9 dicembre forconi: 09/25/18

martedì 25 settembre 2018

TRUMP ORDINA L'OFFENSIVA CONTRO GLI ASSALTI INFORMATICI DI CINA E RUSSIA

TUTTE LE AGENZIE FEDERALI HANNO RICEVUTO NUOVE LINEE GUIDA SU COME PROTEGGERE I DATI PERSONALI DEI CITTADINI AMERICANI 

IL PENTAGONO POTRÀ SERVIRSI DI POTENTISSIMI VIRUS INFORMATICI, COME “STUXNET”, PER ATTACCHI CONTRO PAESI STRANIERI SENZA DOVER RICEVERE L'APPROVAZIONE DEL DIPARTIMENTO DI STATO E DELL'INTELLIGENCE…

Angelo Paura per “il Messaggero”
vladimir putin regala una palla del mondiale a trumpVLADIMIR PUTIN REGALA UNA PALLA DEL MONDIALE A TRUMP
Donald Trump sa che con l' inchiesta sul Russiagate ancora aperta e le elezioni di Midterm alle porte, un nuovo attacco hacker potrebbe essere un grosso problema, soprattutto perché darebbe al mondo un nuovo segnale di debolezza di Washington. Allo stesso tempo il presidente Usa vuole fare la voce grossa, dando l' impressione di avere sotto controllo la sicurezza nazionale e di voler evitare nuove infiltrazioni russe, dopo quelle della campagna elettorale del 2016. Così Trump ha mandato avanti il suo consigliere più fidato, John Bolton, che ha presentato una strategia contro gli attacchi informatici.
Come funziona? Tutte le agenzie federali hanno ricevuto nuove linee guida - chiaramente top secret - su come proteggere i dati personali dei cittadini americani: di recente infatti l' intelligence ha preannunciato un bombardamento di hacker e governi stranieri. In un documento di 40 pagine firmato dal presidente si spiega l' importanza di difendere gli Stati Uniti: La prosperità e la sicurezza dipende da come rispondiamo alle opportunità e alle sfide del cyberspazio, si legge.
Bolton ha subito chiarito che la strategia è soprattutto difensiva e che i toni minacciosi di una eventuale risposta servono a creare una struttura deterrente che faccia capire ai pirati che i costi sono altissimi, molto più dei benefici. Ma non tutti credono alle parole del consigliere per la sicurezza nazionale, da sempre noto per le sue posizioni tutt' altro che pacifiste. Infatti, solo una settimana fa, Trump ha preparato il terreno alla sua strategia cyber, eliminando la Presidential Policy Directive 20, un provvedimento dell'era Obama, che limitava all' esercito la libertà di usare armi digitali.
trump e xi jinping alla citta proibita piazza tien an menTRUMP E XI JINPING ALLA CITTA PROIBITA PIAZZA TIEN AN MEN
Adesso il Pentagono potrà servirsi di potentissimi virus informatici, come Stuxnet, per attacchi contro paesi stranieri senza dover ricevere l' approvazione del dipartimento di Stato e dell' intelligence. Una proposta quella di Trump che arriva in forte ritardo, dopo mesi di pressioni del Congresso, sempre più preoccupato per quello che potrebbe accadere in vista del 6 novembre, la data delle elezioni.
LE CRITICHE
Ma l' attesa non è servita a molto. Diversi osservatori sostengono che non ci siano grandi novità rispetto alla strategia di Barack Obama. In realtà, dicono i critici, Trump sta solo cercando di mostrare un approccio più duro e credibile nei confronti della Russia e di altri avversari stranieri, per mettere a tacere le critiche dei politici e degli esperti di sicurezza informatica. Nulla di più, a parte un approccio guerrafondaio, in linea con le posizioni di Bolton, che da maggio è diventato anche il dominus della cybersicurezza dopo che Trump ha licenziato il coordinatore delle strategie informatiche.
HACKERHACKER
La nuova proposta, infine, prevede una stretta collaborazione con le aziende tecnologiche, che con Trump hanno da sempre un rapporto conflittuale, in particolare per le tasse (ne pagherebbero troppo poche) e per la decisione di produrre all' estero. Ma anche in questo caso la Casa Bianca non ha presentato un progetto specifico: Abbiamo creato internet e lo abbiamo condiviso con il mondo; adesso faremo la nostra parte per mettere al sicuro e conservare il cyberspazio per le generazioni future, ha scritto Trump nel documento, affidando per ora la difesa degli Stati Uniti più alla retorica che a un piano di azione concreto.
Fonte: qui

ECCO COME AUTOSTRADE GUADAGNA CON GLI AUMENTI DEI PEDAGGI



LA VARIABILE PIÙ SIGNIFICATIVA? LE STIME DI CRESCITA DEL TRAFFICO 

IL NUMERO DI VEICOLI CHE TRANSITA OGNI ANNO SULLE TRATTE AUTOSTRADALI PUÒ VARIARE IN MODO SIGNIFICATIVO GLI INTROITI DI UN CONCESSIONARIO 

LA REPLICA DI “AUTOSTRADE” AL “SOLE 24 ORE”

PEDAGGIO, ECCO COME AUTOSTRADE GUADAGNA CON GLI AUMENTI
Laura Serafini per https://www.ilsole24ore.com

fratelli benettonFRATELLI BENETTON
I margini di manovra che le convenzioni autostradali italiane consentono ai concessionari per assicurare una relativa certezza di crescita dei ricavi, e dunque dei profitti, non sono pochi. Il contratto che regola i rapporti tra Autostrade per l’Italia (Aspi) e lo Stato fu approvato nel 2008 con un decreto legge e stabilisce un regime unico rispetto alle altre concessioni. In tutto, tra le varie concessionarie, ci sono ben 6 regimi diversi tanto da far definire la regolazione del settore autostradale nazionale “à la carte”. I meccanismi sui quali fare leva per sostenere i margini sono però simili.

La variabile più significativa è legata alle stime di crescita del traffico: il numero di veicoli che transita ogni anno sulle tratte autostradali può variare in modo significativo gli introiti di un concessionario. Il contratto stabilisce che le tariffe (determinate in periodi regolatori di 5 anni, anche se gli incrementi dei pedaggi sono riconosciuti ogni anno) abbiano aumenti pari al 70% dell’inflazione reale, incrementabili per remunerare alcune tipologie di investimenti (i fattori X e K).
autostrage per l italiaAUTOSTRAGE PER L ITALIA

Una volta stabilita una tariffa unitaria per veicolo, lo scenario può cambiare molto se le stime previste nei piani finanziari sono più prudenti rispetto a quanto accade nella realtà. Ed è esattamente quello che si verifica nella realtà: nel periodo regolatorio 2013-2017, come descritto nel piano finanziario pubblicato da Aspi, l’andamento del traffico registrato dai bilanci della società è sempre stato migliore rispetto alle stime, con discostamenti anche di 2 punti percentuali. I ricavi da pedaggio pubblicati sui bilanci confrontati con le stime dell’atto aggiuntivo siglato nel 2013 mostrano aumenti oltre il 10% fino a punte del 18 per cento. Certo, ci sono state fasi in cui ad Aspi le cose non sono andate bene: nel 2012, anno della forte recessione in Italia, il traffico è crollato di oltre il 7 %, ben peggio di ogni stima. La convenzione prevede che il rischio traffico sia a carico del concessionario; se però le stime sono sempre basse questo rischio si riduce.
impero della famiglia benettonIMPERO DELLA FAMIGLIA BENETTON

Nel 2007 furono inserite clausole nella convenzione (i paletti per limitare gli extraprofitti) perché a fronte di discostamenti in positivo oltre l’1% sulle stime la società facesse accantonamenti progressivi in un apposito fondo alla fine di ogni periodo regolatorio di 5 anni. Quegli accantonamenti non sono mai stati fatti: il motivo risiede in un’interpretazione data alla clausola in base alla quale i guadagni ottenuti quando il traffico è ben superiore alle stime servono a compensare i minori introiti (come quelli del 2012) quando le cose vanno male. Ma alla fine, allora, il rischio d’impresa dov’è?

gilberto benettonGILBERTO BENETTON
L’altra leva di manovra sono i costi. Un sistema di price cap puro (come in parte era previsto nella convenzione Aspi ante 2007) tiene conto delle efficienze sui costi (misurate come aumento della produttività) perché i benefici che ne derivano siano restituiti agli utenti sotto forma di riduzione delle tariffe. In fase di revisione della convenzione nel 2007 è stato fatto il seguente ragionamento: è stato calcolato in modo forfettario un aumento della produttività in tutto l’arco della concessione (che scade nel 2038) del 30%; rispetto al passato, quando veniva recuperato il 100% dell’inflazione programmata, quel 30% è stato scalato, e la tariffa è stata legata al 70% dell’inflazione reale. Se, come annunciato, il governo passerà i compiti di vigilanza e controllo dal ministero a un’Authority, con tutta probabilità i contenuti delle convenzioni andrebbero rivisti, per tenerne conto. Potrebbe essere l’occasione per portare i concessionari a cambiare le regole del gioco passando da una regolazione blindata per contratto a un sistema che consenta, ad esempio, di adeguare rapidamente la remunerazione al trend del traffico.
campagna pubblicitaria autostrade per l italiaCAMPAGNA PUBBLICITARIA AUTOSTRADE PER L'ITALIA

2 - LA LETTERA DI AUTOSTRADE
Gentile Direttore, in relazione all'articolo «Ecco come Autostrade guadagna con gli aumenti delle tariffe», che lascia intendere che Autostrade per l'Italia abbia avuto un beneficio dalla sottostima dei ricavi futuri, Autostrade per l'Italia ritiene importante precisare che l'evoluzione del traffico sulla rete della società - misurata in km percorsi - ha fatto registrare nel 2017 un livello di traffico consuntivato ampiamente inferiore (-18,9%) rispetto alle previsioni per l'anno 2017 contenute nel Piano Economico Finanziario allegato alla Convenzione Unica del 2007.

Tale minor traffico si è tradotto in minori ricavi che, secondo la Convenzione di Autostrade per l'Italia in vigore dal 2008, non sono recuperabili in tariffa e quindi determinano un “ rischio traffico” interamente a carico del Concessionario.

gilberto benettonGILBERTO BENETTON





A proposito di ricavi, inoltre, è utile segnalare ai lettori del Sole 24 Ore un elemento rilevante che non compare nell'articolo: il confronto tra le tariffe di Autostrade per l'Italia e quelle applicate negli altri Paesi europei. Dal benchmark emerge che i pedaggi pagati da chi viaggia sulla nostra rete sono i più bassi in Europa.

Ad esempio, i pedaggi chilometrici (centesimi al kilometro) sulla rete di Autostrade per l'Italia sono inferiori del 40% circa rispetto a quelli applicati in Spagna e del 15% circa rispetto a quelli applicati in Francia. Come chiunque può facilmente verificare sul sito www.autostrade.it nell'area “Dati e fatti sulla nostra attività”, visibile in homepage.

Ufficio stampa
Autostrade per l'Italia

Fonte: qui



“AUTOSTRADE” HA TAGLIATO DEL 98% GLI INVESTIMENTI SUL PONTE: CON LO STATO SI SPENDEVANO IN MANUTENZIONE 1,3 MILIONI L'ANNO, CON I BENETTON APPENA 23.000 EURO 

BELPIETRO: “IL CROLLO DEL PONTE MORANDI NON È STATO UNA TRAGICA FATALITÀ. IL PERICOLO ERA RISAPUTO DA SEMPRE, MA PER MOLTI LUNGHI ANNI SI È PREFERITO INCASSARE PIÙ CHE RISANARE. UN CASO PERFETTO DI CAPITALISMO DA RAPINA”

Maurizio Belpietro per “la Verità”

Che il ponte Morandi fosse a rischio di caduta lo sapevano da anni e nonostante lo sapessero le spese di manutenzione diminuirono verticalmente, passando dagli 1,3 milioni l' anno spesi dallo Stato ai 23.000 euro l' anno spesi dalla nuova gestione formato Benetton. L' atto d' accusa, quasi una sentenza, è scritto nero su bianco nella relazione della commissione d' inchiesta voluta dal ministero.

fratelli benettonFRATELLI BENETTON
C' è scritto che dal 1982 a oggi, per la conservazione del viadotto di Genova, sono stati spesi oltre 24 milioni, ma dalla privatizzazione al momento del disastro la cifra investita è stata di soli 470.000 euro. Il confronto è da paura. Soprattutto se si tiene conto dell'invecchiamento dell' opera e dei rischi manifesti di un collasso. Il pericolo era noto almeno dal 2017, cioè quando fu messo a punto dalla società concessionaria un progetto di ammodernamento del viadotto.

Tuttavia, nonostante ci fosse un' evidente minaccia di crollo, Autostrade sottovalutò «l'inequivocabile segnale d' allarme», «minimizzando o celando» la gravità della situazione al ministero delle Infrastrutture, senza «adottare alcuna misura precauzionale a tutela dell'utenza». A scrivere è ancora una volta la commissione d' inchiesta.

Nel documento, reso pubblico ieri sul sito del ministero guidato da Danilo Toninelli, i tecnici a cui è stata affidata la prima perizia dopo il disastro di Genova puntano il dito contro Autostrade per l'Italia, mettendo in luce una serie di gravi carenze della società.

Tanto per cominciare «non esisteva, non essendo mai stata eseguita, la valutazione di sicurezza del cavalcavia sul fiume Polcevera».

la famiglia benetton su vanity fairLA FAMIGLIA BENETTON SU VANITY FAIR
Già, perché al contrario di quanto il 23 giugno del 2017 aveva comunicato l' azienda, la commissione ha scoperto che nessuno si era mai preso la briga di eseguire con una perizia tecnica la valutazione di sicurezza. Altro che costante monitoraggio, come sui giornali sensibili alla pubblicità multicolore della famiglia di Ponzano Veneto si è detto e scritto. Sul ponte, che da anni era giudicato «ammalorato» a causa della salsedine e delle sollecitazioni di un traffico più che quadruplicato, nessuna misura per garantire la sicurezza dei viaggiatori è stata messa in atto.
impero della famiglia benettonIMPERO DELLA FAMIGLIA BENETTON

I tecnici della commissione, a questo proposito, non dimostrano di avere dubbi, al punto da sostenere che le funzioni di controllo affidate al Comitato tecnico del provveditorato, ossia le verifiche sulla stabilità del manufatto, non sono state eseguite in quanto Autostrade non ha mai segnalato alcuna criticità. Dicono i commissari: «Emerge, nel caso concreto, che esse non si sono potute espletare in modo compiuto a causa della omissione della segnalazione delle criticità non riportate con la dovuta evidenza negli elaborati progettuali presentati da Aspi».

i meme sui benetton e il crollo del ponte di genovaI MEME SUI BENETTON E IL CROLLO DEL PONTE DI GENOVA
Tradotto, significa che la commissione accusa Autostrade per l'Italia di aver taciuto, evitando di avvisare il ministero, forse per timore di controlli o forse proprio perché neppure l' azienda posseduta dai Benetton ha mai effettuato verifiche. Di più: secondo i tecnici nominati per conoscere le cause del crollo del 14 agosto e le eventuali omissioni della società, «la procedura di controllo della sicurezza strutturale delle opere documentata da Aspi, basata su ispezioni, è stata in passato ed è tuttora inadatta a prevenire crolli e del tutto insufficiente per la stima della sicurezza nei confronti del collasso».
i meme sui benetton e il crollo del ponte di genovaI MEME SUI BENETTON E IL CROLLO DEL PONTE DI GENOVA

Ma il peggio è costituito dal passaggio in cui i commissari spiegano che fino al 1994, cioè fino a quando la società era nelle mani dello Stato, sono stati eseguiti lavori strutturali, dunque di mantenimento in sicurezza del ponte. Poi, dal 2005 a oggi, la spesa per interventi sulle strutture è scesa a 440.000, cioè poco più di 30.000 l' anno. «Nonostante la vetustà dell' opera e l' accertato stato di degrado», scrivono i tecnici, «i costi degli interventi strutturali fatti negli ultimi 12 anni sono trascurabili».

Insomma, il ponte invecchiava e rischiava di essere minato nella sua stabilità, ma l' azienda dei Benetton fece investimenti risibili. E dire che nel 2017, nella relazione della stessa Autostrade, «emergevano elementi che avrebbero dovuto spingere la società a prendere un provvedimento di messa in sicurezza improcrastinabile». E invece non fu fatto niente. Anzi, qualcosa fu fatto: si continuò a incassare il pedaggio sul transito di milioni di veicoli invece di bloccare il traffico.

gilberto benettonGILBERTO BENETTON
L'analisi dei commissari non lascia spazio a incertezze. Il crollo del ponte Morandi non è stato una tragica fatalità, un evento improvviso e non annunciato. Il pericolo era risaputo da sempre, ma per molti lunghi anni si è preferito incassare più che risanare.
Un caso perfetto di capitalismo da rapina. Ma anche un caso in cui lo Stato, cioè colui che doveva controllare, ha dimostrato tutta la propria inefficienza.

E a proposito di mano pubblica e di dinamismo, quando si svolsero i funerali delle 43 vittime della strage il governo in coro giurò che avrebbe fatto in fretta a ricostruire il ponte per consentire a Genova di non essere spezzata in due. È passato oltre un mese da quella promessa, ma a oggi non solo non è stato posto neppure un mattone, ma non è stata nominata la struttura che dovrà occuparsene.

A quanto si apprende, il decreto dovrebbe essere stato trasmesso al Quirinale, dopo gli ultimi litigi, solo nella notte. Il commissario forse si saprà oggi, i tempi non sono definiti, il progetto vedremo. Sono passati troppi giorni. Proprio come nella peggiore Italia, quella che ha consentito, nell' indifferenza generale, che il ponte crollasse e seppellisse la vita di 43 persone.

Fonte: qui

“LE TRAVI NON REGGONO PIÙ” 

NEL 2017 UN INGEGNERE PRESENTÒ 62 OBIEZIONI AL PROGETTO DI RISTRUTTURAZIONE DI PONTE MORANDI: TRA QUESTE CLAUDIO BANDINI CHIEDEVA CONTO DEI RISULTATI DEI TEST FATTI DA SPEA, CHE EVIDENZIAVANO L'USURA DELLE TRAVI 

Estratto dell’articolo di Marco Mensurati e Fabio Tonacci per “la Repubblica”

IL MONCONE CROLLATO DEL PONTE MORANDIIL MONCONE CROLLATO DEL PONTE MORANDI
Nelle 62 obiezioni al progetto di ristrutturazione del ponte Morandi presentato da Autostrade nel 2017, sollevate da un ingegnere della stessa società e, adesso, contenute in un documento riservato allegato alla relazione finale della "Commissione Toninelli", c' è, secondo i tecnici del ministero delle Infrastrutture, la Prova.

(…)

PONTE MORANDI PERQUISIZIONI AL POLITECNICO E AL CESIPONTE MORANDI PERQUISIZIONI AL POLITECNICO E AL CESI
Si tratta dell' esito dei test fatti da Spea (società del gruppo Atlantia, che controlla anche Autostrade) sulle travi del Morandi su cui poggiava la strada. (…) «La verifica non è soddisfatta», come dimostra la tabella "St002" che riporta una sfilza di cifre inferiori a 1, l' indice sotto il quale una struttura rischia di crollare perché non sostiene più il peso per cui è stata progettata. In particolare, alle prove della Spea, alcune travi del Morandi dettero come risultato 0,58.

(…)

ponte morandiPONTE MORANDI
La tabella della Spea è allegata al progetto esecutivo della ristrutturazione delle pile 9 (quella crollata) e 10 che il cda di Autostrade approvò il 12 ottobre 2017. Secondo il Codice degli appalti, però, quel progetto avrebbe dovuto prima essere certificato da un organismo esterno, perché superiore di 159.344 euro, al tetto dei 20 milioni. Norma che, secondo la Commissione, Autostrade ignorò deliberatamente. Tant' è che incaricò della certificazione un interno, l' ingegner Claudio Bandini.

(…)
IL PROGETTO DI RICOSTRUZIONE DI PONTE MORANDI DI STEFANO GIAVAZZIIL PROGETTO DI RICOSTRUZIONE DI PONTE MORANDI DI STEFANO GIAVAZZI

Il suo compito era di scrivere un rapporto di validazione. E però, l' ingegner Bandini, quando vide quelle cifre, si spaventò. Rimandò l' incartamento ai mittenti, senza validarlo, ma accompagnandolo con 62 osservazioni e domande.

(…)

Rimediò, sia pure in burocratese, una rispostaccia: «L' intervento sugli stralli costituisce un' attività estremamente specialistica, il cui sviluppo si traduce in scelte costruttive e dimensionali fortemente presidiate in fase di progettazione. Pertanto non si ritiene necessario intervenire sugli aspetti sopra menzionati». In altre parole, Bandini si doveva fare gli affari suoi.

(…)

Tra le sue osservazioni, vane, ce ne è una che la Commissione ha tenuto a sottolineare. La numero 3. Dove Autostrade scivola su una bugia. Bandini chiese se i progettisti fossero in regola con gli adempimenti in zona sismica. Risposta: «Gli adempimenti sono in corso». (…) Ecco l' incongruenza: Autostrade dà tre versioni diverse dello stesso fatto. La prima, del 23 giugno 2017: Autostrade con una nota comunica alla Direzione generale di Vigilanza sulle concessionarie autostradali, quindi al ministero, che gli adempiementi sismici «sono stati effettuati». La seconda, quella offerta all' ingegner Bandini: «Sono in corso». La terza, quella sostenuta due giorni fa da Autostrade: «Non erano necessari».

Fonte: qui
  

La strategia di Salvini e Di Maio

Non avranno lo stesso peso della famigerata lettera della Bce al governo italiano del 4 agosto 2011 (quella che annunciava la defenestrazione di Berlusconi e aprì la via a Monti), tuttavia ci siamo vicini.
Ieri Mario Draghi ha sferrato un fendente al governo giallo-verde, schierando apertamente la Bce sul fronte dei nemici del governo giallo-verde. Lo ha fattopronunciando parole felpate ma minacciose, chirurgiche ed inequivocabili:
«Le parole del governo hanno creato danni agli italiani. Ora aspettiamo i fatti e i fatti sono non solo la Legge di bilancio ma anche la successiva discussione parlamentare».

Ci voleva una conferma più lampante che la Legge di bilancio sarebbe stata la sua prova del fuoco?

Draghi ha quindi svelato, non senza una pelosa chiamata in correo del Presidente del consiglio, di fare affidamento su quella che abbiamo chiamato Quinta colonna a palazzo Chigi:
“Dobbiamo essere consapevoli di ciò che hanno detto il Primo ministro italiano, il ministro dell’Economia e il ministro degli Esteri, e cioè che l’Italia rispetterà le regole”.

In perfetto sincronismo, mentre Draghi parlava a Francoforte, a Roma, il Commissario europeo al bilancio Gunther Oettinger, nella sua audizione al Parlamento andava giù duro sul fatto che il governo non ha altra scelta se non quella di rispettare i vincoli di bilancio inscritti nei trattati.
Come se non bastasse, da Parigi, un altro Commissario (agli affari economici e monetari), Pierre Moscovici, ha dichiarato che «L’Italia è un problema per la zona euro. La sua Legge di bilancio dev’essere credibile» ed ha aggiunto una frase gravissima: «Oggi non c’è Hitler ma tanti piccoli Mussolini».
A queste pesantissime e minacciose ingerenze la risposta degli accusati non si è fatta attendere. Ci hanno pensato prima Claudio Borghi e dunque Luigi Di Maio.

Qual è stato, al di la delle deboli rimostranza di rito, il succo delle risposte (che indicano l’esistenza di una perfetta concordanza  tra i vertici M5s e Lega)?

«No problem! tra 6-8 mesi questa commissione non esisterà più».
In questa lapidaria locuzione c’è la strategia di Di Maio e Salvini: guadagnare tempo, non tirare troppo la corda fino alle elezioni europee (maggio 2019) poi si vedrà. Essi sembrano certi che le urne travolgeranno le due forze sistemiche (popolari e socialisti) e che dunque, nel nuovo quadro politico, si potrà accelerare nell’attuazione del contratto di governo, sbarazzandosi della Quinta colonna in seno al governo, se serve andando di corsa ad elezioni anticipate.

Ha questa strategia, oltre a stringenti e momentanee necessità tattiche, spessore strategico? E se sì qual è?

A me pare chiara: con questa Ue ed i suoi trattati (ed il macigno di un debito pubblico il cui rimborso non potrà mai essere onorato) per l’Italia in trappola due sole sembrano le vie percorribili: o l’uscita unilaterale con atto politico sovrano, oppure “disfare” (verbo usato dal Times) — decostruire per usare un verbo raffinato — per tappe l’Unione europea di concerto con gli altri governi per tornare a prima dell’euro e di Maastricht. Insomma, in nome di un “sano” europeismo l’idea di una confederazione europea di stati sovrani (senza ovviamente moneta unica).

Questo è evidentemente — considerata la dissimulazione di cui si parlava su questo blog — il “Piano A” di Di Maio e Salvini, un piano il quale, se capiamo bene, è condiviso non solo da Savona ma pure da Bagnai e Borghi —col che abbiamo non solo che l’alleanza tra M5s e Lega è più solida di quanto possa sembrare; abbiamo che la sinistra patriottica è obbligata ad entrare nel merito, dare un suo giudizio, perché, al fondo, è su questo terreno che va portato il confronto con M5s e Lega, è su questo che si decide (non su aspetti secondari com’è ad esempio l’immigrazione o altre singole pur importanti vicende) il rapporto col governo.

Chi scrive considera aleatorio il “Piano A” di Di Maio e Salvini, poiché esposto a troppe e imponderabili variabili. Ci torneremo. Intanto è ovvio chiedersi: ce l’hanno Di Maio e Salvini un “Piano B”? Oppure vogliono impiccarsi alla strategia della “guerra di posizione” o “di logoramento”? E come può risultare vincente essa strategia se il nemico usasse invece la strategia della “guerra di movimento” e dell’assalto frontale?

Da Sollevazione

Fonte: qui

Evidence The Housing Bubble Is Bursting?: “Home Sellers Are Slashing Prices At The Highest Rate In At Least Eight Years”


The housing market indicated that a crisis was coming in 2008.  Is the same thing happening once again in 2018?  For several years, the housing market has been one of the bright spots for the U.S. economy.  Home prices, especially in the hottest markets on the east and west coasts, had been soaring.  But now that has completely changed, and home sellers are cutting prices at a pace that we have not seen since the last recession.  In case you are wondering, this is definitely a major red flag for the economy.  According to CNBC, home sellers are “slashing prices at the highest rate in at least eight years”…

After three years of soaring home prices, the heat is coming off the U.S. housing market. Home sellers are slashing prices at the highest rate in at least eight years, especially in the West, where the price gains were hottest.
It is quite interesting that prices are being cut fastest in the markets that were once the hottest, because that is exactly what happened during the subprime mortgage meltdown in 2008 too.
In a previous article, I documented the fact that experts were warning that “the U.S. housing market looks headed for its worst slowdown in years”, but even I was stunned by how bad these new numbers are.
According to Redfin, more than one out of every four homes for sale in America had a price drop within the most recent four week period…
In the four weeks ended Sept. 16, more than one-quarter of the homes listed for sale had a price drop, according to Redfin, a real estate brokerage. That is the highest level since the company began tracking the metric in 2010. Redfin defines a price drop as a reduction in the list price of more than 1 percent and less than 50 percent.
That is absolutely crazy.
I have never even heard of a number anywhere close to that in a 30 day period.
Of course the reason why prices are being dropped is because homes are not selling.  The supply of homes available for sale is shooting up, and that is good news for buyers but really bad news for sellers.
It could be argued that home prices needed to come down because they had gotten ridiculously high in recent months, and I don’t think that there are too many people that would argue with that.
But is this just an “adjustment”, or is this the beginning of another crisis for the housing market?
Just like a decade ago, millions of American families have really stretched themselves financially to get into homes that they really can’t afford.  If a new economic downturn results in large numbers of Americans losing their jobs, we are once again going to see mortgage defaults rise to stunning heights.
We live at a time when the middle class is shrinking and most families are barely making it from month to month.  The cost of living is steadily rising, but paychecks are not, and that is resulting in a huge middle class squeeze.  I really like how my good friend MN Gordon made this point in his most recent article
The general burden of the American worker is the daily task of squaring the difference between the booming economy reported by the government bureaus and the dreary economy reported in their biweekly paychecks. There is sound reason to believe that this task, this burden of the American worker, has been reduced to some sort of practical joke. An exhausting game of chase the wild goose.
How is it that the economy’s been growing for nearly a decade straight, but the average worker’s seen no meaningful increase in their income? Have workers really been sprinting in place this entire time? How did they end up in this ridiculous situation?
The fact is, for the American worker, America’s brand of a centrally planned economy doesn’t pay. The dual impediments of fake money and regulatory madness apply exactions which cannot be overcome. There are claims to the fruits of one’s labors long before they’ve been earned.
The economy, in other words, has been rigged. The value that workers produce flows to Washington and Wall Street, where it’s siphoned off and misallocated to the cadre of officials, cronies, and big bankers. What’s left is spent to merely keep the lights on, the car running, and food upon the table.
And unfortunately, things are likely to only go downhill from here.
The trade war is really starting to take a toll on the global economy, and it continues to escalate.  Back during the Great Depression we faced a similar scenario, and we would be wise to learn from history.  In a recent post, Robert Wenzel shared a quote from Dr. Benjamin M. Anderson that was pulled from his book entitled “Economics and the Public Welfare: A Financial and Economic History of the United States, 1914-1946”
[T]here came another folly of government intervention in 1930 transcending all the rest in significance. In a world staggering under a load of international debt which could be carried only if countries under pressure could produce goods and export them to their creditors, we, the great creditor nation of the world, with tariffs already far too high, raised our tariffs again. The Hawley-Smoot Tariff Act of June 1930 was the crowning folly of the who period from 1920 to 1933….
Protectionism ran wild all over the world.  Markets were cut off.  Trade lines were narrowed.  Unemployment in the export industries all over the world grew with great rapidity, and the prices of export commodities, notably farm commodities in the United States, dropped with ominous rapidity….
The dangers of this measure were so well understood in financial circles that, up to the very last, the New York financial district retained hope the President Hoover would veto the tariff bill.  But late on Sunday, June 15, it was announced that he would sign the bill. This was headline news Monday morning. The stock market broke twelve points in the New York Time averages that day and the industrials broke nearly twenty points. The market, not the President, was right.
Even though the stock market has been booming, everything else appears to indicate that the U.S. economy is slowing down.
If home prices continue to fall precipitously, that is going to put even more pressure on the system, and it won’t be too long before we reach a breaking point.

Fonte: qui
About the author: Michael Snyder is a nationally syndicated writer, media personality and political activist. He is publisher of The Most Important News and the author of four books including The Beginning Of The End and Living A Life That Really Matters.

LA GRECIA A CORTO DI DENARI VUOL VENDERE PURE L'ACROPOLI


ECCO I RISULTATI DELLA “CURA” DELLA TROIKA 

I DEBITI NON SONO ANCORA RIPIANATI E L'EVASIONE FISCALE GALOPPA: TSIPRAS METTE I BENI CULTURALI IN UN FONDO

Francesco De Palo per “il Giornale”

TSIPRASTSIPRAS
Anche l' Acropoli nel superfondo delle privatizzazioni greche? Stando ad una leggina ad hoc approvata di recente dal governo Tsipras, sembrerebbe di sì. Secondo la legge n. 4389/16 i beni culturali ellenici passano ora sotto la gestione diretta di Etas SA. L' obiettivo dell' esecutivo a caccia di denari è di mettere a regime tutto ciò che nel Paese è disponibile al fine di non mancare le promesse con gli istituti di credito, ovvero l' ex troika che non è andata via da Atene, come annunciato da Tsipras, ma vi ritorna ogni mese per controlli periodici. Una sorta di mega cartolarizzazione che però investe il patrimonio culturale e artistico che in Grecia è praticamente ovunque.

All' articolo 196 la legge dice che «la proprietà e il possesso di tutti i beni immobili appartenenti allo Stato greco sono gestiti da Etas in conformità con le disposizioni applicabili, e all' Etas trasferiti automaticamente a titolo gratuito, con le seguenti eccezioni: spiagge e aree costiere, siti naturalistici, terreni prettamente boschivi».
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Un provvedimento «per fare cassa», tuonano le opposizioni popolari di Nea Dimokratia che per bocca dell' ex ministro della cultura, Olga Kefaloiannis, accusano il premier di procedere in «diretta violazione della Costituzione stessa, in cui si afferma che i monumenti del patrimonio culturale e dei siti archeologici sono al di fuori della transazione e non sono trasferibili». Protesta anche il Consiglio Nazionale degli Archeologi greci che, con una risoluzione ufficiale, chiede al Ministero della Cultura di individuare altri criteri che non sviliscano il patrimonio culturale della Grecia, pur in un momento di forte difficoltà finanziaria.

acropoli di ateneACROPOLI DI ATENE
La finanza, già. Il governo dice trionfante che la crisi è alle spalle e che il Paese potrà reggersi sui mercati autonomamente. Intanto la promessa di Tsipras di non tagliare ancora (per la settima volta) le pensioni dal prossimo 1° gennaio, si scontra con la realtà di conti ancora in disordine: l' evasione fiscale non si ferma, e fino a oggi proprio la partita per le privatizzazioni ha portato in dote solo 10 miliardi su 50 preventivati.
La parte del leone l' hanno fatta i tedeschi che hanno portato a casa 20 aeroporti regionali per poco più di 2,5 miliardi di euro aggiudicati dalla Fraport di Francoforte.

piazza monastiraki e acropoliPIAZZA MONASTIRAKI E ACROPOLI
Ma l' Acropoli proprio no, dicono anche intellettuali e scrittori che in questi ultimi tre anni hanno mollato Tsipras, considerato troppo poco incline alle classi sociali tanto care alla sinistra che, oggi, boccheggiano in Grecia, al pari di commercianti e imprenditori.
E pensare che negli anni clou della crisi, quando la moneta unica era stata davvero sul punto di esplodere, fu l' allora premier finlandese Katainen, attuale commissario europeo, a ipotizzare che l' Acropoli fosse ipotecata per far fronte ai debiti ellenici con i creditori internazionali. Ma la sinistra greca tutta (sindacati compresi), ieri, la bollò come un' idea indecente.

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