domenica 15 gennaio 2017
I CAMPI DI ACCOGLIENZA IN GRECIA SONO AL COLLASSO
LA MINACCIA DELL’UNGHERIA: DETENZIONE PER I RICHIEDENTI ASILO
Banca d'Italia e la vigilanza che non vigila!
“CHE SENSO HA DOPO IL FLOP SULL'OPERAZIONE MPS-ANTONVENETA TENERE IN PIEDI UN ISTITUTO DI VIGILANZA A CUI SFUGGE QUALSIASI COSA DA SOTTO IL NASO?
SENZA CONTARE CHE GRAN PARTE DELLE SUE COMPETENZE SONO PASSATE ALLA BCE"
Franco Bechis per Libero Quotidiano
Quel giorno della primavera del 2008 quando l' allora presidente di Mps, Giuseppe Mussari e il direttore generale, Antonio Vigni, uscirono da Rocca Salimbeni con un assegno da nove miliardi in tasca per andare a fare quella spesuccia - Banca Antonveneta - che avrebbe travolto l' istituto senese, prima fecero un salto a Roma, a Palazzo Koch.
Un incontro con il governatore di Bankitalia dell' epoca - Mario Draghi - e i vertici dell' istituto. Si guardarono negli occhi e quel che si dissero è stato messo a verbale nella testimonianza davanti alla procura di Siena di Anna Maria Tarantola, che all' epoca guidava la vigilanza della Banca d' Italia: «ci raccomandammo con i vertici di Mps di fare per bene l' acquisizione».
Magari gli avranno detto pure di coprirsi adeguatamente, che se a Roma tirava già una brezzolina primaverile, in Veneto invece faceva ancora freddo. Chissà se qualcuno nel direttorio avrà consigliato a Mussari e compagnia - un po' come facevano le vecchie nonne timorate di Dio con i nipotini che al mattino andavano a scuola - di farsi il segno della croce e dire qualche preghierina prima di fare l' incauta spesuccia. Magari sarebbe servito di più.
Ma qualche particolare sulla grande attenzione che la banca centrale aveva messo in una vicenda che presto avrebbe terremotato l' intero sistema del credito italiano, l' ha fornito anche come teste nella stessa inchiesta l' allora direttore generale (e futuro ministro dell' Economia) di via Nazionale Fabrizio Saccomanni: «Non ci fu segnalato che Mps aveva acquisito Antonveneta senza fare una due diligence.
Devo dire che, per prassi, Banca d' Italia caldeggia sempre, in caso di acquisizioni, la due diligence preventiva».
Questo per dire che nessuno nell' organo di vigilanza aveva verificato se Monte dei Paschi prima di tirare fuori quell' assegno avesse dato un' occhiata a cosa c' era in pancia di Antonveneta, o direttamente o affidandosi a qualche professionista del settore: la Banca d' Italia dava per scontato che questo fosse stato fatto.Ma non fu fatto.
Per altro dai verbali della stessa inchiesta emerge come Mps non avesse al suo interno quel fior di professionisti in grado di capire qualcosa mai fossero andati a controllare i conti di Antonveneta.
Perché l' ultimo arrivato all' interno della banca senese, Marco Morelli che all' epoca era vicedirettore generale e oggi è il nuovo amministratore delegato dopo un giro da Bofa-Merrill Lynch, ha raccontato di avere ricevuto da Mussari un incarico che non sarebbe toccato a lui, ma al direttore finanziario della banca: trovare subito un prestito-ponte da due miliardi di euro sui mercati internazionali per finanziare quell' acquisto. «L' incarico che mi fu assegnato», ha dichiarato ai pm Morelli, «avrebbe dovuto svolgerlo il direttore finanziario Daniele Pirondini. Ritengo che fu assegnato a me poiché Pirondini non parlava inglese».
LA VIGILANZA
Nemmeno in una barzelletta sarebbe stata possibile immaginare una vicenda tanto grottesca: una delle grandi banche italiane che ha il direttore finanziario che deve rivolgersi ai mercati internazionali con il piccolo handicap di non conoscere una parola di inglese (e la finanza parla solo con quella lingua). E la vigilanza della banca centrale che non sa nulla di nulla di quel che deve autorizzare - ma lo autorizza - e balbetta solo per voce di mamma Tarantola, che guida la vigilanza bancaria: «Mi raccomando, Mussari, spendete bene quei 9 miliardi di euro».
La fortuna - a pochi anni di distanza - è che quel compito di vigilanza sulle grandi banche italiane non è più di Banca di Italia, ma della vigilanza centrale della Bce, dove peggio non può andare certo di come accadde con via Nazionale. Bankitalia potrebbe avere mostrato in questa vicenda faciloneria e scarsa professionalità, ma c' è chi ha pensieri più maliziosi.
I documenti per altro dimostrano che la vigilanza sapeva benissimo non solo che Mussari quei soldi li avrebbe spesi male, ma pure che non stava spendendo 9 miliardi di euro:
il costo vero dell' operazione era circa 17 miliardi di euro, visto che Antonveneta aveva in pancia un debito fresco di 7,9 miliardi di euro con gli olandesi di Abn-Amro.
Bankitalia sapeva, perché i suoi ispettori erano entrati in Antonveneta nel marzo 2007 e videro tutto, facendo di fatto quella due diligence che Mps si dimenticò di fare.
Via Nazionale non fu però così carina da avvisare Mps prima che compisse il fatal passo. A quanto pare la vigilanza non dovette informare nemmeno il Governatore Draghi, che il 17 marzo 2008 firmò la sua autorizzazione a Mps per l' acquisto di Banca Antonveneta, certificando come (e sbagliò) l' operazione era in linea con i principi di sana e prudente gestione e che il costo (non il prezzo, il costo) sarebbe stato di 9 miliardi, quando la banca centrale conosceva perfettamente il debito con Abn Amro che aveva in pancia Antonveneta, e che quindi il costo reale sarebbe stato di 17 miliardi di euro, insostenibile per Mps come poi si è rivelato.
Siccome a pensare male si fa sempre peccato, non lo pensiamo. Ma che senso ha dopo questo flop pazzesco tenere ancora in piedi un istituto di vigilanza a cui sfugge qualsiasi cosa da sotto il naso, e quando anche non sfugge a qualcuno più sveglio, se lo tiene per sé come geloso segreto, senza comunicarlo a chi poi deve prendere le decisioni che contano?
Il grosso della vigilanza non è più della Banca d' Italia, che però è ancora in grado di farsi sfuggire qualsiasi cosa con le banchette di provincia che dovrebbe controllare. Gli antichi compiti sulla moneta e i cambi sono in gran parte stati sottratti alla banca centrale.
Che ha ancora un buon ufficio studi, che spesso fa studi inutili (come quelli sulla economia locale dove le camere di commercio avrebbero più strumenti e dati per capire la realtà).
Ma soprattutto ha ancora al suo interno un vero e proprio esercito di dipendenti, sempre più in cerca di missione e vocazione.
Al 31 dicembre 2015 il personale era ancora di 7.032 unità, con un costo totale 815 milioni di euro (erano 812 l' anno precedente).
Che facciamo fare a loro per evitare nuovi disastri e non mettere tutti per strada?
EDUCAZIONE FINANZIARIA
L' idea più gettonata in questi mesi è la figlia di fico dietro cui l' istituto centrale, il governo italiano e il parlamento si nascondono per non raccontare la realtà dei disastri bancari di questi anni e le gravi responsabilità delle istituzioni. La parolina magica utilizzata è "educazione finanziaria".
Bel termine, che cela però una gigantesca balla.
La tesi di questi profeti dell' educazione finanziaria è che se i risparmi in questi anni si sono polverizzati nelle mani dei risparmiatori, la colpa è loro e della scarsa educazione che avevano nella materia. Poverini, essendo ignoranti non hanno capito che compravano prodotti rischiosi. Educhiamoli un po', così non lo faranno più. Questa è la tesi.
La verità è l' esatto opposto: in tutte queste vicende è ormai palese che gli ignoranti erano i professori della materia, non gli alunni.
Ignoranti e spesso figli di buona donna i vigilantes di Bankitalia e Consob che hanno chiuso gli occhi e non hanno protetto i risparmiatori, e tutti quei vertici, dirigenti e funzionari bancari che hanno mistificato la realtà pure di guadagnare qualche euro in più e proteggere la propria poltrona e la propria busta paga.
Governo, buona parte dei parlamentari e Bankitalia vorrebbero rendere obbligatoria fin dalle scuole l' educazione finanziaria, così gli autori dei disastri verrebbero eletti a maestri di vita.
Splendida idea, no?
E per capire come questa sia solo una fregatura basta sfogliare i bilanci di una delle banche che si vantava di avere promosso in giro più educazione finanziaria di ogni altro.
Chi era?
Ma sì, proprio Mps.
Che aveva lanciato "Consumer-Lab", "Bancascuola", il "Laboratorio prodotti", per «raccogliere spunti dall' ottica consumer su nuovi prodotti della Capogruppo» e perfino iniziative «attraverso internet e i social network (Facebook, Twitter, YouTube), con l' utilizzo anche di supporti video, per promuovere l' educazione finanziaria».
Stessa cosa vorrebbe fare Bankitalia, e sarebbe opportuno fermarli fino a che siamo in tempo.
Resti in via Nazionale un buon ufficio studi a collaborare con le altre istituzioni, e si metta al sicuro il discreto patrimonio artistico conservato in palazzo Koch con le belle collezioni dell' Otto-Novecento, dalle sculture di Umberto Mastroianni, Giò Pomodoro e Pietro Consagra ai dipinti di Francesco Hayez, Giorgio Morandi, Filippo De Pisis, Giorgio De Chirico, Giacomo Balla, Giovanni Fattori, Alberto Burri e tanti altri...
Fonte: qui
Franco Bechis per Libero Quotidiano
Quel giorno della primavera del 2008 quando l' allora presidente di Mps, Giuseppe Mussari e il direttore generale, Antonio Vigni, uscirono da Rocca Salimbeni con un assegno da nove miliardi in tasca per andare a fare quella spesuccia - Banca Antonveneta - che avrebbe travolto l' istituto senese, prima fecero un salto a Roma, a Palazzo Koch.
Un incontro con il governatore di Bankitalia dell' epoca - Mario Draghi - e i vertici dell' istituto. Si guardarono negli occhi e quel che si dissero è stato messo a verbale nella testimonianza davanti alla procura di Siena di Anna Maria Tarantola, che all' epoca guidava la vigilanza della Banca d' Italia: «ci raccomandammo con i vertici di Mps di fare per bene l' acquisizione».
Magari gli avranno detto pure di coprirsi adeguatamente, che se a Roma tirava già una brezzolina primaverile, in Veneto invece faceva ancora freddo. Chissà se qualcuno nel direttorio avrà consigliato a Mussari e compagnia - un po' come facevano le vecchie nonne timorate di Dio con i nipotini che al mattino andavano a scuola - di farsi il segno della croce e dire qualche preghierina prima di fare l' incauta spesuccia. Magari sarebbe servito di più.
Ma qualche particolare sulla grande attenzione che la banca centrale aveva messo in una vicenda che presto avrebbe terremotato l' intero sistema del credito italiano, l' ha fornito anche come teste nella stessa inchiesta l' allora direttore generale (e futuro ministro dell' Economia) di via Nazionale Fabrizio Saccomanni: «Non ci fu segnalato che Mps aveva acquisito Antonveneta senza fare una due diligence.
Devo dire che, per prassi, Banca d' Italia caldeggia sempre, in caso di acquisizioni, la due diligence preventiva».
Questo per dire che nessuno nell' organo di vigilanza aveva verificato se Monte dei Paschi prima di tirare fuori quell' assegno avesse dato un' occhiata a cosa c' era in pancia di Antonveneta, o direttamente o affidandosi a qualche professionista del settore: la Banca d' Italia dava per scontato che questo fosse stato fatto.
Questo per dire che nessuno nell' organo di vigilanza aveva verificato se Monte dei Paschi prima di tirare fuori quell' assegno avesse dato un' occhiata a cosa c' era in pancia di Antonveneta, o direttamente o affidandosi a qualche professionista del settore: la Banca d' Italia dava per scontato che questo fosse stato fatto.
Ma non fu fatto.
Per altro dai verbali della stessa inchiesta emerge come Mps non avesse al suo interno quel fior di professionisti in grado di capire qualcosa mai fossero andati a controllare i conti di Antonveneta.
Perché l' ultimo arrivato all' interno della banca senese, Marco Morelli che all' epoca era vicedirettore generale e oggi è il nuovo amministratore delegato dopo un giro da Bofa-Merrill Lynch, ha raccontato di avere ricevuto da Mussari un incarico che non sarebbe toccato a lui, ma al direttore finanziario della banca: trovare subito un prestito-ponte da due miliardi di euro sui mercati internazionali per finanziare quell' acquisto. «L' incarico che mi fu assegnato», ha dichiarato ai pm Morelli, «avrebbe dovuto svolgerlo il direttore finanziario Daniele Pirondini. Ritengo che fu assegnato a me poiché Pirondini non parlava inglese».
LA VIGILANZA
Nemmeno in una barzelletta sarebbe stata possibile immaginare una vicenda tanto grottesca: una delle grandi banche italiane che ha il direttore finanziario che deve rivolgersi ai mercati internazionali con il piccolo handicap di non conoscere una parola di inglese (e la finanza parla solo con quella lingua). E la vigilanza della banca centrale che non sa nulla di nulla di quel che deve autorizzare - ma lo autorizza - e balbetta solo per voce di mamma Tarantola, che guida la vigilanza bancaria: «Mi raccomando, Mussari, spendete bene quei 9 miliardi di euro».
Nemmeno in una barzelletta sarebbe stata possibile immaginare una vicenda tanto grottesca: una delle grandi banche italiane che ha il direttore finanziario che deve rivolgersi ai mercati internazionali con il piccolo handicap di non conoscere una parola di inglese (e la finanza parla solo con quella lingua). E la vigilanza della banca centrale che non sa nulla di nulla di quel che deve autorizzare - ma lo autorizza - e balbetta solo per voce di mamma Tarantola, che guida la vigilanza bancaria: «Mi raccomando, Mussari, spendete bene quei 9 miliardi di euro».
La fortuna - a pochi anni di distanza - è che quel compito di vigilanza sulle grandi banche italiane non è più di Banca di Italia, ma della vigilanza centrale della Bce, dove peggio non può andare certo di come accadde con via Nazionale. Bankitalia potrebbe avere mostrato in questa vicenda faciloneria e scarsa professionalità, ma c' è chi ha pensieri più maliziosi.
I documenti per altro dimostrano che la vigilanza sapeva benissimo non solo che Mussari quei soldi li avrebbe spesi male, ma pure che non stava spendendo 9 miliardi di euro:
il costo vero dell' operazione era circa 17 miliardi di euro, visto che Antonveneta aveva in pancia un debito fresco di 7,9 miliardi di euro con gli olandesi di Abn-Amro.
il costo vero dell' operazione era circa 17 miliardi di euro, visto che Antonveneta aveva in pancia un debito fresco di 7,9 miliardi di euro con gli olandesi di Abn-Amro.
Bankitalia sapeva, perché i suoi ispettori erano entrati in Antonveneta nel marzo 2007 e videro tutto, facendo di fatto quella due diligence che Mps si dimenticò di fare.
Via Nazionale non fu però così carina da avvisare Mps prima che compisse il fatal passo. A quanto pare la vigilanza non dovette informare nemmeno il Governatore Draghi, che il 17 marzo 2008 firmò la sua autorizzazione a Mps per l' acquisto di Banca Antonveneta, certificando come (e sbagliò) l' operazione era in linea con i principi di sana e prudente gestione e che il costo (non il prezzo, il costo) sarebbe stato di 9 miliardi, quando la banca centrale conosceva perfettamente il debito con Abn Amro che aveva in pancia Antonveneta, e che quindi il costo reale sarebbe stato di 17 miliardi di euro, insostenibile per Mps come poi si è rivelato.
Via Nazionale non fu però così carina da avvisare Mps prima che compisse il fatal passo. A quanto pare la vigilanza non dovette informare nemmeno il Governatore Draghi, che il 17 marzo 2008 firmò la sua autorizzazione a Mps per l' acquisto di Banca Antonveneta, certificando come (e sbagliò) l' operazione era in linea con i principi di sana e prudente gestione e che il costo (non il prezzo, il costo) sarebbe stato di 9 miliardi, quando la banca centrale conosceva perfettamente il debito con Abn Amro che aveva in pancia Antonveneta, e che quindi il costo reale sarebbe stato di 17 miliardi di euro, insostenibile per Mps come poi si è rivelato.
Siccome a pensare male si fa sempre peccato, non lo pensiamo. Ma che senso ha dopo questo flop pazzesco tenere ancora in piedi un istituto di vigilanza a cui sfugge qualsiasi cosa da sotto il naso, e quando anche non sfugge a qualcuno più sveglio, se lo tiene per sé come geloso segreto, senza comunicarlo a chi poi deve prendere le decisioni che contano?
Il grosso della vigilanza non è più della Banca d' Italia, che però è ancora in grado di farsi sfuggire qualsiasi cosa con le banchette di provincia che dovrebbe controllare. Gli antichi compiti sulla moneta e i cambi sono in gran parte stati sottratti alla banca centrale.
Che ha ancora un buon ufficio studi, che spesso fa studi inutili (come quelli sulla economia locale dove le camere di commercio avrebbero più strumenti e dati per capire la realtà).
Ma soprattutto ha ancora al suo interno un vero e proprio esercito di dipendenti, sempre più in cerca di missione e vocazione.
Al 31 dicembre 2015 il personale era ancora di 7.032 unità, con un costo totale 815 milioni di euro (erano 812 l' anno precedente).
Che ha ancora un buon ufficio studi, che spesso fa studi inutili (come quelli sulla economia locale dove le camere di commercio avrebbero più strumenti e dati per capire la realtà).
Ma soprattutto ha ancora al suo interno un vero e proprio esercito di dipendenti, sempre più in cerca di missione e vocazione.
Al 31 dicembre 2015 il personale era ancora di 7.032 unità, con un costo totale 815 milioni di euro (erano 812 l' anno precedente).
Che facciamo fare a loro per evitare nuovi disastri e non mettere tutti per strada?
EDUCAZIONE FINANZIARIA
L' idea più gettonata in questi mesi è la figlia di fico dietro cui l' istituto centrale, il governo italiano e il parlamento si nascondono per non raccontare la realtà dei disastri bancari di questi anni e le gravi responsabilità delle istituzioni. La parolina magica utilizzata è "educazione finanziaria".
Bel termine, che cela però una gigantesca balla.
Bel termine, che cela però una gigantesca balla.
La tesi di questi profeti dell' educazione finanziaria è che se i risparmi in questi anni si sono polverizzati nelle mani dei risparmiatori, la colpa è loro e della scarsa educazione che avevano nella materia. Poverini, essendo ignoranti non hanno capito che compravano prodotti rischiosi. Educhiamoli un po', così non lo faranno più. Questa è la tesi.
La verità è l' esatto opposto: in tutte queste vicende è ormai palese che gli ignoranti erano i professori della materia, non gli alunni.
Ignoranti e spesso figli di buona donna i vigilantes di Bankitalia e Consob che hanno chiuso gli occhi e non hanno protetto i risparmiatori, e tutti quei vertici, dirigenti e funzionari bancari che hanno mistificato la realtà pure di guadagnare qualche euro in più e proteggere la propria poltrona e la propria busta paga.
Ignoranti e spesso figli di buona donna i vigilantes di Bankitalia e Consob che hanno chiuso gli occhi e non hanno protetto i risparmiatori, e tutti quei vertici, dirigenti e funzionari bancari che hanno mistificato la realtà pure di guadagnare qualche euro in più e proteggere la propria poltrona e la propria busta paga.
Governo, buona parte dei parlamentari e Bankitalia vorrebbero rendere obbligatoria fin dalle scuole l' educazione finanziaria, così gli autori dei disastri verrebbero eletti a maestri di vita.
Splendida idea, no?
E per capire come questa sia solo una fregatura basta sfogliare i bilanci di una delle banche che si vantava di avere promosso in giro più educazione finanziaria di ogni altro.
Splendida idea, no?
E per capire come questa sia solo una fregatura basta sfogliare i bilanci di una delle banche che si vantava di avere promosso in giro più educazione finanziaria di ogni altro.
Chi era?
Ma sì, proprio Mps.
Che aveva lanciato "Consumer-Lab", "Bancascuola", il "Laboratorio prodotti", per «raccogliere spunti dall' ottica consumer su nuovi prodotti della Capogruppo» e perfino iniziative «attraverso internet e i social network (Facebook, Twitter, YouTube), con l' utilizzo anche di supporti video, per promuovere l' educazione finanziaria».
Stessa cosa vorrebbe fare Bankitalia, e sarebbe opportuno fermarli fino a che siamo in tempo.
Stessa cosa vorrebbe fare Bankitalia, e sarebbe opportuno fermarli fino a che siamo in tempo.
Resti in via Nazionale un buon ufficio studi a collaborare con le altre istituzioni, e si metta al sicuro il discreto patrimonio artistico conservato in palazzo Koch con le belle collezioni dell' Otto-Novecento, dalle sculture di Umberto Mastroianni, Giò Pomodoro e Pietro Consagra ai dipinti di Francesco Hayez, Giorgio Morandi, Filippo De Pisis, Giorgio De Chirico, Giacomo Balla, Giovanni Fattori, Alberto Burri e tanti altri...
Fonte: qui
NEL “GROVIGLIO” MONTE PASCHI CI MANCAVANO SOLO GLI “OCCHIONERO”
UNO DEI FRATELLI SPIONI, GIULIO OCCHIONERO ERA STATO CONSULENTE DELLA BANCA SENESE: AVEVA CEDUTO A MPS, TRAMITE LA SAPIENZA, UN SOFTWARE PER IL TRADING
NELL'ORDINANZA DI CUSTODIA CAUTELARE SI LEGGE ANCHE CHE È L’HACKER E’ LEGATO CON GLI AMBIENTI DELLA MASSONERIA ITALIANA
Camilla Conti per il Giornale
Tutte le strade, anche quelle meno «pulite», portano a Siena. Che negli ultimi vent'anni sembra essere diventato l'occhio di qualsiasi ciclone non solo finanziario.
I grovigli armoniosi fra politica e banca hanno avuto diramazioni insospettabili che vanno oltre i primi cento debitori insolventi cui l'istituto ha prestato incautamente fiori di milioni senza vederli più tornare indietro. Perché ricostruendo la storia di Giulio e Francesca Occhionero che odora di massoneria, di apparati militari e istituzioni finanziarie americane, spunta - puntuale come un orologio svizzero - il Monte dei Paschi.
L'ascesa e la caduta di Giulio Occhionero - considerato l'«hacker» fra i due fratelli, mago dell'informatica e ingegnere nucleare - passa per le consulenze con società americane ma anche per il Monte. Giulio un tempo era parecchio conosciuto nel mondo dei trader finanziari. Si occupava sostanzialmente di trading veloce, la compravendita giornaliera di titoli finanziari (azioni e derivati) e - come ha riportato qualche giorno fa Il Messaggero - a un giornalista che era casualmente entrato in contatto con lui, aveva raccontato di un contenzioso con Mps, banca per la quale aveva lavorato come consulente e che avrebbe conseguito robusti guadagni proprio grazie al suo metodo.
Nelle carte dell'inchiesta si legge che «nel 2002 il Monte dei Paschi (ai tempi presieduto da Pier Luigi Fabrizi e guidato da Vincenzo De Bustis, ndr) ha adottato la sua metodologia di trading giornaliero implementando un'apposita linea dedicata ai clienti high-net-worth». Ovvero con un patrimonio netto elevato. La consulenza era però finita in mano agli avvocati: Occhionero avrebbe fatto causa a Mps perché per la sua collaborazione gli avevano offerto una cifra che riteneva troppo modesta (qualche centinaia di migliaia di euro), a fronte di guadagni straordinari che il Monte aveva - secondo lui - realizzato.
Nella città del Palio, fonti locali riferiscono al Giornale che in realtà quel software creato da Giulio era stato fornito alla banca dall'Università La Sapienza di Roma. In effetti, Occhionero nel 2000 ha fondato il Quantitative Finance Group, joint venture tra la sua società Westland Securities e l'ateneo capitolino dove lo stesso esperto informatico si era laureato. E dal marzo 2001 avrebbe fatto parte per due anni, come unico membro esterno alla banca, del comitato investimenti del Monte nel business del private banking come consulente nella selezione dei portafogli di investimenti. Non solo. Anche la sorella Francesca, prima di puntare al mondo dell'alta finanza, ha conseguito un dottorato di ricerca in Scienze chimiche proprio alla Sapienza, poi ha cambiato vita.
Ma c'è un altro fil rouge che lega i due fratelli Occhionero a Siena ed è la massoneria. Nell'ordinanza di custodia cautelare si legge anche che Giulio Occhionero è legato con gli ambienti della massoneria italiana, in quanto membro della loggia «Paolo Ungari Nicola Ricciotti Pensiero e Azione» di Roma, della quale in passato ha ricoperto il ruolo di maestro venerabile, parte delle logge de Grande Oriente d'Italia».
L'attuale Gran Maestro del Goi, Stefano Bisi, in un'intervista rilasciata nei giorni scorsi si è definito una «vittima, non conoscevo Giulio Occhionero, ma appena letta la notizia dell'inchiesta ho provveduto a sospenderlo dal Grande Oriente d'Italia». Il nome di Bisi compare tra quelli spiati dagli Occhionero, insieme ad altri 337 «fratelli».
Ma soprattutto è molto noto a Siena. È suo il copyright del «groviglio armonioso» fra finanza e politica che ha scandito la storia della città e della sua banca di riferimento. Bisi è stato caporedattore e poi vicedirettore del Corriere di Siena, amico dell'ex presidente di Mps Giuseppe Mussari nonché il più importante massone della città toscana. E di recente è finito nel registro degli indagati della Procura di Siena nell'ambito dell'inchiesta «Time Out» sul fallimento per bancarotta fraudolenta della Mens Sana Basket.
Fonte: qui
GIULIO OCCHIONERO ERA UN COLLABORATORE DELLA CIA!
LO SUSSURRANO LE BARBE FINTE DELL'INTELLIGENCE ITALIANA SECONDO CUI, I DUE FRATELLI VENIVANO USATI DALL’AGENZIA USA PER OTTENERE INFORMAZIONI IN MODO “NON UFFICIALE”
VEDI L’INTERESSE PER L’ENAV, CHE SI OCCUPA DI VOLI DI STATO E MILITARI, OPPURE PER FINMECCANICA (LEGGI F35). E POI CI SONO GLI INTERESSI DELLE AZIENDE AMERICANE IN ITALIA
ECCO PERCHE’ DAGLI STATI UNITI C’ERA PIU’ DI UN INTERESSE A TENERE D’OCCHIO IL NOSTRO PAESE E I SOMMOVIMENTI ECONOMICI E POLITICI. D'ALTRONDE CHI HA INTENZIONE DI INVESTIRE, VUOLE SAPERE DOVE STA METTENDO I SUOI SOLDI E NELLE MANI DI CHI CONSEGNA GLI AFFARI
Chiara Giannini per “il Giornale”
Negli ambienti vicini all' intelligence italiana sembra lo sappiano tutti: «Giulio Occhionero era un collaboratore della Cia». Insomma, se non un agente, almeno qualcuno che aveva rapporti costanti con l' agenzia Usa, che lo avrebbe usato per ottenere informazioni. L' ingegnere, nel campo dell' hackeraggio informatico, è pressoché sconosciuto. Lo conoscono molto bene, invece, in certi ambienti legati al mondo americano a Roma.
Che ci sarebbe dietro a quello che è balzato agli onori delle cronache come un genio del cyber crimen? Pure e semplici questioni di controspionaggio. Ogni Paese ha le sue mele marce, persino all'interno dei servizi nostrani, si dice. La spia tra le spie, insomma, quella che finge di fare il bene del Paese e poi passa informazioni al nemico. Ma sono semplici questioni di scacchiera internazionale. Vedi l'interesse per Enav, l ente che si occupa delle rotte dei voli, compresi quelli di Stato e militari, oppure per Finmeccanica, che molto ha a che vedere con gli Usa, visti gli scambi commerciali.
Una parola dice tutto: F35. E poi ci sono interessi importanti delle multinazionali americane nel nostro Paese. La lista di chi potrebbe aggiudicarsi appalti o chi, in passato, lo ha fatto, è lunga. I nomi di queste realtà si possono trovare su tutte le cronache: dall' attenzione sui porti, sugli stadi, persino nella realizzazione del ponte sullo stretto di Messina figurano soggetti che arrivano da Oltreoceano.
Ecco perché c' è chi dagli Usa avrebbe avuto un vantaggio nel tenere d' occhio il nostro Paese e, soprattutto i suoi movimenti economici e politici: l' Italia fa gola. Ci sono stipendi bassi, disoccupazione alta: la Nazione ideale in cui investire. Si parla di centinaia di investimenti esteri nello Stivale solo nel 2016. Ed è ovvio che qualsiasi azienda, prima di buttare i soldi in una gara d'appalto o decidere se acquistare servizi, vendere pezzi o aprire una succursale in un Paese estero, voglia informarsi.
Quale migliore fonte della principale agenzia investigativa del Paese? E quale miglior «infiltrato» di un soggetto che in Italia abita, che vive talmente defilato e sottotono da apparire in pubblico solo in rare occasioni? Chi ha avuto modo di conoscerlo ne parla come di un «tipo schivo e strano», uno che in vacanza si affittava ville intere da solo, che aveva pochi amici, quasi tutti legati a certe realtà, che frequentava gente dell'alta finanza e della società bene americana trapiantata in Italia.
Di fatto, c' è chi ha definito Occhionero uno «smanettone», uno che ha messo la sua capacità informatica e qualche pizzico di fortuna per raggiungere obiettivi di un certo tipo. La realtà è che dietro a questa facciata ci sarebbe un vero e proprio genio, uno che ha fatto i conti con l'oste, tanto che già si vocifera che tutto finirà in una bolla di sapone. Insomma, oltre ad avere le spalle parate da contatti di alto livello, avrebbe già preparato e con netto anticipo, un piano di fuga. «Non lo incrimineranno mai - dicono i bene informati - e lo faranno passare per uno sfigato con la mania del dossieraggio».
Fonte: qui
A CHE SERVE L'EURO (DA RITAGLIARE E INCORNICIARE)
A GERMANIA HA RISPARMIATO 240 MILIARDI DI EURO GRAZIE AI BASSISSIMI TASSI D'INTERESSE DI CUI GODE DAL 2008
SONO I CALCOLI DELLA BUNDESBANK. L'EUROCRISI È STATA UNA BENEDIZIONE PER LA MERKEL - MA C'È DI PIÙ: ''IL PIL 2016 È CRESCIUTO GRAZIE ALLA CRISI DEI RIFUGIATI. PIÙ POPOLAZIONE E TASSI SUI MUTUI AI MINIMI STORICI (GRAZIE ALL'ODIATA BCE) UGUALE BOOM DELLE COSTRUZIONI
PER CHIUDERE: ''IL GOVERNO HA PIÙ SOLDI DI QUANTI RIESCA A SPENDERE''
VI RICORDIAMO CHE LA BUNDESBANK, LA BANCA CENTRALE TEDESCA, E' PUBBLICA ED ACQUISTA IN EMISSIONE L'INOPTATO DEI TITOLI DI STATO DEL PROPRIO PAESE, COSA CHE NON ACCADE PER L'ITALIA.
QUESTA DIFFERENZA PROVOCA DAL 1981 UNA DIFFERENZA SOSTANZIALE TRA GLI INTERESSI PAGATI SUL DEBITO PUBBLICO FRA I 2 PAESI DELL'ORDINE DEL 3%-4% ANNUI, PARI AD UNA DIFFERENZA DI COSTO DELL'ORDINE DI 50 MILIARDI L'ANNO.
1. GERMANIA:STAMPA, DA TASSI BASSI RISPARMIO STATO PER 240 MLD (ANSA) - "Un regalo da 240 miliardi di euro". È il titolo di un articolo dell'Handelsblatt che, oggi, anticipa i calcoli della tedesca Bundesbank, secondo la quale, questa è la somma risparmiata dal Bund tedesco, grazie ai tassi bassi negli ultimi anni. "Dal 2008 lo Stato ha pagato 240 miliardi di euro in meno per i tassi, rispetto a prima della crisi finanziaria", si legge. Gli economisti della banca centrale tedesca hanno comparato il livello dei tassi del 2007, anno precedente alla crisi, con quello degli anni successivi.
Lo Stato nel 2007 dovette pagare agli investitori ancora un 4,23% di rendita media per il denaro fresco. "Soltanto l'anno scorso, grazie al crollo dei tassi, Bund, Laender, Comuni e assicurazioni sociali hanno dovuto pagare 47 miliardi in meno, per il servizio del debito". E secondo i calcoli dell'istituto economico RWI, conclude Hb, "se i tassi salissero soltanto di un 1%, lo Stato dovrebbe pagare 21 miliardi di euro in più".
3. L'ARTICOLO INTEGRALE DELL'HANDELSBLATT, CON UN ESTRATTO DA RITAGLIARE E INCORNICIARE
''Il Pil della Germania è cresciuto dell'1,9% lo scorso anno. Bassi tassi di interesse e una maggior spesa del governo in connessione con la crisi dei rifugiati, la crescita è stata spinta da un boom nell'industria delle costruzioni, alimentata dalla crescita della popolazione e da tassi d'interesse sui mutui ai minimi storici.
''La crisi dei rifugiati e la politica monetaria ultra-accomodante della BCE si sono dimostrate una benedizione per l'economia, e hanno artificialmente prolungato la ripresa'', sostiene Carsten Brzeski, un analista di ING-Diba.
L'economia tedesca sta andando bene, il che significa che al momento ci sono talmente tanti soldi disponibili che i ministeri non riescono a spenderli tutti, non avendo la capacità di pianificazione necessaria. Come risultato, la spesa annuale del 2016 è risultata 5,7 miliardi più bassa di quanto avesse programmato il ministro delle Finanze Schaeuble.''
Fonte: qui
Fonte: qui
Etichette:
banca centrale,
BCE,
Bundesbank,
Euro,
Germania,
Italia,
privata,
pubblica
"Il Pd vende armi all'Isis". Giovane lancia l'iPad a Roberto Speranza
L'aggressore è riuscito a dileguarsi prima di essere fermato dalle forze dell'ordine.
Solidarietà a Speranza dal mondo politico e istituzionale
"Il Pd vende armi all'Isis": è la prima frase che un giovane - che Polizia e Carabinieri stanno ora cercando di identificare e rintracciare - ha detto in serata, a Potenza, prima di scagliare contro Roberto Speranza, ex capogruppo alla Camera del Pd, l'iPad dello stesso parlamentare che partecipava alla presentazione di un libro.
Il giovane ha accusato Speranza anche per una foto che ritrae l'ex Presidente del Consiglio, Matteo Renzi insieme al presidente della Turchia, Recep Tayyp Erdogan, e ha aggiunto rivolgendosi al deputato: "Ti dobbiamo ammazzare in quanto deputato del Pd!".
Tutto si è svolto nel giro di pochi secondi: il giovane è stato bloccato e fatto arretrare da alcuni presenti. Portato fuori dall'aula magna dell'Università della Basilicata - dove Speranza partecipava alla presentazione del libro "Kabane calling", di Zeocalcare - forse proprio da suoi conoscenti, il giovane è riuscito ad allontanarsi prima dell'arrivo delle forze dell'ordine.
Finito il convegno, Digos e Carabinieri hanno parlato con Speranza, mentre alcuni investigatori hanno raccolto testimonianze e visionato immagini televisive per identificare l'aggressore, che potrebbe essere uno studente universitario residente in un comune del Potentino. Speranza, rimasto illeso, ha continuato il suo intervento fino alla fine.
Il giovane ha accusato Speranza anche per una foto che ritrae l'ex Presidente del Consiglio, Matteo Renzi insieme al presidente della Turchia, Recep Tayyp Erdogan, e ha aggiunto rivolgendosi al deputato: "Ti dobbiamo ammazzare in quanto deputato del Pd!".
Tutto si è svolto nel giro di pochi secondi: il giovane è stato bloccato e fatto arretrare da alcuni presenti. Portato fuori dall'aula magna dell'Università della Basilicata - dove Speranza partecipava alla presentazione del libro "Kabane calling", di Zeocalcare - forse proprio da suoi conoscenti, il giovane è riuscito ad allontanarsi prima dell'arrivo delle forze dell'ordine.
Finito il convegno, Digos e Carabinieri hanno parlato con Speranza, mentre alcuni investigatori hanno raccolto testimonianze e visionato immagini televisive per identificare l'aggressore, che potrebbe essere uno studente universitario residente in un comune del Potentino. Speranza, rimasto illeso, ha continuato il suo intervento fino alla fine.
Il parlamentare lucano ha parlato di "episodio gravissimo" ma, su Facebook, ha sottolineato che "la violenza non può fermare la discussione democratica, la democrazia non può essere fermata".
14 gennaio 2017
Fonte: rainews.it
14 gennaio 2017
Fonte: rainews.it
Iscriviti a:
Post (Atom)