandi città europee; altri ancora ritengono che un certo numero di omicidi sia la normalità per una megalopoli quale è la City.

Tuttavia, confutare un fatto provato da numeri inequivocabili nascondendosi dietro a giustificazioni simili è il modo perfetto per non riuscire mai a trovare una valida soluzione a un problema gravissimo.
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Il fallimento del modello di Sadiq Khan?
Il modello di Londra, portato ai massimi livelli sotto la gestione Sadiq Khan, è in crisi. La società londinese è attraversata da tensioni etniche che si sommano alle ben più impellenti questioni economiche, con gap enormi tra centro e periferia. Senza alcuna correzione, una delle capitali più affascinanti d’Europa si è trasformata in una sorta di teatro di guerra.

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Fatta eccezione per le gang e le associazioni criminali, la tendenza di portare un coltello nei pantaloni si è diffusa a macchia d’olio anche tra i comuni adolescenti. Ma ridurre la causa della violenza di Londra al solo aumento della diffusione dei coltelli sarebbe un altro grave errore.

Ci sono infatti da considerare le rivalità tra le bande di quartiere, l’emarginazione degli abitanti dei sobborghi più malfamati e la lotta per il controllo del traffico di droga. Sadiq Khan ha inoltre sempre sostenuto che una maggiore integrazione tra stranieri e residenti fosse necessaria per ridurre la criminalità.
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In realtà il sindaco di Londra ha ottenuto l’effetto contrario e, senza nemmeno rendersene conto, ha frammentato il contesto sociale locale creando veri e propri ghetti. Ognuno dei quali isolato dagli altri, con i propri valori, con la propria cultura, religione ed etnia.

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