MA DALLE BASI STATUNITENSI IN ITALIA NON È PARTITO NESSUNO DEGLI 85 MISSILI (66 TOMAHAWK NAVALI) LANCIATI DAGLI AMERICANI CONTRO DAMASCO
Gianandrea Gaiani per “il Messaggero”
Sei degli oltre cento missili che hanno colpito la Siria sono stati lanciati da un sottomarino nucleare americano dislocato nel Mediterraneo che, alcune settimane prima, si trovava in rada a Napoli. Una circostanza che ha scatenato le reazioni del sindaco Luigi De Magistris, secondo il quale il transito di questo tipo di mezzi «non è gradito e non deve essere autorizzato», perché si tratta di navi a propulsione nucleare.
La Capitaneria di porto, chiamata in causa dal primo cittadino, ha replicato di non avere competenza su decisioni simili. Anche perché la polemica ha poco a che fare con il ruolo del battello nell' attacco alla Siria, avvenuto in tempi successivi alla sosta a Napoli che ha fatto seguito alla conclusione di un' esercitazione Nato Dynamic Manta, nel marzo scorso, a cui parteciparono navi di superficie e sottomarini di diverse marine alleate.
NESSUN INTERVENTO
Impossibile processare le imbarcazioni militari per le guerre combattute prima o che combatteranno dopo l' ingresso in un porto di uno Stato alleato, e di certo il sottomarino Warner non ha lanciato i 6 missili da crociera contro gli obiettivi in Siria dall' interno di un porto o nelle acque territoriali italiane.
Il lancio è avvenuto in mare aperto e in immersione, come è previsto per ogni battello subacqueo impiegato in operazioni belliche. Dalle basi statunitensi in Italia non è partito quindi nessuno degli 85 missili (66 Tomahawk navali) lanciati dagli americani contro Damasco e Homs né sono decollati i bombardieri B-1B che hanno lanciato i 19 missili aria-terra Jassm ER impiegati nel blitz dalle forze aeree di Washington: tali bombardieri sono decollati molto probabilmente dalla base qatarina di al-Udeid e del resto non sono mai stati basati in Italia.
Neppure l' aeroporto di Aviano (Pordenone) ha avuto un ruolo nelle missioni sulla Siria, così come i fanti aeromobili della 173a brigata dell' Us Army basati a Vicenza o i mezzi e le munizioni stoccate a Camp Darby (Pisa).
L'attacco unilaterale condotto nella notte tra venerdì e sabato scorsi da forze missilistiche anglo-franco-americane ha coinvolto solo indirettamente le basi italiane. Le ragioni sono evidenti: se queste installazioni sono risultate indispensabili per le forze aeree e navali statunitensi e Nato in occasione degli attacchi contro i serbi in Bosnia (1995), Kosovo (1999) e soprattutto durante le operazioni contro il regime libico di Muammar Gheddafi (2011), per intervenire in Siria i nostri alleati hanno potuto utilizzare installazioni ben più vicine al teatro operativo.
I britannici conservano due basi aeree a Cipro, gli statunitensi dispongono di una rete di aeroporti a Creta, in Qatar, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Giordania e Turchia, come del resto i francesi che hanno però preferito far decollare i propri aerei coinvolti nel blitz dal territorio metropolitano.
Quanto alle navi ha poco senso valutarne il ruolo in termini di basi poiché le unità navali statunitensi coinvolte nell' attacco hanno lanciato i propri missili dalle acque del Golfo Persico e del Mar Rosso, mentre solo il sottomarino d' attacco a propulsione nucleare John Warner ha lanciato sei missili Tomahawk dalle acque del Mediterraneo.
L'unica base che ha ricoperto un ruolo di supporto all' attacco alla Siria è quella di Sigonella. L' aeroporto siciliano ha visto il decollo degli aerei spia U-2 e dei droni a lungo raggio per la ricognizione strategica Global Hawk. Anche i pattugliatori marittimi P-9 Poseidon sono decollati dalla base siciliana per tenere d' occhio la quindicina di navi e sottomarini russi che hanno lasciato il porto siriano di Tartus nelle ore precedenti il blitz missilistico.
ATTACCO SIMBOLICO
L'attacco delle potenze Occidentali è stato simbolico e non ha comportato scontri diretti con mezzi e armi russi ma se i P-8 avessero aperto il fuoco contro le navi di Mosca automaticamente la loro base di partenza in Sicilia sarebbe diventata un obiettivo legittimo per una ritorsione missilistica.
Per questa ragione in termini politico-strategici la vera questione in ballo circa l' utilizzo delle basi italiane da parte delle forze statunitensi non riguarda tanto l'autorizzazione o meno del nostro governo all'impiego per azioni belliche ma la valutazione, che prima o poi dovrà essere fatta a Roma, se corrisponda o meno ai nostri interessi appoggiare iniziative militari unilaterali statunitensi e delle potenze nucleari europee che aumentano la destabilizzazione alle porte dell' Italia, nel nostro giardino di casa.
Una riflessione che non metterebbe in discussione la fedeltà alla Nato, poiché il blitz sulla Siria non ha coinvolto l' alleanza considerato che nessuno Stato membro è stato invaso o minacciato.
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