9 dicembre forconi: 04/10/18

martedì 10 aprile 2018

DA OGGI NON PAGARE L’ASSEGNO PREVISTO DA UN GIUDICE PER IL MANTENIMENTO DEI FIGLI DI GENITORI NON SPOSATI NON È PIÙ REATO


NEL 2012 È STATA APPROVATA LA LEGGE SECONDO CUI TUTTI I FIGLI HANNO LO STESSO STATO GIURIDICO E DIRITTI, INDIPENDENTEMENTE DAL FATTO CHE I GENITORI SIANO SPOSATI OPPURE NO 

ORA SI CAMBIA…

Carlo Rimini per “la Stampa”

tribunaleTRIBUNALE
Da oggi non pagare l' assegno previsto da un giudice per il mantenimento dei figli di genitori non sposati non è più reato. 

Come è possibile? 

Nel 2012 è stata approvata la legge secondo cui tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico ed hanno gli stessi diritti, indipendentemente dal fatto che i genitori siano sposati oppure no. 

Ora viene invece introdotta una nuova grave discriminazione.

Se un figlio è nato da genitori coniugati ed uno dei due non paga l'assegno di mantenimento stabilito dal giudice della separazione o del divorzio, l'inadempiente è punito con una pena che può arrivare ad un anno di reclusione. Se invece i genitori non sono sposati, il genitore che non paga l'assegno di mantenimento non commette da oggi alcun reato (a meno che non sussistano i più complessi requisiti previsti dal vecchio art. 570 del codice penale).

figli e genitori divorziatiFIGLI E GENITORI DIVORZIATI
Per capire come si è arrivati a questa stupefacente conclusione è necessario seguire il filo di uno degli ultimi atti del Governo dimissionario. Oggi entra in vigore il decreto legislativo 21 del 2018, approvato dal Governo attuando la delega contenuta nell' articolo 1 (comma 82) della riforma dell' ordinamento penitenziario.

Ma che cosa c'entrano gli assegni per il mantenimento dei figli con l'ordinamento penitenziario? 

Nulla: ormai il nostro legislatore ci ha abituati a trattare in un unico corpo normativo le più disparate materie. Il decreto introduce nel codice penale l' articolo 570 bis. La nuova norma punisce con le stesse pene previste per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare "il coniuge" che si sottrae all' obbligo di pagamento degli assegni dovuti in caso di divorzio o di nullità del matrimonio oppure viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.
assegno mantenimento alimentiASSEGNO MANTENIMENTO ALIMENTI

Lo scopo del decreto era solo quello di riunire e di collocare nell'ambito del codice penale le norme che sino ad oggi sanzionavano il mancato pagamento dell' assegno. Ma nel fare questa operazione il Governo ha precisato che il nuovo reato può essere compiuto solo da un "coniuge" e quindi ha chiaramente indicato che viene sanzionato solo il mancato pagamento dell' assegno per il mantenimento dei figli di genitori coniugati.

Il decreto che entra in vigore oggi ha anche abrogato l' articolo 3 della legge 54 del 2006 (quella che ha introdotto l' affidamento condiviso dei figli di separati e divorziati).
La norma abrogata aveva un contenuto sovrapponibile a quella nuova e anch' essa si riferiva espressamente solo ai coniugi. Tuttavia l' articolo successivo affermava che le disposizioni della norma del 2006 si applicavano anche ai figli di genitori non coniugati.

Questa precisazione consentiva, fino ad oggi, di affermare che anche il genitore non sposato che violava l'obbligo di pagare l'assegno di mantenimento commetteva un reato.

ASSEGNO DI MANTENIMENTO DEI FIGLIASSEGNO DI MANTENIMENTO DEI FIGLI
Ora ciò non sarà più possibile perché l'articolo 3 della legge 54 del 2006 non esiste più.

Potranno i giudici interpretare estensivamente la nuova disposizione applicandola anche ai figli di genitori non coniugati?

No: un principio giuridico fondamentale vieta al giudice penale di interpretare le norme che introducono un reato sulla base dell' analogia. Si tratta insomma di un grosso pasticcio. Se ne ricava una lezione: fare le leggi è un mestiere difficile e il nostro ordinamento giuridico è ormai una giungla inestricabile di leggi i cui articoli sono composti da centinaia di commi che contengono decine di rinvii ad altre leggi, ad altri articoli e ad altri commi in un gioco di specchi nel quale perdersi è semplicissimo. Il nostro legislatore, che ha creato questo orrendo mostro, è la sua prima vittima.

Fonte: qui

LAUREA CON SUICIDIO – LA FINZIONE COSTRUITA DA UNA 25ENNE DI ISERNIA, CHE HA INVITATO PARENTI, AMICI E FIDANZATO ALLA TESI MA AVEVA ABBANDONATO L’UNIVERSITÀ. CHIAMATI SOLO PER ASSISTERE AL GESTO FINALE

IL GRANDE SEGRETO TENUTO NASCOSTO E POI IL LANCIO NEL VUOTO DA VENTI METRI

Bianca De Fazio per “la Repubblica

POLIZIA SULLA SCENA DEL SUICIDIO 1POLIZIA SULLA SCENA DEL SUICIDIO 1
Arrancava dietro a esami che non riusciva a sostenere. Si disperava, in silenzio e in solitudine, per gli insuccessi; uno dopo l'altro. Esame dopo esame. Senza mai riuscire a superarne uno, senza decidersi a confessare alla famiglia, né al fidanzato, quel segreto che le pesava sulla coscienza e che ieri l'ha portata al suicidio, nel giorno in cui, secondo la finzione sostenuta con parenti e amici, avrebbe dovuto laurearsi.

G., 25enne di Sesto Campano, in provincia di Isernia, era iscritta al corso di laurea in Scienze nutraceutiche del dipartimento di Farmacia della Federico II di Napoli.

Si è lanciata nel vuoto dall' ultimo piano dell'edificio di Scienze della terra, in uno dei campus universitari della città. Si è lanciata lasciandosi alle spalle la famiglia giunta al completo per festeggiare la sua laurea. I vestiti della festa e i fiori. L' euforia e poi lo strazio. Il padre pensionato, la madre, i fratelli, il fidanzato, il suocero. Tutti stretti attorno a lei, tutti convinti che stesse per raggiungere il traguardo.

Nessuno sospettava la finzione.

LA POLIZIA SULLA SCENA DEL SUICIDIOLA POLIZIA SULLA SCENA DEL SUICIDIO
Nessuno era riuscito a far breccia nella fragilità che le aveva impedito, per anni, di confessare la verità su quegli esami mai superati. Secondo indiscrezioni che giungono dagli uffici amministrativi dell'ateneo, la studentessa aveva smesso da oltre un anno di pagare le tasse universitarie. Dal punto di vista formale, dunque, aveva del tutto abbandonato l'università.

FACOLTA' FARMACIA NAPOLI 1FACOLTA' FARMACIA NAPOLI 1
«Ai miei lo dirò domani», si ripeteva. Ma quel domani non è mai arrivato. È arrivato invece il gesto disperato: il lancio nel vuoto. G. ha portato la sua finzione fino alle estreme conseguenze. Forse travolta dalle aspettative dei familiari, ha raccontato loro che la seduta di laurea era fissata, finalmente. E li ha condotti lì, in una sede universitaria che, tra l'altro, non era la sua: Farmacia è in tutt' altra zona della città, ed è possibile che la ragazza avesse scelto il campus di Monte Sant'Angelo per evitare di incontrare colleghi che avrebbero potuto svelare la sua bugia.

Agli amici e ai familiari che si aspettavano di vivere un giorno di festa ha detto che la laurea si sarebbe tenuta proprio lì. Poi si è allontanata con la scusa di cercare l'aula giusta. G. tardava a riapparire, così il fidanzato le ha telefonato, in apprensione per il suo ritardo, e lei gli ha chiesto di raggiungerla sul terrazzo. Ma appena il giovane ha salito le scale, lei si è lanciata: venti metri di vuoto. Poi solo lo strazio.

L'ateneo si è fermato, colpito dal lutto. Il rettore Gaetano Manfredi, subito arrivato sul posto, ha proclamato per oggi una giornata di lutto per l'intera università. Sospese o rinviate tutte le attività non strettamente didattiche.

Su richiesta unanime delle associazioni studentesche, sono state rinviate anche le elezioni che dovevano prendere il via proprio oggi per scegliere i rappresentanti degli studenti negli organi di governo dell'ateneo.
FACOLTA' FARMACIA NAPOLIFACOLTA' FARMACIA NAPOLI

G. aveva forse programmato il suo suicidio. Ieri pomeriggio, gli agenti del commissariato hanno ascoltato i genitori e il fidanzato, mentre il pm De Simone disponeva l'esame esterno sul corpo della ragazza, che si prevede potrà essere portato a casa già oggi.

«Un gesto così proprio da lei, sempre solare e sorridente, nessuno se lo sarebbe aspettato», dice Luigi Paolone, sindaco di Sesto Campano, che ha proclamato il lutto cittadino per il giorno dei funerali.

Fonte: qui

NESSUNO AVEVA CAPITO IL TORMENTO DI GIADA DE FILIPPO, CHE SI E’ SUICIDATA NEL GIORNO DELLA SUA (FINTA) LAUREA. IN QUATTRO ANNI, LA RAGAZZA NON AVEVA DATO ESAMI MA AVEVA DETTO A TUTTI CHE STAVA PER CONCLUDERE GLI STUDI E AVEVA SCELTO ANCHE LE BOMBONIERE

L'UNICA VERITÀ L'HA DETTA AL FIDANZATO UN ATTIMO PRIMA DI LANCIARSI DAL TERRAZZO DELLA FACOLTÀ DI SCIENZE NATURALI NELLA CITTADELLA DI MONTE SANT'ANGELO. 

LUI L'HA CHIAMATA AL CELLULARE PERCHÉ NON RIUSCIVA PIÙ A TROVARLA E LEI GLI HA RISPOSTO. “SONO QUI, ALZA LA TESTA, MI VEDI?”. E L'HA VISTA PROPRIO MENTRE SI LASCIAVA CADERE NEL VUOTO...

Fulvio Bufi per il “Corriere della Sera”

Il mondo di Giada non esisteva. Il mondo che lei assicurava ai genitori di frequentare, quello che raccontava agli amici, quello che fingeva di condividere con il fidanzato. Niente era vero. Non solo non esisteva la laurea, non esisteva nemmeno qualche esame superato, perfino l'università non esisteva.

Tutto costruito da lei nella rappresentazione di una realtà alla quale evidentemente si sentiva obbligata pur se non le apparteneva. L'unica verità Giada De Filippo l'ha detta lunedì al fidanzato un attimo prima di lanciarsi dal terrazzo della facoltà di Scienze naturali nella cittadella universitaria di Monte Sant' Angelo. 

Lui l'ha chiamata al cellulare perché non riusciva più a trovarla e lei gli ha risposto. «Sono qui, alza la testa, mi vedi?». E l'ha vista. L'ha vista lasciarsi cadere nel vuoto, l'ha vista morire.

GIADA DE FILIPPOGIADA DE FILIPPO
Fino all'ultimo Giada non ha chiesto aiuto. Il motivo per il quale ha scelto di rispondere al cellulare pure se ormai era a cinquanta centimetri dalla fine non lo saprà mai nessuno, come nessuno saprà mai il perché di quella recita costruita nei dettagli. Non solo aveva raccontato ai genitori, al fratello, al fidanzato e a parenti e amici che stava per laurearsi, ma aveva voluto che tutto, proprio tutto, fosse come quando ci si laurea davvero.

Anzi di più, perché le bomboniere ormai non sempre si fanno, e invece lei era andata a sceglierle; pure il pranzo al ristorante non è una abitudine proprio irrinunciabile, ma lei diceva di tenerci, e il papà aveva già prenotato e gli invitati erano stati avvertiti. E poi il tailleur, il parrucchiere e tutte quelle cose che ci si porta dietro per festeggiare dopo la proclamazione.

GIADA DE FILIPPOGIADA DE FILIPPO
Nella finzione che Giada aveva messo in piedi, nemmeno il luogo dove tutto è avvenuto aveva un legame con la sua storia di non studentessa universitaria e quindi di non laureanda. Giada era stata iscritta alla facoltà di Farmacia per tre anni di seguito, pur senza dare esami. E però quest'estate aveva deciso di non andarci neppure in segreteria a presentare i documenti e pagare le tasse inutilmente per la quarta volta.

Negli elenchi degli studenti della Federico II per l'anno accademico 2017-2018 il nome di Giada De Filippo non c'è. E comunque lì a Monte Sant' Angelo, dove lunedì c'erano effettivamente le sedute di laurea, non aveva mai messo piede, perché la facoltà di Farmacia è altrove. I ragazzi che avrebbero dovuto discutere la tesi l'altro giorno (qualcuno lo ha anche fatto, ma poi tutto è stato sospeso e ovviamente non c'è stata nessuna proclamazione), sarebbero diventati dottori in Scienze naturali.
IL SUICIDIO DI GIADA DE FILIPPO - CITTADELLA UNIVERSITARIAIL SUICIDIO DI GIADA DE FILIPPO - CITTADELLA UNIVERSITARIA

Ma anche la cittadella universitaria faceva parte della sceneggiatura che questa ragazza di 25 anni della provincia di Isernia ha scritto dentro di sé per andarsene dal mondo. Le aule e i corridoi di Scienze, e poi le scale e il terrazzo ne erano la location.

Giada aveva pianificato ogni dettaglio. Forse solo la telefonata del fidanzato era fuori copione. O magari no. Tanto che cambia? Quello che veramente lei coltivava nella sua mente non potrà saperlo mai nessuno. Il papà, un maresciallo dei carabinieri in pensione, si tormenta e si accusa di non aver capito, ma nessuno ha capito, nemmeno il fidanzato, che faceva progetti di matrimonio e lunedì aveva fatto venire da Roma pure il suo papà, perché insomma erano tutti una famiglia.
IL SUICIDIO DI GIADA DE FILIPPOIL SUICIDIO DI GIADA DE FILIPPO

Una famiglia distrutta che oggi riporterà Giada a casa (il magistrato ha scelto di non far fare l'autopsia) e domani le dirà addio nella chiesa del paese. Ci saranno tutti perché è un paese dove tutti si conoscono, e dove nessuno giudica l'atto disperato di una ragazza, dice il sindaco, «di cui conoscevamo il sorriso dolcissimo ma non immaginavamo la fragilità».

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SCANDALO NELLA SANITA’ MILANESE: AI DOMICILIARI 4 PRIMARI, DUE DELL'OSPEDALE GALEAZZI E DUE DEL CTO, PIU’ LA DIRETRICE DI UN OSPEDALE

PRENDEVANO TANGENTI PER LE FORNITURE DI PRODOTTI ORTOPEDICI
protesiPROTESI

Forniture di protesi ortopediche in cambio di mazzette e regali dalle ditte fornitrici. Nuovo terremoto nella sanità milanese. Agli arresti domiciliari, martedì mattina, sono finiti la direttrice sanitaria del Cto-Gaetano Pini, la 59enne Paola Navone, e due primari dello stesso ospedale: Carmine Cucciniello e Giorgio Calori, entrambi di 61 anni.

funzionari pubblici mazzetteFUNZIONARI PUBBLICI MAZZETTE
Coinvolti anche due primari dell’ospedale Galeazzi: il chirurgo Carlo Romanò, 54 anni, e Lorenzo Drago, 55 anni, responsabile del laboratorio di analisi. Anche per loro sono stati disposti gli arresti domiciliari. Per tutti l’accusa è corruzione. In carcere, invece, è finito Tommaso Brenicci, 53 anni, imprenditore e amministratore di alcune società di commercio all’ingrosso di articoli medicali e ortopedici.

protesi 1PROTESI 
Il blitz è stata eseguito dal Nucleo di polizia tributaria, su ordine dei pm milanesi Eugenio Fusco e Maria Letizia Mannella. Si tratterebbe di un altro filone dell’inchiesta che portò in carcere Norberto Confalonieri, l’ex primario del Cto-Gaetano Pini, accusato dagli stessi magistrati corruzione, turbativa d’asta e lesioni volontarie.

Fonte: qui



A MILANO FINISCONO AGLI ARRESTI 4 PRIMARI E UN IMPRENDITORE PER TANGENTI






TOMMASO BRENICCI, 53 ANNI, AMMINISTRATORE DI CINQUE SOCIETÀ CHE COMMERCIANO PRODOTTI MEDICALI E ORTOPEDICI, AVREBBE INCASSATO CIRCA 3 MILIONI E MEZZO DI EURO GRAZIE ALLE CORRUZIONI - VIDEO


Giuseppe Guastella per www.corriere.it

Carmine Cucciniello - Giorgio Maria Calori - Carlo Romano' - Lorenzo DragoCARMINE CUCCINIELLO - GIORGIO MARIA CALORI - CARLO ROMANO' - LORENZO DRAGO
Consulenze, quote societarie, partecipazione a convegno, assunzioni di parenti e anche un cestino di prodotti enogastronomici a Natale pagati da un imprenditore del settore medicale hanno portato all’arresto per corruzione di due primari e del direttore sanitario dell’ospedale Gaetano Pini-Cto e di altri due primari dell’ospedale Galeazzi di Milano oltre che dello stesso imprenditore nell’ennesimo filone giudiziario che scuote la sanità lombarda.

Tommaso Brenicci, 53 anni, amministratore di cinque società che commerciano prodotti medicali e ortopedici, l’unico a finire in carcere, secondo le indagini della Guardia di Finanza di Milano, coordinate dai pm Letizia Mannella ed Eugenio Fusco, avrebbe corrotto gli altri cinque indagati (tutti messi ai domiciliari dal gip Teresa De Pascale) per garantire alle sue aziende le forniture al Pini e al Galeazzi, due tra i più rinomati ospedali ortopedici italiani.
Norberto ConfalonieriNORBERTO CONFALONIERI

L’inchiesta nasce dal quella che portò all’arresto del primario del Cto Norberto Confalonieri, poi rinviato a giudizio per corruzione con l’accusa di aver preso tangenti per usare le protesi d’anca e di ginocchio di due altre aziende. Secondo gli investigatori, le società che fanno capo a Brenicci avrebbero incassato circa tre milioni e mezzo di euro tra il 2012 e il 2017 grazie alle corruzioni, versando periodicamente soldi al primario di ortopedia del Pini Giorgio Maria Calori, 61 anni, al quale sarebbero andati oltre 200 mila euro come contratti di consulenza più 128 mila sterline per transazione tra società in Gran Bretagna.

L’altro primario del Pini Carmine Cucciniello, 61 anni, avrebbe ricevuto 100 mila euro per contratti di consulenza e diritti sull’impiego di protesi e altri 65 mila come retribuzione del figlio assunto da una delle società dell’imprenditore. Consulenze, partecipazioni societarie ed altri benefit sarebbero stati ottenuti da Carlo Romanó e Lorenzo Drago, entrambi primari del Galeazzi, il primo responsabile del laboratorio analisi, il secondo del centro di chirurgia ricostruttiva.

Norberto ConfalonieriNORBERTO CONFALONIERI
Paola Navone, 59 anni, direttore sanitario del Pini avrebbe partecipato a due convegni (uno costato 5.000 euro a Parigi), l’altro in Alto Adige (non si sa il valore) più un cesto di prodotti enogastronomici da mille euro a Natale 2016 sempre per favorire le aziende di Brenicci.

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Sanità e liste d’attesa: “La tempestività ormai è un servizio a pagamento”

Per una colonscopia, nel pubblico si aspetta in media più di 96 giorni; nel privato ne bastano sei. I dati dell’Osservatorio sui tempi di attesa e sui costi delle prestazioni sanitarie nei sistemi sanitari regionali: così il privato fa concorrenza al pubblico, e il Ssn arretra.

Una visita medica nella sanità pubblica? Bisogna aspettare 65 giorni, più di due mesi. 

E se ci si rivolge al privato? Basta una settimana. I dati arrivano dall’“Osservatorio sui tempi di attesa e sui costi delle prestazioni sanitarie nei sistemi sanitari regionali”, condotto da Crea (Consorzio per la ricerca economica applicata) e commissionato da Fp Cgil e dalla Fondazione Luoghi Comuni. Tra lunghi tempi di attesa e peso eccessivo del ticket, i cittadini si stanno abituando ormai a considerare il privato e l’intramoenia come scelte alternative al Sistema sanitario nazionale. Con la sanità pubblica che, tra tagli e scarso personale, è ormai “in ritirata”.

Anche perché la forbice aumenta se si considerano i singoli esami. Per una colonscopia, nel pubblico chiedono di attendere in media più di 96 giorni; nel privato ne bastano sei. Tre mesi di differenza. Per una radiografia articolare la distanza è di 23 giorni contro i 4 del privato. Alcuni aspettano, altri pagano. La tempestività, si legge nel report, «sembra una condizione garantita dal Sistema sanitario nazionale solo per le prestazioni urgenti, mentre è un “servizio a pagamento” nei casi restanti».

L’indagine è stata effettuata su un campione di oltre 26 milioni di utenti, pari al 44% delle popolazione nazionale, su quattro regioni: Lombardia, Veneto, Lazio e Campania. Sono state prese in considerazione 11 prestazioni mediche, ma senza indicazioni di urgenza. 

E quello che viene fuori è che la situazione, nel pubblico, non fa che peggiorare di anno in anno

Si passa da 61 giorni per la visita oculistica nel 2014 a 88 nel 2017; da 36 per la visita ortopedica nel 2014 a 56 nel 2017; e da 69 nel 2014 per la colonscopia a 96 nel 2017.
La tempestività sembra una condizione garantita dal Sistema sanitario nazionale solo per le prestazioni urgenti, mentre è un “servizio a pagamento” nei casi restanti

L’unica alternativa è il privato: le strutture convenzionate, o i servizi a pagamento, intramoenia compreso (cioè effettuato dai medici in ospedale al di fuori dell’orario di lavoro). Per una visita ortopedica, ad esempio, nel privato a pagamento e in intramoenia bastano in media 6 giorni, mentre nel privato accreditato si sale a 27. Sempre meno dei 56 del pubblico.

L’indagine ha analizzato anche i costi per le visite mediche. «La spesa dei cittadini per prestazioni in intramoenia e a pagamento risultano abbastanza consistenti», si legge, «ma in tanti casi non molto distanti dal costo del ticket pagato nelle strutture pubbliche e private accreditate».

Un aspetto interessante che lo studio fa notare è come i costi del privato talvolta siano persino inferiori a quelli dell’intramoenia. Per una visita oculistica in sanità privata, nel 2017 si sono spesi circa 97 euro a fronte dei 98 euro dell’intramoenia. Lo stesso vale per la visita ortopedica, che nel privato ha un costo di circa 103 euro contro i 106 euro dell’intramoenia. In Lombardia, per una coronografia in intramoenia, si possono spendere anche 490 euro. «La sanità privata ha trovato un suo specifico posizionamento derivante dalle inefficienze del pubblico», spiegano dalla Fp Cgil. È la concorrenza, bellezza, e a rimetterci sono i cittadini.

Le poco sostanziali differenze di prezzo e le lunghe liste di attesa hanno incentivato lo sviluppo di un’offerta privata di servizi spesso concorrenziale con quella pubblica, per costo e tempi di risposta.

La situazione poi, è chiaro, varia da regione a regione. Tra le quattro regioni analizzate (Lombardia, Veneto, Lazio e Campania), cambiano i tempi di attesa, ma anche l’organizzazione della sanità pubblica. Con il privato che avanza soprattutto al Sud, dove le carenze del pubblico sono maggiori. A fronte di una media di 11,8 unità di personale del Ssn per 1.000 residenti a livello nazionale, si va dagli 8,6 della Campania ai 16,6 della Valle d’Aosta. La Campania è la Regione delle quattro rilevate in cui la “copertura” da parte di personale di strutture pubbliche o equiparate è minore, mentre è in testa per la quota di privato, con 1,06 posti letto ogni mille residenti. Dalla parte opposta, il Veneto, con 13,6 addetti pubblici e solo 0,26 posti letto privati.

«La sanità privata fa riferimento all’offerta pubblica per calibrare la propria e rendersi competitiva, puntando sul rapporto qualità/prezzo e dunque accorciando notevolmente, con prezzi di poco superiori al ticket, i tempi di attesa».

Fonte: qui

ROMA SOTT’ACQUA – IL MALTEMPO METTE IN GINOCCHIO LA CAPITALE

VIE ALLAGATE, PIAZZA DEL POPOLO DIVENTA UNA VENEZIA IN MINIATURA, METRO CHIUSA E TRAFFICO IN TILT 
SI APRONO VORAGINI, CENTINAIA DI AUTO DANNEGGIATE (75 SOLO SULLA SALARIA)
Andrea Arzilli per il Corriere della Sera - Roma
piazza del popolo allagataPIAZZA DEL POPOLO ALLAGATA

Alberi abbattuti dal vento sulle auto (con una donna ferita), tegole e cornicioni sbriciolati a minaccia dei passanti, buche stradali che si trasformano in voragini, strade chiuse, enormi pozze d' acqua in centro (anche in via del Corso) gallerie sbarrate e allagamenti che portano alla chiusura delle stazioni Flaminio (metro) e Prima porta.

Un autentico bollettino di guerra, in città e sul litorale come a Marino e Palestrina: piove e la Capitale fa acqua da tutte le parti. Sulla via Salaria si sono aperte grandi buche sulla carreggiata: settantacinque auto sono rimaste in panne per i danni ai pneumatici, in serata è dovuta intervenire una squadra di pronto intervento del Comune. Una lunga fila di mezzi si è creata all' altezza della Motorizzazione. A Fiumicino l' aeroporto chiude una pista dalle 8 alle 14 a causa del «forte vento traverso» portando tutti voli ad un ritardo medio di circa 30 minuti. Mentre i vigili del fuoco rispondono alla raffica di chiamate: 40 interventi solo quelli dalle 8 alle 11, alle ore 16 già 110 e si proseguirà fino a 250, cioè il numero stimato di operazioni da completare entro stamattina.

roma maltempo 1ROMA MALTEMPO 1
Il primo effetto tangibile sulla città fin dalla mattina presto, con la pioggia battente che gonfia il fiume di automobili paralizzate nel traffico romano: dalla Cassia alla Flaminia, dalla Nomentana alla Pontina, alla Pisana, a Boccea fino alla via Ostiense, tutte strade soffocate dalle auto in coda che, nella migliore delle ipotesi, procedono a passo d' uomo e con il timore che il vento possa stressare gli alberi già pericolanti. È successo sulla via del Mare, in direzione Roma, un centinaio di metri dopo il tunnel all' altezza di Acilia, quando verso le 10 un grosso albero ha colpito un' auto ferendo una donna a bordo. Anche in via Ugo Rellini, a Ostia, un pino sì è appoggiato sulla facciata di un edificio danneggiando un balcone e scatenando il panico. 

via del corso allagata 2VIA DEL CORSO ALLAGATA 2
In centro, poi, attimi di paura vicino al Senato: le forti raffiche di vento hanno fatto saltare uno dei tre tiranti di sicurezza della grande palma (di 15 metri) nel cortile-giardino di palazzo Carpegna, edificio degli anni '40 che fa da raccordo con Palazzo Madama. Quello degli alberi cadenti è comunque un pericolo che mette in allarme tutta la città, non solo il litorale dove il vento ha fatto registrare i danni più importanti. In via Leone XIII, all' altezza di Piazzetta del Bel Respiro, un albero piombato sulla carreggiata ha rallentato a lungo il traffico, stessa cosa sulla Cassia e a via Marcello Piacentini, a via di Boccea e a viale Pietro De Coubertin. A via Antonio Pacinotti, nei pressi di Lungotevere Vittorio Gassman, alcuni veicoli in sosta sono rimasti danneggiati a causa del crollo di un platano.
Anche la Galleria Giovanni XXIII, altezza via del Foro Italico in direzione Salaria, è rimasta chiusa per molte ore a causa della "presenza di alberi sull' asfalto", come da tweet di Muoversi a Roma. Mentre via dei due Ponti ha chiuso e riaperto il flusso nel giro di qualche ora a causa di un maxi allagamento.

«Aiuto dai privati» Un lunedì straordinario di pioggia che, però, amplifica i problemi quotidiani della città.
roma maltempo 2ROMA MALTEMPO 
Caditoie ostruite, alberi malati e le buche che trasformano le strade di Roma in un autentico percorso di guerra. «Crediamo che l' emergenza sia giunta ad un punto tale da richiedere l' aiuto dei privati - il Codacons lancia una proposta «choc» alla sindaca Raggi -. Proponiamo un bando per la sponsorizzazione dei lavori, come fatto per il restauro del Colosseo, dando la possibilità ad aziende private di contribuire al rifacimento delle strade in cambio di pubblicità».


metro flaminioMETRO FLAMINIO
albero caduto 4ALBERO CADUTO 














In serata, però, nella metro Flaminio la situazione torna alla normalità.

Fonte: qui

SE NON VOLETE ELIMINARE FACEBOOK, ECCO LE 12 INFORMAZIONI DA CANCELLARE SUBITO DAL SOCIAL NETWORK


NON REGALATE A ZUCKERBERG LA DATA DEL COMPLEANNO, UNA PRIMIZIA PER GLI INSERZIONISTI E I LADRI (SI PUO' USARE PER FREGARVI SUL CONTO CORRENTE BANCARIO), MAI LE FOTO DALLE VACANZE, TOGLIETE LA GEOLOCALIZZAZIONE E SOPRATTUTTO...


mark zuckerbergMARK ZUCKERBERG
Con miliardi di utenti, Facebook può essere annoverato tra i potenti della terra: è uno strumento dalle potenzialità esponenziali, ma bisogna saperlo gestire, soprattutto quando parliamo di dati personali. Il recente scandalo di Cambridge Analytica ha indotto molte persone a mettere in discussione il ruolo svolto da Facebook nelle loro vite e in tanti, preoccupati per la loro privacy, hanno cancellato i loro account.

Se desiderate mantenere il vostro account, ma proteggere meglio la vostra privacy, ecco 12 informazioni che dovreste eliminare:

1. Compleanno
facebook zuckerbergFACEBOOK ZUCKERBERG
La data del compleanno è parte di un puzzle importante che include anche il nome e indirizzo: con questi dati le persone possono accedere più facilmente al vostro conto bancario e ai vostri dati personali.

2. Numero di telefono
Lo scenario migliore è che vi troverete ad avere a che fare con qualche ammiratore. Nella peggiore delle ipotesi? Uno stalker che vi chiama incessantemente.

3. La maggior parte dei vostri "amici"
cancella facebookCANCELLA FACEBOOK
La maggior parte dei vostri “amici” non sono amici. Il professore di psicologia di Oxford Robin Dunbar ha teorizzato che gli umani possono mantenere circa 150 relazioni stabili. Dopo aver esaminato 3.375 utenti di Facebook, Dunbar ha scoperto che solo il 4,1% degli amici su Facebook poteva considerarsi tale. Liberarsi dei rami secchi può favorire un'interazione più salutare sui social media.

4. Fotografie dei vostri figli
Victoria Nash, direttore di recitazione dell'Oxford Internet Institute, ha posto una bella domanda su questo argomento, mettendo in luce il problema del consenso: «Che tipo di informazioni i bambini vorranno vedere su di loro online un domani?». Le generazioni precedenti non hanno mai avuto bisogno di fare questa considerazione, ma l'avvento di Internet e dei social media ha stravolto tutto.

facebookFACEBOOK
5. Dove studia vostro figlio
Secondo l'NSPCC, il numero di reati sessuali registrati è aumentato nell'ultimo anno. L'ultima cosa da fare è dare l’opportunità a un molestatore sessuale di scoprire dove il vostro bambino frequenta la scuola.

6. Servizi di localizzazione
I servizi di localizzazione sono disponibili solo su Android o iPhone. Nel 2015 TechCrunch ha riferito che oltre 500 milioni di utenti accedono a Facebook esclusivamente dal proprio cellulare, il che significa che lo stesso numero può potenzialmente trasmettere la propria posizione online a chiunque voglia.

7. Il vostro capo
facebook mobile 2FACEBOOK MOBILE 
Questo è un classico. Facebook è una piattaforma di social media sulla quale si tende a rilassarsi. Ma il vostro capo, se è uno dei vostri amici, può accedere al vostro profilo e vedere tutto. Comprese le lamentele sul lavoro. Si potrebbe optare per escluderlo da determinati aggiornamenti.  

8. Smettete di contrassegnare la vostra posizione
La gente dimentica il fatto che taggarsi a casa vuol dire fornire l’indirizzo.
scambisti in vacanzaSCAMBISTI IN VACANZA

9. Dove e quando state andando in vacanza
Secondo il sito web finanziario “This is Money”, i viaggiatori che vengono svaligiati mentre sono in vacanza potrebbero vedere la loro richiesta negata dall’assicurazione se hanno pubblicato il loro programma delle vacanza sui loro account social.

10. Lo stato della vostra relazione
Se volete celebrare lo sbocciare di una nuova relazione, non fatelo su Facebook. Potrebbe non funzionare, e il conseguente cambiamento di stato da "in una relazione" a "single" vi farà sentire peggio di quanto già non stiate.
CHAT DI FACEBOOK E FALSE IDENTITACHAT DI FACEBOOK E FALSE IDENTITA

11. Dettagli sulla carta di credito
Mai. Questa non è mai una buona idea.

12. Foto della carta d'imbarco
Scattare una foto della carta d'imbarco è un modo per vantarvi delle vostre vacanze, ma… non siate sciocchi! Il codice a barre sulla carta d'imbarco può essere utilizzato per risalire alle informazioni che avete fornito alla compagnia aerea.



OLTRE CAMBRIDGE ANALYTICA. PILLOLA BLU (PT. 1)

Cambridge Analytica è solo la punta dell’iceberg di un sistema ben più complesso. È un problema politico. Non è solo Google. O Cambridge Analytica, o Facebook. È Amazon. È Uber. È Angry Birds. È il surveillance capitalism, fondato sull’estrazione dei dati personali.

3 aprile 2018

“Information is power. But like all power, there are those who want to keep it for themselves”.
Aaron Swartz

Kuala Lumpur, San Paolo, Reykjavík, Pechino, Washington, Abuja, Riad.
Le antiche ley line psicogeografiche, i sentieri viventi della terra che collegavano Stonehenge, le piramidi egizie, le ziqqurat precolombiane dell’America Latina, l’Isola di Pasqua e la Grande Muraglia cinese, sono sostituite da immensi cavi di fibra ottica.Una quantità incalcolabile di dati viaggia sulla rete che attraversa il globo terrestre alla velocità di centinaia di megabyte per secondo.Il pianeta si surriscalda. Tonnellate di acqua sono utilizzate in ogni istante per raffreddare gli immensi server che immagazzinano dati a ciclo continuo.
Tutto si crea. Nulla si distrugge.
Ogni dato personale è conservato e catalogato in maniera certosina.
La storia di ogni singolo individuo nel tardo capitalismo è racchiusa in una manciata di gigabyte, gelosamente custoditi da compagnie private con ramificazioni negli apparati governativi, negli eserciti e nei contractor privati.
Ben oltre Cambridge Analytica.
Tornato prepotentemente sulle prime pagine dopo l’intervista rilasciata dal presunto whistleblower Christopher Wylie su The Guardian del 18 marzo, il suo nome è il velo di Maya che cela il paesaggio del reale a tinte ancor più fosche.
È la pillola blu di Matrix.
Cambridge Analytica è una delle molte società che hanno utilizzato i dati personali degli utenti Facebook per creare pubblicità politiche mirate: una complessa architettura psicoeconomica di cui i Diavolisi erano occupati a tempo debito.
Cambridge Analytica è stata finanziata dal miliardario di estrema destra Robert Mercer e messa in piedi dal suprematista bianco Steve Bannon. È pericolosa, per quello che fa e per quello che rappresenta. Ma non è stata il deus ex machina di una serie di eventi che hanno destabilizzato il pianeta: dalla Brexit all’elezione di Donald Trump a 45esimo presidente degli Stati Uniti d’America.
Spiace per gli opinionisti liberal che cercano una spiegazione esterna per il loro fallimento, che devono giustificare davanti al tribunale supremo dell’etica perché il popolo ha sbagliato a votare.
La psicometria elettorale è vecchia di decenni, lo stesso Obama utilizzava i big data e nessuno si indignò. Lo stesso John F. Kennedy utilizzava i big data e nessuno se ne occupò. Le pubblicità politiche mirate, anche quando funzionano, sono un peso leggero in una comunicazione politica americana in cui è ancora predominante il ruolo della televisione. E gli stessi lobbysti di Cambridge Analytica nell’ambiente erano considerati alla stregua di snake oil salesmen.  Appellativo che da noi si potrebbe dare a Vanna Marchi.
Concentrarsi solamente su questa piccola società londinese, senza arrivare a considerare dati personali e interazioni sociali come il nuovo capitale fisso della contemporaneità, con tutte le contraddizioni che ne seguono, è erigere un velo di Maya sulla realtà.
Prendiamo un’altra società, nota a tutti.
Vale la pena ripercorrere la serie di inquietanti tweet dello sviluppatore web e consulente tecnologico Dylan Curran, che ha chiesto a Google che cosa sapesse di lui.
Come risposta, ecco arrivare 5.5 Gigabyte di dati, 3 milioni di documenti in formato Word. La sua vita degli ultimi anni, la sua vita da quando si connesso.
C’è dentro tutto. Tutto quello cui Google ha avuto accesso, ovvero qualsiasi altra applicazione è stata usata con il suo telefonino o con il suo computer. Google sa i posti in cui è stato, giorno e ora precisi. Cosa ha mangiato, bevuto. I chilometri percorsi a piedi, in auto o con qualsiasi altro mezzo di locomozione. A chi ha telefonato, mandato messaggi o email. La musica che ha ascoltato, i video che ha guardato, i siti che ha visitato. Le password, le frasi segrete, i codici cifrati. Tutto quello che è ancora in memoria da qualche parte. Tutto quello che è stato cancellato, anche in maniera definitiva.
Nessuno ha avuto bisogno di installare un microfono o una telecamera nell’appartamento di Dylan Curran, nel taxi che ha usato un giorno o nel ristorante in cui ha mangiato un altro giorno. Ha fatto tutto lui, semplicemente scattando una foto o condividendo un video.
La vita di Dylan Curran, la nostra vita, è in mano a Google e alle mille applicazioni ad esso collegato o meno. A qualsiasi governo, agenzia pubblica o privata che abbia comprato da Google o da altre compagnie questi dati.
Come spiega Evgenij Morozov in questa intervista al canale Abc, Cambridge Analytica è solo la punta dell’iceberg di un sistema ben più complesso. Le cui radici sono nella tecnologia militare della Guerra Fredda. E le ramificazioni si declinano oggi nell’immenso settore economico del warfare.
È un problema politico.
Non è solo Google. O Cambridge Analytica, o Facebook. È Amazon. È Uber. È Angry Birds. È Lockheed Martin, il più importante contractor del Pentagono e dei servizi aerospaziali. È un sistema che si rifà alle fondamenta della moderna società americana.
È il surveillance capitalism, fondato sull’estrazione dei dati personali.
Fine anni Cinquanta. Tra le prime società che s’interessano alla raccolta e alla catalogazione dei dati c’è la Simulmatics Corporation, società nata dal modello psicometrico simulmatics per orientare i flussi elettorali nonché contractor dell’esercito americano che si occupa di spionaggio e controguerriglia in funzione anticomunista.  Tra i fondatori c’è Ithiel de Sola Pool, professore al MIT, pioniere della tecnologia applicata alle scienze sociali, creatore del modello teorico simulmatics e una delle menti dietro la creazione di Arpanet (Advanced Research Projects Agency Network), il progetto dell’esercito americano da cui nasce internet.
Ithiel de Sola Pool studia la propaganda sovietica e tedesca, mette in piedi un enorme laboratorio psicometrico di raccolta e analisi dei dati e dimostra come si possa manipolare un gruppo di persone in funzione elettorale. Poi in funzione militare e strategica.
Negli anni Sessanta e Settanta diventa sempre più importante. Ci sono da reprimere i movimenti per i diritti civili nelle strade americane, ci sono da fottere i musi gialli nei cunicoli del Viet Nam. C’è da aiutare l’elezione di JFK. C’è da offrire sostegno alle centrali europee anticomuniste: Aginter Press, Gladio.
La Simulmatics Corporation cataloga i nemici dello stato. È il panopticon definitivo.
Immettendo sul motore di ricerca di Google il nome Simulmatics Corporation appaiono milletrecentonovanta risultati, molti dei quali inutili. Cercando Orietta Berti ne appaiono trecentosessantaquattromila, Beyonce centoventiseimilioni. Qualcosa non quadra.
Le prime reti tecnologiche sono nere, mettono bombe nelle piazze e nelle stazioni, radono al suolo interi villaggi, dagli aerei militari rovesciano un’intera generazione in alto mare. Oggi non è diverso.
Oggi tra le più importanti società che s’interessano alla raccolta e alla catalogazione dei dati personali c’è Palantir. Le similitudini con Cambridge Analytica sono molte. Se la prima è sovvenzionata dal miliardario di estrema destra Robert Mercer, la seconda è di Peter Thiel, stessa fede politica, cofondatore di PayPal e tra i primi finanziatori di Facebook.
Palantir però va oltre. Nel suo board siede Erik Prince, ex responsabile della società di mercenari e guerriglieri privati Blackwater. Palantir lavora per i servizi segreti e per il Pentagono. Palantir prosegue con altri mezzi, molto più sofisticati, il lavoro della Simulmatics Corporation.
Palantir nel 2012 firma un accordo con la polizia di New Orleans per un sistema volto a prevenire i reati. Lo stesso potrebbe aver fatto con i dipartimenti di New York e Los Angeles. È la psicopolizia.
È Minority Report. Dalla raccolta e dall’incrocio dei dati personali si stilano profili criminali possibili, in attesa di una legge che consenta l’arresto prima ancora che il reato sia commesso. È ovvio che i profili sono indicizzati in base al genere, al colore della pelle, al ceto sociale, al credo religioso, all’orientamento sessuale. È lotta di classe dall’alto.
Palantir ha venduto il suo sistema di polizia predittiva basato sul data mining  a diverse polizie e servizi segreti occidentali.  Ma lo stesso hanno fatto Google, Facebook, Twitter, Instagram, che hanno venduto i dati personali degli attivisti e delle persone di colore vicine al movimento Black Lives Matters alle polizie di diverse città americane. E non solo.
Sorvegliare è già punire. Il panopticon immaginato come potere supremo e invisibile da Michel Foucault ce lo siamo costruiti noi. Con le nostre mani.
Ma nemmeno nell’utilizzo militare si esaurisce la funzione di estrazione dei dati. I dati sensibili sono il nuovo capitale fisso. L’estrattivismo digitale l’infrastruttura dell’intero sistema del tardo capitalismo.
Una quantità incalcolabile di dati viaggia sulla rete che attraversa il globo terrestre alla velocità di centinaia di megabyte per secondo. La corsa al possesso del nuovo oro digitale vede schierati uno contro l’altro le più i colossi hi tech e i grandi fondi sovrani.
Una nuova guerra ha inizio. Un nuovo mondo si spalanca.
È la pillola rossa di Matrix.